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Autore: GianAuror     28/03/2013    4 recensioni
Nuova generazione, e Hogwarts come per chi l'aveva lasciata tanto tempo prima era sempre la solita cara e vecchia casa... almeno per la maggior parte.
Rose Weasley è la classica ragazza popolare che, un po' per il suo nome, un po' per il suo carisma è conosciuta da tutti. Porta sulle spalle l'eredità del grande nome dei suoi familiari, coloro che hanno permesso a tutti coloro che camminano tra quei corridoi di roccia di continuare a farlo.
Ma com'è la vita per chi, invece, vive nell'ombra di un passato familiare da cui non può sottrarsi?
Scorpius Malfoy, corvonero del settimo anno, solo a Hogwarts, scoprirà cosa succede quando, all'improvviso, la vita smette di andare secondo i piani...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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CAPITOLO 7

 
 
Chi tende continuamente "verso l'alto" deve aspettarsi prima o poi d'essere colto dalla vertigine. Che cos'è la vertigine? Paura di cadere? Ma allora perché ci prende la vertigine anche su un belvedere fornito di una sicura ringhiera? La vertigine è qualcosa di diverso dalla paura di cadere. La vertigine è la voce del vuoto sotto di noi che ci attira, che ci alletta, è il desiderio di cadere, dal quale ci difendiamo con paura. Desiderava fare qualcosa che non lasciasse possibilità di ritorno. Desiderava distruggere brutalmente tutto il passato dei suoi ultimi sette anni. Era la vertigine. L'ottenebrante, irresistibile desiderio di cadere. La vertigine potremmo anche chiamarla ebbrezza della debolezza. Ci si rende conto della propria debolezza e invece di resisterle, ci si vuole abbandonare a essa. Ci si ubriaca della propria debolezza, si vuole essere ancor più deboli, si vuole cadere in mezzo alla strada, davanti a tutti, si vuole stare in basso, ancora più in basso. (Milan Kundera)
 


 
La mattina di quel sabato, Scorpius capì subito che doveva esserci qualcosa di davvero importante in ballo nella scuola; i suoi compagni di stanza, che di solito dormivano fino a tarda ora durante il weekend, erano già in piedi, urlandosi in maniera piuttosto isterica l’uno all’altro. 
“Austin vuoi sbrigarti a uscire da quel maledetto bagno, per Merlino! Non puoi farmi arrivare in ritardo all’appuntamento di oggi!” stava dicendo Kevin verso la porta del bagno, portandosi le mani ai capelli in un gesto piuttosto rassegnato. Joey invece non sembrava così calmo e stava sibilando una lista di insulti irripetibili alla scuola, al sabato, ai più grandi maghi della storia e anche al ragazzo barricato in bagno che, ignaro di tutto il pandemonio che si stava svolgendo fuori da quella porta, e del conseguente agguato che lo aspettava una volta finita la sua doccia mattutina, stava cantando sotto lo scroscio dell’acqua, in maniera piuttosto rilassata.
“Se adesso non si muove ad uscire entro e gli faccio evanescere il…”
“Abbiamo capito Joey” lo interruppe subito Kevin Steeval. “Non c’è bisogno di essere così scurrili”
“Ma per le mutande di Merlino! Sta canticchiando come Biancaneve sotto la doccia da venti minuti buoni! Helen mi farà a pezzi oggi, me lo sento.”
“Ma smettila! Se per una volta tanto sei tu quello poco puntuale, non credo che cadrà il mondo” osservò saggiamente. “Vedrai che adesso Austin esce.”
“A proposito di oggi… Non mi hai ancora detto chi hai invitato a venire a Hogsmeade con te, vecchio marpione.” 
Hogsmeade, ora ricollegava tutti i pezzi! Era l’ultimo sabato prima delle vacanze e come di consueto c’era la gita al villaggio o per comprare gli ultimi regali e scambiarsi gli auguri di Natale con gli amici, oppure per fare provviste di dolci natalizi e altre cose per le due settimane da affrontare nel castello, per chi sarebbe rimasto. Lui, che sarebbe tornato a casa, non sarebbe comunque andato; non aveva nessuno con cui andare, primo punto, e doveva ancora sistemare le valigie. Avrebbe fatto proprio così; preparati i bagagli con le cose da riportare a casa, sarebbe andato in biblioteca a cercare qualche informazione e consiglio per produrre un incanto Patronus, che ancora non voleva saperne di entrargli in testa, nonostante Rose avesse provato tutta la sera a spiegargli come fare. 
Si passò le mani sugli occhi e poi prese gli occhiali dal comodino prima di alzare il busto dalla posizione supina e mugugnare un pallido buongiorno ai due suoi compagni che erano fuori.
“Buongiorno a te.” Borbottò Kevin abbastanza imbarazzato. “Forse abbiamo urlato un po’ troppo vero?” domandò con un’espressione mortificata. 
“Giusto un filino” rispose. Tempo addietro avrebbe messo su una perfetta occhiata di malcelato fastidio, ma stavolta si limitò a sorridere all’indirizzo dei suoi due compagni, lasciandoli piuttosto spiazzati.
“Vieni anche tu a Hogsmeade oggi?” chiese Kevin mentre Joey esclamava un ‘finalmente!’ sentendo che la doccia era stata spenta e il canto si era tramutato in un fischiettare. 
“Ehm io non credo” rispose lui. “Non mi ha invitato nessuno e sono rimasto indietro con le valigie e con i bagagli.”
“Davvero? Pensavo che tu avessi invitato Rose a venirci con te questa volta.”
Rose? E cosa c’entrava ora Rose? Di solito si invitavano a Hogsmeade delle ragazze per avere un appuntamento e lui e lei non erano proprio su quella strada. Anzi, erano soltanto amici; perché mai l’avrebbe dovuta invitare?
Realizzò più tardi che probabilmente mezza scuola, avendo seguito con attenzione lo sviluppo della faccenda, ci aveva ricamato su e, stando a quello che gli stava chiedendo il suo compagno di stanza, forse un tantino di troppo.
“Be’ no… Io e lei non siamo…”
“Ah” disse lui abbassando lo sguardo. “Noi pensavamo che steste uscendo insieme… Saresti stato molto fortunato” Aggiunse.
“Perché?”
“Be’ mettiamola così” disse Joey, intromettendosi nella conversazione. “metà della scuola darebbe la chiappa sinistra, o forse anche entrambe, per poter anche solo sperare di chiederle di uscire.”
“Sei veramente grezzo” lo rimproverò Kevin. “Però la sostanza è quella; Rose è una delle ragazze più ambite di tutta Hogwarts, e tutti quanti vorrebbero invitarla prima o poi ma sono troppo intimoriti per farlo.”
Ed era vero, e se lo ricordava bene anche lui. Prima di cominciare a parlarle e capire tante altre cose sulla Rose che conosceva, anche a lui la ragazza faceva sempre quell’effetto. Forse erano il tono di voce, forse le idee che sosteneva o forse l’immagine di ragazza che sa quello che vuole e perché a spaventare tutti gli altri; aveva quel qualcosa di magnetico e carismatico che riusciva ad attrarre gli attorno a sé, ancora di più che la bellezza di altre ragazze che erano di solito più ambite.
“Be’ io e lei siamo solo amici.” Iniziò a giustificarsi. “Ci siamo avvicinati abbastanza per caso, però sembra che comunque ci si trovi bene tutti assieme. Quindi non saprei proprio dirvi.”
“Hai capito il nostro Scorpius?” disse Corner. “Zitto zitto è diventato amico di Rose Weasley… Dovremmo uscire più spesso insieme” concluse gettandogli un braccio sopra le spalle e arruffandogli i capelli. 
Scorpius, che non se lo aspettava, rimase un po’ imbambolato e interdetto da quel contatto: era stato il primo gesto di un qualcosa di più – più che condividere una stanza per sette anni – che aveva ricevuto da lui fin da quando si conoscevano, e non potè fare a meno che sentirsi un po’ turbato; forse era lui che non aveva mai considerato che, dopo tutto quel tempo passato assieme, anche controvoglia, loro lo considerassero parte di un qualcosa di diverso? Che loro lo considerassero un loro amico?
“E tu!” la voce di Joey lo riscosse. “Non pensare di farla franca: voglio sapere con chi vai a Hogsmeade. Adesso.”  
“Ma sono davanti a Harry Potter o al Wizengamot? Cosa sono questi toni autoritari??”
Vedendo quel teatrino, Scorpius arricciò le labbra in un sorrisetto divertito: forse, se come con Rose gli avesse dato una possibilità di farsi conoscere, avrebbe potuto trovare qualcosa di sorprendente. 
“No sei davanti a me, Joey Corner, ed esigo che tu mi dica con chi vai a Hogsmeade, altrimenti sarò costretto a comportarmi di conseguenza.”
“Tremo dalla paura” lo sbeffeggiò Kevin
“Dovresti. Sai che se non me lo dirai ti pedinerò e sbucherò fuori nel momento meno opportuno facendoti fare una figura di merda, vero?”
“Non oseresti!” si finse scandalizzato. “Sei un viscido traditore… Più viscido del prefetto di Serpeverde.”
“Questo è un colpo basso! Comunque, forza… Dimmi chi è la sfortunata.”
“Se questo è l’unico modo per fartela piantare te lo dico.” Prese un bel respiro e disse. “Mi vedo con Lily Potter, ok?” 
“Lily Potter!!” esclamò Austin mentre era uscito dal bagno con un asciugamano stretto in vita e un’espressione in viso come qualcuno che realizza di colpo qualcosa di ovvio. “Ecco perché mi hai fatto sorbire gli allenamenti di Quidditch di Grifondoro tutta questa settimana!” 
“Be’ volevo trovare il coraggio di invitarla, e farlo quando era sola senza suo cugino tra i piedi o quelle sue altre amiche mi sembrava più semplice.”
“Non mi dire! L’hai placcata mentre usciva dagli spogliatoi?”
“Be’ non proprio Joey però…” 
“Ok si ho capito” lo interruppe lui. “L’hai placcata mentre usciva dagli spogliatoi… Non ti ho insegnato proprio niente” concluse sospirando teatralmente prima di dirigersi verso il bagno e chiudersi dentro. “Vedrò di pensare a una soluzione al tuo problema di incapacità mentre mi faccio una bella doccia calda va bene?” e rivolse a Kevin un’espressione angelica prima di chiudersi la porta alle spalle. 
“Amico, mi sa che ti ha fregato il bagno.”
 
Quando tutti e tre furono pronti e lavati,  dopo parecchi Levicorpus volanti e una zuffa con i cuscini, Scorpius salutò i suoi tre compagni di stanza mentre scendevano per fare colazione; non sarebbe andato a Hogsmeade neanche stavolta, come d’altronde accadeva da più o meno quattro anni e quindi la cosa poteva anche non fargli più effetto. Mentre si gettava sotto la doccia, però, gli venne in mente che forse valeva la pena provare almeno una volta ad uscire dalle mura del castello, durante il fine settimana libero; non sarebbe stato male farsi una passeggiata lontano da libri e compiti e concedersi un po’ di tempo libero. Poi però si ricordò che nessuno l’aveva invitato, e andarci da solo non sembrava una prospettiva così allettante.  Anzi, sarebbe stato sicuramente ridicolo e poco edificante dato che avrebbe vagato senza meta e senza nessuno per tutte le vie del villaggio e il giorno dopo chissà le voci che sarebbero circolate. 
Uscendo dalla doccia e rientrando in camera, però, decise che quel giorno non avrebbe indossato l’uniforme, anche a costo di farsi togliere dei punti o di essere strillato; nessuno si dava la pena di farlo durante i fine settimana, e per una volta aveva deciso che anche lui si sarebbe vestito da ragazzo normale Si mise a cercare nell’armadio e nella valigia un qualcosa che non fosse estremamente formale o scolastico. L’impresa poteva sembrare un po’ ardua, dato che la scelta di guardaroba si limitava ad oscillare ogni volta dalla divisa scolastica al pigiama, tuttavia riuscì a trovare qualcosa che potesse andare e che non lo facesse sembrare ridicolo e, dieci minuti dopo, lo Scorpius che era uscito dalla sala comune di Corvonero, era un perfetto esemplare di adolescente; niente camicia e niente cravatta, niente maglione con i colori della casa, niente pantaloni di cotone scuro ben messi in vita, niente scarpe della divisa. Niente di tutto quanto era compreso nel codice di vestiario dello studente di Hogwarts.
Non gli sfuggì il fatto che, mentre si avviava verso la Sala Grande per fare colazione, parecchie ragazze degli anni inferiori avevano voltato lo sguardo verso di lui; probabilmente erano sorprese di trovarselo di fronte, vestito come una persona. Non aveva mai creduto che, per una volta nella sua vita, la gente l’avrebbe osservato al suo passaggio nei corridoi, ma forse dopo anni ed anni passati nell’ombra cominciava a capire, come per quella mattina, che forse la colpa di quell’isolamento forzato che attribuiva sempre agli altri e al loro essere distanti da lui era anche un po’ sua, in fondo. 
Quando i entrò e si diresse al tavolo, trovandoci i suoi compagni di stanza, questi lo guardarono con un’espressione esterrefatta.
“Ma avevi detto che non saresti venuto a Hogsmeade!” gli disse Kevin, che ora sembrava in preda al panico più totale. “Avremmo invitato anche te a prendere una burrobirra con noi!” 
“Lascialo perdere” si intromise Joey. “Sta delirando perché è nervoso per l’appuntamento con Lily… Comunque come mai hai cambiato idea?”
“Non ho cambiato idea” spiegò con semplicità. “Ho soltanto abbandonato l’uniforme per oggi.” 
“Scorpius Malfoy che abbandona l’uniforme? Il mondo deve essersi rivoltato” esclamò Austin prima di infilarsi a forza in bocca una fetta di pane tostato con sopra la marmellata.
“Sei disgustoso Greenswick lo sai vero?” osservò Kevin. “Basterebbe una semplice occhiata a te per provare definitivamente la teoria dell’evoluzione umana dalla scimmia.” 
Continuarono a punzecchiarsi per parecchi minuti mentre Scorpius prendeva delle fette di pane tostato e iniziava a spalmarle di marmellata e di burro. “Mi passeresti del caffè Kevin per favore?” domandò al suo compagno di stanza. Pessima mossa dato che nella foga del compito, complice anche il fatto che quella mattina era parecchio nervoso, Steeval letteralmente gli lanciò addosso la caraffa del caffè. 
“Scorpius scusami!” cominciò frenetico lui. “Sono mortificato.”
“Buongiorno ragazzi!” 
Tutti e quattro si voltarono per scoprire a chi appartenesse la voce. Si ritrovarono davanti Lily Potter, vestita di tutto punto, accompagnata da Rose Weasley che sorrideva. A Kevin prese quasi un infarto; inizialmente sbiancò prima di assumere un colorito peperone sulle guance e aprirsi in un sorriso a duecento dento. Lui si limitò a girarsi orripilato verso Rose che guardava alla macchia sulla sua maglietta con un sopracciglio inarcato. 
“Ehi Lily ciao!” annaspò Kevin, prima di spingere via lontano da lui sulla panca Joey, che stava sibilando qualcosa di simile al ‘guarda tu che modi’ “Siediti pure!”
“Sicuro che non disturbo?”
“Nient’affatto… hai già fatto colazione?” iniziò a domandare, premuroso, mentre Austin, Scorpius e Rose stavano guardando Joey che stava mimando un conato di vomito e ridacchiavano sotto i baffi.
“Ehi, niente divisa oggi?” domandò Rose sedendosi accanto a Scorpius. “Ti sei sbrodolato con il caffè come un bambino” concluse dandogli un buffettino sulla testa.
“Kevin era parecchio nervoso stamattina.” Iniziò a giustificarsi. “Quando gli ho chiesto di passarmi il caffè mi ha letteralmente tirato la caraffa”
“Il perfetto Scorpius Malfoy, Corvonero dell’ultimo anno, primo della classe che si sbrodola tutto con il caffè!” lo prese in giro lei. “Una giornata senza divisa e guarda come ti combini” 
“Che simpatia stamattina” profferì sarcastico, mentre con un movimento secco del braccio agitò la bacchetta in un incantesimo non verbale che pulì subito la maglietta. “Sei venuta qua solo per sfottere?” ghignò di rimando.
“Lily doveva venire a reclamare le attenzioni del suo cavaliere, e ne ho approfittato per passare a salutarti, anche perché Alice ancora dorme e al tavolo di Grifondoro c’è brutta gente” concluse, muovendo la testa all’indirizzo di Gabriel Stone. “Ma visto che fai così probabilmente preferirò tornarmene da dove sono venuta.” Disse lei con un espressione fintamente offesa
“Ah be’ se ci tieni proprio” disse Austin che si era inserito nella conversazione. “Fa’ pure… Io e Scorpius staremo qui a ridere mentre Stone ti mangia con gli occhi e la Smith ti uccide con lo sguardo”
“Greenswick, hai proprio una lingua biforcuta” disse Lily che aveva appena finito di imboccare un imbarazzatissimo Kevin, che ora si era girato verso Joey e stavano parlando. “Dovresti essere a Serpeverde assieme a quei due simpatici prefetti.”
“Be’ in realtà Zabini e la Crabbe non sono poi così male”
“Si un cazzo” rispose Lily guadagnandosi un’occhiata di disapprovazione da sua cugina e una di ammirazione da Joey “Simpatici come un bolide sui denti; l’altra sera mi hanno tolto dei punti solo perché ero davanti la bacheca degli annunci fuori all’ingresso e loro non volevano aspettare che mi levassi. La prossima volta una bella fattura orcovolante e vediamo poi se hanno ancora voglia di fare i tiranni… Idioti!”
“Kevin!” esclamò Joey. “Non ci avevi detto che era così Lily, dovresti portarla più spesso!”
Kevin, dall’aria che aveva assunto, doveva averlo scoperto nello stesso momento degli altri ragazzi e stava guardando preoccupato all’indirizzo della ragazza, cercando di capire se quella fosse solo una minaccia vuota, oppure sapesse davvero fare una bella fattura orcovolante. Ricordandosi poi che sua madre, Ginny Weasley, ne aveva scagliata una in faccia al padre di Joey tempo prima, non ebbe bisogno di ulteriori conferme e deglutì rumorosamente. 
“Non apriamo il circuito del pettegolezzo per favore” disse Scorpius. “Altrimenti qua non se ne esce più fuori e staremmo tutto il giorno a parlare. La vostra uscita a Hogsmeade salterebbe di sicuro.”
“Ragazzi!” Joey sembrava folgorato. “Segnate questo giorno sul calendario! Scorpius Malfoy ha appena fatto una battuta!!” 
Scoppiarono tutti a ridere di gusto; tutti i membri di quel tavolo e degli altri si erano girati a guardare la causa di tanto baccano. 
“Questa era bella Corner!” disse Rose quando ebbe finito di ridere. “Dovremmo continuare questo discorso tutti assieme davanti una bella burrobirra calda a Hogsmeade.”
“Per me non c’è problema basta che i piccioncini non ci seguano se hanno intenzione di tubare come due colombelle”
Kevin e Lily si stavano guardando con uno sguardo tutto zucchero e miele. “Sei una zitella acidita Corner. Appena vedo Helen mi premurerò di farglielo presente” disse Lily che già, come al suo solito, si era presa subito confidenza.
“Io credo che sia meglio che vada di corsa a sistemare le mie cose e poi dritto in biblioteca” disse Scorpius. “Divertitevi!”
“Dove stai andando tu?” gli chiese Rose che lo guardava sbigottita. “Tu vieni con noi a Hogsmeade…E’ l’ultimo fine settimana prima di Natale e non puoi passarlo qui a scuola da solo a studiare, suvvia.”
“Ho un sacco di cose da studiare e devo finire di fare le valigie perch..”
Rose non diede segno di averlo troppo preso sul serio e si limitò a scuotere la mano distrattamente mentre annuiva con la testa. “Sisi certo… Ci vediamo davanti il portone se proprio devi tornare in camera. Forse ti converrebbe andarti a prendere qualcosa, altrimenti morirai di freddo!”
“Quindi non ho alcuna possibilità di scelta.” Cercò di capire Scorpius.
“Alcuna. Oggi vieni con noi altrimenti ti tolgo i punti e ti metto in punizione! Ah! Sai che storia; Scorpius Malfoy messo in punizione perché è voluto rimanere al castello e in più non indossava la divisa e si era pure sbrodolato tutto come un bambino” gli disse lei facendogli una linguaccia.
 
“Non posso crederci che questa è la prima volta che vieni a Hogsmeade!” stava esclamando Alice che era in testa alla comitiva di ragazzi diretti verso i Tre Manici di Scopa. Erano usciti dal portone principale e si erano aggiunti anche Hugo e Helen che in quel momento stava sindacando sulla scelta di vestiario del suo ragazzo, troppo poco alla moda per i suoi gusti, tutta abbarbicata a lui che aveva l’aria fintamente scocciata. Anche Albus si era unito al gruppetto e stava dietro con Rose, chiacchierando distaccatamente.
“Be’ si, è la prima volta che ci metto piede durante le uscite scolastiche.” Si strinse nelle spalle. “Nessuno mi aveva mai invitato a venire prima e girare da solo come un matto non mi sembrava qualcosa di sensato da fare.”
“Vorrà dire che oggi ti mostreremo tutto il villaggio, così avremo qualcosa da fare. Dopo che ci vieni tutte le volte, questo posto perde di attrattiva” disse lei con il suo solito tono di voce squillante. 
Per un po’ la conversazione naufragò nel silenzio mentre Scorpius si guardava intorno e vedeva stagliarsi all’orizzonte, tra la nebbia, le figure sfocate di tutte le casette del paesino. Avvolto in quell’aura nebbiosa, innevata, il villaggio sembrava come addormentato in  un sonno glaciale.
Istintivamente si mise la sciarpa davanti la bocca, a coprirgli la bocca e strinse le braccia come a volersi sentire più al caldo.
“Albus e Rose stanno parlando.” Disse infine rompere il silenzio. “Hanno fatto pace?”
“Credo che semplicemente abbiano ripreso a parlare dopo che le ho detto quello che abbiamo sentito quando siamo usciti l’altra sera io e Al.”
“Intendi dire di tutto il movimento dei rivoltosi e dei tumulti di questi giorni a Londra?”
“Come fai a sapere già tutto?”
“Prendo le informazioni da una fonte di prima mano; mio padre è candidato ministro della magia, è lui che mi scrive spiegandomi più o meno com’è la situazione di fuori.”
“E non ti spaventa?” chiese Alice in un sussurro di voce. 
“Se vuoi chiedermi se ho paura per mio padre e per quello che potrebbe accadergli, suppongo che sia normale averne.” Disse, prendendo fiato e continuando. “Ho sempre paura che quando apro una lettera che mi scrivono da casa ci sia scritto qualcosa di brutto per me e per la mia famiglia.”
“E che cosa hai intenzione di fare?”
“Non lo so ancora… Cerco di pensarci il meno possibile: mi distrae, mi mette preoccupazione e mi fa perdere la lucidità. Se potrò aiutare qualcuno a non avere questa paura, allora combatterò. Almeno questo è quello che mi ripeto da un po’. Un conto però è dirsele le cose, un conto è trovare il coraggio di farle, e come ben sai non sono di certo un Grifondoro coraggioso. Anzi, non credo che il coraggio sia una virtù che mi appartenga per il momento” concluse sorridendo.
“Vedrai che presto questa confusione sparirà e  troverai la forza di fare ciò che vuoi fare” lo incoraggiò Alice passandogli una mano tra i capelli biondi. 
Sperava davvero che Alice avesse ragione; avrebbe potuto giurare che tutti – lei, Rose e persino Albus con cui non c’era dialogo – sapessero già che cosa fare in quella situazione di stallo e che avessero già soppesato i rischi e calcolato le probabilità. Ma d’altronde loro erano i figli delle persone che avevano salvato il mondo ed era proprio normale, se non addirittura scontato, che fossero cresciuti con tutti i racconti dei loro cari e che sapessero fin da subito quello che sarebbe stato giusto fare. Lui invece era cresciuto protetto, tra le mura di casa sua, da sua madre e da suo padre che l’avevano accudito in una bolla di perfetta normalità, in cui Voldemort e i Mangiamorte erano soltanto un brutto ricordo di un passato troppo distante per sembrargli pericoloso o spaventoso. Draco Malfoy era stato così bravo nel raccontargli quelle storie che la paura che ancora provava ogni mattina, vedendo i segni delle scelte che aveva fatto quando era anche più giovane di lui sul suo braccio, non l’aveva mai toccato, anzi. Era un sentimento così estraneo che a Scorpius sembrò non sapere davvero cosa si provasse ad essere impauriti di qualcosa; era qualcosa di nuovo, qualcosa che nessun libro né lezione gli aveva spiegato come affrontare, dominare, controllare e quindi si limitava a non pensarci, cercando di distrarsi in altro modo. Ogni tanto però capitava che tutto lo sforzo franasse perché l’argomento in un modo o nell’altro veniva a galla e bisognava riiniziare tutto da capo. 
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Rose che li aveva affiancati. “Siamo arrivati a Hogsmeade!”
Ed effettivamente stavano passando sotto un’insegna di ferro che diceva che stavano entando nel villaggio: le vie innevate, decorate con tante luci e addobbi natalizi, brulicavano di ragazzi; probabilmente tutto il castello quel giorno era a fare acquisti al villaggio. Vedendosi finalmente davanti la meta di tutte le uscite dei ragazzi, iniziava finalmente a capire perché tutti quanti fremevano ansiosamente ogni volta per andare lì. Nonostante fosse un piccolo villaggio, con una sola strada maestra e qualche vicoletto laterale, aveva un qualcosa di magnetico che attirava i ragazzi di tutte le età. Forse era la posizione e ciò che rappresentava per tutti, un momento di pausa dalla vita da studente, oppure il fatto che conservava i ricordi, le speranze, le lacrime e le risate di generazioni di ragazzi che oramai erano adulti, genitori, nonni o forse erano anche sepolti in un qualche cimitero: non sapeva bene darsi una risposta, forse per la prima volta nella sua vita, e, sempre per la prima volta nella sua vita, non sentì nemmeno il bisogno di farlo. Stava bene così, con Rose che gli camminava accanto, con gli altri ragazzi che li seguivano e senza la preoccupazione di niente: forse sarebbe dovuto andarci più spesso.
Tutto l’intero gruppo si stava dirigendo verso un edificio che recava come insegna tre manici di scopa incrociati; dalle vetrine appannate si vedevano sfocate le sagome delle persone che stavano sedute all’interno, colorate da quell’alone di luce gialla che faceva sentire caldo e arrossare le guance solo a guardarla.
“Entriamo ragazzi?” chiese Rose al resto della comitiva. Kevin Steeval, che si era lagnato del freddo con Lily per tutto il viaggio, sembrava aver trovato la porta del paradiso e quindi esclamò un contento ed entusiastico sì. Joey aveva letteralmente detto che ‘gli si stavano congelando le chiappe’ e che quindi sarebbe entrato a tutti i costi, approvato da Austin Greenswick e Helen, che lo stava ancora rimproverando perché ‘usava un lessico da allevatore di draghi’. Alice aveva imboccato direttamente all’interno, senza stare ad aspettare nessuno, liquidando l’intera faccenda con un ‘io entro, voi fate come volete’ e persino Albus aveva grugnito un sì. A Hugo non era stata concessa facoltà di scelta dato che Rose l’aveva guardato con un’espressione di superiorità dicendogli “tutti unanimi quindi vieni con noi”
Il ragazzo si limitò a scuotere la zazzera di capelli castani facendole una sonora pernacchia prima di darle un buffetto affettuoso sulla testa ed entrare.
“Andiamo?” gli chiese mentre era fissa sull’uscio della porta. “Prendiamo qualcosa di caldo dai.”
Non se lo fece ripetere due volte ed entrò dentro rivolgendole un grande sorriso.
 
Si erano seduti ad un tavolinetto ad angolo tutti assieme. La madre di Alice, la signora Hannah era venuta a prendere personalmente le ordinazioni e la figlia non aveva aspettato neanche un attimo per presentarle il suo nuovo amico, Scorpius. Gli ricordava molto Alice; non nell’aspetto fisico – in quello i geni Paciock avevano sicuramente preso il sopravvento – ma il tono di voce, il sorriso o la forma degli occhi, quelli erano sicuramente gli stessi per entrambe. 
“Che cosa volete allora da bere?” trillò la signora Paciock.
“Per me una cioccolata calda” chiese educatamente Helen, guardata subito ironicamente da Joey. “Che cosa fai quella faccia? Uno sgarro alla dieta per una volta non uccide nessuno.” Profferì prima di guardarlo in cagnesco e incrociare le braccia sotto il petto.
“Per me una Burrobirra” iniziò Joey, seguito da un coro di ‘anche una per me’, che spiazzò visibilmente Hannah che annotava freneticamente le ordinazioni sul taccuino mentre borbottava “voglio una penna prendiappunti” 
“Allora riepiloghiamo” disse “Sono una cioccolata calda, e sette burrobirre giusto? Alice, Albus voi cosa prendete?” 
“Per me un idromele alla pesca.” disse Albus, facendo sussultare Scorpius. 
“E per te, signorinella?”
“Per me una bottiglia di Whisky Incendiario Ogden stravecchio del 1948, di quelle che tieni di sotto in cantina.” Disse con nonchalance mentre agitava la mano come un’esperta sommelier. La madre, che non doveva essere proprio dello stesso avviso le lanciò uno sguardo di rimprovero prima di dirle “In testa te lo do il Whisky Incendiario, irresponsabile!”
Scoppiarono tutti a ridere, comprese le due attrici della comica conversazioni. “Sto scherzando mamma, va bene un’acquaviola per me.”
Cinque minuti dopo Hannah Abbot stava tornando al tavolo con un vassoio carico di bibite, pregando Merlino e Tosca Tassorosso che non le cadesse nulla sugli altri tavoli o per terra. Le preghiere vennero esaudite quando riuscì a poggiare il tutto sul tavolo e tirare un sospiro di sollievo. 
“Ecco a voi ragazzi… Divertitevi!” disse mentre iniziava a girarsi. 
“Signora quant’è?” domandò Kevin Steeval mentre Alice lo zittiva con un gesto della mano. 
“Come quant’è?!” chiese interdetta Hannah. “Pensate che vi avrei fatto pagare queste quattro scemenze dopo che sopportate mia figlia per il pomeriggio? Salutatemi Michael e Terry e sarà più che sufficiente!” trillò gioviale prima di andare verso un altro tavolo a prendere l’ordine.
“Però” profferì Joey. “Abbiamo scroccato il tavolo e la bevuta durante l’ultimo sabato a Hogsmeade, misa che non ci poteva andare tanto meglio.”
Decisero di brindare, anche piuttosto rumorosamente, a quell’uscita tutti insieme e sollevarono i boccali di burrobirra, assieme ai bicchieri di idromele ed acquaviola e anche alla tazza di cioccolata calda di Helen.
Quando Scorpius assaggiò il primo sorso di Burrobirra, la fragranza zuccherina della bibita gli fece venire il prurito sul palato; sembrava di star bevendo caramello assieme a delle note di cannella. Era forte, eppure era così dolce che dopo la prima sorsata ne bevve un’altra e un’altra ancora. 
Si sentiva meglio, più al caldo, più sereno. Forse era la consapevolezza che per una volta non era rimasto da solo a guardare un altro giorno scivolargli da sotto le mani, inesorabile, come una serie di altri infiniti giorni prima, o forse era perché per la prima volta sentiva di far parte di qualcosa che lo coinvolgeva attivamente e nella quale aveva un’immagine, un ruolo, una parte da recitare come voleva e che sarebbe stata tanto uguale a quella degli altri.
Mentre gli altri spettegolavano degli ultimi risvolti del gossip studentesco – Alice sembrava essere una specie di guru della materia in questione – si soffermò a pensare come, in quel lasso di tempo, quasi per caso, la sua quotidianeità aveva preso una piega diversa; piega che sembrava culminare in quella giornata, che per la prima volta passava fuori dal castello, con un gruppo di persone, senza la divisa scolastica e senza che lo studio o il rendimento scolastico occupassero il primo posto nella lista delle sue priorità.
Aveva capito che, in fondo, quel mondo che conosceva così poco gli piaceva e lo divertiva; non era come la lettura di un libro davanti al camino in alto alla torre di Corvonero. Era qualcosa di diverso, di nuovo, ma non per questo meno bello, anzi: era qualcosa tutto da scoprire, come lo erano i suoi compagni di stanza o Rose o Alice e, forse in fondo, anche Albus. E per una volta doveva essere lui il primo a volerlo fare, il primo convinto nel muovere quei passi su quel sentiero più incerto della vita tranquilla e abitudinaria a cui era abituato ma sicuramente più entusiasmante e sorprendente.
Era come se, anziché seguire la ricetta scritta in corsivo nelle pagine del libro di pozioni, per una volta si lasciasse andare gettandosi a capofitto verso quello che gli suggeriva l’istinto e alla fine il risultato derivante fosse un Oltre Ogni Previsione; magari qualcosa sarebbe potuto andare storto o arrivare a un risultato diverso da quello che ci si aspettava, tuttavia valeva la pena provare anche solo per lo slancio nel vuoto verso quella meta distante.
Sorrise al pensiero che forse stava davvero iniziando a capire per cosa valesse la pena combattere. 
“Brindiamo a questo pomeriggio tutti assieme.” Disse a sorpresa lasciando tutti quanti stupiti mentre alzava con la mano il boccale in aria. “Brindo a ognuno di voi. Brindi a tutti i miei nuovi amici” disse mentre sentiva le guance imporporarsi e il sorriso farsi decisamente più largo.
Tempo prima mai avrebbe pensato di fare una cosa del genere, e quella parte di lui fedele alle vecchie abitudine sembrava suggerirgli di riprendere posto seduto e scusarsi per aver detto un’idiozia del genere: d’altronde quando mai gli avevano detto apertamente che lo consideravano loro amico, dopo che per anni era rimasto chiuso nel suo isolamento solitario. 
Ma non lo fece. Rimase con il bicchiere alzato mentre uno ad uno tutti quanti levavano in aria tutti i loro per l’ennesimo brindisi della giornata. 
Era proprio questo che doveva fare: slacciarsi per una volta dalle sue sicurezze e mettere in gioco ciò che aveva di certo, gettandosi nel vuoto. Se il tuffo fosse andato storto si sarebbe schiantato, probabilmente, e rotto in mille pezzi. Ma anche se fosse accaduto avrebbe per un attimo sentito il vento sulla faccia e anche solo per quello ne sarebbe valsa la pena; avrebbe avuto poi tempo per rimettere insieme i pezzi e ricominciare, ma la voglia di rischiare non l’avrebbe mai più dovuta temere. Se le cose fossero andate bene, avrebbe iniziato a volare nel cielo: si sarebbe librato in alto e sarebbe stato libero di scendere quando avesse voluto. E se fosse caduto, anche in questo caso si sarebbe rialzato; d’altronde, se un ippogrifo si fosse rotto un ala, avrebbe rinunciato mai a volare?
 
Rimasero dentro il locale per un po’ finchè, com’era prevedibile che fosse, le ragazze insistettero affinchè facessero una tappa obbligata alla boutique McLan&Doroty, un’istituzione per tutta la popolazione femminile. La direttrice, Doroty Redding aveva riscattato l’attività in della zia che era andata in pensione e l’aveva trasformata in un’atelier di moda giovane, iniziando a navigare nei galeoni da quando aveva pensato di stabilire un punto vendita a Hogsmeade. Le studentesse mettevano da parte i risparmi che arrivavano da casa per sfoggiare uno di quei cardigan con il pizzo, che andavano tanto di moda, o  un paio di pantaloni aderenti.
Solo a vedere l’insegna di quel posto – un ago e un rocchetto di filo vicini assieme a un’ordinata pila di magliette e pantaloni – Joey Corner iniziò a sudare freddo.
“Helen ti prego, non puoi farmi questo.” Iniziò a lagnarsi mentre la ragazza, che non aveva intenzione di sentire ragione lo stava trascinando per una manica del cappotto. Austin, che se la rideva di gusto, decise di entrare solo per vedere la faccia di Joey accompagnato anche da Kevin che stava seguendo Lily. La ragazza infatti voleva vedere se c’era qualcosa di nuovo che poteva comprare, facendo infuriare sua madre che l’avrebbe sicuramente redarguita perché aveva speso tutti quei soldi in quegli straccetti da quattro soldi, come amava definirli lei.
Stavano entrando tutti quanti, capì Scorpius che, non sapendo bene a cosa stava andando incontro, iniziò a seguire Rose e Alice che stavano discutendo su una maglietta che avevano comprato tempo prima.
 
 
“Se hai intenzione di farti trapanare i coglioni dalla noia quello è il posto giusto dove entrare” 
La voce di Albus Severus Potter lo fece voltare bruscamente. 
“Chi ti ha detto che sto entrando?”domandò Scorpius sulla difensiva. “Stavo solo guardando.” Provà a tergiversare mentre una spiacevole sensazione cominciava a salirgli su per il petto: preferiva decisamente il silenzio, piuttosto che quel tipo di dialogo che non sapeva bene come affrontare.
Potter annuì con aria secca prima di riaprire la bocca per parlargli. “Pensavo che fossi diventato il nuovo cagnolino da compagnia di mia cugina.” Il tono era sempre il solito con cui da un po’ di tempo gli si rivolgeva. “E’ strano vedere che anche tu hai una personalità, non l’avrei mai detto.”
“Si scoprono cose interessanti a volte nella vita.” Ribattè gelido. 
Il ragazzo fu scosso da una risatina finta come un galeone dei lepricani. Gli fece cenno con il volto di seguirlo e poi si voltò, iniziando a camminare verso un sentiero sconnesso.
“Dove vuoi andare scusa?” 
“Vieni, ti faccio vedere una cosa.” Rispose lapidario, lasciando una scia di orme sulla neve. Vedendo che Scorpius non accennava a muoversi gli disse “Guarda che  non ti mangio mica…” 
Titubante seguì il ragazzo finchè non arrivarono davanti una vista; si vedeva in lontananza, avvolta dalla nebbia e dalla neve, la sagoma di una casa legnosa. Sembrava vecchia e sorgeva su una piccola collinetta; le finestre e le porte erano sbarrate con delle assi di legno incrociate. Istintivamente un brivido freddo solcò la schiena di Scorpius che guardò quella piccola costruzione con un misto di paura e curiosità.
“Quella e la stamberga strillante” disse Albus. “Si chiama così perché si diceva che fosse infestata dagli spiriti. Alcuni dicono che fosse una balla inventata per tenere lontani i curiosi del villagio. Sicuramente è un posto molto più interessante di quel negozio di vestiti.”
Scorpius non sapeva come rispondere quindi si limitò ad annuire; non capiva dove volesse andare a parare con quelle cose Albus e non aveva neanche voglia di aiutarlo. Era indisponente da quando Rose gliel’aveva presentato e l’aveva trattato piuttosto male in alcune occasioni. 
“Siediti un attimo, ti racconto una cosa” gli propose titubante.  Si avvicinò a una pietra piatta e spalò la neve con la mano. Si sedette ed estrasse dalla tasca un pacchetto di sigarette, ne prese una e con un gesto secco della bacchetta l’accese. Tirò una lunga boccata dalla sigaretta e soffiò fuori il fumo in una nuvolette; l’odore di tabacco bruciato arrivò forte subito a Scorpius, che arricciò subito il naso. 
“Se vuoi rimanere in piedi fa’ pure” gli disse lui, sempre con il solito tono un po’ strafottente. Non avvertendo un pericolo nell’immediato andò a sedersi accanto ad Albus che adesso guardava lontano.
“Quella casa fu costruita circa cinquant’anni fa. Fu messa lì per garantire un rifugio sicuro a tutti gli studenti di Hogwarts.” Cominciò a parlare. “Non nel senso che serviva agli studenti per nascondersi durante qualche bravata o da Voldemort, no. Silente la fece costruire in modo da garantire un luogo in cui un lupo mannaro potesse trasformarsi senza essere un pericolo per sé stesso e per gli altri studenti.”
“Stai parlando di Lupin?” chiese istintivamente Scorpius, che conosceva già una parte di quella storia.
“Si, parlo del padre di Ted. Remus Lupin, lupo mannaro e studente di Hogwarts nei lontani anni ’70. Durante le notti di luna piena era scortato alla stamberga attraverso un tunnel che passa sotto i rami del platano picchiatore. Gli ululati di dolore della trasformazione venivano scambiati dai superstiziosi del villagio da dei lamenti degli spiriti che infestavano quella costruzione a causa di chissà quale motivo.”
“E quindi?”
“Quindi mio nonno ed altri due amici scoprirono il motivo per cui Remus ogni plenilunio si assentava e non lasciarono perdere i contatti che avevano con lui, anzi. Compirono il gesto più oneroso e onorevole che potessero fare; si adattarono per potergli stare accanto, nonostante fosse pericoloso. E non lo fecero soltanto nelle notti di luna piena, ma tutti i giorni, nonostante le voci sulla ‘stranezza di Lupin’ continuassero a circolare.” Disse Albus prendendo un’altra boccata dalla sigaretta. “Si comportarono da persone mature, anche a costo di risultare strani agli occhi degli altri o incoerenti rispetto a quello che la gente si aspettava da loro; non importava che quel ragazzo fosse un licantropo, ai loro occhi era soltanto un ‘piccolo problema peloso’” concluse sorridendo prima di girarsi a guardare negli occhi Scorpius, con quello sguardo profondo che sembrava scrutarti dentro.
Il ragazzo si sentì a disagio, come nudo, di fronte alla profondità di quel verde: adesso ricordava cosa temesse in assoluto del ragazzo. Erano quegli occhi, quegli occhi che sembravano essere un binocolo verso le profondità della sua anima, così che chiunque potesse leggere quello che si trovava sul fondo chiaramente; in tutto quel tempo, Scorpius non vi aveva letto altro che disprezzo.
“Deve essere difficile affrontare tanto tempo serbando in sé molto più di ciò che si è in grado di comunicare o di dire. Si passa del tempo a chiedersi perché, a sentirsi sbagliati e quando poi alle lacrime si sostituiscono le cicatrici, uno ci fa semplicemente l’abitudine e si perde anche la voglia di urlare, non è vero?” domandò, con un tono che mai gli aveva sentito usare. “Ci si sente distanti, come se un muro di ghiaccio ti chiudesse in una morsa gelata, ti seguisse in ogni singolo istante, si interponesse proiettando un riflesso di noi distorto, come qualsiasi lastra di ghiaccio farebbe.”
Abbassò un attimo lo sguardo prima di rialzarlo e riguardarlo di nuovo fisso; non aveva vacillato neanche un singolo istante. “E perché mai darsi pena di capire qualcosa che è così lontano, così distante, così altro che non influisce minimamente sulla nostra realtà? Perché mai bisognerebbe prestare attenzione a un altro quando si ha tutto quello che si vuole e che si desidera?” disse amaramente. 
Per un attimo sembrò vacillare, sembrò smettere lì, e invece continuò ancora una volta, lasciando spiazzato Scorpius. 
“Remus serbava dentro di sé un mostro, ma chi non ha i propri mostri nella sua mente? Se lui aveva l’incubo della licantropia che una volta a mese lo rendeva meno che umano, lo rendeva una bestia pericolosa, perché dovrebbe essere meno importante o più semplice convivere con un cognome che ti pesa sulle spalle?”
Scorpius voleva interromperlo, non voleva che quella conversazione, estenuante sia per lui che per Albus, continuasse oltre. Voleva tornare indietro dagli altri ed evitare che quegli occhi verdi continuassero a scavare dentro di lui come una trivella. Ma Albus non gli diede modo di scappare.
“Io sono dalla parte dei vincitori; sono il figlio dell’uomo che ha salvato la vita a tante persone, non posso sapere cosa si prova in una famiglia come la tua Scorpius. Non posso sapere che cosa voglia dire essere marchiati a fuoco da qualcosa di ben peggiore che una cicatrice sul braccio. Non posso sapere che cosa voglia dire trovarsi con il nulla tra le mani e provare a costruire qualcosa di diverso, di migliore. Non posso sapere che cosa si provi quando la gioia più misera, l’obiettivo più effimero raggiunto ti sembrino in realtà delle arrampicate su delle montagne altissime.” Disse. 
“Scusami”
Una parola secca, senza esitazione. Senza nessun fremito nella voce, senza neanche un briciolo di incertezza nello sguardo. Scusami.
“Ho agito secondo il pensiero di altre persone perché ero geloso. Ero geloso del fatto che dal nulla eri arrivato nella mia normalità e ti eri ricavato uno spazietto senza chiedere niente a nessuno.
Avevo paura” disse Albus mentre si sfregava le mani. “Avevo paura che tu potessi prendere il mio posto e portarmi via i miei amici. Mi sono comportato da stupido e ho semplicemente scelto di non capire perché era più semplice così. Era più semplice per me portare avanti una crociata contro di te che cercare di capire ciò che ci fosse sotto. Mi sono comportato da immaturo.”
Gli rivolse addirittura un sorriso stirato prima di girarsi e di passarsi una mano nei capelli corvini. 
“Non ti preoccupare, alla fine…”
“Non venirmi a dire che non fa niente, che in realtà è tutto a posto così e che non te ne importava così tanto perché non me la bevo neanche sotto tortura” disse con un ritorno al consueto tono. “Ho davvero esagerato con gli insulti in questo periodo” concluse con una smorfia amareggiata.
“E che cosa ti ha spinto a cambiare idea?”
“Sono state Rose e Alice. E sei stato tu, oggi.”
“Io?” domandò il ragazzo stupito.
“Si tu. Fino a prima credevo che tu non avessi comunque il benchè minimo spessore morale. Quando ti sei alzato prima al tavolo e hai brindato ai tuoi nuovi amici mi sono sentito una merda.”
“E perché?” chiese Scorpius che stava sorridendo.
“Perché mi hai incluso in quel tuo brindisi, perché ti sei alzato e ti sei lasciato andare, perché hai preso in mano la situazione… le alternative sono molteplici. Guardala così” fece una pausa. “Se non l’avessi fatto probabilmente avrei tenuto il punto ancora per un bel po’… detesto le persone senza carattere. Preferisco qualcuno che mi mandi al diavolo subito e con cui farci una bella litigata e poi chiarire, piuttosto che qualcuno che mestamente incassa tutto ciò che dico.”
“Forse perché hai bisogno di discutere con qualcuno che sia alla tua altezza.”
“O forse perché semplicemente ho un po’ l’indole da testa di cazzo” concluse, prima di mettersi un po’ a ridere seguito a ruota da Scorpius.
“Allora?” chiese quando entrambe ebbero smesso di ridere. “accetti le mie scuse e ricominciamo da capo?” gli porse la mano come la prima sera che si erano conosciuti.
“Non ce l’ho mai avuta con te.” Disse Scorpius stringendola energicamente. “mi chiedevo soltanto cosa avessi potuto farti di così terribile da giustificare il tuo comportamento verso di me. In ogni caso non ti avrei mai affrontato; non ho così tanto fegato.”
“E io invece mi chiedo ancora perché non sono a Serpeverde, con una lingua biforcuta del genere.”
“Perché alla fine trovi sempre il coraggio di prenderti le tue responsabilità e, credimi, è l’atto di audacia più grande.”


SPAZIO AUTORE: Ok, sono imperdonabilmente imperdonabilissimo! Lo so, mea culpa! Purtroppo è ricominciata l'università e gli impegni si sono fatti sentire. In più questo era un capitolo importante e volevo renderlo al meglio (infatti è un po' più lungo del solito e probabilmente a metà vi sono venuti degli attacchi epilettici e altri sintomi del genere!)
Comunque bando alla fuffa e veniamo a noi: in questo capitolo c'è la presa di coscienza e la voglia di cambiamento di Scorpius che finalmente ha capito che forse non è il caso di mantenere tutti a distanza, come ha fatto per tutto il tempo precedente. E c'è anche la svolta nel non rapporto che prima persisteva con Albus. Detto questo, da adesso in poi si inizia a fare sul serio e gli aggiornamenti dovrebbero essere più rapidi visto che inizierà l'azione e inizieranno i cambiamenti (Non vi spoilo altro).
Quindi spero di potervi sfornare un altro capitolo in tempi più brevi (sarà quello sulle vacanze natalizie dei nostri cari ragazzi).
Ringrazio Laura che è sempre onnipresente a ricordarmi che devo postare i capitoli (Scusami te l'avevo promesso con qualche giorno d'anticipo questo ahahahah). Ringrazio Proinnseas che mi recensisce bene e i consigli sono sempre ottimi. E ringrazio Margherita, alla quale ho fregato una citazione (la parte sul discorso del seguire altre istruzioni [...] è un Oltre Ogni Previsione è contenuta nella sua FF "Perchè sul campanello di casa mia c'è scritto Weasley - Malfoy!?", mi pare nel capitolo 17 "Chi ha detto che l'alcool fa male?" che vi invito a leggere assolutamente perchè è veramente una bella lettura)
Detto questo vi saluto e al prossimo capitolo!!
  
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