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Autore: 48crash    29/03/2013    1 recensioni
Ho cominciato a pubblicare su questo sito circa due anni fa, ma scrivo storie e poesie da quando riesco a ricordare. La mia prima long-fic l'ho scritta quando avevo 14-15 anni, e trata un mondo e una passione di cui qui non ho mai parlato: il pattinaggio sul ghiaccio. Il protagonista, insieme con altri del suo entourage, è Jeffrey Buttle, o meglio, una reporter italiana (mia creatura) installata a Toronto che lo conosce per caso, e inizia a frequentarlo. Era iniziata come una breve fanfic di tre capitoli, poi una mia carissima amica, innamorata del pattinatore in questione, mi ha spinto a continuarla. Molte cose accadute poi mi hanno portato ad interromperne la stesura. Ma rileggendola oggi sento che dovrei pubblicarla, per far sì che non sia stata fatica sprecata. Non sono più la stessa persona di allora, e per questo non l'ho modificata prima di postarla, salvo pochi errori di battitura. Per lo stesso motivo probabilmente non avrà mai una conclusione, seppur l'avessi allora come ora ben impressa in testa.
Per ora è nella sezione originali pur non appartenendovi, sarò ben lieta di spostarla una volta trovata una sezione appropriata.
Genere: Romantico, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 2

 

Il locale era carino. Non troppo grande e con luci soffuse sulla tonalità del blu.
Beatrice si guardò intorno con le lacrime agli occhi. Sperava che lì non l’avrebbe seguita. Ma di sicuro non l’avrebbe passata liscia, tutti avrebbero saputo quello che in realtà era.
E poi la macchina. La sua era di fronte al ristorante, e lei non sapeva come arrivarci.
Lacrime di rabbia e di tristezza le scendevano dalle guance. Si portò verso il bancone dove un ragazzo muscoloso in canottiera stava servendo da bere a tre tipi che le parevano già ubriachi a sufficienza.
Prese un fazzoletto dalla borsetta e si ripulì gli occhi dal trucco che stava colando via. Poi si avvicinò al barista e lo chiamò con un gesto.
<< Vorrei un Margarita >>disse.
<< Subito, dolcezza >>.
A questo ci era già abituata. I baristi delle discoteche. Quando era in Italia ci andava spesso in discoteca, lì c’era andata solo un paio di volte, quando le sue amiche erano venute a trovarla a Toronto.
Il suo Margarita arrivò e lei lo buttò giù in un sorso. Stava un po’ meglio ora. Forse se si fosse ubriacata si sarebbe dimenticata di William. E del fatto che non sapeva più come tornare a casa.
Fu così che non ci pensò nemmeno quando ordinò un altro Margarita e, ancora una volta, lo finì senza nemmeno rendersene conto.

Ma chi ha bisogno di William? No, anzi: chi ha bisogno di un uomo? Beh, io no di certo. E poi, di uomini così meglio non averne.”
Beatrice non si rendeva più conto di quello che stava facendo e ordinava un drink dietro l’altro.
Stava finendo di bere un Black Russian quando un ragazzo non troppo alto ma abbastanza carino si avvicinò al bancone.
Ordinò un Bloody Mary e urlò qualcosa ad un certo Chris che stava in pista.
Dopo un attimo comparve al suo fianco un altro ragazzo non altrettanto carino che ordinò una birra e precisò al cameriere che per l’altro tipo pagava lui quella sera. Il barista annuì e gli diede la sua birra. Il ragazzo se ne andò lasciando lì il suo amico.
<< Perché una ragazza così carina sta qui sola a bere? >> chiese a Beatrice.
<< È stata una brutta serata, devo dimenticare >>.
<< Beh, se ti può aiutare, ti faccio compagnia >>rispose lui. Afferrò uno sgabello e si sedette accanto a lei.
<< Non ce n’è bisogno… >>ribatté Beatrice.
<< Tranquilla…Prendi qualcos’altro? >>
<< Un Cuba Libre >>rispose rassegnata.
<< Bene. Ehi, Josh, due Cuba Libre >>.
<< Subito >>fece quello dall’altra parte del bancone.
I due cocktail arrivarono subito. E non furono certo gli ultimi della serata.
Beatrice e il suo nuovo compagno di disavventure parlarono a lungo, accompagnati da bicchieri di bevande alcoliche varie. Lei concesse al suo cavaliere anche qualche ballo.
Erano in mezzo alla pista e stavano ballando su una musica di Britney Spears quando Beatrice si appoggiò con la testa ad una sua spalla e si mise a piangere. Lui la trascinò fuori dalla mischia e la lasciò sfogare. Poi le offrì un altro Martini e la baciò.
Erano tutti e due troppo ubriachi per rendersi conto di quello che stavano facendo.
All’una di notte erano ancora seduti lì al bancone con un Cosmopolitan a testa in mano, e Beatrice non ricordava già più William. Aveva avuto ragione: l’alcool alle volte aiuta.
<< Senti, io sono stanco >>annunciò ad un certo punto il ragazzo di cui Beatrice, tra l’altro, non ricordava neanche il nome. << Vado in albergo. Ho prenotato qui da parte perché lo sapevo che non avrei guidato >>.
<< Io vado a casa >>biascicò Beatrice. Non si ricordava dove fosse la sua macchina.
<< Ok >>.
Il ragazzo urlò ancora qualcosa ad un certo Evan e poi accompagnò Beatrice di fuori.
<< Ecco, la mia macchina… >>cominciò Beatrice appoggiata al cofano di una vettura. Tirò fuori le chiavi e premette il bottone. << Sarà qui, ma non si apre… >>
<< Ma sei sicura? >>
<< Eh, sì, perché…eh, sono venuta in macchina. Abito in centro io >>.
<< Ecco. Anche io…Però, senti, se non si apre sali sulla mia e ti accompagno io… >>. Il ragazzo cominciò a frugare in una tasca del giaccone senza trovare nulla.
<< Ma sai che le chiavi non ci sono…mah! >>fece ad un certo punto.
Beatrice sentiva la testa girare come una trottola e il caldo nelle vene mentre lo ascoltava senza capire dal cofano della Citroen metallizzata lì accanto.
<< Però un’idea ce l’ho >>esclamò lui ad un certo punto. << Puoi venire su in albergo a dormire…io ho un letto che…basta per sei. Ci stai…se vuoi… >>
Anche lui si interruppe per appoggiarsi al cofano dell’auto.
<< Va bene…William >>.
Lui non rispose. Non si era neanche reso conto che quello non era il suo nome. Come lei non si rendeva conto di ciò che stava facendo.
Beatrice scivolò giù dal cofano della macchina sgraziatamente. << Sto…male…Portami dentro… >>supplicò a bassa voce.
Entrarono nella hall dell’albergo e lui afferrò un paio di chiavi dal quadro dov’erano appese.
Salirono nell’ ascensore e lui premette il pulsante per andare al 5° piano. Ad un certo punto l’ascensore ebbe uno sbalzo e il ragazzo cadde addosso a Beatrice, le cui gambe cedettero, e si ritrovarono entrambi sul pavimento. Lei non lo fece andare via.
Non lo cacciò nemmeno quando lui cominciò a baciarla.
Le porte dell’ascensore si spalancarono, e loro non si staccarono ancora. Seduti sul pavimento dell’ascensore, lui le mise una mano su un fianco e si alzò insieme a lei.
Cominciarono a spostarsi verso la camera strisciando sul muro.
Non sapevano più quello che facevano. Si staccarono solo per aprire la porta della stanza.
<< ..Questa non è la mia! >>esclamò lui dopo un po’ che rigirava le chiavi nella serratura.
<< Fammi vedere… >>disse lei inginocchiandosi e guardando la porta. << Ma com’è questa storia…? >>
Dopo qualche minuto che armeggiavano lui strappò le chiavi dalla serratura. << Non è camera mia >>disse con aria schifata.
<< Oddio… >>borbottò Beatrice trascinandosi verso il vano dell’ascensore.
Entrarono e scesero di un piano. Questa volta non ci furono intoppi e la porta si aprì subito.
<< Ecco…non so, dormi qui… >>spiegò lui appena entrati.
<< Ma io non voglio dormire… >>. Beatrice si sfilò la giacca e mise la borsa su una sedia. Si lanciò su di lui gettandolo sul letto e lo baciò.
Lui non parlò, lanciò la sua giacca da una parte del letto e si tolse anche la felpa, che fece la stessa fine.
Cominciarono a spogliarsi, così, senza un motivo. E non sapevano più se lo volevano o no, ma ormai era troppo tardi per dire “Scusa ma io non ho intenzione di venire a letto con te”. E ovviamente l’alcool non giocava a loro favore.

Chissà com’è andata col campione…”si stava chiedendo Linda, in Italia, nello stesso momento ma con 6 ore circa di fuso orario di differenza. “Mi aveva anche detto che mi avrebbe richiamato quando sarebbe tornata”.
Guardò l’orologio, che segnava le 9:30 del mattino. Non sapeva cosa fare.
Alla fine, spazientita, Linda sbuffò e afferrò il suo cellulare. Compose il numero di Beatrice e attese in linea.
Niente.

Allora. O è andata bene, anche troppo e quindi non ha avuto il tempo materiale di chiamare. Oppure è andata talmente male che non voleva più parlarne e è andata a bere in un pub. Speriamo la prima…”
Uno squillo, due squilli, tre. Niente.
Linda riattaccò e si mise a leggere.

Uno squillo, due, tre.
<< Il..il cellulare… >>ansimò il ragazzo, non esattamente William, che c’era a letto con Beatrice.
<< Non penso sia il mio… >>rispose lei, completamente ubriaca.
<< Però…però… >>
<< Non è il mio >>. E lo zittì con un bacio.















Author's Corner:
Finalmente, eccomi con il secondo capitolo dell'orrore! Oggi mi è tornata la voglia di continuarlo.
Ovviamente la serata di Beatrice continua e prende una piega che cambierà tutto. Entra in scena anche Jeffrey Buttle, l'uomo che dà un nome a questa storia infame. Che non mi appartiene. Ancora una volta dico "purtroppo". Gli amici che chiama in discoteca sono Chris Mabee e Evan Lysacheck. Nemmeno loro mi appartengono, e mi scuso con tutti per averli usati impropriamente...ma avevo quindici anni al massimo, quindi stavolta sono giustificata!
Non so se Jeffrey Buttle faccia sesso casuale, e di certo non sono affari miei, comunque, se lo facesse, conosco un paio di persone almeno a cui interesserebbe...
Grazie di aver letto.
Alla prossima,
Lucy

 

  
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