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Autore: convergenzartica    30/03/2013    3 recensioni
{Lei era la classica ragazza da parete, fissava ma non osava mai partecipare o reagire anche quando doveva. Lei era Blue Benson.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lei è la classica ragazza da parete

Ecco cosa dicono in giro di me; la classica ragazza da parete, un complimento dato che non si parla bene di me. Avete presente quella che tutti prendono in giro e chiamano 'autistica' solo perché non è molto loquace? Bene, quella sono io. Blue Benson, per l'esattezza. Preferisco da sempre guardare e comprendere le cose, sono un genio a scuola e non ho mai avuto amici, per la verità un amico ce l'avrei ma è meglio starci lontano dato che è constantemente preso di mira dai bulli ed io povera creatura non posso proprio aiutarlo dato che sono fin troppo magra per spintonare via uno che fa parte della squadra di Rugby della mia scuola, la Hamigway. Forse vi ho raccontato troppo o troppo poco. Se volete saperlo le superiori sono anche peggio delle medie, io sono qui da tre anni ed ancora sono trattata come una primina al primo giorno di scuola; da schifo. Oggi siamo il 28 Novembre del 1991, e mi sveglio ancora qui, nella mia stanza che si trova nella mia casa che a sua volta si trova nell'amorevole città Rochester, Minnesota, uno degli stati più freddi degli U.S.A. L'anno più difficile da sopportare è stato lo scorso, quando ho dovuto studiare in un centro riabilitativo di Minneapolis, abbastanza lontano dalla mia città natale. Indosso la prima cosa che afferro dall'armadio, uno dei tanti paia di jeans ed una delle tante magliette con tanto di felpa 'taglia s', che a me sta grande. Tanto per figurarvi quanto io sia sottopeso... L'arrivo a scuola non è mai carino o delicato o a volte come succede agli altri; accolto da visi amici. Oh no. « Benson! Potresti unirti a noi » Si, posso essere famosa a scuola solo per la mia loquacità e per i bulli che mi pedinano quasi sempre. « Come cazzo fai a superare l'anno? Non parli mai » Questa era una voce femminile, ma non alzo neanche gli occhi per vedere chi sia e per fortuna i miei capelli corvini mi coprono la visuale anche se vorrei dirgliene in faccai quattro non voglio, mi farebbero troppo male i pensieri degli altri. « Non ti è ancora cresciuta la lingua? » Urla un ragazzo, anch'esso della squadra di rugby della scuola, si vede dalla felpa blu che porta con sopra la "H" gialla.. Mi ha fatto cadere i libri in terra. Lentamente mi chino per raccorglierli tutti, mi chiedo a cosa serva lo zaino a volte se è più piccolo di una pochette! Camminando mi ritrovo finalmente davanti all'armadietto e prima che possa fare la combinazione la campanella suona e qualcuno mi spinge la testa che a sua volta sbatte sul mio stesso armadietto « Sfigata. » Non un esclamazione, non una frase, una singola parola. La gente dovrebbe misurare le parole a volte. Mi giro verso il mio armadietto e il bullismo colpisce ancora; "Freak". Caratteri cubitali, e rigidi per niente tondeggianti ed io come gli anni scorsi sospiro e tiro avanti... Se mi odiano tutti non vale la pena di vivere, se non ho amici non è ok, se non parlo non va affatto bene. La verità è che chi si vorrebbe distinguere dalla massa non può farcela così facilmente; è una città piccola e la gente cerca di essere "unica" e il bello è che non si accorge di non esserlo per niente, dato che sono solamente delle copie di altri. Chiudo violentemente l'armadietto dopo aver preso i libri di Letteratura Avanzata, e quelli di Storia e dopo queste i venti minuti più infernali della mia intera vita; la ricreazione.
Ultimo posto della fila più vicina alla finestra, sempre e comunque, in caso di suicidio non mi farei trovare impreparata. Le ore di lezione passano in fretta perché è abbastanza facile comprendere le cose qaundo ascolti senza parlare, senza amici e con quei pochi che ti insultano sempre mentre altri ti guardano solamente con tenerezza negli occhi o persino paura a volte ma senza muovere un dito, e magari a volte pure incitando i bulli a picchiare. Non faccio una bella vita nonostante i miei siano ricchi e mia sorella frequenti Yale, ed invece mio fratello la NYADA, la vita di un adolescente può prendere due strade: quella frustrante che ogni secondo sembra istigarti al suicidio e quella calma con qualche onda tanto per renderla più movimentata e non monotona... Nel mio caso ho preso la prima, ma non per mia scelta;  famiglia sempre lontana, carattere che fa vomitare e tutto quello che sono contribuiscono a quello che sono ora. Compresa la bulimia. Quella l'anno scorso non ha aiutato per niente, però grazie a quello ho imparato che l'amore fa male. Perché? Perché ero bulimica perché volevo piacere alla gente, in un modo o nell'altro ma più di tutti volevo piacere a Fred. Ultimo anno, Squadra di rugby. Quanta sofferenza se ci penso, non vedo l'ora che arrivi Dicembre per rincontrare Grace, mia sorella. Lei mi capisce, anche se è più grande di me di un bel pò, sa come prendermi e mi dice cose che io le prometto sempre ma che non faccio mai del tipo: promettimi che farai amicizia! pormettimi che parlerai con qualcuno! prometti.. prometti... Troppe promesse che non posso mantenere. Mi ritrovo ancora allo stesso tavolo della stessa mensa di due anni fa, da sola. Mi guardo intorno e come in tutte le scuole vedo i gruppi che si sono creati quest'anno che non ho ancora visualizzato bene; i bulli/rugbisti sono abbastanza pochi quest'anno, idem per il club del libro ma sono aumentati gli skater e le cheerleader, male. Preferivo che aumentassero i bulli, non le sopporto quelle stronze saltellanti. « Questo posto è libero? » Sento dire, la voce è timida e... maschile, alzo gli occhi e mi ritrovo un ragazzo alto con un fisico abbastanza largo messo in paragone con il mio, occhi scuri e capelli chiari. Io semplicemente annuisco, dovrà sicuramente essere un primino. Dopo essersi seduto mi porge la mano « Bill » Si presenta lui « Bill Heaton. » Io alzo lo sguardo, i miei occhi verdi o il mio sguardo deve averlo intimidito, perché ritira velocemente la mano « ..sono del terzo anno. Ti ho vista in classe di Storia e in quella di Letteratura. » Emigrato da un altra scuola « So che non parli molto. » Ben informato « e so che il tuo cognome è Benson. Oggi uno lo ha urlato e solamente tu ti sei girata a guardare, ma senza reagire. Perché? » Alzo ancora lo sguardo dal mio cibo che sto continuando a smuovere da mezz'ora, non ho fame. Il ragazzo perde le speranze inizia a mangiare senza neanche guardarmi e allora penso a Grace. L'ho promesso. « Blue. Blue Margot Benson. » Già, Blue Margot è il mio intero nome ma preferisco solamente "Blue" che mi piace anche, tra l'altro, Bill mi sorride « Allora ce l'hai la lingua! » Dice lui facendomi ridere, il miscuglio fra la faccia che ha fatto ed il tono di voce è fin troppo ironico. Dopo aver cercato di "ricrearci" ritorniamo nelle apposite classi, ma lui non è in nessuno dei miei corsi se non in quello di Letteratura e Storia, la cosa strana è che io non l'avevo notato per niente. Passa abbastanza inosservato. Le altre ore furono una tortura, primo perché è il primo giorno della settimana e secondo perché erano le materie che odio di più al mondo. All'uscita mi fecero cadere i libri e mi insultarono un paio di volte, come all'entrata e o sgambetto alla ricreazione di ieri, niente di anormale. Tutto rientra perfettamente nella routine. Alle spalle sento una spintonata e cado in terra sbattendo la faccia ed in poco tempo mi accorgo di perdere sangue, mi sono tagliata vicino all'occhio, il cemento in terra e troppo ruvido. Non appena mi alzo posso vedere due ragazzi picchiarsi ma non noto molto, mi poggio al muretto non distante da me e due ragazze velocemente si spostano come se fossi malata di peste bubbonica « è lei quella che è andata nel centro.. » Sussurra una delle due Beth Swanson credo. Il sangue scorre più lentamente, non mi sono neanche portata dei fottutissimi fazzoletti. « Come stai? » Alzo velocemente il capo, come durante la ricreazione e rivedo Bill completamente diverso.. labbro spaccato, lividi sul viso ed occhio gonfio « Ma che cazzo hai fatto, Heaton? » Lui sorride « Per la verità ti ho difesa, uno ti voleva picchiare » Risponde lui « Perché? » Chiedo io e lui non parla, quando mi fa innervosire quando sorride e basta... « Ti posso accompagnare? » Spalanco gli occhi « Ma io abito molto distante da qui, e poi.. » Il mio tono è innervosito e per lui divertente credo perchè continua a ridere « So dove abiti, credi che nessuno sa di chi sei figlia? Vieni.. » Mi prende per mano portandomi vicino ad un furgoncino scassato verde militare, non appena ci siamo davanti mi fermo « è... è sicuro. Non è vero? » Chiedo titubante io « Come andare sullo skate » Faccio due passi indietro con occhi spalancati e bocca stretta, segno d'indecisione. Infondo è solamente uno sconosciuto. « Non so andare sullo skate io. » Mi guarda confuso ma con una nota d'ironia nella voce « Ma che razza di americana sei tu? Dai, sali su! » Lui è già salito sul furgone mentre io lo aprò con estrema lentezza, questo ragazzo sta letteralmente distruggendo i miei principi, ora ci manca solo che mi faccia diventare onnivora, non appena seduta mi volto in preda all'ansia « Non ci sono cinture? » Lui ride ancora una volta e velocemente parte mentre io getto un urlo stridulo e credo che mi abbiano sentito fino al Kansas. « Posso... Posso almeno accendere? » Si volta per un quarto di secondo verso di me e nota che indico la radio « Certo! Non si guida mai senza musica. Non c'è piacere. » Afferma lui, e non appena accendo lo speaker inizia a parlare del debutto di una nuova canzone nella Top Five « Questa canzone è stupenda! » Esclama lui e dopo attimi di silenzio piace anche a me « We could be Heroes! Just for one day. We could be us, just for one day! I can remember... Standing by walls. Non la conosci? » Inizia a cantare lui, per poi voltarsi verso di me. « è una canzone perfetta! » Esclamo io in preda all'entusiamo, perché era davvero bella. Il significato, la voce il tutto era stupendo. « Noi potremmo essere eroi per un giorno... » Vorrei trasmettere una sensazione simile raccontando il giorno in cui la mia vita cambiò. « Noi potremmo essere noi, solo per un giorno. » Quanto lo vorrei, essere me stessa. « Sei una farfalla. » Dice lui tenendo gli occhi fissi sulla strada « Non chiedermi perché. Sei fragile, e forte. Una farfalla. Sai che la vita è breve ma non la vivi al massimo. Una farfalla, no? »
« Insegnami a vivere allora. »
  
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