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Autore: _Des    31/03/2013    16 recensioni
«Era una persona differente, ma pur sempre una persona.»
Il bullismo sovrasta, rende differente da colui che davvero si è. Il bullismo ferisce, impedisce di credere in sé stesso e in chi ci circonda. Il bullismo stravolge, rovina le vite di chi viene definito "debole".
E questo Phoebe lo sa, lo sperimenta sulla sua pelle. Ma lei non è debole, semplicemente necessita di essere compresa e amata per ciò che è.
E se fosse proprio Zayn ad amare tutte «quelle sue piccole cose»?
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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In love with all these little things.

 

Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.

 
 
I pantaloni della tuta e la felpa caddero rovinosamente a terra.
Osservò il riflesso del suo corpo allo specchio, provando vergogna.
Si odiava.
Il suo sguardo corse dalle braccia affatto femminili, al petto spropositato, per giungere sino alla pancia, che non era mai stata perfettamente piatta, e solcare quei fianchi così abbondanti, così rotondi.
Morse un labbro con la vana intenzione di trattenere qualche singhiozzo che già si batteva perché riuscisse ad essere emesso.
Quelle labbra.Le trovava fin troppo tipiche, scontate. Possedevano la solita forma a cuore ed era certa che mai avrebbero attratto un ragazzo.
Dai suoi occhi spuntarono delle lacrime.
Quegli occhi. Inespressivi, l’unico aggettivo che sapeva attribuire loro. Non emanavano calore, pur essendo di un particolare colore.. scuro.
Si decise a portare lo sguardo sino alla vita, la cui taglia era impronunciabile, a suo dire. Le cosce erano prepotenti, i polpacci ricordavano quelli di un calciatore.
Lasciò che le lacrime solcassero le sue guancie e che scendessero poi lungo il collo, sfiorando quel fastidioso accenno di doppio mento.
Si odiava.
 
Phoebe si strinse nella felpa, osservando l’autobus in arrivo.  
Sospirò.
«Avanti, non sarà così male.» la rassicurò Ronnie, sorridendole. Accennò un falsissimo sorriso. Entrambe sapevano che per lei non si sarebbe trattato di un bel soggiorno. Era stata praticamente costretta a partecipare ad una sorta di viaggio studio, per imposizione della professoressa Nelson, a meno che «lei non preferisse una F e mettere fine alla questione.»
«Sarà uno schifo.»
«Non fare la lagna.» la riprese l’amica, intrufolando una mano nel ciuffo biondo platino, in tinta con gli occhi azzurri. Più Phoebe l’osservava, più percepiva l’invidia pervaderla. Veronica, Ronnie, era la sua unica e migliore amica, non l’aveva mai messa a disagio, né fatta sentire inferiore, eppure Phoebe avrebbe voluto che la scienza fosse talmente avanzata da consentirle di vestire i panni dell’amica, per un giorno o due, e sperimentare il brivido della sensualità.
Ridacchiò appena, divertita dal tono idiota con il quale la ragazza l’aveva schernita.
Prestando attenzione a ciò che accadeva, notò che la classe di sociologia era al completo e tra la folla lo vide: Zayn Malik sorrideva ad un gruppo di ragazze che, come piovre, cercavano di attirarlo tra i loro tentacoli. Poi tornò alla carica, con i suoi amici.
Un brivido la scosse.
Aveva una cotta per lui sin dal primo anno di liceo e non si reputava all’altezza di un ragazzo anche lontanamente simile a lui: popolare, bello, affascinante, bravo a scuola. Appariva sensibile, presente per chiunque ne avesse bisogno. Eppure mai aveva notato quella ragazza dai lunghi capelli castani. Mai aveva compreso la necessità che della sua persona, lei agognava.
 
Zayn sedette in un sedile, seguito da Liam il suo migliore amico storico.
Si esaltava all’idea di trascorrere un’intera settimana in un camp da urlo, in cui non avrebbe dovuto far altro che divertirsi e “socializzare” con la classe. Davvero I professori avevano la convinzione che ciò sarebbe risultato utile per ribaltare gli antagonismi e riformattare la società? Zayn credeva che non sarebbe mai accaduto. Da sempre esistevano piramidi sociali, bullismo e difficoltà nel relazionarsi nelle scuole come nella vita. E lui, di certo, detestava l’idea di essere quasi obbligato a divenire parte integrante delle gerarchie o di assistere ad atti di bullismo. Però aveva l’odiosa certezza che un semplice viaggio non avrebbe modificato, sebbene in parte e per la sola classe di sociologia, gli andamenti delle relazioni. Riflettendo, Zayn sollevò lo sguardo proprio quando per un breve istante calò il silenzio, prima che un flebile brusio si diffondesse nell’ambiente.
Lei era salita.
Spesso l’aveva osservata in classe, rannicchiata in terza fila, lato sinistro confinante con il muro. Possedeva lunghi capelli di un particolare castano e occhi color cioccolato. Non l’aveva mai vista indossare un paio di scarpe con un tacco, seppur minimo, o di shorts oppure una canottiera, mai un filo di trucco a decorarle il volto. Non l’aveva mai vista esporre la propria femminilità, in poche parole.
Raramente aveva udito il suono della sua voce- cosa che accadeva solo se interpellata- e ancor più raramente l’aveva intravista sorridere, evento a cui il mondo aveva il piacere di assistere solo quando la ragazza godeva della compagnia della bionda-Veronica- che, in quel momento, la precedeva tentando quasi di proteggerla da sguardi indiscreti.
Sapeva cosa le persone le dicevano, come la trattavano, il motivo per il quale ciò accadeva.
Colpa delle forme pronunciate del suo corpo.
Non aveva mai osato rivolgerle parola, ma non perché provasse vergogna nell’approcciarsi con un simile essere. Ma per timidezza, perché temeva che lei non gradisse la sua compagnia, perché non aveva compreso neppure per un solo istante ciò i suoi occhi desiderassero comunicargli, quelle poche volte che i loro sguardi instauravano un contatto.
In ogni caso, provava una strana empatia per Phoebe Torres.
 
Tutti in costume.
Era quello il tema della prima giornata.
Mentre si dirigeva in piscina, la ragazza malediva mentalmente chiunque avesse proposto una tale sciocchezza. Perché mai degli alunni avrebbero dovuto, obbligatoriamente, entrare in acqua e fare follie? E se qualcuno, per caso, avesse preferito distendersi su di un lettino e godersi una giornata di puro relax? E se quello stesso qualcuno non avesse voluto spogliarsi?
«Non entrerò in acqua.» protestò all’ennesimo richiamo della Nelson. Quella donna le stava rendendo la vita un inferno.
«E’ per il tuo bene.» le ripeteva. Nessuno conosceva il suo bene, pensò.
«Professoressa, la prego..» sussurrò infine, chinandosi su una sdraia. Nascose appena il capo per evitare che gli occhi arrossati, fossero di dominio pubblico.
«Come vuoi.» cedette la donna, sospirando, per poi andarsene. Desiderava solo che quella dolce ragazza riuscisse a socializzare, a vivere.
Ronnie le fece cenno d’entrare in acqua e, all’ennesima provocazione, si sentì avvampare, mentre un gran fuoco bruciava all’altezza del cuore. Si alzò, scaltra, dalla sdraia e, mimetizzandosi come poteva, si recò altrove, lasciando correre le lacrime lungo le guance, solo quando ebbe la certezza di non poter essere scovata da sguardi indiscreti.
 
Un lancio bomba e.. boom.
Zayn sprofondò nell’acqua limpida della piscina, prima di risalire in superficie. Come previsto, la gita procedeva alla grande, almeno per lui. E come previsto, c’era chi socializzava, chi restava rintanato nel proprio gruppetto, chi sedeva su una sdraia qualsiasi.. Phoebe era tra questi.
La osservò, curioso.
Indossava dei pantaloni della tuta e una semplice t-shirt. Look singolare per una giornata in piscina. E, scavando tra i ricordi, si rese conto di non averla scovata ancora tra la moltitudine di gente che godeva della giornata in piscina, né tanto meno indossava un costume come il resto delle ragazze.
Si chiedeva perché s’isolasse tanto.
Non le pareva affatto così grassa, come qualcuno tendeva a sottolineare. Certo, non portava di sicuro una quarantadue, forse una quarantasei, molto probabile.
«Non hai idea di cos’ho saputo.» sospirò Liam, sbucando all’improvviso. Zayn riemerse da un vortice di pensieri che l’avevano paralizzato per qualche intenso minuto. Concentrò l’attenzione sull’amico che sembrava alquanto frustato.
«Cosa?» domandò, nuotando verso il muretto.
«Hai presente la Torres?» Zayn si sentì tremare, sapeva già che stava per accaderle qualcosa di spiacevole.
«Phoebe, intendi?» Liam annuì impercettibilmente, prima di continuare.
«L’irlandese sta per tirarle un cazzo di scherzo.» E con l’irlandese intendeva Niall Horan, un biondo tinto, dagli occhi azzurri che lui amava soprannominare “l’idiota”, poiché tormentava chiunque non avesse forza e coraggio di tenergli testa. Il ragazzo, poi, aveva la sua gang, formata da un riccio puttaniere e da un castano sopra le righe.
Zayn avrebbe ribattuto volentieri che spettava a loro intervenire, che dovevano a tutti i costi evitarle un’umiliazione, che doveva proteggerla, ma l’attenzione sua, di Liam e di chiunque si trovasse in piscina o dintorni venne attirata da un grido, soffocato poi da singhiozzi: troppo tardi.
Si voltò appena in tempo per rifilare uno sguardo assassino all’irlandese che, aiutato dai suoi due scagnozzi, lasciava cadere sulla pavimentazione, un secchio che, a giudicare dalle condizioni della ragazza, doveva essere fino a pochi istanti a precedere carico d’acqua.
Phoebe era fradicia, da capo a piedi. Ora i pantaloni e la t-shirt aderivano al suo corpo, rendendo più evidenti le sue forme. E, riflettendoci, era proprio quello l’obbiettivo di Niall Horan: metterla in soggezione.
La stessa singhiozzò una volta, due. A seguire non fu in grado di trattenere un pianto disperato che fece stringere il cuore diuno spettatore in particolare.
«Cos’è palla di lardo? Hai capito di appartenere alla specie delle balene?» sputò il biondo con così tanta crudeltà.Gli occhi della ragazza puntarono Niall e man mano si spensero, persero quell’ultima punta di vivacità.
«Ti odio.» sibilò prima di correre via.
E Zayn non seppe più trattenersi.
 
Corse il più lontano possibile da quel posto.
Corse per sfogare la rabbia, il dolore.
Corse per non permettere al suo corpo di sentirsi osservato.
Phoebe si rintanò nel loft e, nascosta dietro il proprio letto, si chinò a sedere, stringendo le gambe al petto.
Voleva sparire.
 
«Credi di essere forte, Horan?» urlò, mettendo piede sul pavimento in cemento.
«Tu credi il contrario, Malik?» Zayn frenò l’irresistibile istinto di sfigurare quel faccino antipatico che madre natura aveva generato appositamente per lui.
«Io credo che tu sia un povero stupido, se ci tieni a saperlo.» Niall inarcò le sopracciglia, nel frattempo la sua cassa toracica andava rilassandosi e contraendosi con un ritmo sempre più accelerato.
«Cos’è a turbarti, pakistano? Niente bomba con cui armeggiare oggi?» stringendo i pugni, Zayn lo provocò nella medesima maniera:
«Sono gli irlandesi coglioni ad infastidirmi.» borbottò, trovandosi a pochi metri di distanza da Niall.
«Non darmi del coglione, sfigato.» urlò quest’ultimo che, se non fosse stato per i suoi scagnozzi, lo avrebbe volentieri ridotto in brandelli.
«Dici a me? No perché, sai, non sono io ad umiliare una ragazza per realizzarmi, ogni tanto.» la rabbia nella sua voce crebbe a dismisura di parola in parola.
Liam lo ammirava allibito. Mai Zayn aveva preso le difese di una qualsiasi persona a lui, presumibilmente, sconosciuta. Che percepisse la causa sulla pelle?
Ronnie, dal canto suo, aveva messo piede fuori dall’acqua poco prima per poter rincorrere Phoebe, ma vista la circostanza, era rimasta impalata al suo posto, con bocca dischiusa, mentre osservava i due ragazzi darsi battaglia.
«Oh, ti preoccupi della palla di lardo. Non sarà per caso che sei innamorato di una scrofa?» lo derise il biondo.
«Non è una scrofa.» esclamò l’altro a denti stretti.
«Malik, mi stai stufando.» l’avvertì Niall, avvicinandosi in modo tanto brutale.
«Sei tu ad avere stancato me.» mormorò Zayn, quando erano oramai ad un passo l’uno dall’altro.
Per finire, Ronnie, Liam e l’interna classe di sociologia, sbarrarono gli occhi increduli: Niall Horan era disteso a terra, con un occhio nero.
 
«L’ha fatto per te.» sussurrò Ronnie, asciugando con premura l’ennesima lacrima che si riversava sulla guancia rosea dell’amica.
«Non doveva.» bofonchiò, trattenendo un singhiozzo.
«E perché?»
«Niall ha detto solo la verità, purtroppo.»
Veronica scosse la testa, prima d’infilare una mano nel ciuffo biondo, dei capelli così corti e sbarazzini. Riteneva che Phoebe non capisse e che non avrebbe compreso mai.
«Apri gli occhi, Phoe. Se Zayn Malik si è spinto a tanto un motivo ci sarà.»
«Non capisco quale.»
«Perché tu non sei affatto brutta e grassa come quell’idiota di Horan vuole far credere
 
Quella sera a cena non si presentò.
Il giorno seguente circolò la voce di un suo presunto malore e fino a sera non si ebbero sue notizie. Chiunque chiedesse di lei a Ronnie, questa rispondeva che la sua migliore amica aveva preferito restare nel loft a causa di un forte mal di testa. La Nelson non aveva tentato nemmeno un minimo di trascinarla in qualsiasi attività, non appena, la sera era venuta a conoscenza dell’accaduto.
Aveva, quindi, proibito a Zayn, Niall e company di partecipare alle attività che si sarebbe svolte nei prossimi due giorni, incoraggiando poi la classe perché non accadessero più fatti tanto spiacevoli.
Quella sera, per l’appunto, era stato programmato un giro notturno nel bosco adiacente. Ma Zayn, a differenza dell’irlandese che era confinato nel suo loft, poteva circolare liberamente purché non prendesse parte ad alcuna iniziativa del camp.
Fu proprio per quel motivo che si condusse dall’unica persona che sapeva sarebbe voluta rimanere, anche per l’intera durata della vacanza, chiusa tra le pareti del suo loft.
 
Bussarono alla porta.
Phoebe ridacchiò, pensando alla reazione che Ronnie avrebbe avuto non appena messo piede nella stanza. Aveva di certo dimenticato qualcosa, pensò.
Spalancò la porta con un sorriso ben impresso sulle labbra. Sorriso che svanì nel momento in cui realizzò chi la stava fronteggiando. Zayn Malik.
«Ciao.» mormorò quello, imbarazzato.
«Ciao.» rispose, insicura. Mai avevano affrontato una conversazione tanto lunga.. in realtà, mai avevano conversato.
«Posso parlarti?»
 
Zayn le spiegò.
Sebbene lei intervenisse di rado, sapeva che lo stava ascoltando e aveva la certezza che valutasse con attenzione ciò che le diceva.
Di tanto in tanto, sprofondava in uno spiazzante silenzio che adoperava per osservarla e convincersi sempre più della bellezza che regnava in ogni angolo della sua persona.  
«Non lasciare che lui ti abbatta.» le sussurrò, all’improvviso.
Phoebe puntò gli occhi color cioccolato in quelli ancor più scuri di Zayn, rimanendo interdetta. Lui l’aveva smascherata.
«L’ha già fatto. E’ come se io non esistessi più. Eccomi, tu mi vedi. Parlo, cammino, respiro, ma non vivo realmente.»
«E tu davvero credi che lui dica il vero?» al suo annuire, Zayn non ebbe più la forza di proferire alcunché.
L’aveva distrutta, resa una persona differente, ma pur sempre una persona. Doveva essere risollevata, aiutata. Era sprofondata in un enorme abisso che spaventò Zayn in modo anormale, ma che mai l’avrebbe fermato.
«Allora è arrivato il momento di farti credere il contrario.» sentenziò.
 
«Guardati.» le ordinò, in un sussurro.
Phoebe condusse il suo sguardo dovunque, eccetto che sullo specchio postole proprio davanti.
«Fallo.» tentò ancora, Zayn. «Phoebe.» la richiamò. I loro sguardi si catturarono per mezzo del vetro. La ragazza poté ben osservare i gesti così inconsueti, così nuovi e affascinati per lei, compiuti da Zayn nei suoi riguardi. Le posò con delicatezza i palmi delle mani sui fianchi, facendo guizzare del sangue che le tinteggiò di un rosso acceso le guance. Insieme li osservarono.
«Così morbidi, così attraenti.» le sussurrò in un orecchio.
«Non prendermi in giro.» ringhiò lei, senza quasi riflettere. Zayn attirò il viso della ragazza in direzione del suo, penetrò quegli occhi color cioccolato e, a seguito di un’attenta analisi, continuò:
«Non lo sto facendo.» con i polpastrelli, giunse a sfiorarle le braccia, poi la pancia sulla quale si soffermò, per disegnare dei simpatici ghirigori. «Sei sostanziosa, non grassa.» Phoebe trattenne un sorriso, non volendosi lusingare. Era un osso duro.
Zayn prese a scalare ogni centimetro della sua pelle, fin quando non sfiorò le rotondità del suo seno che, pur essendo ben nascosto dalla t-shirt, era evidentemente abbondante. Phoebe trattenne il respiro. Mai nessuno, sebbene avesse diciotto anni, l’aveva anche soltanto sfiorata in quel modo.
Era da definirsi un’esperienza nuova.
«Amo i tuoi occhi.» rivelò il ragazzo, in un impeto istintivo. «Il tuo sorriso.» aggiunse. «Le tue labbra.» accennò, fissandole con tanta intensità.
Accadde poi che Zayn non fu più capace di frenare quel sentimento che aveva preso piede in lui, possesso del suo cuore e controllo della sua mente.
La baciò.
E lei rispose.
In quel preciso istante, Phoebe scoprì il fascino della sua bellezza, che non si limitava ad essere esteriore, ma soprattutto interiore.
E quella notte si amarono, poiché Zayn amava quelle che Phoebe definiva imperfezioni. Quella notte si amarono, poiché Phoebe si spogliò di quel pudore che la frenava e che per consuetudine è detto vergogna.
Quella notte si amarono, perché entrambi seppero accettarsi per i semplici adolescenti quali erano. Con o senza difetti.
 

Dedicato a chiunque subisca del bullismo.
Dedicato a chi osservandosi allo specchio soffre.
Dedicato a chi nonostante l’odio nei confronti del proprio corpo,
tiene duro.
Sappi che sei bellissima/o non per il tipo di fisico che hai,
ma per il cuore che possiedi, le scelte che intraprendi,
la forza che adoperi.
 
Con amore.

Desi. xx

  
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