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Autore: Hermes    01/04/2013    2 recensioni
Ero una ragazza come le altre, niente di strano in questo.
E come tutte le altre avevo i miei difetti ed i miei pregi.
E so cosa state per chiedermi…no, non mi sono innamorata di lui.
Innamorarsi vuol dire essere legati ad un’altra persona e ciò non è successo.
Mi chiedo solo quali strade abbia intrapreso e basta, non voglio andare oltre.

[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Science-fiction, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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Happiness
More or less
It's just a change in me
Something in my liberty
Oh, my, my

Happiness
Coming and going
I watch you look at me
Watch my fever growing
I know just where I am

Happiness
Something in my own place
I'm stood here naked
Smile and I feel no disgrace
With who I am
The Verve ~ Lucky man

Ventiquattro ore dopo il suo arrivo, l’uragano si è disperso.
Le nuvole si sono frammentate in gruppi più o meno minacciosi ed il vento le sta portando via, verso l’entroterra.
Arrivato il mattino: Raph, Linds ed io abbiamo coraggiosamente lasciato l’appartamento per fare un giro nei dintorni mentre il sole a picco per la prima volta in settimane ha preso a scaldare sul serio, asciugando l’umidità.
I quartieri subito appresso a quello di Linds non hanno subito grossi danni a parte gli scantinati pieni fino all’orlo d’acqua e qualche tombino traboccante, sui marciapiedi c’è di tutto: dai cestini, ai rami, alle antenne strappate e pure qualche lampione buttato giù della forza del vento.
Sempre camminando verso la baia nella direzione di Alcatraz Island, l’acqua ha superato gli alti argini della riva ed occupato la profondità di tre strade dell’interno, il segno del fango dimostra di come l’acqua sta già rifluendo molto lentamente verso lo stretto della baia.
Il campus è sopravvissuto ma molte finestre si sono frantumate e la segreteria è rimasta allagata. Il vento ha sfondato le finestre di uno degli archivi amministrativi e la contabilità si è sparsa per il parco, centinaia di fogli hanno preso il volo o sono atterrati sui rami dei platani dove ora pendono come tristi bandierine, inzuppate e mogie.
Il viale subito accanto all’ufficio è ricoperto da articoli di cancelleria ed una pappa grigia e bagnata di cellulosa.
Entriamo nella facoltà con il mio passe-partout e la troviamo disastrata ma non impossibile da recuperare, certo dove le finestre non hanno retto ci sono pozzanghere d’acqua, ma il più dei piani alti sono rimasti asciutti.
Linds apre il suo ufficio, chiudendosi dentro e intimandoci di continuare il nostro giro mentre controlla solo-lui-sapeva-cosa.
I suoi segreti perpetui…uffa!
Io e Raph scendiamo per il laboratorio, che scopro essere di un livello più basso della biblioteca, rimasto sommerso sotto due metri d’acqua melmosa che sta lentamente scendendo grazie ad una squadra di pompieri.
Al bar universitario, tutto sembra in ordine e la biblioteca si è miracolosamente salvata anche se seminterrata grazie alle porte a chiusura stagna che hanno prevenuto al livello d’acqua di salire e fermandolo a venti centimetri. Ogni prima fila da terra degli scaffali è purtroppo inutilizzabile ma il resto è salvo.
Ci riuniamo con Linds all’entrata della Facoltà e proseguiamo verso il Golden Gate Park dove la furia dell’uragano si mostra in tutta la sua potenza.
Il Conservatory of flowers è stato abbattuto dalla grandine, non ne rimane che l’intelaiatura in metallo della grande serra ed una massa irriconoscibile di petali e piante martoriati.
Stessa storia vale per il parco, il polmone verde della città è pieno di alberi sradicati dalla furia del vento arrivato direttamente dalla costa ovest.
Anche il Golden Gate Bridge ha subito qualche danno ma svetta ancora sopra le nostre teste, la vernice rossa ed umida che brilla alla luce del sole.
“Ragazzi…siamo fortunati ad essere ancora qui!” esclamo serena.
“Già, poteva andare molto peggio…tu cosa ne pensi, Linds?” mi fece eco, Raph.
“Penso che ho del lavoro da sbrigare e manca l’elettricità, che il mio laboratorio affonda nella melma e che riceverò presto una telefonata che non mi garberà.” rispose il topo, pulendosi le lenti degli occhiali con un fazzoletto “Una meraviglia in poche parole…”
Gli lancio un’occhiata curiosa ma Linds non dice altro e proseguiamo per Fell Street, verso il mio quartiere.
Intanto che camminiamo mi abbottono il giacchino, il sole scalda ma a tratti ci sono folate d’aria fredda.
La mia palazzina non sembra diverse dalle altre, è marcia d’acqua e ha lo scantinato completamente allagato.
Il padrone – un uomo sulla quarantina dall’aria sciupata - ha le mani nei capelli mentre parla con un uomo dei soccorsi.
Gli passiamo vicino quel tanto per sentire cosa si stanno dicendo.
“L’impianto elettrico generale è fuori uso?! Corto circuito?! Vuole scherzare?! Si rende conto che questo edificio viene usato come alloggio da oltre venti studenti universitari?! E che senza elettricità e riscaldamento diventerà inagibile?!” il poveretto dà tutti i segnali di stare per mettersi a piangere mentre Linds mi manda un’occhiata, e continua “Dove pensa che potremo spostare questi ragazzi nel frattempo?”
“Mi dispiace, signore, ma tutta la città ha subito danni anche peggiori. Cerchi di mettersi in contatto con l’Università per una soluzione.” gli rispose l’altro, con un che di menefreghismo nella voce alla ‘credi-di-essere-l’unico-con-dei-problemi?!’
Raphael si intromette con espressione preoccupata “È possibile entrare, almeno per recuperare degli oggetti personali?”
Il volontario annuisce “Sì ma bisogna prestare attenzione, da una parte del tetto è filtrata acqua, c’è il rischio di scivolare sulle rampe.”
“Okay…grazie.”
Così entriamo nell’edificio, dove le scale per le cantine sono coperte fino all’orlo d’acqua che si allarga in piccole onde sulle piastrelle del piano terra. Gli scalini sono completamente bagnati e dei veri azzardi per la salute, sdrucciolevoli come se ci avessero versato sopra del sapone di proposito.
Il soffitto gocciola ritmicamente e, salendo, più di una volta l’acqua fredda ci cade addosso o sul collo.
Arrivati al mio piano, apro l’appartamento e lo trovo modestamente asciutto.
La finestra del piccolo soggiorno, nonostante fosse stata sbarrata, ha lasciato passare dell’acqua. La moquette l’ha assorbita come una spugna e passandoci sopra produce il tipico rumore della plastica umida.
Seguita da Raph e Linds controllo il bagno e la mia stanza, nelle stesse condizioni del soggiorno. L’unica parte del bilocale che sembra identica come quando l’ho lasciata è il cucinino: la macchinetta del caffè piena di broda e la tazza a metà lì accanto.
Ma Belle…vero che non ti offendi se ti prolungo il mio invito a stare da me?” fa il topo, spulciando nel frigo ma non trovandoci niente di commestibile.
“No, Topo. Non mi offendo…” ammetto un po’ depressa dalla situazione, se non ci fosse il suo mega-appartamento sarei in mezzo ad una strada!
“Yippie!!!Cucina casalinga a gratis!” esclama, trottando verso la camera da letto, agitando un pugno “Dai vieni ad aiutarmi a fare le valigie, Michelle!”
“Come fa ad essere così allegro?” domando con un sospiro rassegnato.
“Credimi, piccola…nel suo caso è meglio ignorare!” mi fa eco Raphael con un gocciolone.
Intanto Linds esclama a voce alta “Oooohhhh! Ho trovato il cassetto della biancheria! Che belli gli slip di Snoopy! Ahhhh! Il mio pigiamino preferito di Minnie!!!”
Raphael è stile aragosta e nasconde il volto in una mano mentre a me sale il tic nervoso e la crocetta della scazzatura in fronte.
Prendo un respiro poi marcio verso la mia camera e lo afferro per un orecchio mentre fruga senza alcun pudore fra le mie cose.
“Ti stai divertendo?!”
“Da morire…” il suo sorrisetto è da pestarlo a sangue.
“Okay…se vuoi renderti utile svuotami l’armadio a muro, topo porco. Io mi occupo di questi.” dico, sottolineando bene le faccende, poi mi sporgo verso il soggiorno dove Raph è rimasto “Ti dispiace fare uno scatolone? Solo dei miei libri di testo e delle dispense sotto la tv?!”
“No problem, baby!” annuì Raph con un sorriso.
Lavoriamo in silenzio con il ticchettio degli appendini sulla sbarra dell’armadio ed io che apro i cassetti, i tonfi dei miei libri che Raph sta incastrando nello scatolone.
“Ah…” esclama Linds nostalgico “Quanti bei ricordi…”
Lancio un’occhiata alle mie spalle, il topo ha fra le mani il vestito nero, quello che ho indossato la prima volta che abbiamo cenato assieme.
Sorrido nella sua direzione, lui ricambia.
In effetti sembra un secolo fa…
“Ti faceva delle gambe da infarto, ma belle…” commenta con sguardo sognante.
Scuoto il capo e chiudo il cassetto, non cambierà mai…
Venti minuti ho svuotato l’armadietto del bagno delle mie cose e siamo pronti ad andarcene, tutti i miei averi stipati in una scatola di cartone, due borsoni e la sacca da ginnastica.
Di sotto c’è ancora il proprietario e gli lascio le chiavi.
Addio bilocale muffito…stammi bene.
“Raph…sicuro che non pesa troppo? Possiamo fare metà per uno!” domando preoccupata, voltandomi per guardare il San Bernardo che cammina dietro di noi, sorreggendo fra le braccia lo scatolone pieno zeppo delle mie scartoffie.
“Nah, Michelle…tranquilla!” sorride lui.
Linds si è accollato uno dei borsoni e la sacca da ginnastica, che tiene appesa dietro la schiena dal cordone.
“Secondo voi quanto ci rimetteranno a ripristinare le cellule?” domanda d’improvviso.
Ci vuole un momento prima che capisca di cosa sta parlando ma Raphael risponde.
“Sicuramente dopo l’elettricità…le linee telefoniche via cavo saranno rimaste sicuramente interrotte per cavi strappati o simili, le parabole di quelle in etere possono essere state spostate o danneggiate dalla forza dei venti.”
“Come minimo quarantotto ore, quindi.”
“Le linee principali sì.”
Linds sospira.

L’energia viene ripristinata in quasi tutta la città fra la sera ed il mattino dei giorni seguenti.
Il palazzo di Linds funzionava in autonomia grazie ai generatori a kerosene, quindi io ed i ragazzi non avevamo grossi disagi a parte la doccia gelata ed il riscaldamento non funzionante.
Raph era andato a sincerarsi dei suoi averi nell’albergo in cui soggiornava poi si era trasferito anche lui nell’appartamento del topo ma solo temporaneamente.
Il cagnone scalpitava per tornare a San Diego ed assicurarsi che Mel e sua sorella stessero bene ed appena le ferrovie vennero dichiarate utilizzabili si mise in viaggio per tornare in bassa California.
Linds non se l’era presa troppo, il laboratorio sotto la facoltà era stato dichiarato inagibile, anche se svuotato dall’acqua e dal fango e l’Università statale era stata chiusa per una settimana al pubblico.
La divisione dell’esercito americano di stanza nella zona aveva ricevuto l’ordine dalla Casa Bianca di aiutare a mantenere l’ordine ed aiutare la popolazione.
San Francisco si ripopolava a poco a poco ed ovunque c’erano persone che lavoravano febbrili sotto un sole che – finalmente - avrebbe potuto spaccare le pietre.
Non avevo di meglio da fare e mi aggregai ai volontari, passando la settimana a portare aiuto per le strade e – anche – per ripulire il locale nel quale lavoravo alcune ore part-time la sera.
Miracolosamente non era rimasto allagato e gli unici danni erano state le vetrine rotte ed il bagno che aveva rigurgitato l’acqua in eccesso proveniente dalle condutture del sistema fognario di San Francisco.
Com’è la vita con il topo, mi chiedete? Una pace.
Il topo ha ricevuto la telefonata tanto temuta.
Il blackberry era suonato alcune ore dopo il ripristino delle linee telefoniche e Linds aveva passato due ore con il telefono incollato all’orecchio nella sua stanza con la porta chiusa a chiave.
Credo che abbia subito una ramanzina o della pressione perché nel giro di questa settimana non ha praticamente staccato gli occhi dal suo portatile e dal verificare che tutti i suoi supporti funzionino.
In più il biondo se ne sbatte altamente della chiusura dell’Uni e passa parecchie ore nel suo ufficio in facoltà.
Cosa combina non mi è dato sapere, intanto quando torna a casa nelle ore più disparate riesce a svuotare il frigo come se non mangiasse da giorni.
Proprio vero che si bruciano carboidrati, usando il cervello…pensate averne uno come quello del topo. A parte la schizofrenia…quell’uomo ha sempre una fame del boia!
Ogni giorno che passa la città torna al suo stato pre-uragano con velocità crescente.
La viabilità privata e quella pubblica viene ripristinata faticosamente ed entro tre o quattro giorni, il Golden Gate Bridge viene riaperto.
I supermercati che si sono salvati dall’acqua, completamente privi di prodotti riprendono ad essere forniti e la vita ricomincia.
San Francisco è un vero formicaio di industriosità e voglia di ricominciare, lanciando dei segnacci discutibili al meteo e sperando che un evento del genere non succeda più per i prossimi centocinquant’anni, al minimo.
La settimana successiva, una alla volta, le varie facoltà vengono ripristinate ed incontro Max e Richard, sani e vegeti.
Sono eccitatissimi e mi raccontano di come si sono accampati sulla cima di una rampa di scale di uno dei grattacieli del centro ed, imbragati fuori a turno, hanno filmato e provato con mano la forza dell’uragano creando un video blog aggiornato in tempo reale.
“Ragazzi ma come avete fatto a rimanere in rete quando sono saltate le telecomunicazioni?” domando loro, un po’ scettica.
“Abbiamo preso in prestito una di quelle antenne portatili per il collegamento satellitare!” mi risponde Richard allegro “C’abbiamo messo un po’ a farla funzionare ma poi è andata da favola!”
“Lo sai che il nostro footage l’hanno nominato in mezza dozzina di news?! Abbiamo ricevuto anche offerte per un documentario!” replica Max con occhi illuminati da luce divina, comunemente chiamata ‘follia nerd’, chissà le loro povere madri che infarti…
Se non li conoscessi potrebbero essere benissimo fratelli di Linds…incoscienti, amanti del rischio ed un tantino idioti!
Naturalmente Will, Barbara, i rugbisti e tutta la schiera di Barbie sono in perfetta salute e più scemi che mai.
Non si sente altro che i loro racconti per il corridoio: ‘Come ci siamo spaventati…’, ‘Orribile…’, ‘Mi si è allagato l’armadio nella mia stanza, la mia collezione di jeans firmati è tutta da buttare!’
Per non parlare della cinque giorni di Barbara alle Bahamas e della sua perfetta abbronzatura integrale che la fa sembrare carbonizzata.
Grazie a Dio ci vengono risparmiati tutti i particolari quando Linds arriva ad aprire l’aula, una delle poche agibili grazie al fatto di essere al piano primo. Una volta tanto adoro la Fisica…
Giovedì andiamo a prendere Raph all’aeroporto e nel viaggio di ritorno lo aggiorniamo sulla situazione.
Il cagnone rifiuta l’invito di Linds a sistemarsi da lui e preferisce una camera d’albergo.
“Sicuramente per fare cosacce in tutta libertà con Mel su Skype…ci scommetto!” commenta il topo orgoglioso del compare, mentre gli mollo una gomitata indiscreta.
La mia permanenza nel suo appartamento è a tempo indeterminato per adesso; la segreteria è stata sommersa da domande di trasloco e sembra che non riusciranno a sbrigarle tutte in tempi brevi. Intanto sono stata promossa da Linds cuoca a tempo pieno.
Il topo mi ha dato la seconda copia del mazzo di chiavi e m’ha detto di fare come se fossi a casa mia.
Mi prendo una stanza per sistemare la mia roba e – dato che fra la mia camera e quella di Linds – c’è un bagno, lo condividiamo.
Quando ci sono entrata per la prima volta mi sono strofinata gli occhi dalla sorpresa.
Tutto moderno e bicromo, fin qui niente di strano a parte la precisione chirurgica con il quale sono stati disposti i suoi vari articoli personali su una parte del mobile a doppio lavabo.
Voglio dire, se una persona qualsiasi avesse posato gli occhi – come me – sul laboratorio dove lavorava l’avrebbe preso per un casinaro recidivo e distratto, di quelli che nel disordine vedono la base dell’universo!
Quindi Linds nel proprio non amava le cose fuori posto…deve aver usato una squadra sulla mensola dello specchio, è l’unica possibilità!
Comunque mi sembra di vivere quasi da sola dato che il topo passa tutto il suo tempo da sveglio nel nuovo laboratorio che gli è stato concesso a tempo di record dal consiglio amministrativo.
All’inizio non ci credevo – come cavolo ha fatto? Ha puntato una pistola alla tempia del Dean? Ha minacciato di far esplodere la facoltà con uno dei suoi intrugli?! – poi un pomeriggio ho constatato che era tutto vero…
Gli era stato riservato un laboratorio nuovo di zecca nell’edificio più moderno del campus, con tanto di stanze organizzate perfettamente, macchinari d’ultima generazione e sistema di sicurezza all’avanguardia con tanto di codice numerico e porte blindate.
Quando gli ho domandato come aveva fatto mi ha solo sorriso e detto “Queste sono le meraviglie del lavoro in proprio, ma belle! Punta in alto e vedrai che soddisfazioni!”
Sì…deve aver minacciato il Dean in qualche modo…

Sabato Linds ed io ceniamo assieme sull’isola della cucina.
Mi sa che sarà un’occasione più unica che rara…
Il topo è d’ottimo umore tanto che insiste per stappare una bottiglia di vino ed innaffiare una scatola di profiterole che, a rigor di cronaca, fa fuori per due terzi. Ma se nel suo sangue si abbassasse il livello di zuccheri cosa succederebbe?
Finita la sua abbuffata, sfila portatile e telefono dalla borsa e fa per scomparire nel corridoio non senza prima avermi lanciato un bacio ed un “Tutto delizioso…ma se mi abituassi alla tua cucina sarebbe la rovina della mia linea!”
“Aspetta…non è che mi presti il tuo ipod?”
“Giacca, tasca sinistra, mettilo in carica sulla docking!”
“Ricevuto grazie!”
Vado a controllare e l’accendo, in effetti la batteria è sul punto di morte.
Ruoto il pollice sui comandi, girando per i menù…
Jazz, power metal, death metal, punk, space, pop…fin qui tutto chiaro, almeno credo…
Ci sono nomi come Primus, Fast Fusion, Darkwave, Meditativa (il topo che medita ohm-ohm?), e Trip hop che non ho nemmeno idea a quale tipo di musica si riferiscano…scelgo il random playmode dato che sono in vena di sperimentazione ed inizio a mettere in ordine nella cucina.
Una settimana ed il lavello è peggio di un campo profughi…puh!
Quel lavoretto si fa interessante ascoltando il suo sterminato archivio musicale…oddio ha le Spice Girls ed i Backstreet Boys…
Credo che l’unico stile mancante sia la musica tecno da discoteca e Britney Spears.
Finita la cucina, inizio a fare ordine sul tavolino dove durante il pomeriggio ho ammucchiato le mie dispense e libri per studiare. Libero una parte e riaffondo sul comodo divano per memorizzare un’altra ventina di pagine.
Certo gli esami sono ancora lontani un mese abbondante ma è sempre meglio portarsi avanti con il lavoro.
Sono lì tranquilla quando dallo speaker esce fuori una hit di Rihanna che sembra quasi scelta dal meteo degli ultimi giorni…ve la ricordate ‘Umbrella’?
Ennesima volta che me lo chiedo: cosa ci fa sulla playlist di un topo metallaro?
In coda a Jay Z arriva Linds con tanto di occhialoni alla west coast police, prendendo la rincorsa alla Saturday Night, tirandomi su ed improvvisando dei passi di danza sulla musica.
Intanto canticchia il ritornello, piroettando per l’open space e sostenendo un ombrello immaginario sopra le nostre teste.
Now that’s raining more than ever/ Know that we’ll still have each other/ You can stand under my umbrella!
“Sei completamente assurdo…” per non dire che mi ha fatto volare la dispensa a terra.
Sorrisetto “Ci sarà un motivo per cui sei pazza di me, no?”
Alzo gli occhi al soffitto, sbuffando ma con la bocca piegata in un sorriso. Afferro gli occhiali e glieli infilo nello scollo della sua maglietta bucherellata dei Sex Pistols.
Non c’è niente da fare…il topo è eclettico, va da un estremo all’altro, è speciale così com’è.
La hit sfuma nel background, soppiantata da un’altra traccia.
Alla prima battuta della chitarra la riconosco…come non potrei?!
Lancio un’occhiata al topo che fa spallucce, sta ancora ridacchiando.
“Non mi dire che ti ho convertito al brit-pop, Linds. Sarebbe un miracolo al di fuori dalle mie possibilità!”
Richard Ashcroft sta dando il meglio di se alla chitarra in una delle mie canzoni preferite dei The Verve in assoluto.
Vi rendete conto di cosa c’è sul lettore del topo?! Il mondo sta per finire…
Linds chiude gli occhi con un sorriso soddisfatto, mentre giriamo sul posto.
“Non sono male, dai…e poi com’è che dice? But I’m a lucky man with fire in my hands? Credimi I’m loving every minute of it!
Mi ha avvicinato ed i nostri corpi si sfiorano, mentre la canzone va avanti nel mood che conosco così bene che potrei analizzarla nota per nota con delle immagini.
Gabbiani. Azzurro. Sole. Speranza ed il sentirsi a posto con il mondo.
Felicità che arriva e se ne và.
Percorrere finalmente una strada che porta nella direzione giusta anche se ad ogni angolo ci sono degli imprevisti.
Come ha citato Linds: sono un fortunato con del fuoco fra le mani.

So cosa vedo e ho allacciato le mani dietro il suo collo mentre dondoliamo sul posto.
Abbiamo lo sguardo fisso uno negli occhi dell’altro. Mossa dannosa se siamo io e lui…
La musica continua ma diventa una nenia irriconoscibile come se il mondo si fosse rimpicciolito, allontanato.
Grande quanto un granello di sabbia.
“Hai bisogno di qualcosa, Michelle?”
Traduzione: Dillo, ma belle…non aspetto altro da quando ti ho messo gli occhi addosso.
Pondero la mia risposta, mordicchiando il labbro inferiore.
Il suo pollice lo sgancia dai miei denti con delicatezza.
Al diavolo…hai vinto, topo.
Sorride, ha notato il mio cambio d’espressione.
“Posso dire una cosa?” fa piano, annuisco e lui se ne parte con un liberatorio ed arrogante “Era ora!
Sgancio una delle mani ed afferro un pugno dei suoi capelli biondi tirando, e facendo una linguaccia.
Linds ridacchia, piega le ginocchia e mi afferra le cosce dietro dando la spinta caricandomi in grembo come una bambina.
Nonostante lo spostamento del baricentro il topo non barcolla, la sua figura nervosa supporta perfettamente il peso di entrambi. Tutto ossa e tendini…agile come un cavallo da corsa. Uhm, potrei farci un pensierino…
“Allora…hai preferenze o possiamo passare subito al sodo?” fa con malizia, allegro, incamminandosi con calma ammirevole verso il corridoio “Non vedo l’ora di tirarti su la sottana da suora!”
“Sorprendimi, Linds. Dopotutto saprai di cosa parli, no?”
“La tua ironia darling, non mi tocca.” il tipico sorrisetto stronzo ha fatto capolino sulle sue labbra sottili.
Ho voglia di mordicchiarlo. Tutto.
Farlo stare zitto. Sentirlo mentre-
Sono impazzita…

“Michelle, smettila di ammirarmi con i tuoi assatanati occhioni argentati o non ci arriviamo al letto.”
“Non ho mai detto di volerci arrivare…” mormoro in risposta, tracciando l’incavo del suo collo con le labbra.
Gli occhiali sono scivolati e caduti per terra. Dimenticati.
You, little minx…” respira a denti stretti, spalanca la porta della stanza con il piede e quattro passi ed un attimo dopo mi lascia andare sul letto “I got you, now.
I suoi occhi brillano nella penombra della stanza come quelli di un gatto, riflettendo la luce della strada venti piani più sotto.
Sorrido ed abbasso le palpebre.
Già…sono caduta nella tua trappola, e ben contenta di esserci, Professor Lagden.

Sì, sì…il topo ha stamina ed immaginazione. La collezione di filmini forse ha un motivo…
Mi và anche bene che avevo rifatto la visita per la pillola a Febbraio, è bello sapere di sfruttare un po’ l’anticoncezionale dato che non me la sentivo di buttare via tutti i blister dopo il casino con Will.
Mi sento leggera e tranquilla…ah…i miracoli dell'endorfina!
È dieci minuti che siamo in silenzio.
Linds è sdraiato al mio fianco, rilassato e tranquillo, i capelli sparati in tutte le direzioni sul cuscino.
“Allora?” mormoro, agganciando le mani al guanciale.
Linds corruga la fronte “Allora cosa?”
“Come sono andata?” e sì, care, lo sto facendo apposta…
“Non sono gli uomini che fanno certe domande alla fine, ma belle?” si è voltato verso di me, interessato.
“Si vede che sei troppo topo e non abbastanza uomo…”
“Hai un bel coraggio…” ridacchia.
“Allora? Sono abbastanza donna per i tuoi standard altissimi?”
Linds stira le braccia ad occhi chiusi, la luce riflessa dei lampioni delinea il suo sorrisetto “B-
“Eh?”
“B-. Non posso darle un voto più alto per questioni disciplinari, Miss Hervas.
“Siete troppo severo, prof.”
“Al contrario, magnanimo.” si è girato sul fianco “Ci stai per un altro giro? Ho alcune idee…”
“Okay, sono pronta a nuove esperienze…”
“Perfetto.”
Lunga notte questa…proprio come piace a me.

Mi sveglio di punto in bianco, sorpassando perfettamente lo stato di dormiveglia e cercando fra le coperte.
Dov’è finito?
Muovo il capo, frugando per la stanza e lo trovo dalla mia parte mentre si infila in fretta e furia i denim, saltando sul posto ed iniziando ad infilare i bottoni nelle asole.
“È prestissimo…dove stai andando?” domando con un lamento, tuffandomi nella morbidezza del guanciale. La sveglia segna le quattro del mattino…doh!
“Torna a dormire, Michelle.” si è seduto sul ciglio del letto, infilandosi le Onitsuka tiger “Ci vediamo oggi a pranzo.”
Si china, lasciandomi un bacio all’angolo della bocca e vagamente sento delle ciocche umide dei suoi capelli biondi sfiorarmi la guancia.
Mugugno qualcosa ma Linds è già sparito in corridoio…come cavolo fa? Io potrei dormire fino a mezzogiorno…
Peccato che non ci riesco più adesso…passo una mezz’ora a letto, girando e rigirando.
Il soffitto è troppo bianco…
Alla fine faccio per alzarmi, ci starebbe bene una corsetta ma con tutto il movimento della sera prima non mi sento nel pieno della forma. Quindi decido per una doccia e per una colazione sostanziosa, intanto che venga un’ora un po’ più normale.
Almeno fino a quando non apro il frigo e ci trovo quello che – nelle ultime settimane – ho rinominato il vuoto del fisico.
Stato di fatto al quale ho allegato addirittura un formulato ed un teorema infallibile.
Linds mettiti a dieta per dindirindina!
Ricarico la macchina del caffè, che qualcuno si è scolato, ed afferro chiavi e portafoglio per correre ai ripari.
Non sono ancora le sette ed il portinaio non è nel suo gabbiotto. Che poi è Domenica, solo Linds lo prende come un giorno della settimana qualunque!
Recupero una bottiglia del latte e dello yogurt, poi afferro anche un pacchetto di biscotti e l’edizione del giorno del San Francisco Chronicle con tanto di inserto domenicale. Pago e torno indietro dove trovo il San Bernardo davanti il portone d’ingresso.
“Raph? Che ci fai qui?” domando, avvicinandomi.
“Ciao…Linds non c’è?” sorride a disagio, mentre cerco le chiavi.
“No. È uscito all’alba.”
“Ah…”
“Immagino che sia all’Uni.” offro, non sapendo che dire.
“Sono già passato là…non c’è, ho provato a telefonargli ma ha il cellulare staccato, pensavo stesse dormendo.”
Adesso capisco l’espressione confusa di Raphael…che comportamento per niente da topo.
“Non so cosa dirti…ti va di fare colazione con me? Sono giusto tornata dall’alimentari.” domando, mostrandogli il sacchetto di plastica.
“Ho già mangiato, grazie. Beh…sarà meglio che torni là e mi metta sotto con i database o poi lo sento…”
“’Kay…buona domenica e buon lavoro.”
“Grazie, Michelle!”
Povero Raph…ho sempre più l’impressione che Linds stia sfruttando il povero cucciolone alla grande.
Scuoto la testa, entro e torno nell’appartamento.
Dieci minuti sono già piazzata comodamente sull’isola della cucina con tazza di latte e cereali, yogurt e caffè.
Il giornale aperto che poggia sulla caraffa del succo d’arancia, mentre leggo distratta.
Afferro un biscotto, ammollandolo nel latte e giro la pagina.
Il frollino mi cade nella tazza mentre fisso la foto.
Un paio di secondi dopo ho afferrato il giornale, avvicinandolo per osservare bene se ho preso un abbaglio o no.
Sul fondo della quarta pagina c’è un articolo in onore di un certo Paul Girsham e dalla foto in bianco e nero mi fissa lo stesso uomo giovane di quel giorno a Los Angeles.
Mi metto a leggere velocemente l’articolo e tutta una serie di particolari scattano al loro posto con sonori schiocchi da ingranaggio.
A detta del giornalista ha fatto una cospicua donazione milionaria in favore delle università di San Francisco per aiutarle a riprendersi dopo l’uragano.
Nell’ultima colonna c’è una piccola biografia ed a quanto pare, Girsham è subentrato al padre nella direzione dell’impresa di famiglia da tre o quattro anni scalando con merito i vari settori dell’azienda e diventando CEO.
L’impresa di famiglia è specializzata in produzione di armi di distruzione di massa.
Ha finanziato il nuovo laboratorio di Linds, lasciando credere di essere un benefattore dalla manica larga.
È possibile che Linds si sia incontrato con Girsham, stamattina? Molto molto probabile.
Il topo sta creando un’arma di distruzione di massa? Non sarebbe così difficile per uno del suo stampo.
Crederci è un azzardo nemmeno troppo campato in aria…l’unico pensiero che mi viene è: Dio, salvaci.

And how many corners do I have to turn?
How many times do I have to learn
All the love I have is in my mind?
I hope you understand

I got a love that never dies
I got a love that'll never die
No, no
Oh, I'm a lucky man

(don't think, don't, don't think I'm lying)
It's just a change in me
Something in my liberty
(don't think, don't think I'm lying, I'm flying, come on now)
The Verve ~ Lucky man

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Canzone del capitolo: The Verve ~ Lucky man.

Le note di questo capitolo sono:
- L'isola di Alcatraz è una piccola isola, situata nella baia di San Francisco. Resa famosa dal penintenziario militare usato dal 1868 al 1933, e come carcere federale di massima sicurezza. Fu poi chiuso nel 1963. Dentro al carcere le condizioni di vita erano durissime dando adito a numerosi tentativi di fuga, quasi sempre futili. Un criminale famoso rinchiuso ad Alcatraz fu Al Capone;
- 'Umbrella' è una hit della cantante americana Rihanna del 2007/2008, la potete ascoltare qui;
- Naturalmente la canzone dei The Verve in cui accenno nel capitolo è Lucky Man, Richard Ashcroft è la loro 'leggendaria' voce; xD
- "minx..." termine usato per indicare una persona che fa la civetta, flirtando anche in modo sfacciato con qualcun'altro;
- Endorfina: sostanza di natura proteica prodotta dal cervello, che esercita sull'organismo un effetto antidolorifico simile a quello dell'oppio, ovvero rilassamento. Anche il cioccolato ne stimola la produzione =);
- San Francisco Chronicle è il quotidiano correntemente più venduto di tutta la California settentrionale;
- CEO acronimo di Chief Executive Officer, ovvero amministratore delegato;
- Arma di distruzione di massa termine usato per descrivere un'arma capace di uccidere indiscriminatamente una grande quantità di esseri viventi. Questo insieme comprende armi nucleari, biologiche, chimiche e radiologiche. Il termine venne coniato per la prima volta in un articolo del London Times del 1937 che descriveva l'attacco delle forze aeree tedesche della Legione Condor alla città di Guernica in Spagna. L'attacco durò 3 ore, distruggendo il 70% della città e uccidendo un terzo della popolazione.

Ci tengo a dire che questo non è un pesce d'aprile e la Hermes vi ha portato sul serio un grosso pescione di capitolo di StepLeft...xD
Sono secoli che non ho più aggiornato, lo so e mi dispiace ='(
Comunque stiamo alle battute finali della storia ed ogni capitolo è una vera e propria sfida da scrivere, difficili ed incredibilmente accurati, proprio come piacciono a me! =D
Piccole note di servizio: Paul Girsham è un personaggio originale di pura fantasia tanto quanto Raph, Linds o Michelle.
Naturalmente si ringraziano le due recensitrici dello scorso capitolo: Petitecherie e ParoleDiGhiaccio. Spero che non vi siate stufate dell'attesa e che vi stiate godendo la pasquetta in qualche posto soleggiato!!!
*Dalla Hermes il tempo non è magnanimo...nuvole grigio piombo e freddo da novembre...non parliamo poi dei diluvi...LoL*
Spero di tornare con gli ultimi capitoli presto...intanto godetevi questo e rimuginate! ^^"
Hermes

  
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