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Autore: Irmastoro    01/04/2013    3 recensioni
Sospiri, sudore, lacrime.
La malattia le stava sottraendo le ultime forze che le erano rimaste e lei, consapevole di questo, si lasciava morire in quel letto giorno dopo giorno. Non ricordava più che profumo avesse l'aria fresca che soffiava sulla montagna e via, giù per la collina. L'unica aria che inalava era quella della bombola di ossigeno da cui era dipendente e, sporadicamente, quella malsana e stagnante della sua camera, al buio, al riparo da tutto.. e da tutti.
I dottori non le avevano mai esplicitamente detto il motivo per il quale era stata dimessa dall'ospedale, stanza 184, con conseguente sospensione delle cure.
Ma lei aveva il cancro, non era di certo diventata stupida.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sospiri, sudore, lacrime.
La malattia le stava sottraendo le ultime forze che le erano rimaste e lei, consapevole di questo, si lasciava morire in quel letto giorno dopo giorno. Non ricordava più che profumo avesse l'aria fresca che soffiava sulla montagna e via, giù per la collina. L'unica aria che inalava era quella della bombola di ossigeno da cui era dipendente e, sporadicamente, quella malsana e stagnante della sua camera, al buio, al riparo da tutto.. e da tutti.
I dottori non le avevano mai esplicitamente detto il motivo per il quale era stata dimessa dall'ospedale, stanza 184, con conseguente sospensione delle cure.
Ma lei aveva il cancro, non era di certo diventata stupida. 
Niente più chemio, niente più vomito incontrollato che la teneva sveglia nottate intere. Niente più capelli. Niente forza. Niente.
Il corpo che tanto aveva sudato per avere, ora, ridotto ad un mucchio di ossa legate insieme da uno strato così sottile di pelle che, si ritrovava spesso a pensare, non aveva nulla di umano.
Non le era rimasto più niente, se non sua madre e la sua sorellina di appena un anno. Suo padre, venuto a sapere della malattia, aveva preferito scappare. -'Io non posso reggere un dolore del genere'- aveva detto. 
Si, certo.
Lui non poteva sopportare di soffrire quando sua figlia, la sua bambina, si sottoponeva a cure allucinanti e dolorose.
 
 
Quel giorno Valerié, come tutti i giorni seguenti al suo trasferimento a casa, si era svegliata di buon'ora e non si era più mossa dal letto.
Immobile, ecco come stava. Aspettava solo che sua madre si dimenticasse, un giorno, di portarle il pranzo e così, dopo un anno e mezzo di sofferenza, se ne sarebbe andata via, finalmente libera. Ma sua madre si ricordava sempre di lei. 
La porta, lentamente, si aprì ed una testolina bionda si affacciò nella stanza. Si staccò barcollando dalla maniglia e prese a camminare verso il grande letto della ragazza, che la guardava sorridendo appena. 
.-'Aleì, oggi è mio copleanno! Ne faccio così!!'- e, aiutandosi con l'altra manina, alzo un piccolo dito all'insù. 
.-'Oh Sophie, la dada non ha una gran memoria negli ultimi tempi'- le sorrise e continuò -'Dai, vieni un po' nel letto con me'-, battendo leggermente una mano nello spazietto accanto a lei.
.-'Ma... se ti faccio la bua?'- chiese mentre si dondolava e spostava il peso da un piede all'altro.
.-'Piccola, ci si fa sempre la bua per stare con le persone a cui si vuole bene quindi.... direi che posso sopportare un altro po' di dolore per stare con te'-.
Lacrime amare cominciarono a cadere dagli occhioni spenti di Valerié e, quando la piccola le chiese -'Ma pecchè piangi?'- lei le rispose -'Niente amore, niente'- e, baciandole la testa, le sussurrò decine e decine di volte che non doveva preoccuparsi, che presto sarebbe andato tutto bene.
 
 
.-'Allora noi usciamo, Valerié. Se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami immediatamente. Non dovremmo stare via molto... un'oretta al massimo e se succede qualcos..'-.
Valerié, seduta sul divano per la prima volta da settimane, finse per l'ennesima volta di ascoltare sua madre. .-'Puoi stare fuori anche tutto il pomeriggio mamma, ve lo meritate.'- 
.-'Va bene amore'-. Le diede un bacio sulla guancia e, dopo aver richiamato la piccola che scorrazzava per casa come una pallottola impazzita, uscì dal portone di casa incitando la piccola a tenerle la mano.
Andate via loro, la ragazza di accasciò, debole, sul divano morbido e caldo. 
-E' oggi.-, pensò tenendo gli occhi chiusi e piangendo silenziosamente. Si addormentò quasi subito.
 
A richiamarla dal sonno turbolento che l’avvolgeva fu il campanello che suonava con insistenza. Più stanca di prima si fece forza e, dopo un paio di minuti, arrivo al citofono che, come al solito, non funzionava. Con mano tremante spostò lo spioncino di lato per vedere chi fosse stato a suonare. Il respiro le morì in gola.
Non aprì.
Ora ne era certa: poteva andarsene in pace.
 
 
 
Lasciò un biglietto a sua madre. -Sono in spiaggia-, diceva.
Si vestì con quel vestito color pesca che tanto le piaceva e che, segretamente, aveva sognato di mettere quando sarebbe uscita dall'ospedale. Perchè lei ci credeva davvero che avrebbe sconfitto il cancro. I medici dicevano che era giovane, forte e che sicuramente le cure avrebbero avuto da subito una risposta positiva. Invece, ora più che mai, sapeva che non c'era più spazio per lei in quel mondo. 
Arrivato il taxi, Valerié rivolse un ultimo sguardo a casa sua e non riuscì a trattenere le lacrime. 
Quando l'autista suonò il clacson, la ragazza fu costretta a salire.
.-'Dove la porto, signorina?'- chiese l'uomo paffutello con un sorriso cordiale sul volto.
.-'Al mare'-.
 
 
 
Il sole stava tramontando. Un po' come la vita di Valerié, in fondo.
Stesa sulla sabbia calda, pensava. 
.-'Perchè faccio sempre soffrire le persone a cui voglio bene? Perchè?'- le uscì tra un singhiozzo e  l'altro.
.-'Valerié, ci si fa sempre male per stare con le persone a cui si vuole bene.'-.
Non dovette aprire gli occhi per riconoscere la voce di chi le stava parlando. 
.-'Perchè sei qui?'-.
Ridacchiò. .-'Mi conosci. Non aprirmi quando ho suonato il tuo campanello non ti avrebbe liberato di me. E.. e così ho aspettato in auto che tornassero tua madre quella piccola monella di Sophie. Poi tu sei uscita e..'-.
.-'Ho capito Harry, mi hai seguita fino a qui.'-. Suo malgrado la ragazza sorrise, pulendosi le guance.
.-'Stenditi accanto a me'-, continuò e così Harry fece.
Alla luce arancione del sole Harry, se possibile, le sembrava ancora più bello. I capelli ricadevano dolcemente sulla sua fronte, distesa. I suoi occhi, le sue labbra, erano come ricordava.
.-'Val... perchè non mi avevi detto niente del..?'-.
.-'Del cancro? Io.. non lo so. Ti amavo troppo per rovinare tutto così.'-. 
.-'E pensi che dirmi 'Harry, tra noi non funziona più.. e credo che mi piaccia un altro' abbia migliorato le cose? Ti sarei potuto stare accanto, se tu me lo avessi permesso. Sarei potuto stare con te mentre eri sveglia, non mentre dormivi e non mi vedevi.'-.
 
Quelle parole le spaccarono il cuore. 
 
Lui era stato con lei senza che lo sapesse e lei lo aveva odiato. Si, lo aveva odiato perchè, nonostante quello che gli avesse detto, sperava sempre di vederlo entrare nella sua stanza con quel sorriso sornione che l'aveva fatta innamorare dal primo istante.
Le lacrime ripresero a scendere dalla sue guance.
.-'Harry, mi dispiace.'-. Singhiozzò. .-'Non volevo andasse a finire così.'-.
.-'Lo so, lo so'-, le disse cullandola tra le sue braccia forti.
Stettero in quella posizione per quelle che parvero ad entrambi ore, piangendo, scambiandosi baci e carezze.
 
 
 
 
Valerié non se ne andò quella notte e nemmeno quella seguente.
Morì una sera di Agosto. Harry l’aveva portata in spiaggia e qui avevano trascorso tutta la notte.
Avevano fatto l’amore, forse per la prima vera volta nelle loro giovani vite.
Al suo risveglio, Harry, aveva trovato accanto a sé la ragazza fredda ed immobile, con un sorriso felice stampato in volto. 
Pianse.
Piansero tutti quel giorno.
 
 
 
 
 
Harry, quella notte di tanti anni prima, le aveva fatto una promessa. Le aveva giurato che le sarebbe stato accanto per sempre e, anche quando gli impegni lavorativi, la famiglia, i figli, la vecchiaia, cominciarono a farsi sentire, Harry continuò ad andarla a trovare. 
Erano sempre lui e la sua chitarra.
Tutti i giorni le cantava la stessa canzone, la stessa canzone che tanto aveva amato quando era in vita.
 
"..It's hard to force that smile when I see our old friends and I'm alone
Still harder gettin' up, gettin' dressed, livin' with this regret
But I know if I could do it over
I would trade, give away all the words that I saved in my heart
That I left unspoken.
 
What hurts the most
Is being so close
And havin' so much to say
And watchin' you walk away.."
 
 
Le raccontava la sua vita, i suoi dilemmi, le sue gioie. Nulla lo avrebbe mai tenuto lontano da lei.. Perchè amare è mantenere la promessa.




Ciao, cara lettrice! 
Sono contenta che tu stia leggendo questo perchè, se lo stai facendo, significa che hai anche letto questa nuova OS che ho appena pubblicato.
Grazie per aver perso del tempo a leggere il frutto dei miei pomeriggio di riflessione e depressione. (:
Se può interessarti sono autrice di altre due OS, "Harry odia" e "Lo sgabuzzino", che trovi tranquillamente sul mio profilo. 
Bhè, sarebbe fantastico che mi facessi sapere come ti è sembrata, nel bene e nel male.
Spero che tu legga altre mie storie, malcapitata lettrice (:
Baci, Irmastoro.

 
  
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