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Autore: Atarassia_    02/04/2013    8 recensioni
-Io sto bene. Sei tu quello che ha dei problemi. E la prossima volta se dopo essere andato a letto con qualcuno non ne hai abbastanza, non ti azzardare a venirmi a cercare perché io non ci sto più!- esclamai sentendolo irrigidirsi e con le lacrime agli occhi mi allontanai fuggendo per le vie della città.- (Capitolo 7)
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La prima volta può deludere, dicevi "Fà piano" ed io pensavo a me mi chiedi persino se sei frigida volevi soltanto andassi via da te. Se sei andata in crisi c'è un perché tu eri bambina e non lo sei più che non è come immaginavi tu. [...]
Andiamo al centro, passeggiamo, vuoi? e da una vetrina forse scoprirai che le unghie a pelle non ti mangi più e all'improvviso capiremo noi che non è un problema di verginità, si è certo più donne quando non si ha, ma quel che graffia dentro è il crescere. (NEK - Cuori in tempesta)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Follie
Capitolo Due



 
Il violento scrosciare della pioggia mi rilassava. Osservavo le gocce d’acqua infrangersi una ad una sui vetri, sui muri raggruppandosi poi in grandi pozzanghere. Immensi nuvoloni grigi coprivano il cielo in quella giornata; l’intera città era avvolta in quel clima tetro.
Seguire la lezione quel giorno fu quasi impossibile. Ogni minima cosa, anche la più insulsa diveniva fonte di distrazione. E il professore intanto, continuava a parlare, a spiegare, a dare nozioni fondamentali, ma per quanto provassi ad ascoltare, la mia mente finiva sempre altrove.
Scribacchiai un angolo del foglio mentre con una mano arricciai una ciocca di capelli.
Non avevo voglia di fare nulla, avrei voluto restarmene a casa stretta in una calda coperta ad ammirare il panorama .
Mentre ero persa tra i miei pensieri, sentii un forte vociare esplodere intorno a me. La lezione era terminata e gli studenti già si accalcavano verso l’uscita. Afferrai il mio materiale e mi avviai verso la mensa.
Ogni tanto salutavo qualche conoscente poi, a testa china attraversai l’intero corridoio.
Nessuna scelta fu più sbagliata, nemmeno il tempo di fare un paio di metri che mi scontrai con qualcuno. Persi l’equilibrio e caddi a terra.
–Ahi!- gemetti dopo che il mio fondo schiena ebbe un duro impatto con il pavimento.
-Scusami, mi ero distratto a guardare un messaggio e non ho visto dove mettevo i piedi. Tutto bene?- chiese premuroso il ragazzo che mi era venuto addosso. Si alzò da terra e mi aiutò a fare lo stesso.
Era un ragazzo castano, vestito in maniera semplice. Gli occhi marroni percorsero l’ambiente in torno a noi dove, erano sparse tutte le nostre cose. Poi li vidi soffermarsi su di me e lui sorrise amabilmente.
-Tutto bene?- domandò di nuovo.
-S.. Si! Tranquillo… ero distratta anche io- affermai intimidita.
-Comunque, piacere Emanuele.- si presentò lui mentre raccattavamo le borse e i libri.
-Beatrice.- risposi educatamente.
–Bel nome. Frequenti l’università qui?-continuò lui porgendomi l’ultimo ammasso di fogli che aveva raccolto che io presi sorridendo.
–Si, sono iscritta alla facoltà di lettere. Te?- dissi.
-No. Sono qui per un progetto con la facoltà di filosofia.- disse lui rimettendosi a tracolla la borsa. Aveva delle movenze femminili, il modo in cui muoveva le mani, il modo in cui si toccava i capelli.
Scoprii che anche lui era intenzionato ad andare a fare uno spuntino così, ci avviammo insieme verso il bar dell’università. Mentre facevamo la fila, chiacchierammo. O forse, sarebbe meglio dire che lui parlò moltissimo mentre io mi limitavo ad annuire e a proferire qualche parola di tanto in tanto.
Lui invece parlava a raffica, quasi senza mai riprendere fiato.
Raggiungemmo il bancone e dopo che fummo serviti, ci avviammo verso un tavolo libero. Salutai delle compagne di corso che ammiccarono ad Emanuele che era alle mie spalle. Io arrossi e facendo finta di niente, mi sedetti. 
Iniziammo a mangiare quando fummo interrotti.
 –Lele? Lele! Avevi detto che avremmo pranzato insieme, si può sapere dove ti eri cacciato?-
Una ragazza bionda ci raggiunse. Indossava un maglione rosso extra-large, dei leggins con i fiocchi e le sneaker bianche. Aveva i capelli rasati da un lato e un orecchino al naso. Gli occhi azzurri erano contornati da una calcata linea di matita nera.
Si sedette accanto ad Emanuele, aveva il fiato corto per la corsa. Sembrava non essersi accorta di me.
-Scusa Jes. Me ne ero scordato e poi ho incontrato Beatrice e siamo venuti insieme qui.- spiegò lui con molta naturalezza. Lei inarcò un sopracciglio sentendo il mo nome e si voltò verso di me notando per la prima volta la mia presenza.
Temevo di dover fare i conti con una ragazza gelosa del suo fidanzato. Mi squadrò dalla testa ai piedi poi, mi porse una mano.
 –Jessica.- esclamò aprendosi in un sorriso.
Io, momentaneamente rassicurata, le porsi la mia presentandomi a mia volta.
-Allora? Hai trovato i moduli?- ci interruppe Emanuele rivolto alla ragazza.
-Si, me li hanno passati gli altri che ne avevano qualcuno in più. Dobbiamo riconsegnarli ai professori domani.- spiegò lei sempre con il sorriso sulle labbra.
-Ci pensi tu a compilare i miei?- continuò lui con tono ironico.
-Ma certo che… No!- esclamò lei poi scoppiarono entrambi a ridere. Li guardai e scherzare e darsi dei buffetti sulle spalle, erano davvero carini insieme.
-Siete un bella coppia.- esclamai dando voce ai miei pensieri senza nemmeno accorgermene. Quando li vidi posare gli sguardi di me desiderai di essere rimasta in silenzio. Dopo un attimo di puro silenzio iniziarono a ridere. –Noi? Una coppia? Questa è bella!- farfugliò lei tra una risata e l’altra.
Io, leggermente offesa, li guardai interrogativa.
 -Forse il signorino qui accanto a me non te lo ha detto, ma lui è gay!- esclamò. Io voltai lo sguardo sorpresa su Emanuele.
–Scusami io non potevo saperlo.- mi scusai per la gaffe ma lui scrollò le spalle facendomi capire che non avevo fatto niente di male.
Parlammo ancora per qualche minuto e mi sembravano entrambi simpatici.
Jessica propose anche di scambiarci i numeri così da tenerci in contatto. Poi io li lasciai per recarmi in aula dato che stava per iniziare l’ultima lezione del giorno.
-Bea aspetta un attimo.- mi bloccò Jessica –Che ne dici di andare a fare un giro in centro oggi pomeriggio?- chiese ancora.
-Va bene. Allora ci vediamo dopo.- acconsentii io dato che non dovevo nemmeno andare a lavoro.
 
 
********
 
 
“Ci vediamo all’entrata, vicino alla fermata dell’autobus. Baci Jes&Lele”
Guardai di nuovo il messaggio e avevo appurato già da un pezzo che quello fosse il luogo dell’incontro ma, di quei due neppure l’ombra. In giro c’erano diversi ragazzi ma non trovavo le persone che interessavano a me. Che si fossero dimenticati dell’appuntamento? Impossibile, mi avevano assillato con i messaggi per tutto il tempo.
Due mani mi coprirono gli occhi e sussultai sorpresa trattenendo il fiato. Tastai una mano sperando di scovare il proprietario, poi sentii qualcuno ridacchiare e finalmente i miei occhi furono liberi da ogni costrizione. Mi voltai scorgendo le figure dei due ritardatari.
-Scusaci per il ritardo, ma il signorino doveva andare urgentemente al bagno.- si scusò Jessica mentre Lele le rifece il verso.
-Allora andiamo.- mi prese sottobraccio e mi trascinò via dal cortile dell’università.
-Dove andiamo?- chiesi io aggiustandomi il giacchetto e riponendo l’ombrello in borsa dato che la pioggia aveva deciso di darci una tregua.
-Potremmo andare a bere una cioccolata calda. E poi in giro per negozi.- propose Lele entusiasta.
Feci per rispondere ma Jessica mi precedette .
–Prima però mi accompagnate a fare quella cosa?- domandò accendendosi una sigaretta ed espirando il fumo.
-Quale cosa?- chiesi io tossicchiando per l’odore del fumo che raschiava la mia gola.
Lele mi diede delle pacche sulla schiena e poi rispose al posto di Jes.
 –La signorina deve fare cose losche.- esclamò con tono canzonatorio.
Jessica rise alla battuta dell’amico e ci fece un’ occhiolino.
Attraversammo diverse strade, sorpassando decine e decine di negozi. Ci addentrammo in un vicolo e Jes aprì la porta di un locale poco raccomandabile. Subito l’odore di Fumo misto all’alcool mi investì.
C’erano molte persone che parlavano molto rumorosamente, chi strillava, chi rideva. Io mi accostai molto di più a Lele ed insieme seguimmo Jessica che si muoveva sicura tra i tavoli. Si accostò ad un gruppo di ragazzi chinandosi su uno in particolare e sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
Quello si alzò e i due si allontanarono insieme. Lele mi fece segno di aspettare e così mi apoggiai ad una tavolo vuoto.
-Guarda chi abbiamo qui: Emanuele in tutto il suo splendore.- esclamò uno di quei ragazzi che prima era seduto accanto al tizio con il quale era sparita Jessica. Mi voltai cercando di capire chi fosse stato a parlare –Ignorali!- disse Lele che si era impallidito un po’.
-Dai Emanuele vieni qui, non ti mangiamo mica. Non vuoi stare vicino a dei bei ragazzi come noi?- continuò quello e capii che lo stavano prendendo in giro solo perché era gay.
-Idioti!- sussurrai, ma nemmeno Lele che era vicino a me riuscì a sentirmi. Li guardai mentre ridevano tra di loro e facevano gesti strani. Due di loro erano rasati ed avevano dei tatuaggi su tutto il braccio, il tizio che parlava invece era castano e molto secco gli altri tre invece, mi davano le spalle e non potei guardarli in faccia.
Emanuele faceva finta di niente, doveva esserci abituato. Uno di loro era sul punto di parlare di nuovo ma si interruppe vedendo Jes e il suo amico tornare. La ragazza stava mettendo qualcosa in borsa mentre parlava poi, ci guardò e, notando l’espressione tesa di Lele, si irrigidì.
Si voltò verso il tavolo dove erano seduti i ragazzi con espressione furente.
 –Continuate ancora con le vostre battutine stupide? Siete proprio dei bambini! Ma non vi fate schifo? Avete venti anni e il cervello di un neonato.- esclamò con voce apparentemente calma.
Quelli sentendola replicare risero ancora più forte mentre, uno di loro le posò una mano sulla spalla.
–Calmati Bionda! E domani vedi di portarmi tutti i soldi che mi devi.- disse.
-Non mi toccare!- esclamò lei scrollandosi la sua mano di dosso. Questo gesto non fece altro che aumentare l’ilarità del gruppo. –Idioti.- borbottò Jes avvicinandosi a noi.
Quelli la seguirono con lo sguardo facendo battutine inutili. Volsi nuovamente lo sguardo verso quei ragazzi e notai che avevano un qualcosa di volgare, di arrogante. Sembravano menefreghisti, interessati solo al divertimento.
Li scrutai uno per uno. Tatuaggi, birre, fumo, piercing. Uno scenario che si ripeteva in continuazione. Ognuno di loro aveva un particolare segno di riconoscimento, una bottiglia in una mano e la sigaretta  nell’altra. Posai lo sguardo anche su le due figure che fino a quel momento mi avevano dato le spalle.
Una si rivelò essere una ragazza. Aveva il cappuccio della felpa tirato su e il suo volto rimaneva nella penombra. Erano distinguibili solo delle ciocche di capelli mori e il sorriso smagliante. Ad un lato della bocca luccicava qualcosa, un piercing argentato. Sghignazzava come i suoi compagni di bevuta e diede un colpo al ragazzo seduto al suo fianco.
 Spostai lo sguardo e restai basita.
–Davide?- sussurrai, rivolta più a me stessa che agli altri. Se ne stava lì, con il suo solito sorriso malizioso. L’espressione divertita sul volto, rideva alle battute degli amici. Squadrandoci dalla testa ai piedi.
Mi sentii agitata. Se ne stava lì e mi guardava in quel modo strano che mi metteva a disagio.
-Andiamo Bea.- disse Jes tirandomi per un braccio. Feci per voltarmi ma prima lanciai un ultimo sguardo al tavolino. Lui era ancora lì che mi fissava.
Alzò la bottiglia di birra in aria a mo’ di saluto e poi scoppiò nuovamente a ridere come se mi stesse prendendo in giro.
Vergognandomi arrossii e mi affrettai ad uscire.
L’altro pomeriggio si era mostrato essere tutt’altra persona mentre ora, si rivelò essere completamente diverso, un tipo poco raccomandabile. Vedere il modo n cui sembrò sfottermi, mi aveva ferito. Qualcosa in me si era rotto.
 
********
 
-Fanno sempre così quelli. Gente poco raccomandabili. Girano certe voci su di loro che ti fanno venire la pelle d’oca- concluse Emanuele parlandomi di quei ragazzi.
Dopo lo spiacevole incontro avvenuto qualche ora prima, ce ne eravamo andati in giro per i negozi senza acquistare nulla. Si era fatta quasi sera e i ragazzi mi stavano accompagnando fin sotto il mio appartamento. Avevo chiesto spiegazioni riguardo a quell’episodio e mi avevano spiegato diverse cose.
Tre di quelli frequentavano il loro stesso corso di filosofia, la ragazza, il tipo castano e Davide. Gli altri due invece erano un poco più grandi e la stessa Jes li definì pericolosi, avevano anche trascorso qualche notte in cella per spaccio.
-Se sono pericolosi perché sei voluta andarci?- chiesi io incuriosita a Jessica anche se già immaginavo la risposta.
Lei prima di rispondermi, buttò fuori il fumo e gettò il mozzicone di sigaretta a terra portandosi le mani nelle tasche della giacca.
-Un po’ di fumo non fa male a nessuno. Ti apre la mente e ti rilassa.- disse sorridendo come se fosse una cosa ovvia. Rimasi in silenzio a meditare sulle sue parole.
-Anche tu?- esclamai rivolta a Lele ma lui non capì cosi dovetti ripetere la domanda –Anche tu ti fai le canne?- specificai. I due scoppiarono a ridere anche se io personalmente non ci trovavo nulla di divertente.
-Si. Ogni tanto, a qualche festa o in occasioni così. Ma posso anche vivere senza.- spiegò lui pacatamente.
Scossi la testa non capendo l’utilità di quell’azione. Sempre molti più giovani si rovinavano in quel modo.
-E Davide? Che mi dite di lui?- continuai necessitando sempre più di spiegazioni.
-Ma ci sei andata in fissa con questo Davide?- chiese Jessica e potei notare una nota di acidità nella sua voce. La guardai intimorita ma al tempo stesso infastidita. Che avevo detto di male?
-Comunque, come già sai frequenta i nostri stessi corsi ed è uno di quei tipi, beh come dire… Festaioli! Per lui la vita è tutto un divertimento. Sai qualche volta è venuto a lezione completamente fatto. Lui si diverte sempre. Beve, fuma e si fa sempre qualche ragazza diversa. Si mormora che qualche mese fa sia finito in ospedale perché aveva esagerato troppo con lo sballo. Però è un ragazzaccio così carino-- spiegò Emanuele mettendosi in mezzo fra noi e assumendo alla fine del discorso un’espressione sognante.
Vidi tutta l’immagine che mi ero fatta su Davide sgretolarsi lentamente a terra. Si stava rivelando essere uno di quei tipi che tenevo lontano da me. La delusine mi attanagliò il petto. Nonostante tutto c’era una parte di lui che mi attraeva, forse quella parte misteriosa e ribelle.
Ci eravamo confrontati solo un paio di volte ma già mi ritrovavo a pensarlo troppo spesso. Mi imposi di dimenticarlo e per qualche giorno ci provai davvero anche se, fu tutto inutile.
-Siamo arrivati.- esclamo Jessica che aveva recuperato tutta la serenità smarrita poco prima.
Sollevai lo sguardo riconoscendo il portone del mio condominio e salutai i ragazzi con un abbraccio.
-Grazie per avermi accompagnata e ci vediamo domani.- dissi timidamente prima di citofonare ad una delle mie coinquiline.
Salii le scale a piedi dato che l’ascensore era nuovamente guasto, riflettendo ad ogni mio passo.
L’immagine di Davide impressa a fuoco nella mente.
 

Salve! ^_^
Ecco a voi il nuovo capitolo? Che ne pensate?
Inizio col dire che, come avrete notato, c’è l’introduzione di due nuovi personaggi: “Emanuele & Jessica”.
Pensavo di dar loro due ruoli importanti che incideranno molto sullo svolgimento delle vicende.
Come li trovate?
E poi avrete notato anche il fatto che vengono trattati dei temi importanti:
-Il fumo e l’alcool
-L’omofobia
Saranno dei temi ricorrenti nella storia! Detto questo, ringrazio tutte coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite, coloro che hanno lasciato una recensione e le lettrici silenziose.
Se ne avete voglia, spendete qualche secondo del vostro tempo per lasciare delle recensioni e datemi il vostro parere sulla storia e, sempre se volete, scrivete la parte che più vi ha colpito.
A presto,
Atarassia_

 
   
 
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