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Autore: Askel    02/04/2013    0 recensioni
Rachele vuole dimenticare il suo passato per lei troppo doloroso. Due anni prima si era trasferita da un paesino della Sicilia a Milano, lasciando il suo unico e primo amore che non riesce a dimenticare e delle migliori amiche che considera sorelle. La sua vita adesso ruota attorno ai suoi migliori amici, Mirko e Marco, e conduce una vita abbastanza tranquilla. Vita tranquilla fino a quando qualcuno del passato irrompe come un uragano, costringendola a fare i conti con le persone che facevano parte del suo passato. Una storia d'amore insolita. Ma questo amore riuscirà prima o poi a trionfare...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo Due
Per Sempre Noi!


Capitolo Due

L’indomani mi svegliai di buon umore, forse era per il fatto che ero riuscita a dormire senza sogni e in tranquillità. Cosa che non facevo ormai da anni. Oggi non mi definivo felicissima al cento per cento, ma comunque serena. Avevo accanto i miei migliori amici e questo mi faceva sentire al sicuro. Ieri era stata una giornata abbastanza movimentata. Vederlo mi aveva scosso tantissimo e mi ero ripresa grazie allo sfogo che avevo avuto ieri sera con Marco. Mi aveva fatto bene parlarne e ne stavo cogliendo i risultati tutti oggi, visto che mi sentivo così rilassata e appagata. Oggi ero piuttosto positiva. Pian piano stavo riuscendo ad auto convincermi che era solo frutto della mia immaginazione. Ma c’era sempre un pallino che s’insinuava in me e che era pieno di domande senza risposte: e se lo avessi visto di nuovo qui a Milano? Se tutto questo, e cioè di averlo visto ieri, non era solo frutto della mia immaginazione? Non mi era mai passato in mente di poterlo incontrare un giorno, non mi volevo illudere. Nei miei progetti non contemplava il fatto di avere un confronto con il passato, che fosse con il mio ex o con le mie migliori amiche. Io ero a Milano ormai da due anni, e loro dovevano rimanere nel mio paese e soprattutto nella parte della mia vita che ormai non riconoscevo più come mia. A parte le persone che avevo lasciato lì e che mi mancavano terribilmente, il mio paese invece non mi mancava affatto. Qui c’era vita, negozi e caos mentre giù in Sicilia l’unica cosa su cui potevamo contare veramente era il mare. In confronto a Milano, il mio paese nativo era solo una sua zona periferica. Chiusi gli occhi e respirai a fondo. Dovevo stare tranquilla. Dovevo stare tranquilla.
-Ehi, Bella Addormentata nel bosco. Siamo arrivati!-
La voce di Marco interruppe i miei pensieri e mi accorsi che effettivamente eravamo fermi davanti quell’enorme galera che comunemente prendeva il nome di scuola. Il nostro liceo scientifico. Sbuffai e di mal umore scesi dalla macchina. Non mi era mai piaciuto svegliarmi presto la mattina, forse per questo motivo, mi sentivo frastornata. Invece Marco era tesissimo a causa delle due interrogazioni che doveva avere con quella befana d’italiano e storia.
-Ti ricordi quello che hai studiato ieri pomeriggio?- chiesi io
Lui annuì e mano nella mano entrammo in quella scuola. Purtroppo ieri sera, dopo quello strano episodio, ci eravamo dimenticati di mettere la sveglia così stavamo entrando a seconda ora. Ci avviammo verso la segretaria e dopo tante scuse annesse alle facce dispiaciute, la vice preside ci fece il permesso scritto e finalmente potemmo andare in classe. Fortunatamente non era ancora arrivato nessun professore e gettammo il permesso sulla cattedra. Poiché ora dovevamo avere il professore di matematica, ed egli mancava, se ne parlava tra un’ora essere presenti. Questo voleva dire che avevamo un’ora buca e potevamo fare tutto ciò che ci andava. Salutammo la classe con un sorriso e poi appoggiammo le nostre borse sul banco. Mi girai verso Marco che già si stava sedendo.
-Caffè?- chiesi io e lui rifiutò indicandomi il libro.
Doveva ripassare. Ieri sera lo avevo distratto e alla prossima ora doveva essere interrogato. Mi avvicinai al banco davanti al mio e salutai Monica ed Erica. Con loro avevo un rapporto quasi di amicizia: a scuola parlavamo e ci aiutavamo nei compiti in classe mentre fuori da qui, spesso ci vedevamo in un bar per prenderci qualcosa da bere. Guardai prima Monica e mi concentrai sulla sua figura: alta, corpo esile con gli occhi e i capelli lisci neri. Poi spostai lo sguardo verso Erica: molto più bassa di noi ma molto magra con i capelli biondi e gli occhi verdi.
-Ragazze, vado a prendermi un caffè e poi una sigaretta. Venite con me?- chiesi io
-Veniamo, solo se poi ci offri una sigaretta!- disse Erica sorridendo –Purtroppo oggi ci ha accompagnato suo padre e non siamo potute andare a comprarle!-
Io annuii e ci dirigemmo verso il bar. Avere il bar all’interno della scuola era una vera fortuna. Così potevamo rifugiarci qui se qualche materia non ci andava giù. Appena entrammo, salutammo Rita e Luigi, i proprietari e ordinammo tre caffè.
-Oggi arriva il nuovo professore di matematica!- ci comunicò Erica che sapeva tutto di tutti.
-Davvero?- dissi io scioccata
-Ah quel ragazzo che abbiamo visto stamattina? È un figo pazzesco!- disse Monica, capendo di chi stava parlando.
-Si, infatti, credevo che fosse un nuovo alunno ma poi Roberta mi ha detto che è il nuovo professore!-
Ci pensai un attimo. Oh cazzo! Il nuovo professore dovevamo averlo adesso. Questo voleva dire che molto probabilmente era già in classe e noi invece eravamo ancora qui a farci i nostri comodi. Proprio in quel momento mi arrivò uno squillo di Marco e ci dirigemmo verso la nostra classe di corsa. Una nota non ce l’avrebbe tolta nessuno e sapevo che nel giro di due giorni lo avrebbero saputo anche i miei genitori. Non volevo una ramanzina da loro così cercavo di comportarmi al meglio qui a scuola. Entrammo trafelate in classe e senza guardare nessuno occupammo posto nei nostri banchi. Quando mi tranquillizzai, alzai lo sguardo e per poco non svenni. Non ci potevo credere. Sicuramente stavo sognando, così mi diedi dei pizzicotti per accettarmi che fosse tutto vero. Purtroppo sentii solo dolore e lui era ancora lì. Nessuno in quella classe parlava, io perché ero rimasta scioccata e gli altri perché non sapevano che dire. Guardò il foglietto del permesso per entrare a seconda ora e poi si girò intorno alla classe.
-Chi sono Marco e Rachele?- chiese lui, guardandoci.
Appena mi vede, rimase immobile. Non sapeva che dire o che fare. Io ero qui, davanti a lui e lui era davanti a me. L’unica cosa che in questo momento volevo fare, era dargli uno schiaffo. Se lo meritava. D’istinto presi la mano di Marco e lui me la strinse violentemente. Fu io la prima a distogliere lo sguardo per sorridere a Marco. Si stava preoccupando, me ne accorgevo da come mi stava stringendo la mano.
-Ragazzi, buon giorno. Mi chiamo Andrea Lombardi e sono il vostro professore di matematica- disse lui presentandosi.
Si girò di nuovo verso di me e incrociò di nuovo il mio sguardo. Il mio sguardo contro il suo. Castano contro Verde. Proprio com’era successa la prima volta che c’eravamo incontrati. Proprio com’era successo quel giorno che cambiò completamente la mia vita.  

 ..Tre anni prima..
Continuavo a ballare ad occhi chiusi, scatenandomi. Non andavo molto spesso a ballare, avevo quasi sedici anni e i miei genitori mi ripetevano che ero troppo piccola per questo. Le uniche e rare volte che andavo in qualche discoteca erano per i compleanni e a me andava bene così. Oggi era una di quelle occasioni. Era il diciottesimo compleanno della mia migliore amica e cugina, Alice. Facevamo veramente un bel trio, io, Clara e Alice, rispettivamente sedici, diciassette e diciotto anni, e andavamo d’accordissimo. E adesso stavamo ballando tutte e tre, prendendoci qualche volta anche per mano. La festa stava riuscendo alla grande, dopo tutti i mesi a prepararla era d’obbligo che era perfetta. L’avevamo organizzata io, Clara e Alice, improvvisandoci Party Planner. Eravamo nella pista da ballo da mezz’ora ed io già non ne potevo più. Il caldo si stava facendo insopportabile nella pista così, dopo un cenno alle mie amiche, riuscii a uscire dal gruppo che si era formato intorno a noi.
Mi guardai nel riflesso di una vetrata e, vedendo il vestito troppo corto, cercai di abbassarlo, tentativo inutile visto che era a palloncino. Il vestitino era blu che, secondo il parere delle mie migliori amiche, mi stava molto bene. Me ne avevano detto di tutti i colori e mi avevano pure minacciato pur di indossarlo. Avrei preferito un vestito un po’ più semplice e un po’ più lungo con un bel paio di ballerine, invece di questi tacchi altissimi. Ma le mie amiche non ne volevano sapere delle mie proteste: i tacchi erano d’obbligo a questa festa. Mi avevano promesso che mi avrebbe tolto la parola se mi fossi presentata con un paio di scarpe basse. Così, per non perdere quelle due pazze di migliori amiche, feci questo sacrificio di cui mi stavo pentendo. Il dolore dei piedi era insopportabile così, sia per il caldo sia per stare un po’ più tranquilla, uscii dal locale e mi sedetti nella veranda godendomi un paesaggio mozzafiato. Il cielo e il mare erano blu e la luna argentata riplendeva alta nel cielo, rendendo il tutto molto più suggestivo. Questo era uno di quei momenti in cui veniva voglia di condividerlo con qualcuno d’importante. Mi girai un’altra volta verso la pista da ballo attirata dalla musica e mi focalizzai sulle figure delle mie migliori amiche che erano semplicemente stupende. Clara era un po’ più alta di me ma con un fisico mozzafiato, aveva gli occhi verde cristallo truccati e i capelli ondulati la rendevano più grande dei suoi diciassette anni. Indossava un abito corto fucsia a monospalla che arrivava a metà coscia, il tutto abbinato con le scarpe e gli accessori neri lucido. Alice invece era un vero schianto: alta e magra, come una fotomodella, con i capelli lunghissimi biondi e gli occhi verdi. Indossava un vestito lungo nero, senza maniche, con scollatura a cuore, le scarpe erano anch'esse nere con qualche brillante sul tacco e tutti gli accessori argentati. Tutto questo era il nostro regalo di compleanno e devo dire che, nonostante l'avessimo preso all'insaputa della festeggiata, stava benissimo. Era bellissima.
Sentii qualcuno sedersi accanto a me e quando mi girai, rimasi di stucco. Era il ragazzo più bello che avessi mai visto: alto, magro ma muscoloso nello stesso tempo, con occhi verdi e capelli neri. Riusciva ad abbagliarmi e mettere in soggezione con il suo sorriso nello stesso momento. Rimanemmo incantati a guardarci negli occhi e nessuno aveva intenzione di spostare lo sguardo per paura di perdere questo intenso contatto. Verdi contro Castani. Il mio cuore iniziò a battere fortissimo. Oddio, stavo morendo di aritmia. Come poteva una persona, senza nemmeno conoscerla, darti tutte queste emozioni? Le mani iniziarono a sudare e nello stomaco avevo le farfalle. Non avevo mai provato una sensazione del genere e mi sembrava strano provare delle emozioni del genere. Secondo quello che mi dicevano le mie amiche, era così che ci si sentiva quando avevi una bella cotta. Ovviamente, io non lo avevo mai provato o meglio le cotte le avevo avute, come tutte del resto, ma mai così potenti. Per distrarmi dal ragazzo che si trovava al mio fianco, guardai com'era vestito: pantaloni neri, camicia bianca con le maniche tirate fino ai gomiti, cravatta bianca e converse neri con la punta bianca. Elegante e sportivo allo stesso tempo. Appena finii di fare la radiografia del suo outfit, mi misi di nuovo ad ammirare il paesaggio Stavolta, però, non mi concentrai per nulla al bellissimo paesaggio, i miei pensieri erano rivolti solamente a lui.
-Bellissima!- disse lui, parlando per la prima volta –Veramente bella!-
Aveva assolutamente ragione, il paesaggio era straordinario con quella luna che risplendeva il tutto. Sospirai e poi presi fiato per parlare.
-Hai ragione. La luna è bellissima!-
Mi girai di nuovo verso di lui e lo vidi ridere. Lo guardai male ma poi gli sorrisi anch’io. Vederlo ridere, mi dava una sensazione assurda: il mio cuore era diventato un martello pneumatico.  
-Non parlavo della luna, parlavo di te!- disse lui, diventando serio e guardandomi negli occhi.  
Arrossii violentemente per quell’ultima frase. Ero rimasta pietrificata. Era la prima volta che un ragazzo di quell’età ci provava con me. A parte il mio cuore che stava facendo gli straordinari, io non riuscivo a muovere un solo muscolo. Mi riscossi dopo un minuto esatto, trovando ciò che dire, visto che mi aveva lasciato senza fiato e senza parole.
-Non è vero, il trucco è sbavato, il vestito è troppo corto e i tacchi fanno un male cane!-
Lui ci pensò un po’ su, analizzando il mio corpo facendo delle smorfie davvero strane che mi provocavano ilarità.  Era davvero buffo quando si metteva quella faccia.
-Hai ragione, il vestito è un po’ troppo corto. Io sono geloso!- disse lui guardando le mie gambe nude.
-Geloso? Ma se neanche ti conosco!- risposi io –Non so nemmeno come ti chiami e poi i ragazzi gelosi non mi piacciono!-
Mi alzai, lasciandolo incredulo. Mi andai a prendere da bere. Come mi era venuto in mente di rispondere così? Dove mi era venuto tutto quel coraggio? Senza pensarci trovai le mie amiche attorno a me. Dovevo raccontargli quello che mi era successo, magari per vedere se lo conoscevano. Magari era solo un imbucato ed io non lo avrei rivisto mai più. Loro ritornarono a ballare ed io, ancora sovrappensiero, uscii nella veranda. Mi girai attorno e trovai di nuovo quel ragazzo. Mi sedetti in un altro divanetto moto lontano dal suo e lui mi raggiunse. Cosa diavolo voleva ancora da me? Sbuffai e mi appoggiai allo schienale. Non me lo avrei mai tolto dalle scatole, me lo sentivo. Si sedette accanto a me e si accese una sigaretta. Sbuffai infastidita e me ne offrii una, che io rifiutai di buon grado. Odiavo il fumo e non c’erano possibilità e probabilità che potessi cambiare idea. Quando l’odore del fumo arrivò anche al mio povero naso, mi alzai per andarmene ma lui mi prese un polso impedendomi di muovermi.
-Che vuoi?- chiesi io infastidita sia per il fumo sia per il fatto che mi stava stringendo il polso –Potresti spegnerla, per favore? Mi da fastidio!-
Lui fece come dissi e mi sedetti di nuovo.  Presi un sorso della bevanda che avevo nel bicchiere. Non avevo molta voglia di parlare con lui anche perché non ero rimasta mai sola con un ragazzo e non sapevo come attaccare bottone per non creare questi silenzi imbarazzanti. Lui continuava a guardarmi fisso ed io mi stavo sentendo in imbarazzo. Lui mi porse la mano ed io la guardai strana.  
-Mi chiamo Andrea e sono un fumatore accanito!-
Capii quello che stava facendo e ricambiai il sorriso, stringendogli la mano che mi stava porgendo.
-Rachele e odio il fumo!-
Lui incatenò di nuovo i suoi occhi nei miei e continuò a sorridermi, annuendo.
-Saremo una bella coppia!- disse lui sorridendo.
Lo guardai e bevvi di nuovo un sorso, prendendo tempo.
-E chi te l’ha detto che diventeremo una coppia?- 

Ritornai alla realtà subito dopo. Immergermi nel flashback del nostro primo incontro con i suoi occhi davanti, faceva malissimo. Un conto era averlo nella mia testa, un altro averlo proprio qui davanti a me. Sapevo con certezza che quello non era un sogno e lui era proprio lì davanti a me. Mi girai verso Marco e lui mi guardava preoccupato. Scossi la testa per rassicurarlo e poi gli strinsi la mano. Dentro stavo a pezzi, ma per ora e proprio davanti a lui dovevo avere una corazza dura e felice. Lui, ancora scosso nel vedermi lì proprio nella sua classe, iniziò a fare l’appello soffermandosi prima sul nome di Marco, sulle nostre mani intrecciate e poi sul mio nome. Appena intrecciai di nuovo il suo sguardo con il mio, si animarono in me due sentimenti incontrastati: amore e rabbia. Amore perché io lo amavo con tutta me stessa e rabbia perché ero furiosa nel modo in cui mi aveva lasciato. Mi ero fatta una mia vita qui ed ero contenta così e di certo non facevo crollare il mio mondo dal primo che ritornava dal passato. Non glielo avrei permesso, anche a costo della mia morte. Da due anni, le cose erano cambiate e lui non poteva piombarmi nella mia vita così. Lo aveva fatto una volta e di certo non ci cascavo di nuovo. Ci avevo messo due anni per convincermi che lui era uscito completamente dalla mia vita e di certo, anche se mi veniva molto pesante, non lo facevo rientrare più. Ora la mia vita era fatta solo di due persone: Mirko e Marco. E poi, il fatto che mi aveva lasciato molti anni prima significava che lui non mi amava più e che non voleva avere più niente a che fare con me. Mi stavo creando dei castelli in aria senza avere prima la certezza che lui vorrebbe ritornare di nuovo nella mia vita. Magari aveva già una famiglia tutta sua con tanto di moglie e bambini. Magari mi aveva lasciato proprio per quella ragazza con cui adesso era sposato. Purtroppo, lo dovevo vedere ogni giorno essendo il mio professore di matematica e nel bene o nel male era sempre nella mia stessa scuola. Strinsi più forte la mano di Marco, fino a fargli male.
-Bene- disse lui sedendosi alla cattedra –È il mio primo incarico come insegnante e sarei molto grato se vi comportaste bene e io sarò molto indulgente con chi ha problemi con la matematica. Capisco che non è per tutti. Inoltre metterò i voti che meritate e se alcuni di voi!- disse guardando me –meriterà dieci. Sarò ben felice di metterlo!-
Mi incantai a vedere la sua figura, era sempre la stessa e non era cambiata di una virgola. Anche il suo modo di vestire era rimasto immutato. Infatti indossava una semplice camicia nera, un paio di jeans neri e le sue immancabili converse. Anche se erano passati anni dall'ultima volta che lo avevo visto, dovevo ammettere che era sempre bellisssimo.
-Di dov’è?- chiese Monica, capendo dall’accento che non era di Milano. 
-Siciliano!- disse lui sorridendo.
Monica si girò verso di me e senza accorgersene del mio sguardo terrorizzato, urlò per tutta la classe.
-Anche tu Rachele! Che coincidenza!- disse lei, rigirandosi verso il professore.
Mi accorsi che divenne bianco come un lenzuolo e dal suo sguardo verso me, capii che lo ero anch’io. Stava in silenzio ma con lo sguardo fisso su di me, come a volermi leggere dentro. Cosa che ci riusciva facilmente. Sentii la mano di Marco staccarsi dalla mia e mi girai verso di lui. Aveva capito tutto. Marco era un ragazzo perspicace e dopo quello che gli avevo raccontato ieri e dopo l’infelice battuta di Monica, aveva fatto due più due. Lui mi guardò facendomi una muta domanda ed io annuii solamente. Mi abbracciò fortissimo, stringendomi a se e per poco non piansi. Non dovevo e non volevo piangere davanti a lui.
Continuarono così a fare domande su domande, riguardante tutto quello che non c’entrava niente con la matematica ma con la sua vita si. Gli chiesero quanti anni aveva, se era fidanzato, risposta che fu negativa, e altre cose di poco conto che io sapevo già. Dopo che stavi insieme con un ragazzo da un anno, il minimo di lui lo si conosceva. S’imparava a conoscere il suo modo di fare, il suo sguardo nervoso e quello furioso. Avevo imparato a conoscerlo meglio di me stessa e lui aveva imparato tutto di me. Misi la testa appoggiata sul banco ma il mio professore mi rimproverò.
-Signorina Rachele, non le interessa ciò che dico?- mi chiese lui facendomi alzare di nuovo lo sguardo
Presi un respiro profondo e uno sguardo di odio s’impossessò di me. Lui, anche se era il mio professore, non doveva dirmi quello che dovevo o non dovevo fare. Non dopo che mi aveva lasciato in quel modo insulso e senza cuore. Anche se era il mio professore, gli avrei messo i bastoni tra le ruote.  Doveva andarsene da questo corso e io avrei fatto di tutto.
-Sinceramente?- chiesi in modo retorico –Siamo in una scuola e lei dovrebbe insegnare matematica, non la sua vita privata. Non ce ne frega nulla di come ha passato la sua vita, chi è stata il primo amore e di tutto il resto. Quindi, professore, io starò attenta solo quando lei insegnerà matematica per il momento voglio solo dormire dopo la sbronza di birre di ieri sera-
Lui si stupii della mia risposta e mi appoggiai di nuovo la testa sul banco, chiudendo gli occhi. Ignorai tutto quello che si stavano dicendo e mi concentrai su me stessa e sul fatto che dovevo impormi di non piangere. Pochi minuti dopo, la campanella iniziò a suonare e costrinsi Marco a seguirmi per andare a fumarci una sigaretta. Andammo verso la zona esterna, dove era permesso fumare, e mi accorsi che eravamo soli, fortunatamente.
-Che cazzo sta succedendo Rachele?- chiese lui tra il furioso e arrabbiato –È quel farabutto del tuo ex, vero?-
Abbassai lo sguardo verso il pavimento, le mie scarpe con la zeppa strana erano più interessanti del discorso che stava cercando di affrontare Marco. Non volevo rispondergli anche perché non sapevo che dirgli e poi era anche il suo alunno quindi non credevo fosse illecito. Ma avevo bisogno di sfogarmi con il mio migliore amico, quindi non credevo che fosse un problema. Di certo, non avrebbe detto una sola parola su quello che io gli raccontavo. Mi fidavo al cento per cento di lui ed era anche per questo che gli avevo raccontato la mia vecchia vita in Sicilia.
-Si, è il mio ex!-
Alzai lo sguardo e nel suo viso passarono le più svariate e contrapposte emozioni, tra il preoccupato e l’arrabbiato. Quante volte mi aveva visto piangere per colpa di quello oppure mi aveva svegliato perché stavo facendo un incubo. Lui e Mirko erano gli unici che sapevano il mio passato ed erano gli unici che sapevano quanto lui mi avesse fatto male. Marco mi abbracciò ed io stavo per mettermi a piangere solo che qualcuno alle spalle ci interruppe. Mi staccai dal suo abbraccio e mi accorsi che c’era Andrea davanti a noi, con uno sguardo ferito. Perché faceva così? Caro, io mi avevo fatto una vita e anche alla grande. Stavo iniziando a essere serena e di certo, lui non mi avrebbe più causato del male.
-Ciao- disse lui cauto continuando a fumare. –Rachele, Marco!-
Non gli risposi semplicemente feci un ultimo tiro e tirai il filtro per terra. Marco mi stringeva fortissimo la mano e mi sussurrava di stare calma.
-Ciao!- risposi io fredda.
Non sapevo che dire. Cosa c’era da dire a un ragazzo che ti aveva spezzato il cuore due anni fa? Ringraziarlo? Ammazzarlo? Non lo sapevo nemmeno io, fortunatamente c’era Marco con me che mi sosteneva.
-Non sapevo che fumavi. La prima eri tu a dire che il fumo fa male!-
Chiusi gli occhi e sentii la mano di Marco farsi più stretta per sostenermi. Lo guardai e il suo sguardo divenne più furioso che mai. Non volevo che si mettesse in mezzo tra me e lui, in fondo, anche se ero io la parte lesa e Marco mi voleva solo proteggere, era Andrea il nostro professore e aveva il coltello dalla parte del manico. Lo vidi avanzare ma io lo bloccai. Dovevo affrontarlo io.  
-Ascolta Andrea, posso chiamarti ancora così? Comunque tu non ti devi permettere di dirmi più niente riguardante il nostro passato. Io mi sono fatta una vita e sono anche felice così. Ho un fidanzato che mi ama e un migliore amico che mi tratta come una sorella. E posso parlare così davanti a Marco perché sa tutto poiché è lui il ragazzo che amo adesso-
Stavo per entrare di nuovo nell’edificio e mi girai di nuovo verso di lui. Tenevo ancora la mano di Marco e lo costrinsi a non parlare.
-E un’altra cosa: noi non parliamo del nostro passato solo a patto che tu non m’importuni più e che tra noi ci sono solo discorsi riguardanti la matematica-
Lo vidi annuire afflitto e noi ritornammo in classe. Avevo capito tutto di quella persona nel momento in cui aveva detto alla classe di non essere fidanzato e subito dopo girare lo sguardo verso me.  Inoltre, mi aveva dato una conferma sicura quando aveva iniziato a parlare del suo primo amore che ancora non riusciva a dimenticare. Appena prendemmo posto, la professoressa non era ancora arrivata così potei parlare un attimo con Marco.
-Allora, come stai?- chiese lui preoccupato per me.
-Come vuoi che stia? In sostanza, il mio ex è diventato il mio professore- sussurrai io per non farmi sentire.
Lui mi abbracciò istintivamente ed io mi rifugiai tra le sue braccia. Era una bella sensazione che purtroppo finii troppo in fretta a causa dell’arrivo della professoressa. Mi staccai da lui e appoggiai la testa sul banco. Oggi interrogava e per mia fortuna io ero già stata interrogata. Adesso era il turno di Marco e gli speravo tutto il meglio.

Le altre ore di scuola erano passate tranquillamente. Fortunatamente non c’era stata più traccia del nuovo professore e questo era, per me, una lieta notizia, anche se sapevo di rivederlo domani. Non mi andava molto di rivederlo ma purtroppo ero costretta, essendo il mio professore. Domani lo avrei rivisto a prima ora e questo mi agitava tantissimo. Non sapevo se si era convinto del mio monologo e questo mi innervosiva. Inoltre, Marco era preoccupato per me. Come dargli torto, fino a ieri ero in lacrime a causa sua e oggi era stato uno shock per entrambi averlo incontrato. L’unica cosa di cui ero certa, era che Marco era furioso con lui. Lo si capiva da come teneva il volante. Eravamo usciti circa cinque minuti fa e ora stavamo raggiungendo lo studio di Mirko per avvisarlo delle ultime novità. In macchina c’era un silenzio di tomba, eravamo troppo impegnati dai nostri pensieri. Io ero distrutta da tutto ciò che era successo oggi a scuola e mi sembrava di vivere un incubo senza fine. Tutto questo mi aveva scosso parecchio. Chiusi gli occhi cercando di trattenere le lacrime. Non volevo piangere in macchina soprattutto per non far preoccupare Marco. Arrivammo in pochissimo tempo nell’edificio che ospitava l’ufficio di Mirko e trovammo subito parcheggio, fortunatamente. Senza dare informazioni a nessuno, arrivammo al suo ufficio in poco tempo. Lì, seduto nella sua scrivania nel suo bellissimo ufficio, c’era Mirko intento a studiare qualche documento. Marco, dopo aver fatto un cenno a suo cugino, si sistemò nel divanetto e si accese una sigaretta, io invece mi sedetti sulla sedia di fronte al mio migliore amico.
-Ciao, che sorpresa!- disse Mirko –Però ragazzi, possiamo stare poco. Tra un’ora ho una riunione-
Annuii solamente e spostai lo sguardo verso la finestra. Io e Marco ci guardammo per un secondo.  Sapevamo entrambi che dovevo dirgli tutto quello che mi era successo oggi ma proprio non avevo il coraggio di iniziare questo discorso. Mirko non sapeva niente nemmeno di ciò che era successo.
-Come è andato il tuo appuntamento?- chiesi io curiosa, soprattutto per spezzare quell’ingombrante silenzio che si stava creando.
Non rispose subito, semplicemente sorrise. E poiché io e Marco lo conoscevamo meglio delle nostre tasche, questo significava solo una cosa: avevano fatto sesso. Ero scioccata e terribilmente felice per lui.  Si meritava di trovare una persona speciale. Mi feci raccontare la prima parte dell’appuntamento, quella fuori dal letto e gliene fui grata. Almeno per quei pochi minuti, non pensai al mio problema che prendeva il nome di Andrea. Ma non si poteva scappare dai problemi. Infatti appena finii di raccontarmi della sua serata, ecco che ritornavamo ad assillare il mio problema.
-Come è andata l’interrogazione?- chiese Mirko appena finii il suo monologo.
-Bene, anzi benissimo!- dissi io a posto di Marco –Ha stupito sia me che la professoressa!-
Dopo questo piccolo discorso inerente alla scuola non parlammo più. La scuola era diventata il mio punto debole. Non volevo rivederlo più, né tantomeno parlargli. Quando mi aveva lasciato, aveva preso il mio cuore spezzandolo in mille pezzettini che non era facile metterlo a posto. Il mio cuore era come un vaso: dopo che si era rotto, non poteva ritornare come prima. Nessuno parlava e questo fece insospettire di più Mirko.
-Rachele, per caso è successo qualcosa?- chiese lui cercando il mio sguardo.
Evitai di vederlo negli occhi, non riuscivo a mentirgli più e poi questo era un segreto che non riuscivo più a trattenere. Mi scambiai un’ultima occhiata con Marco e questo mi diede coraggio. Ritornai a guardare Mirko e con gli occhi chiusi, presi un respiro profondo.
-Il mio nuovo professore di matematica è Andrea, il mio ex!-
Lo vidi alzarsi dalla sedia con uno scatto, facendola spostare di molti centimetri. Non parlava, semplicemente camminare avanti e indietro per quell’ufficio. Nel suo sguardo vedevo solo rabbia, un sentimento che non avevo mai visto in Mirko. Era furioso. Continuava a non dire nulla e a passeggiare. 
-Quindi, ora si sa dov’è quel testa di cazzo?- ci chiese Mirko.
Io e Marco, dopo uno sguardo d’intesa, annuimmo. Adesso si sapeva dove si trovava e questo non era un bene per Andrea, visto che si sarebbe trovato morto per colpa di Mirko.
Dopo qualche minuto, Mirko non si capacitava a calmarsi ed io ero in un angolino del divano a piangere. Ero crollata e adesso nemmeno io riuscivo a calmarmi. Marco mi abbracciava fortissimo.  Mirko continuava a passeggiare e dopo un po’ si sedette accanto a noi, nel divano. Appoggiai la testa sulla sua spalla.
-Che cosa è successo oggi?- chiese lui, con un tono quasi calmo.
Non riuscendo a parlare io, fu Marco a raccontare per filo e per segno tutto quello che era successo oggi a scuola. Mentre il mio migliore amico raccontava, ripercorrerlo con la mente faceva male. Con quale coraggio ero riuscita ad affrontarlo? Non riuscivo a crederci nemmeno io. Appena Marco finii di parlare, mi accorsi di star piangendo di nuovo. Mirko mi prese nelle sue gambe e mi abbracciò fortissimo. In quel momento, mi sentii veramente protetta. Niente poteva scalfirmi, assolutamente nulla.
-Shh. Andrà tutto bene! Fidati di me!-
E in quel momento, stretta tra le sue braccia, ci credetti veramente alle sue parole. Andrà tutto bene, adesso nelle sue braccia lo sapevo per certo.

Spoiler:

Okay, niente panico. Solo perché stanotte non avevo chiuso occhio non significava che ero agitata per qualche motivo. Semplicemente non avevo sonno e questo lo si poteva capire dal fatto che ero stata una nottata a guardare il soffitto sopra di me. Niente di che. Non avevo pensieri per la testa e soprattutto non ero preoccupata. La mia vita filava liscia come l’olio. La mia vita qui a Milano non si era intrecciata con quella laggiù in Sicilia e io ero una pasqua. Non c’era niente di cui preoccuparsi, neanche il fatto che il mio ex, di cui ero ancora innamorata, era diventato il mio professore di matematica. Cosa per tutti normale, avevo sentito molte persone in giro che si erano trovati davanti il proprio ex nei panni del loro professore.
Dedica:
Dedico questo capitolo a me anche se, onestamente, non ho un ottimo rapporto con me stessa. Beh, forse perché non ho autostima e cerco sempre i miei difetti magari non apprezzando i miei pregi. Benché sono buona, gentile e dolce, che in realtà possono essere dei pregi, per me diventano dei difetti. Tutto quello che è il mio carattere per me è un difetto assoluto e forse mi sbaglio. Adesso, al mio ventesimo compleanno, sto ritagliando un po’ di spazio per cercare di capirmi e cercare di essere obiettiva, valutando sia i miei pregi che i miei difetti. Per questo motivo, questo capitolo è dedicato a me stessa, per quella che sono, quella che ero e per quella che sarò.  

Note dell'autrice:
Tanti auguri a me. Tanti auguri a me. Okay, sono contentissima ed eccitata. Oggi è il mio ventesimo compleanno! Mi sento vecchia e bambina allo stesso tempo ed è una sensazione assurda. Mi sento vecchia perché a breve inizierò l’università, avrò una casa tutta mia, che divido con mia sorella e il suo compagno, e ho appena comprato i mobili. Eh già, la mia vita ha subito tanti cambiamenti in questi ultimi mesi, iniziando con il mio trasferimento a Milano. Come Rachele ed Andrea vengo anche io da Agrigento e solo a dicembre mi sono trasferita qui a Milano. Sono questi i cambiamenti che ho sempre voluto nella mia vita e ormai non mi fanno più paura. Sono pronta a tutto questo e sinceramente non vedo l’ora. Beh, invece mi sento bambina perché oggi è il mio giorno. Lo passo con la mia famiglia che voglio tanto bene. Fortunatamente i miei genitori, essendo le vacanze pasquali, sono riusciti ad essere presenti. Mi sento fortunata per tutto ciò e so che, probabilmente, il prossimo anno sarà un giorno come tutti gli altri e lo passerò tra i libri per un imminente esame. Quindi, per questo motivo, voglio goderlo fino in fondo.  

Bando alle ciance e passiamo alla storia. Come avevo anticipato nel precedente capitolo, tutto il bello veniva dal secondo capitolo in poi e quindi eccolo qui. Si parla sia del primo incontro al diciottesimo compleanno di Alice e dell’incontro due anni dopo la rottura. Come si comporterà Rachele nei seguenti capitoli? Andrea ci riproverà con Rachele oppure ha creduto alla sua storia con Marco?

Passiamo agli aggiornamenti, credevo di poter aggiornare una volta alla settimana ma purtroppo, con l’arrivo dei miei, il pc rotto stracolmo di virus e la festa mi hanno permesso di aggiornare solo adesso. Spero di essere più puntuale la prossima settimana. Detto questo, vi saluto perché capisco che dilungarmi troppo può essere noioso e non tutti hanno il tempo da sprecare per sentire i monologhi rompi*****. Lasciate tanti commenti che io risponderò a tutti! Vi mando un bacio e ci vediamo al prossimo capitolo.

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