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Autore: Hi Ban    02/04/2013    1 recensioni
«Potrebbe anche rispondermi il marmocchio, eh! Comunque tu non ti preoccupare, Itachi chan, starò via solo un giorno, so che sentirai la mia mancanza, ma sono cose che vanno fatte…» blaterò, mentre Itachi si pentiva anima e corpo di avergli rivolto la parola.
«Cooomunque, Sas’ke chan, domani vado in missione» ottocentesima volta che lo ripeteva, sì «perciò bye bye!» e se ne andò, lasciando finalmente i due fratelli alla loro pace.
Il silenziò, poi, fu rotto solo da Sasuke che imprecava amabilmente. Itachi si lasciò scappare un mezzo sorriso: il suo otouto aveva spappolato il pomodoro.
«Che diavolo voleva?» si informò, mentre infieriva sul pomodoro.
«Evidentemente farti sapere che andava in missione» ribatté sornione.
«Quell’idiota» borbottò Sasuke.
Poi si alzò, raccolse quel che rimaneva della prima cavia e si diresse in cucina, a prenderne una seconda.
Quella sì che la si poteva chiamare domenica di sangue.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Era una giornata come un’altra.
Itachi leggeva compostamente seduto sui tatami, mentre Sasuke si era dato all’anormale impresa di sbucciare un pomodoro con un kunai. Il fratello aveva saggiamente taciuto sulla cosa.
Comunque, il succo del discorso era che entrambi se ne stavano tranquilli e sereni a casa loro, facendo quel che preferivano fare – ogni riferimento all’idiozia di Sasuke è puramente casuale.
Si sa, tuttavia, che la calma è un concetto precario, se non inesistente, se si vive nello stesso quartiere di Shisui Uchiha.
E infatti…
«Yo, cugini!» disse sorridente, appollaiato sul davanzale della finestra e sventolando la mano in segno di saluto. Era la felicità fatta persona.
Al suo arrivo, Itachi portò la sua attenzione su di lui, fece un mezzo cenno con il capo e poi tornò a leggere, mentre Sasuke continuò indisturbato a torturare il pomodoro; l’unica cosa che si chiese fu perché diavolo non avevano chiuso la finestra. Perché le avevano fatte, le finestre, se poi ci entrava Shisui. Perché avevano fatto Shisui, se poi rompeva le scatole.
No, non era isterico, non fatevi ingannare dal fatto che presto il pomodoro si sarebbe trovato diviso in pezzettini che non era nemmeno più possibile contare.
«Vuoi qualcosa, Shisui?» si informò Itachi, che per quel giorno poteva sopportare solo Sasuke che mutilava un pomodoro, vedere il cugino che se ne stava sulla finestra a sorridere mentre si dondolava era troppo.
«Ah, no, niente, Itachi chan… niente, niente!» e si mise a ridere da solo, rischiando anche di cadere a terra.
«Ohi, Sas’ke chan, domani vado in missione!» gli disse, come se la cosa avesse dovuto fargli suonare qualche particolare campanellino d’avvertimento in testa.
Sasuke non diede segno di averlo ascoltato minimamente.
«Va-do-in-mis-sio-ne!» sillabò, alzando la voce; Itachi alzò gli occhi al cielo, dopo essersi reso conto di aver letto la stessa riga tre volte di fila.
«Missione, Sasuke, missione, perciò non ci sono, vado in-» tentò ancora, ma fu interrotto da Itachi, visto che il più piccolo dei presenti non voleva proprio saperne di dire qualcosa.
«Credo che abbia capito il concetto, Shisui» commentò pacatamente e Shisui si voltò sorridente verso di lui.
«Potrebbe anche rispondermi il marmocchio, eh! Comunque tu non ti preoccupare, Itachi chan, starò via solo un giorno, so che sentirai la mia mancanza, ma sono cose che vanno fatte…» blaterò, mentre Itachi si pentiva anima e corpo di avergli rivolto la parola.
«Cooomunque, Sas’ke chan, domani vado in missione» ottocentesima volta che lo ripeteva, sì «perciò bye bye!» e se ne andò, lasciando finalmente i due fratelli alla loro pace.
Il silenziò, poi, fu rotto solo da Sasuke che imprecava amabilmente. Itachi si lasciò scappare un mezzo sorriso: il suo otouto aveva spappolato il pomodoro.
«Che diavolo voleva?» si informò, mentre infieriva sul pomodoro.
«Evidentemente farti sapere che andava in missione» ribatté sornione.
«Quell’idiota» borbottò Sasuke.
Poi si alzò, raccolse quel che rimaneva della prima cavia e si diresse in cucina, a prenderne una seconda.
Quella sì che la si poteva chiamare domenica di sangue.


Uchiha wo produce



Se c’era una cosa che Sasuke non sopportava era l’andare a fare la spesa. Cioè, non che gli costasse grandi fatiche, ma il dover andare di qua e di là lo scocciava in particolar modo perché lo costringeva a parlare con la gente. La sua era una forma non riconosciuta di sociopatia dilagante, ecco cosa. Gli riusciva particolarmente difficile non attivare lo sharingan ogniqualvolta un qualsiasi venditore si azzardava a fare quattro chiacchiere.
Lo salutavano anche e lui, per non mostrarsi per il buzzurro che era, doveva anche rispondere.
Era una cosa che non gli piaceva, ecco. Eppure la sua okaasan glielo aveva cortesemente chiesto – «Neh, Sas’ke chan, hai voglia di andare tu, caro? Puoi prenderti anche una vaschetta di pomodori in più!» – e lui era dovuto andare. E non era andato per l’allettante proposta di una vaschetta in più, solo perché il giorno prima ne aveva letteralmente sventrati la metà per le sue manie poco sane.
Poi quel mattino non aveva niente da fare, Kakashi sensei era in missione, perciò niente allenamento e per il momento non aveva niente da fare in veste di ninja. Fosse stato per lui avrebbe volentieri affibbiato il tutto ad Itachi, ma aveva da fare anche lui.
Se fosse stato giusto un po’ più melodrammatico come Shisui avrebbe potuto dire che era letteralmente solo al mondo.
Aveva due borse per mano, non che fossero pesanti, ma gli davano l’aria del massaio affaccendato; non gli donava particolarmente, vista l’espressione vagamente arcigna. Poteva più che altro passare per il cuoco che per pranzo avrebbe cucinato spezzatino di bambini del vicinato.
Lasciamo perdere l’allegro massaio, sì, è meglio.
Comunque, gli mancava una sola busta – doveva passare proprio a prendere frutta e verdura –, poi sarebbe potuto tornare a casa; l’idea era quella di non fare niente, benché in genere non fosse una persona particolarmente pigra. Quel giorno, però, sentiva che si sarebbe stato bene sdraiato da qualche parte, senza fare alcunché.
Forse, il motivo di quella sua accidia fulminante era la più volte decantata assenza di Shisui e la speranza che Naruto non venisse ad infastidirlo come suo solito, ma tant’era.
Per sua immensa sfortuna, comunque, il fruttivendolo si trovava dall’altra parte rispetto a dove si trovava lui; perché sua madre, quando andava – o mandava – a fare la spesa comprava sempre in quantità industriali? Era quasi certo che tre teste d’insalata fossero troppe, sarebbero andate a male. Che poi, chi, sotto quel tetto, mangiava così tanta insalata? Poteva capire i cavoli. E i pomodori. Ma l’insalata? Eppure gli aveva chiaramente detto tre teste e Sasuke Uchiha non sbagliava…
«Fa’ attenzione, marmocchio!» sentì strillare qualcuno ad un tratto, strappandolo poco gentilmente dalle sue riflessioni. Chi aveva parlato?
Benché la ritenesse una cosa abbastanza stupida, con faccia piuttosto compunta Sasuke si voltò anche indietro per vedere chi avesse parlato. Non c’era nessuno.
Se lo era inventato? Soffriva di quei problemi già a quell’età? Shisui non lo avrebbe risparmiato se lo fosse venuto a sapere e Naruto lo avrebbe trascinato per tutte le cinque terre pur di curarlo: come poteva il suo rivale numero uno avere quel genere di demenza senile?
No, doveva solo dormire, ecco perché si sentiva tanto incline alla nullafacenza, quel giorno.
Fece un altro passo, convinto più che mai che dopo quelli ne sarebbero seguiti altri, sarebbe arrivato a comprare i santi cavoli – insalata, quel che era – e sarebbe andato a casa.
Era evidente che le cose non sarebbero andate così, almeno per il momento.
«Ho detto di fare attenzione, cos’è, sei pure sordo, oltre che stupido?» strillò ancora la voce acuta, seguita poi da un risolino.
Era chiaro che non se lo stava immaginando.
Sasuke non sapeva se essere sconcertato per quanto stava accadendo o irritato a morte per quel che aveva detto quel qualcuno invisibile. Infatti l’espressione che gli si disegnò in faccia fu un misto tra le due: prevaleva però l’arrabbiatura, lo sharingan era piuttosto chiaro a riguardo.
«Dove sei e cosa vuoi» fu la pragmatica e celere risposta di Sasuke, che non si era nemmeno sprecato a fare una domanda.
L’invisibile nemico di Sasuke si mise a ridere, ma non si mostrò.
Sasuke decise che non aveva nulla da spartire con un deficiente ed era anche quasi sicuro che, se avesse ammazzato una persona a caso nel villaggio, sarebbe potuto vagamente finire nei guai. Per omicidio, tipo. Se invece se ne tornava a casa – prima l’insalata, l’insalata! – non avrebbe corso pericoli di incarcerazione inutili.
Riprese a camminare.
Continuava a non essere il suo destino, quello, evidentemente.
«Ah, voi Uchiha siete proprio scortesi, eh! Mai fidarsi di voi!» risuonò quella voce noiosa e insopportabile che Sasuke riusciva ad ascoltare a stento.
In genere non memorizzava una voce così velocemente, ma quella aveva davvero un che di orribile che gli era rimasta immediatamente in mente.
Si pentì di essere uscito di casa in infradito e senza armamenti, come una katana o un kunai per dare il benvenuto al simpaticone che lo stava infastidendo.
Come si permetteva, poi, di nominare il suo cognome con tanta arroganza? Appena si fosse mostrato lo avrebbe ucciso.
Sasuke strinse con rabbia le buste della spesa e Mikoto era stata più che provvidenziale nel non chiedere al figlio di comprare le uova. Non che lo avesse fatto perché sapeva che Sasuke sarebbe potuto incorrere in risse in giro per Konoha, eh.
«Detto da uno che si nasconde non è molto convincente» gli fece presente l’Uchiha, la cui rabbia minacciava di traboccare da un momento all’altro.
«Uuuuh, come siamo permalosetti!» commentò la voce, mentre Sasuke era tutto fuorché intenzionato a rimanere lì anche un secondo di più.
«Comunque io ti avevo detto di fare attenzione, Uchiha san!» gridò, mentre quest’ultimo si voltò con tanta ira da dimenticarsi anche che non aveva nessuno da fronteggiare.
«Attento a cosa?» sbraitò di rimando, ricordando al mondo che la pazienza di Sasuke Uchiha era tanto rara che non la sapeva trovare nemmeno il diretto interessato.
«A me~» cantilenò in risposta.
In un attimo, Sasuke si ritrovò un felino miagolante in faccia, che lo graffiava con una gentilezza inimmaginabile.
«Dannato gatto- palla di pelo- staccati dannazione!» biascicò l’Uchiha, ma senza particolare successo.
Il gatto continuava a miagolare felice, come se stesse facendo la cosa più divertente al mondo, incurante delle proteste di Sasuke. Quest’ultimo finalmente riuscì ad afferrargli la coda e, in un atto di sopravvivenza, gliela tirò nel tentativo di levarselo di dosso.
Il gatto finalmente reagì e si staccò da lui con un balzo non particolarmente indolore per il ninja: le unghie piantate nella pelle non erano esattamente l’equivalente di un massaggio termale.
«Ma dico, sei impazzito?! È una coda questa, babbeo, una coda! Non puoi tirarla, sono un gatto, fa male!» strepitò il gatto lamentandosi, mentre si leccava la coda infortunata.
Sasuke non gli prestava il minimo ascolto, era troppo impegnato a controllarsi la faccia per vedere se c’era ancora. Era sicuramente pieno di graffi, alcuni facevano anche abbastanza male.
Dov’era Sakura, nell’unico momento in cui serviva? Non nei paraggi sicuramente.
«Mi stai ascoltando, dannato beota? Fa male, capisci? È come se ti staccassi i capelli ad uno ad uno, se mi sedessi sulle tue ginocchia e poi ci saltassi sopra, se ti piantassi i miei artigli nel sedere! Anzi, credo che lo farò per ripagarti di quel che hai fatto!» detto ciò il gatto tentò davvero di appendersi felinamente al didietro di Sasuke, ma quest’ultimo non si fece cogliere impreparato. Con un movimento repentino afferrò il gatto da dietro il collo e in un attimo l’azione feroce del micio fu interrotta.
Quest’ultimo continuava a inveire contro il poco tatto del ragazzo che lo aveva quasi ucciso staccandogli la coda.
«Tu! Te la farò pagare! Grazie al mio potere felinico, i miei artigli super potenti ti- Asp-aspetta- cosa- Ehi! Mettimi giù!» una volta compresa la sua attuale posizione prese a dimenarsi con più foga, ma Sasuke non sembrava intenzionato a lasciarlo.
«Potere felinico? Molto spaventoso, micetto» lo sbeffeggiò Sasuke, che aveva anche disattivato lo sharingan; ora solo uno stupido gatto, non valeva nemmeno la pena irritarsi più di tanto.
Il micio ad un tratto smise di dimenarsi e prese a fissare con un’espressione inferocita il ragazzo. Si fissarono. Ancora e ancora. Ancora e ancora e ancora fino a che il gatto non soffiò con rabbia e diede una zampata in faccia a Sasuke, lasciandogli altri graffi sul volto.
L’Uchiha d’impulso lo lasciò andare e il gatto atterrò sulle zampe con una grazia innata – felina. Poi prese a leccarsi il pelo con indifferenza, come se fosse superiore all’umano idiota che aveva osato beffarsi di lui.
«Stupido gatto» fu il commentò di Sasuke che prese a fissare il micio con sguardo tutto fuorché benevolo. Se non fosse stato che aveva un po’ di decenza lo avrebbe fatto secco, ma in fondo era un gatto e, in genere, gli Uchiha e i gatti avevano un buon rapporto.
Era chiaro che quell’ammasso di pelo non era normale.
Dopo averlo osservato con rabbia ed essersi reso conto, nell’arco dei dieci minuti seguenti, che non avrebbe concluso nulla, decise di andarsene. Il gatto non era d’accordo.
«Dove credi di andare, marmocchio? Porta rispetto e non darmi le spalle!» strillò il gatto ad un Sasuke sempre meno disposto a concedere altre chance di vita a quel dannato animale.
«Perché diavolo continui a parlare? I gatti miagolano, non parlano» ribatté irritato, senza voltarsi. Poi sentì un fruscio poco rassicurante e si voltò appena in tempo per schivare quella palla di pelo che per poco non gli si attaccò nuovamente alla faccia.
«Hai intenzione di smetterla? Sei un gatto, va’ a sputare palle di pelo e sta’ lontano da me» gli intimò Sasuke, mentre il gatto soffiava irritato.
«Dovresti essere più gentile con gli sconosciuti, Uchiha Sasuke, o farai sfigurare il tuo prestigioso clan di musoni!» lo sbeffeggiò il gatto, spalancando leggermente gli occhi quando vide il suo paziente interlocutore mostrare uno scarlatto sharingan, che sembrava anche piuttosto prossimo ad usare.
«Lasciami in pace» così dicendo tentò per l’ennesima volta di andarsene, ma il gatto non ne voleva proprio sapere.
«Mostra rispetto, Uchiha kun, o potrei decidere che non sei… che non sei degno dell’appellativo di ninja!» disse ad un tratto, con un tono estremamente pomposo e quando Sasuke si voltò lo trovò intento a rimirarsi le unghie.
E quello cosa voleva dire?
«Se a deciderlo è un gatto come te non so che farmene della tua sacra decisione» commentò con indifferenza Sasuke, stringendo le buste che teneva in mano.
Ma il gatto sapeva di aver fatto centro: nonostante la sua dichiarazione non aveva ripreso a camminare. Aveva ottenuto la sua attenzione.
Lo fece stare un po’ sulle spine, cosa che non rese Sasuke particolarmente incline ad attendere oltre, ma proprio mentre stava per andarsene di nuovo – lo faceva forse di proposito? – prese a parlare. «Non sono proprio io a deciderlo, Uchiha. E poi ho un nome, sai!» commentò offeso.
Sasuke questa volta si mosse per avvicinarsi. Istintivamente il gatto si portò un po’ più indietro. «E chi è a deciderlo?» chiese con aria di sfida, non credendo minimamente ad una cosa del genere. «Ho detto che ho un nome, eh» rimarcò il gatto, che era più interessato a quello che al resto.
Peccato che il ragazzo non riuscisse a cogliere i riferimenti palesi – voleva che gli chiedesse il nome! – e non conoscesse minimamente le priorità alla base delle comuni discussioni: si ci presentava, no?
«E a me non interessa, gatto» ribatté irritato Sasuke. A chi poteva importare del nome di un sacco di pulci? A lui sicuramente no.
«Ah, che ragazzo petulante! E io ti ho comunque detto che ho un nome! E perciò ti dico anche che mi chiamo» parve esitare un attimo, ma forse Sasuke se lo era solo immaginato «Shishinosuke, gatto della terza generazione dei gatti ninja, rispondo alla somma gatta del tempio e sono qui per te, Uchiha Sasuke! E non mi importa di sapere il tuo nome perché lo so già, così come so che sei un ninja dal dubbio potenziale, immorale e poco intelligente, ecco perché sono qui per giudicarti!»
Ci sarebbe stato molto bene un fulmine alle sue spalle con annesso tuono per rendere il tutto molto poetico e pieno di pathos.
E Sasuke non ci aveva capito niente.
Chi diavolo era quel gatto. Chi era la somma gatta? E quanti shi c’erano nel suo nome, era uno scioglilingua?
«Che poi io vengo qui a controllarti, faccio rapporto a… beh, più in su e là ti giudicano, sì. Uuuh, ti vedo stranito giovane Uchiha smidollato, qualcosa non ti quadra? Quale parte, quella in cui dico che sei un ninja dal dubbio potenziale o che sei immorale o poco intelligente? Se vuoi ti porto esempi concreti!»
Sasuke voleva solo uccidere quella palla di pelo ambulante, che fosse lì per giudicarlo o per fare chissà cosa non gliene importava assolutamente nulla.
«Sta’ zitto, non mi interessa né il tuo stupido nome né perché sei qui» tentò di liberarsene con un po’ di indifferenza, ma il gatto emise un miagolio prolungato che per poco non gli spaccò i timpani.
«No, piccolo Uchiha cattivo, non è così che funzionano le cose!» lo contraddisse Shishinosuke; Sasuke per un attimo ebbe tempo di chiedersi se poteva esistere al mondo un gatto con quel nome. E poi si domandò anche perché sprecava tempo a farsi domande del genere.
«Ho una missione, sai? Non pensare di certo che me ne andrò solo perché tu sei uno stupido marmocchio che deve sempre lamentarsi su tutto!» prese a strillare il gatto mettendosi addirittura su due zampe e gesticolando con le zampette pelose.
Quello non era un felino, piuttosto poteva essere un esperimento mal riuscito scappato miracolosamente dal reparto esperimenti della radice. Se gli portava il cadavere lo accettavano lo stesso o si lamentavano perché mancava la testa?
No, perché per il momento l’unico interesse di Sasuke Uchiha era quello di uccidere il micio rompiscatole ed andare a comprare i pomodori.
Non gli interessava nemmeno sapere da dove veniva; se inizialmente poteva aver provato vaga curiosità per la storia del giudicare e via dicendo – che poi era solo scetticismo per una stupidaggine detta da un felino parlante, tutto lì –, beh, ora non gli importava proprio più niente.
«E a me non interessano le tue stupidaggini, perciò levati dai piedi da solo prima che decida di staccarti la coda» lo minacciò, ma non gli riuscì poi molto bene. Quando minacciava di staccare altro a Naruto risultava più convincente, ma forse era per il fatto che si sarebbe sentito un deficiente a minacciare seriamente un gatto che si professava qualcosa di terza generazione e che faceva capo ad una gatta più in su.
«Ah, certo che voi Uchiha quando fate qualcosa di giusto la fate in grande stile, ma anche quando sbagliate ce la mettete tutta per farla proprio male, eh!» si lamentò il gatto sedendosi avvilito e prendendo a lisciarsi il pelo con fare mesto.
Notando che Sasuke lo osservava con le sopracciglia inarcate, in un chiaro segno di non comprensione, fece quello che doveva essere un sorriso, ma poteva benissimo essere scambiato per un accenno di rigurgito.
«Intendo dire, Uchiha chan, che tuo padre e tuo fratello sono ottimi Uchiha sotto ogni punto di vista, veramente perfetti, mentre tu… beh… sei una vera delusione, marmocchio» disse senza poi molti giri di parole.
Riprese a lisciarsi il pelo e con la coda dell’occhio osservò la reazione del ragazzo; ah, era lo sharingan quello, sì. Esattamente la reazione che sperava.
«Uh, non ti sarai mica offeso?» lo sbeffeggiò e miagolò soddisfatto.
«Non mi offendo per le parole di uno stupido gatto» sbottò Sasuke, benché si fosse arrabbiato, ma era logico.
Come poteva quello stupido sacco di pulci dire qualcosa del genere?
«Guarda che io sono il gatto incaricato di giudicarti!» disse con fare importante e Sasuke sbuffò.
«Ancora con questa storia? Non mi interes-» tentò di far sapere al gatto il suo spassionato parere in merito, ma il felino emise un altro di quei suoi striduli miagolii e si avvicinò con fare minaccioso. «Non è a te che deve importare, idiota!» sbottò scuotendo la testa e le orecchie. Se fosse stato muto e non stupido Sasuke lo avrebbe anche potuto trovare carino.
Peccato parlasse e fosse stupido.
«Sono io a decidere! E poi non sei di certo il primo, sai? Non dirmi che ti credi tanto importante da-» Shishinosuke sarebbe andato avanti con la sua ennesima critica all’Uchiha – lo trovava quasi rilassante, rendeva il pelo più lucido – ma Sasuke lo bloccò.
«Cosa vuol dire che non sono il primo?» chiese con un’austerità forse eccessiva visto che stava dialogando con un gatto, ma tant’era.
Una parte del suo cervello che non era impegnata ad insultare l’animale sperò che nessuno lo vedesse in quel momento. Sarebbe stato imbarazzante.
Il gatto fece un sorrisetto.
«Se mi avessi dato ascolto fin dall’inizio, invece di lamentarti come tuo solito…» poteva forse mancare un’appassionata critica contro Sasuke? «Beh, vuol dire che non sei il primo. Sei un Uchiha, no? E non lo sai che gli Uchiha hanno un legame particolare con i gatti? Pensi che sia importante solo per l’erba gatta? Non farmi ridere, marmocchio!» disse molto velocemente, terminando con uno sdegnoso colpo di coda.
La nascose prontamente dietro di sé quando vide lo sguardo poco benevolo con cui la osservava Sasuke.
«La so la storia dei gatti» borbottò tra i denti, giusto perché l’irritazione era cresciuta in maniera esponenziale quando, per l’ennesima volta, quel dannato sacco di pulci aveva messo in dubbio la sua intelligenza e gli aveva dato palesemente dell’imbecille.
«Voi Uchiha siete testati» disse con una certa serietà, come se quella fosse una faccenda di stato. «E perché nessuno me ne ha mai parlato?» sibilò con irritazione.
Mai Sasuke Uchiha si sarebbe fatto prendere in giro da un gatto, era fuori discussione. In più, a prescindere non avrebbe mai creduto ad una stupidaggine che non aveva mai sentito se a raccontargliela era proprio un gatto che di normale non aveva nemmeno i peli.
«Oh, non crederai mica che è qualcosa che viene strillato ai quattro venti! I segreti Uchiha sono segreti a molti degli Uchiha stessi» commentò enigmaticamente.
Sasuke, invece di rimanere impressionato, sbuffò un’altra volta e alzò gli occhi al cielo.
Si rifiutava di dargli corda, qualsiasi fosse stata la stupidaggine detta dall’animale.
«Poi non sei molto affidabile, eh, Uchiha chan» disse muovendo le orecchie in maniera inquietante. «I gatti morti non parlano» si limitò a commentare Sasuke con una calma a dir poco spaventosa, ma Shishinosuke era intento a rimirarsi gli artigli, perciò non se ne accorse.
«Morti? Eh? Io sono viviss- matuseimalato!» gridò scansandosi appena in tempo dall’attacco dell’Uchiha, mentre un millefalchi di potenza non esattamente bassa gli sfrigolava tra le mani.
«Tu hai problemi! Non sei un buon ninja, per niente! Questo è sleale, non si attacca la gente alle spalle sei un-»
«Infatti tu non eri di spalle e non sei nemmeno umano» ribatté Sasuke con un ghigno tutto fuorché rassicurante.
Se avesse potuto sbianca, al momento il felino sarebbe stato di un delizioso bianco cadavere appena arrivato all’obitorio.
Il gatto decise che cambiare argomento potesse rivelarsi una soluzione ottimale.
«Beh, comunque tutti voi Uchiha siete testati, perciò tu, per quanto inetto, subirai la stessa cosa!»
«Non dire stupidaggini» fu la scocciata risposta dell’Uchiha, che riprese a camminare per la sedicesima volta. E per la sedicesima si fermò, perché Shishinosuke parlò ancora.
«Pensi di essere superiore a tuo padre o a tuo fratello? Ai tuoi antenati, bisnonni, trisnonni, a tuo cugino? No, questo non è proprio possibile!» esordì il gatto con fare altezzoso e pure sdegnato. Sasuke aggrottò la fronte e si portò a pochi passi dal gatto.
Perché non poteva dargli fuoco? Cosa, esattamente, lo tratteneva dal farlo secco?
Se non se lo fosse ricordato in tre minuti lo avrebbe ucciso.
Shishinosuke parve piuttosto soddisfatto della rabbia che era emanata da ogni singolo poro di Sasuke.
«Ah! Ecco, tu sei uno di quelli che pecca di superbia… un vero disastro umano! Sei completamente da rivedere!»
Ad ogni frase Sasuke assumeva una nuova sfumatura di bianco, tutti indici del fatto che la sua irritazione presto sarebbe giunta ad un limite da cui non era possibile tornare indietro.
Il gatto continuò indisturbato.
«Per il momento sei bocciato, marmocchio!»
L’Uchiha, per un attimo, vide tutto di uno strano colore rosso sangue tragicamente versato, ma non ci fece minimamente caso. Ciò che invece fu di prendere il gatto per la collottola proprio mentre quest’ultimo si lisciava soddisfatto la coda.
Ignoro i suoi vari commenti relativi alle barberie umane della slealtà, a lui non interessavano proprio.
«Mettimi giusto, mostro! Mi stai tirando i peli, poi non ricrescono! E se perdi la presa! Cado e mi ammazzo!»
«Appunti, muori» ribadì l’Uchiha con una luce non esattamente sana negli occhi. Sembrava vagamente simile a quella degli psicopatici assassini, ma logicamente Sasuke non poteva sapere la condizione del suo sguardo non avendo uno specchio a disposizione. Sicuramente, vedendo il gatto in preda ad una crisi isterica – il pelo, cielo, il pelo! –, provava un senso tale di realizzazione da diventare sempre più invasato.
Uchiha, uno normale ne usciva uno su sette milioni, era una scommessa genetica persa in partenza. «Mettimi giù, brutto marmocchio umano pisciomane con deliri di onnipotenza!» strillò il micio dimenandosi. Tentò anche di sfigurare tutto ciò che gli capitava sotto zampa con gli artigli, ma non riusciva ad affettare nulla se non l’aria.
«I gatti non hanno una ventina di vite?»
«Nove, imbecille, nove e chi ti ha detto che otto non le ho già fatte andare?!»
Per Shishinosuke, Sasuke era l’essere più imbecille che mai avesse camminato sulla terra e lo stesso pensiero era rivolto dall’Uchiha nei confronti dell’animale.
Era amore, in poche parole.
Poi Sasuke notò una cosa, benché con un po’ di ritardo.
«Cosa vuol dire pisciom-»
Non ebbe il tempo di finire perché il felino approfittò della sua temporanea disattenzione per graffiargli il braccio e staccarsi dalla sua presa.
Atterrò sulle zampe, eh.
Il ragazzo guardò con sdegno i tre tagli di lunghezza diversa e poi si rivolse nuovamente al gatto: «Sei morto, stupido felino» poi ritornò sulla questione del pisciomane. Era solo Shisui che lo chiamava così e ovviamente era solo un parto della mente malata di quell’idiota.
«Come fai a sapere quel…» non sapeva come definirlo senza dover nominare proprio la parola. Il gatto, per sua fortuna, era più intelligente di lui e comprese cosa volesse dire.
«Ah, io so cose che tu non sai e, per tua sfortuna, non c’è niente che tu sai e che io non sappia» poi Shishinosuke girò un paio di volte su se stesso mugugnando qualcosa con fare esaltato.
Probabilmente aver detto una frase del genere l’aveva emozionato.
«Sapere quel che dice quell’imbecille di Shisui non è di grande vanto» ringhiò Sasuke che non poteva sopportare di sentire idiozie del genere.
«Non è un imbecille!» si infervorò immediatamente il gatto come se l’insulto l’avesse ricevuto lui. Poi parve accorgersi del troppo slancio passionale e spalancò gli occhi, muovendo qualche passo indietro.
La cosa a Sasuke non passò inosservata.
«Cosa-»
«Beh, se lo dice, comunque, lo fa su una base concreta, no?» disse con fare allusivo sbrigativamente, mentre il sospetto di Sasuke veniva rimpiazzata nuovamente dalla rabbia. Poi, però, comprese il trucchetto del micio e fece un mezzo ghigno. No, all’Uchiha interessava proprio l’atteggiamento anomalo.
Infatti riprese a parlare: «Perché-»
Shishinosuke venne salvato appena in tempo da un’inaspettata comparsa.
Con uno scatto fulmineo saltò addosso a Sasuke e si appollaiò sulla sua spalla come se fosse stato un corvo e non un gatto.
«Che diavolo stai facendo? Scendi, stupida palla di pelo» fu il vano tentativo di Sasuke per far scendere l’animale, ma questo soffio irritato e gli graffiò la punta del naso con fare scocciato.
«Silenzio, marmocchio, ora inizia la tua esaminazione e correzione da parte del grande Shishinosuke!» gli sibilò all’orecchio e gli assestò anche una codata sulla schiena.
L’Uchiha non fece nemmeno in tempo a lamentarsi che qualcuno lo chiamò.
«Sas’ke! Oh, qual buon vento!» esclamò esuberante Naruto, sventolando la mano come se non si vedessero da epoche intere.
Sasuke poteva affermare con mestizia che la sua brutta faccia l’aveva vista solo ieri.
«Non è buon vento, Uzumaki» fu il garbato saluto con cui ricambiò la felicità di Naruto.
Fortunatamente l’Uzumaki era abituato alla sociopatia del compagno, perciò non perse nemmeno più tempo a fargli notare quanto ci guadagnerebbe se almeno una volta al giorno sorridesse e si mostrasse gentile.
Quando ci aveva provato aveva perso una ciocca di capelli biondi e solo perché si era spostata abbastanza in tempo: Sasuke mirava alla gola.
«Cosa ci fai con un gatto sulla spalla?» si informò con sguardo perplesso, avvicinandosi al gatto con fare sospetto.
Shishinosuke non disse nulla e solo quando l’Uzumaki si fu portato a distanza molto ravvicinata mosse velocemente la zampa e gli sfiorò appena il naso con gli artigli.
«Ahia! Cos’è, lo hai addestrato tu per far fuori tutti quelli che ti stanno antipatici?» si lamentò Naruto massaggiandosi il naso, benché non si fosse fatto pressoché nulla.
Il gatto sorrise sotto i baffi e Sasuke sbuffò.
Anche il felino rientrava tra quelli che, al momento, gli stavano particolarmente antipatici e dubitava di essere in grado di convincere la palla di pelo a seccarsi da solo. Era già piuttosto complicato levarselo dai piedi, figurarsi fare altro.
«Allora? Perché te lo porti su una spalla?» chiese ancora Naruto, scocciato dal non aver ricevuto una risposta.
«Avevo voglia di qualcosa che mi passasse pulci e mi graffiasse, dobe» commentò con sarcasmo, ma non venne minimamente colto dall’amico.
«Ah! E te lo porti su una spalla? Ma poi, sei stupido? Le pulci? Sei tipo Kiba…?» borbottò sempre meno convinto e l’Uchiha alzò gli occhi al cielo.
«No, razza di imbecille, stavo scherzando-» proprio mentre manifestava il suo strazio interiore per la stupidità del ragazzo, Shishinosuke conficcò con forza gli artigli nella spalla di Sasuke, che sobbalzò per la sorpresa.
«Cosa diavolo stai-» il gatto in risposta alla sua mezza domanda si limitò a fare le fusa e a socchiudere gli occhi con fare allusivo.
I gatti potevano alludere?
Se quell’essere parlava anche poteva anche alludere, convenne Sasuke mentre trovava un modo per levarselo dai piedi. Se era troppo intelligente rischiava di minare il rapporto di sottomissione umano-animale, perciò era da uccidere.
«Uchiha? Parli con gli animali?»
Sasuke non badò a quanto diceva l’Uzumaki e si rivolse invece al gatto: «Hai qualcosa da dire, schifoso sacco di pulci? Fallo e basta, prima che decida di tagliarti la coda e fartela ingoiare» sibilò e per tutta risposta Shishinosuke piantò ancora gli artigli nella carne.
Sasuke lanciò una di quelle imprecazioni che non è bene riportare in una narrazione.
«Sas’ke, non credi sia il caso di… beh, parlarne con qualcuno… Magari Tsunade baachan può fare qualcosa…» propose con fare indeciso Naruto, che temeva davvero per le condizioni psicologiche dell’amico.
Come lo avrebbe detto a Sakura chan che parlava con un gatto come se quello gli potesse rispondere?
«Fare qualcosa per cosa?» sbottò piccato e Naruto si picchiettò solo una mano sulla fronte, dandogli un’ovvia risposta.
La parte razionale di sé nemmeno pensò, ma quella inconscia fece tutto per Sasuke: in un attimo il millefalchi lanciava scintille e saette da tutte le parti.
A Shishinosuke si rizzò il pelo e fece quello che poteva anche passare per un miagolio morente. Naruto per tutta risposta caricò il rasengan.
Giusto per essere politicamente corretti, è giusto specificare che quella era una situazione di ordinaria amministrazione. A memoria d’uomo era possibile rincontrare lo stesso schema – indifferente se prima caricava Naruto il rasengan o Sasuke il millefalchi – anche al mercato rionale della terza settimana del mese e sul tetto del palazzo dell’Hokage. Una volta una vecchietta si era intromessa e li aveva divisi minacciandoli con un bastone.
Mentre si giuravano morte vicendevolmente, il gatto fece più o meno quello che aveva fatto l’arzilla vecchietta al mercato, solo che si rivolse solo a Sasuke. Senza farsi sentire dall’Uzumaki, che dal canto suo strillava frasi a vanvera – «Idiota! Me la pagherai!» –, soffiò all’orecchio di Sasuke alcune brevi indicazioni.
«Disattiva lo millefalchi o la prossima volta gli artigli te li pianto dove non batte il sole. E Sakura chan non ne sarà contenta» bisbigliò e Sasuke avrebbe davvero voluto ribellarsi o contestare, urlare qualcosa come minimo, ma alla fine si trovò costretto a disattivarlo.
«E se vuoi passare la prima parte della valutazione, Uchihapyon, e vedi di smetterla di lamentarti sempre! Dicevo, se vuoi passarla mostrami che sai essere gentile con l’Uzumaki senza tentare di ucciderlo» fu la normalissima richiesta.
Sasuke schiccò la lingua totalmente contrario, ma fu il massimo che riuscì a fare per mostrarsi poco incline a fare quanto il gatto gli aveva detto; infatti la rabbia gli impediva di aprire bocca, se il suo intento primario non era di coprire d’insulti l’interlocutore.
Anche Naruto disattivo il rasengan e gli sorrise come se fino a tre secondi prima non si fossero scambiati le più atroci dichiarazioni di guerra e promesse di morte.
Sasuke rimase in silenzio, perciò l’Uzumaki decise che toccava a lui parlare, mai gli sarebbe passato per l’anticamera del cervello che anche il silenzio sarebbe stato utile.
«Cosa, Uchiha? Il gatto parlante ti ha detto di fare il bravo o lo dice alla tua mammina? O a Sakura chan?» gongolò Naruto, ritenendo evidentemente che la vittoria era sua per fuga codarda.
Sasuke sentì il sangue ribollirgli nelle vene dalla rabbia e provò anche la sgradevole sensazione dei baffi del batto che si sfregarono contro la sua guancia. Pungevano.
Senza aprire bocca, Shishinosuke mosse su e giù la zampa rivolto all’Uzumaki, invitandolo a raggiungerlo. Naruto sorrise esuberante e non ci pensò due volte.
Il gatto gli fece cenno di avvicinarsi fino a che non si trovarono a distanza di un dito l’uno dall’altro.
Poi ci fu un miagolio straziante e un urlo di dolore da parte di Naruto. Gli aveva lasciato tre graffi piuttosto lunghi su tutto il volto, che facevano un discreto pendant con i sei che aveva sulle guance. «Ah, sei il gatto dell’Uchiha, avrei dovuto immaginarlo che eri schizzato come lui! Ve la farò pagare!» poi scomparve saltando su un tetto lì vicino, borbottando frasi che variavano dal turpiloquio irripetibile al «Hinata chan mi consolerà» al «passo da Sakura chan per evitare di morire dissanguato».
Sasuke alzò gli occhi al cielo, poiché alcune volte rimaneva ancora sconvolto dalla demenza dell’amico.
«Non dovevo essere gentile con l’imbecille?» si informò Sasuke, più che contento di non dover fare una cosa tanto idiota.
Il gatto scosse la testa e diede un’altra codata sulla schiena dell’Uchiha.
«Troppo idiota. Sei lui è idiota e io devo controllare che tu sia una brava persona per poi essere un buon ninja come posso farlo se devi dimostrarmelo con una persona idiota? Beh, non si può fare» blaterò il gatto.
«Non si capisce niente di quel che dici» gli fece presente Sasuke con altezzosità.
«È un modo come una altro in cui ti rendi conto di essere idiota, Uchiha chan, non è emozionante a modo suo?» chiese estasiato il gatto, piantandogli le unghie nella spalla.
Ah, quella volta lo aveva capito. Lo aveva appena insultato.
Ad un tratto, Shishinosuke si irrigidì, come se fosse appena stato colto da un’illuminazione improvvisa.
«Ah! Il giudizio continua, Uchiapi, non ti distrarre!»
«Di cosa parli, adess-»
«Sas’ke kun!» la voce di Sakura giunse chiara e forte alle sue orecchie e l’Uchiha comprese perfettamente cosa volesse dire il gatto. No, non aveva ancora ben inteso perché diavolo quella pagliacciata andasse avanti, ma se seguiva la logica del felino l’arrivo di Sakura aveva un significato in più oltre all’esasperazione di Sasuke. Che fosse noto anche all’Uchiha non rientrava nei piani di quel sacco di pulci.



Prima che qualcuno di voi voglia richiedere la mia testa per il finale poco azzeccato, sappiate che la storia contava venti pagine e io ho avuto il buon cuore (non avevo voglia di mettere l’html a tutto, avrei perso mezza giornata e non avrei concluso nulla 7,7) di dividerla in due… solo che, essendo una shot, non aveva un punto giusto per essere spezzata… e beh, ho scelto un punto a muzzo XD
È una storia demente scritta dopo una folgorante idea demente e in un momento demente… qualche mese fa ci vedevo anche un senso, ma ora no, probabilmente perché ormai tendo a vedere la logica lontana da quel che faccio. C’est la vie!
Il titolo, Uchiha wo produce, l’ho riciclato da un drama (Nobuta wo produce), e non ho la più pallida idea se ne esista anche un manga/anime… beh, io l’ho adorato (non solo per Yamapi e Kamenashi, no, assolutamente no) e ho pensato che il titolo potesse tornarmi utile. Ha un suo senso fino ad un certo punto, ma non garantisco che la cosa si capisca, molto probabilmente ha senso solo nella mia testa XDXD
Grazie per l’attenzione 8)

  
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