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Autore: __Stella Swan__    02/04/2013    1 recensioni
«Troveremo Victor, Kim. Te lo prometto».
«Non promettere cose che no puoi mantenere», lo rimproverò il mio ragazzo. Sospirai.
Che diavolo stavo facendo? Non mi riconoscevo più. Non era da me torturare i vampiri – anche se amavo ucciderli – e tantomeno rivolgermi verso i miei unici amici in quel modo. Stavo cambiando di nuovo? Non volevo tornare la principessa di ghiaccio, no. Quello era solo un triste ricordo.
Ora ero Kimberly Sarah Drake, cacciatrice di vampiri.
(Estratto dal primo capitolo)
Terzo episodio della saga di ICE HEART.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ice Heart Saga.'
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Derek/Kim/Gabriel - L'alba di una nuova creatura


«Kim, no!», gridò Gabriel, tentando di avvicinarsi a lei. Per fortuna Logan lo fermò in tempo, tenendolo bloccato al suo petto. Lo stesso fece Eric con Sheila, che aveva già il viso rigato di lacrime. L’unica impassibile sembrava Ashley ,anche se si mordeva accanitamente il labbro, senza togliere gli occhi da lei.
Kim si era appena trafitta la mano, lasciando sprofondare il paletto in frassino nel corpo di Victor. Sentii che entrambi gemettero per il dolore, mentre le loro energie pian piano calavano. Si guardavano furiosamente negli occhi, consapevoli che sarebbero morti insieme. Le fiamme sarebbero sorte poco dopo, avvolgendoli in una morsa mortale dalla quale era impossibile fuggire.
Mi accorsi che Hilda mi afferrò ferocemente il braccio, dopo che avevo fatto uno svariato numero di passi in avanti. Inconsciamente anche io mi sarei buttato nelle fiamme per salvarla. Non poteva morire di nuovo sotto i miei occhi, non potevo permetterlo.
«Derek...», mi richiamò la signora Drake.
Strinsi i denti, senza spostare gli occhi da Kim. «Sta morendo...», ringhiai.
«Logan, lasciami!», gridò ancora Gabriel, divincolandosi tra le braccia dell’amico. Sheila non aveva abbastanza forza per ribellarsi e lasciò che il professore l’abbracciasse, per consolarla. Per lei ogni speranza era andata perduta. Così come lo era per me.
Era inevitabile, si era trafitta con un paletto di frassino: sarebbe morta da lì a pochi minuti.
Alcune scintille uscirono dal petto di Victor, mentre respirava a fatica per colpa del fumo che si stava levando. Un fumo acre, dannatamente fastidioso alle narici, nero e denso. Non ne avevo mai visto uno così uscire dal corpo di un vampiro.
Il fumo di Victor e di Kim mescolati. Arrivò al mio naso anche l’odore di sangue di Kim, che continuava a sgorgare dalla ferita che si era procurata.
Con gli ultimi brandelli di forza che le rimanevano, estrasse il pugnale, gettandolo sul suo fianco. La mano continuava a sanguinare a causa delle forze mancanti, perché non poteva più rigenerarsi. La morte spazzava via proprio tutto.
Gabriel riuscì quasi a liberarsi dalla presa di Logan, ma subito mi misi davanti a lui, nascondendolo con le mie spalle.
«Derek, che cazzo fai? Maledizione, levati, Kim sta morendo!». Continuò ad imprecare, ma la mia concentrazione era su Kim e Victor, ancora immobili a fissarsi l’un l’altro.
Ce l’ho fatta, pensò lei, lasciandosi cadere sul corpo del vampiro. Ma lui la fermò, afferrandole la maglia ed avvicinandola al suo viso.
“La mia casata non morirà con me”, le sussurrò all’orecchio.
Kim tentò di rispondere, ma come le fiamme coprirono il corpo di Victor, lanciò Kim lontano da lui, facendola rotolare sul suo fianco per un po’ di volte, finché non andò a sbattere contro il muretto che portava nel giardino.
Rimasi a fissare Victor divorato dalle fiamme, mentre lanciava gridi disumani, da far accapponare la pelle. Una morte lenta e molto dolorosa, come si era meritato.
“Non vi libererete mai di me”, comunicò con la mente. “In qualche modo, il mio sangue scorre sulla terra e sarete per sempre dannati come il sottoscritto. Ricordate che la chiave della vita eterna è la morte a se stessi”.
Subito dopo non si sentì più nulla, nemmeno il vento che fischiava nelle orecchie. Vidi Hilda cadere sul mio fianco e la sorressi appena in tempo, prima che toccasse a terra. Potevo sentire la sua pelle che man mano diventava sempre più calda al contatto con le mie mani, mentre il pallore che l’aveva dominata da anni stava man mano scemando.
Appena le fiamme si spensero, Gabriel riuscì a spingere via Logan e corse con tutto il fiato che aveva verso Kim, ancora stesa a terra.
Feci coricare Hilda, mentre il professore si avvicinava a me.
Una cosa sola non capivo.
Come faceva Kim ad essere ancora qui, col suo corpo intatto, e Victor morto arrostito?
Ashley si inginocchiò ed osservò attentamente Hilda mentre tornava umana. Il suo colore roseo sulle guance, le labbra rosse e la pelle calda. Potevo sentire quel calore anche senza toccarla.
Identica alla foto che avevo in camera mia.
La sua tortura si era conclusa.
Ma la mia non avrebbe mai avuto fine.
Il professore ed Ashley mi guardarono, impazienti. «Derek», cominciò Eric con tono titubante, «ma tu...».
Abbozzai un mezzo sorriso, per non scoppiare in lacrime: io avevo ancora la pelle diafana e fredda come il ghiaccio, gli occhi viola e la sete di sangue.
Ripensando alla sete, sentii un profumo nuovo, mai annusato in vita mia. Mi stuzzicava come non mai, una fragranza inimitabile che avrebbe fatto perder la testa anche al più resistente tra i vampiri. Era un richiamo disperato, come se quel sangue stesse chiedendo di esser bevuto. E qualcosa mi diceva che voleva esser bevuto da me.
«Kim?». Sentii la voce di Gabriel spezzata ed appena mi voltai, vidi che tentava di rianimarla.
 
 
Il sogno era strano, parecchio strano.
Su una collina, in pieno tramonto con l’aria che faceva svolazzare i miei capelli neri. Quella luce era maledettamente fastidiosa ai miei occhi, tanto che ero costretta a tenerli socchiusi.
Sentii dei passi provenire dalle mie spalle e subito mi voltai.
L’uomo incappucciato avanzava verso di me a testa bassa, tanto che non riuscivo nemmeno vedergli il viso. Ed appena a fu abbastanza vicino da toccarmi, prese la mia mano e vi mise dentro qualcosa, tenendola ben stretta. Notai che la sua pelle era chiarissima, ma stando al sole diventava sempre più scura, mentre sembrava cominciasse a fumare.
«E’ tutto nelle tue mani», mormorò con voce roca, come se dietro quel cappuccio si fosse nascosto un uomo anziano. La mano andava via via peggiorando, fino a diventare quasi nera. Lo sentii gemere e poi alzò il viso, fissandomi negli occhi con quelle calamiti ormai nere ed arrossate.
La sua forza era ancora sorprendente, nonostante stesse morendo. «La casata dei Blood deve sempre avere un sangue puro a capo», continuò Victor, sputando sangue che mi macchiò i vestiti. Ormai anche il suo viso stava bruciando, ma ebbe la forza di tirarmi a sé e stringermi tra le braccia. «Anche se mi hai rifiutato come padre, tu sarai per sempre mia figlia. E sei condannata a vivere maledetta».
Appena finì di dire le sue ultime parole, stavo abbracciando l’aria. Non aveva nemmeno preso fuoco in tempo, che ormai di lui non c’era più nessuna traccia. Il sole era quasi scomparso del tutto ed era molto caldo sulla mia pelle. C’era una differenza: non mi bruciavano più gli occhi.
Aprii infine la mano, abbassando lo sguardo.
Il suo anello col rubino scintillò.
 
 
«Kim?», dissi per l’ennesima volta, scuotendo il suo braccio. Non aveva ancora dato segni di vita. Le lacrime cominciarono a fare capolino sotto i miei occhi, pronte a scorrere come lame taglienti sulle mie guance. Derek mi fiancheggiò immediatamente, senza toglierle gli occhi di dosso. E dal suo sguardo potevo capire che non c’era nulla di buono.
In lei non era cambiato ancora nulla: la pelle bianca come la luna, le labbra violacee ed i boccoli neri che coprivano il pavimento. Guardai un momento dietro le mie spalle e notai che Hilda, invece, era tonata col suo colorito originale, leggermente più scuro, e non aveva più l’aspetto di una vampira. Forse era questione di minuti ed anche Kim sarebbe tornata umana.
«Aveva detto che se fosse morto lui, sarebbe morta anche Kim», sussurrò Derek, con lo sguardo vuoto. I suoi occhi sembravano coperti da un velo opaco, che gli dava l’aria di una persona con la vista annebbiata.
“Tu non puoi uccidermi e nemmeno loro possono. Perché se uccidete me, morirà anche Kim”.
Non può essere così, mi dissi. Non può, non può, non può...
Alzai il corpo di Kim e mi piegai su di lei, nascondendo le lacrime che stavano scendendo. Derek, ancora accanto a me, sospirò profondamente e si alzò, andando verso i nostri compagni, immobili dietro di noi. Impregnai la sua maglia con quelle piccole gocce salate che ormai scendevano a dirotto. Per la seconda volta era morta sotto i miei occhi, tra le mie braccia.
Sentii che anche Sheila era scoppiata a piangere, probabilmente sul petto del professor Tunner. Ed un piccolo tonfo mi fece capire che qualcuno aveva sollevato il corpo di Hilda da terra.
«Cosa le diremo quando si sveglierà?», domandò Logan, con voce spezzata. Ci fu un momento di pausa, nella quale sollevai delicatamente la testa per osservare il viso di Kim. Possibile che fosse ancora così terribilmente bella anche da morta?
«Capirà che sua figlia si è sacrificata per salvarla», disse con tono spento, non adatto a Derek. «Per salvare tutti noi».
Sì, forse dovevo pensarla così: Kim era morta per salvarci. Ora tutti gli umani vampirizzati da Victor sarebbero tornati alle loro origini ed avrebbero potuto vivere come avevano sempre fatto. Mentre quelli come Derek, trasformati da altri vampiri, avrebbero continuato la loro vita sanguinaria, uccidendo chissà quante altre persone.
Per questo ci sarebbe stato ancora bisogno di noi, i cacciatori.
Spostai due ciocche dal volto di Kim, accarezzandole la guancia congelata. Da quando era vampira, era sempre stata così fredda. Quando mi sfiorava sentivo sempre quel piacevole brivido che mi percorreva ogni singolo millimetro del corpo, facendomi dimenticare luogo e tempo.
E quando si era saziata del mio sangue era stata la sensazione più bella del mondo. La stavo salvando anche io, in quel momento. Era il suo nuovo modo per dimostrarmi quanto mi amasse, anche se non avevo bisogno di quel gesto per capirlo. Sapevo benissimo che Kim, nonostante tutte le difficoltà, era ancora innamorata di me come la prima volta, da quando ci eravamo incontrati al Midnight’s Dream.
Ed era stato davvero un sogno quella notte. Incontrarla era stata la mia fortuna più grande. Se non le avessi parlato al pub, forse non avrei mai avuto coraggio di farlo a scuola. Avevo sempre avuto la tentazione di farlo, durante l’ora di biologia della professoressa Mires, ma aveva quel non so ché di spaventoso, essendo una tutta sulle sue, come se avessi avuto il timore di farle un torto disturbandola.
La Principessa di Ghiaccio.
Le sfiorai le labbra con due dita, notando che erano leggermente più calde del resto del corpo. Mi avvicinai con gli occhi chiusi, mentre scendevano le ultime lacrime e le diedi il bacio più lungo che potessi, fino a quando non fui costretto ad allontanarmi per respirare. Per un momento sembrava quasi volesse ricambiare, ma forse era solo la mia più fervida immaginazione.
Lei era morta, dovevo accettarlo.
«Portiamo Hilda a casa ed anche Kim. Quando si sveglierà decideremo sui funerali», ci disse Derek. Rimasi ancora a terra a fissare Kim, nella speranza di vedere quei magnifici occhi giada aprirsi. Certo, sarebbero stati color ametista. Ma almeno si sarebbero aperti, indifferentemente dal colore con la quale si sarebbero presentati.
Qualcuno mise una mano sulla mia spalla, scuotendomi dolcemente. «Andiamo cavaliere», mi disse Logan con tono amichevole. Non mi mossi di un solo centimetro. Alla fine, decise di inginocchiarsi accanto a me e le mise una mano sul cuore. Ovviamente, non batteva.
Sbuffai una piccola risata, accarezzandole di nuovo il viso. «Sembra strano: ho amato questa ragazza più di qualsiasi altra cosa al mondo e mi ero promesso che l’avrei protetta ad ogni costo, perfino della mia stessa vita. Ed invece è lei ad essere morta per ben due volte, tra le mie braccia. Ed io non ho potuto fare assolutamente niente», mormorai con voce spenta.
La differenza sostanziale stava nel fatto che una speranza, la prima volta che era morta, c’era ancora. Ed ora le alternative erano state esaurite, consumate. Nulla avrebbe potuto ridarmela.
«Gabriel», continuò sorridendomi ed appena mi voltai verso di lui, riconobbi nei suoi occhi da gatto quelli di Kim, «lei sa che l’hai amata più di ogni altra cosa e se ora è davvero là in alto ti sta guardando, ti sta ascoltando. Sa perfettamente cosa provi e sarebbe stato lo stesso per lei».
Sospirai, stringendomi nelle spalle. Cominciavo ad aver freddo. «Forse sono solo destinato a soffrire».
Non disse nulla e si alzò in piedi. Presi in braccio Kim, stringendola al mio corpo e feci altrettanto.
Appena mi voltai, vidi gli occhi gonfi ed arrossati di Sheila, ancora mezza nascosta sul petto di Eric, Ashley con sguardo perso, anche lei sembrava avesse versato qualche lacrima. Il professore non era da meno ed osservava di nascosto Hilda, ancora svenuta tra le braccia di Derek.
Il vampiro era l’unico con lo sguardo impassibile.
 
La chiesa era piena, senza più posti a sedere e con addirittura delle persone in piedi. Più che altro studenti del liceo che frequentava Kim o nuovi amici dell’università. La scusa più banale per la morte, alla quale avrebbero potuto crederci tutti? Affogata nel Tamigi, travolta dalle sue acque dopo esservi caduta a causa del terreno scivoloso.
A chi sapeva la verità suonava un po’ stupido, ma comunque credibile.
In prima fila la signora ed il signore Drake avevano gli occhi asciutti, consumati dalle troppe lacrime già versate nei giorni precedenti. Al risveglio di Hilda, la notizia shock l’aveva letteralmente distrutta. Si riteneva colpevole della morte della sua primogenita. La sua ultima figlia rimasta, ora volata a far compagnia a Megan.
Non ero più riuscito a metter piede in camera sua, od anche solo nel cortile: troppi ricordi affollavano la mia mente.
Vedevo Kim ovunque: sul divano della sala, al lavandino in cucina, nel laboratorio di suo padre, nell’armeria, nelle sale d’addestramento e sul suo letto, stesa accanto a me. Anche la chiesa mi ricordava quando andavamo a fare rifornimento di acqua santa.
Ora sarei dovuto andare da solo.
Logan stava stringendo Ashley sul suo fianco, tenendo la guancia appoggiata sulla sua testa. Sheila era con Leonard, tornato apposta per il funerale. Paul, Dustin, Tiffany e Rachel in quarta fila, dietro al bancone del professor Tunner, Derek e mio.
Lo sguardo del vampiro era lo stesso dell’ultimo paio di giorni: freddo, distaccato e spento. Come se con Kim se ne fosse andata anche la sua vitalità, la sua voglia di vivere. Ora che eravamo riusciti ad andare d’accordo, a smettere di litigare per lei, ora che eravamo entrambi ben disposti a diventare amici... lei non c’era più.
Durante la messa era un continuo brusio di singhiozzi, persone che si soffiavano il naso o che si schiarivano la voce per le troppe lacrime.
La bara era aperta per la metà, davanti all’altare. Poi, chi voleva, uno ad uno poteva avvicinarsi per guardarla un’ultima volta. Accanto a sé aveva una piccola boccetta riempita d’acqua santa – che tutti cedettero profumo -, il suo immancabile smalto nero ed una freccia pulita, della quale nessuno però riuscì a capire il significato. L’Excalibur era stata la sua compagna di vita, ma era troppo grande – e palese – metterla accanto a lei. Una freccia era più che sufficiente.
Era vestita con un semplice paio di jeans ed una maglia a collo alto nera. Le mani incrociate sul petto, e la catenina al collo con la mia iniziale. Il suo regalo di Natale. Io stringevo la sua tra le dita, così intensamente che per un attimo ebbi paura di spezzarla.
Ero quello che chiudeva la fila, così sarei rimasto a contemplarla un po’ di più degli altri.
Le sue labbra erano socchiuse, sembrava quasi stesse sorridendo. Continuavo a ripetermi che non poteva essere così bella anche da morta.
Allungai una mano e sfiorai la sua guancia, sistemandole come sempre un boccolo dietro l’orecchio.
Alla fine tornai al mio posto, accanto ad Eric. Tenevo la testa bassa, ma con gli occhi puntati sulla bara, mentre la sigillavano per sempre là dentro. Morire come vampira era la sua più terribile paura. Avrei dovuto impedirlo.
Andammo fino al cimitero dell’Highgate, dove era sepolta anche sua sorella. Fortunatamente Derek era intervenuto sulla lapide ed aveva fatto togliere il nome di Hilda. Altrimenti sarebbe stato un po’ impossibile vederla al funerale di sua figlia.
Come spiegazione a chi la credeva morta, il professor Drake disse che si era data per morta in uno scavo in Africa e che non si erano più avuto sue notizie. Infine era tornata a casa, raccontando tutti i dettagli del viaggio e dell’inconveniente.
Scavarono quella fossa molto lentamente, come se avessero voluto prolungare la mia tortura. I becchini erano ancora accanto alla bare, dalla quale non riuscivo a togliere gli occhi.
«Il Consiglio dei Cacciatori le avrebbe dato la caccia», mormorò il professore al mio orecchio. Aveva le mani dietro la schiena, lo sguardo puntato sulla fossa.
Aggrottai le sopracciglia, confuso. «Perché?», volli sapere.
«Perché ha ucciso un membro di una casata nobile, da loro protetta. Questa mattina sono andato al palazzo del Consiglio, per confermare la mia liquidazione».
«Hai lasciato il Consiglio?», domandai sorpreso, con voce leggermente più alta.
Si guardò ancora un attimo intorno, controllando che nessuno ci stesse osservando. «Sì, perché non accettavo più il fatto di dover proteggere dei vampiri, quando il mio compito era ucciderli. Ad ogni modo, il capo del Consiglio mi ha chiesto se sapevo qualcosa di Kim. “E’ quasi una fortuna che Kimberly Drake sia morta, anche se è figlia di Hilda Drake, la miglior ammazza vampiri sulla piazza. Ma almeno non dobbiamo ucciderla noi per aver eliminato Victor”. Così mi hanno detto».
Strinsi i pugni ed i denti per non urlare. Eric tornò poi accanto a Hilda, mettendole una mano sulla spalla.
Mi voltai verso Derek, che non aveva ancora smesso di fissare – come me – la bara. Aveva le labbra tese e sembrava si stesse trattenendo dal fare chissà che cosa. Avessi potuto leggergli anche io nel pensiero...
Osservando però meglio, notai che c’era qualcosa di diverso: il bordo della bara non era più completamente lucido, ma sembrava un po’ ammaccato, come se fosse stato stretto da qualcosa di molto forte. E sembrava proprio l’impronta di quattro dita.
Calcolai l’altezza nella quale si trovava... ed era proprio dove Kim aveva le braccia incrociate sul petto.
Tornai con la concentrazione su Derek, per cogliere qualche altro segno. Ma nulla, era davvero impassibile.
Si alzò l’aria, che mosse i capelli di Hilda verso la tomba delle sue figlie. Ma percepivo una sensazione strana, come se fossi osservato. Vidi accanto ai miei piedi arrivare un petalo di rosa rosso scarlatto.
Mi voltai lentamente, socchiudendo gli occhi.
Credevo che stessi sognando, eppure non era nemmeno vero. I segni erano evidenti: il solco sulla bara, il petalo accanto al mio piede. E Kim era proprio davanti a me, in piedi su un albero lì dietro, mentre stringeva tra la mano una rosa.
Appena dischiuse quella presa, tutti i petali volarono in avanti, mossi dal vento, fino a raggiungermi. I suoi occhi erano ancora viola e sembravano lucidi. Il suo sorriso era la cosa più bella che avessi mai visto. Nell’altra mano teneva un paletto in frassino, con la punta affilata rivolta verso il basso.
Nessuno – oltre a me -  l’aveva ancora vista. Ma sapevo che Derek se n’era accorto. Anzi, lui lo sapeva dall’inizio che non era realmente morta.
“Il Consiglio dei Cacciatori le avrebbe dato la caccia”, aveva detto Eric.
Ed era così. Quando avessero scoperto che era ancora in vita, la caccia sarebbe cominciata: Kim sarebbe dovuta scappare da loro per non farsi uccidere. Era la discendente diretta di Victor, l’ultimo erede rimasto sulla terra. Forse non avrebbero mai avuto il coraggio di ucciderla, ma Kim non poteva rischiare così tanto, rimanendo accanto alla sua famiglia ed ai suoi amici.
Tipico da lei: non voleva mettere a rischio nessuno, voleva fare tutto per conto proprio.
Per questo era chiamata Cuore di Ghiaccio.
Era tornata alle origini: una cacciatrice solitaria, inseguita da un’associazione anti vampiri freddamente determinata, che le avrebbero dato la caccia fino in capo al mondo.
Avrei avuto voglia di correre da lei ed abbracciarla. Non poteva lasciarmi così, ma avevo capito che il mio vero compito era rispettare la sua decisione.
“Ti amo”, mimò con le labbra, sciogliendosi poi un sorriso così bello che rischiò di farmi cadere a pezzi, di farmi sentire i crampi allo stomaco e gli spasmi in tutto il corpo.
E saltò al di là del cimitero, mentre la cassa col suo nome inciso veniva ricoperta di terra.

...to be continued

  
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