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Autore: LilliSheeran    02/04/2013    1 recensioni
-Ren si voltò verso il corridoio e rimase fermo per qualche secondo, mentre stavo in silenzio e lo fissavo con aria di supplica. Supplicavo in silenzio che se ne andasse e mi lasciasse di nuovo sola. Colpì due volte lo stipite in legno della porta, con l’indice e poi sghignazzò inutilmente, senza farsi vedere ma sentire.
“Fammi sapere… Se ti serve qualcosa” chiuse nuovamente la porta e lo sentii allontanarsi verso il salotto.-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo quarto.

Quando rincasai era ormai tardo pomeriggio. Non avevo seguito le lezioni, ma avevo preferito rifugiarmi nel piccolo e squallido bar in cui lavorava Kate, quando non era impegnata con la Leyland. Era assolutamente assurda la capacità di Kate nel riuscire a conciliare gli orari di lavoro alla Leyland con quelli al bar, e in più era assurdo il fatto che riuscisse a trovare anche del tempo libero da passare con i suoi amici. Come aveva fatto precedentemente via messaggio, pochi secondi prima che io uscissi dal locale, mi aveva raccomandato di vestirmi bene. Quella serata sarebbe stata un totale fiasco, ne ero sicura; ci sarebbero stati tutti i colleghi di lavoro, compreso Thomas, e in più la mia migliore amica mi costringeva ad indossare un abito ed un paio di scarpe con il tacco.
Quando chiusi il portoncino dell’appartamento, l’eco del rumore da lui causato era l’unico che rimbombasse in tutta la casa. Le luci erano spente, ma il grande albero di Natale splendeva come al solito, affianco alla porta-finestra del soggiorno. Lanciai –letteralmente- la borsa scolastica sul sofà, e mi accasciai sui morbidi cuscini appoggiati su di esso. Le finestre del soggiorno erano rimaste chiuse per tutto il giorno e l’odore tenue del succo d’arancia mischiato ai pancakes era ancora presente nell’aria. La porta che portava al corridoio era stata lasciata chiusa, quindi l’aria gelida di dicembre si sentiva pesantemente in soggiorno. Aprii la porta e mi affacciai in corridoio; Ren non era ancora rincasato: la porta della sua stanza era aperta e dando una sbirciata si capiva che era vuota. Quanto alla mia, quel giorno avevo fatto sì di lasciarla in ordine; il letto era stato ordinatamente rifatto, i vestiti erano stati riposti nell’armadio e le scarpe erano state messe in fila sotto alla finestra. Ero inevitabilmente felice del fatto che i miei corsi universitari fossero appena terminati; tuttavia il fatto di non aver potuto prendere parte alle ultime ore di lezione, prima delle vacanze natalizie, non mi andava a genio. Tornai in soggiorno, dove la luce del sole al tramonto entrava dalle tapparelle delle persiane e si proiettava sugli aghi dell’abete del soggiorno, dandogli un colore misto all’arancione. Raggiunsi la cucina e rubai un biscotto dal barattolo in ceramica che era posizionato sul davanzale; il sapore dei biscotti era a dir poco favoloso e mi ricordava molto quelli che mia nonna preparava quando ero più piccola. Su questo non c’era nessun tipo di dubbio: Ren era un cuoco fantastico. L’orologio della cucina segnava un’ora sbagliata, ma osservandolo potei rendermi conto di non essere comunque in ritardo.
Kate sarebbe passata a prendermi più o meno un’ora dopo e, stando ai miei calcoli, quello era esattamente il tempo che mi sarebbe servito per prepararmi. Camminai a piedi scalzi sul pavimento e raggiunsi di nuovo il corridoio. Mi fermai davanti la camera da letto di Ren, mentre continuavo a sgranocchiare uno dei suoi biscotti. La sua stanza da letto non era come quella di tutti gli altri ragazzi: dalla sua porta proveniva un odore fresco di pino e tutto lì dentro era perfettamente in ordine. Piegai la testa di lato e osservai quanto Ren fosse molto più attento di me rispetto all’ordine. Lo stesso valeva per mio fratello. La stanza in cui dormiva prima che se ne andasse era ancora nel caos più totale: la maggior parte dei suoi vestiti erano sparsi sul pavimento -compresa la sua biancheria intima sporca- e un odore terribile proveniva dalla porta lasciata semichiusa. La chiusi completamente, stampandomi in volto una smorfia disgustata.
Entrai nella mia stanza e aprii l’armadio mandano, con una mossa secca, i miei capelli oltre le spalle. Feci scorrere le punte delle dita sulle grucce di ferro appese alla grande asta nell’armadio, e spinsi sul letto gli unici due vestiti che sembravano poter essere adatti alla serata.
L’ansia iniziava ormai a montare dentro di me, mentre osservavo i due capi senza vita buttati a caso sul piumone. Uno di questi era di un blu notte, non troppo lungo, senza niente di particolare fatta eccezione per alcuni ricami in pizzo trasparente sulle maniche lunghe. L’altro era un tubino di un colore che una come Kate avrebbe catalogato come “cipria”, notevolmente più corto del primo e senza spalline (un regalo della mia amica per il mio ventesimo compleanno). Per un millesimo di secondo l’idea di indossare un semplice paio di jeans attraversò la mia mente, ma subito dopo ricordai quante volte la mia amica si era raccomandata che io indossassi un vestito a modo. Quello che mi stavo chiedendo da tutta la giornata era perché dovessimo vestirci così bene per andare in un semplice bar, quando avremmo potuto indossare benissimo qualcosa di più comodo.
Optai per il vestito blu, osservando che un abito extra-corto e senza spalline non si addiceva al clima in questione. Sfilai la felpa da sopra la testa e feci scivolare i jeans fino alle caviglie, in modo da rimanere in biancheria. Osservandomi allo specchio le lunghe onde scure dei miei capelli facevano contrasto con la mia pelle chiara. Sulle mie braccia iniziò ad apparire un accenno di pelle d’oca, quando una folata di vento arrivò dalla finestra aperta della mia stanza. Velocemente infilai il vestito e lasciai che scorresse lungo il mio corpo. Rimasi piacevolmente sorpresa nel notare come il vestito si addicesse alla mia persona e come mi calzasse bene. Sorrisi passando le sinuose curve dei miei capelli su un’unica spalla.
Adesso il secondo problema della mia crisi esistenziale andava affrontato. Kate voleva a tutti i costi che indossassi un paio di scarpe alte, probabilmente perché voleva rendermi più attraente possibile in modo da piazzarmi con Thomas. A quell’idea rabbrividii e un senso di disgusto invase i miei sensi quando pensai a quale sarebbe stato l’andamento della serata. Thomas non si sarebbe limitato a mostrare le sue avances nei miei confronti; quello che non riuscivo a capire era il fatto che tutte le ragazze provavano una specie di attrazione nei confronti di Thomas, tranne me. Era un ragazzo attraente e notevole, dovevo ammetterlo, ma di tutte le qualità che cercassi in un ragazzo, Thomas non ne possedeva nemmeno una.
Aprii l’enorme scarpiera del corridoio -che condividevo con Ren e mio fratello- e tirai fuori le uniche paia di scarpe eleganti che avessi. Di un colore scuro tendente al blu, quelle scarpe non erano neanche lontanamente attraenti quanto lo erano quelle che di solito indossava Kate, alte da far venire le vertigini ed estremamente sexy. Infilai le mie banali scarpe con un tacco di sei centimetri e mi alzai in piedi, provando uno strano senso di timore nel non sentire la suola dei piedi piantata a terra. Mossi qualche passo barcollando verso lo specchio e feci un giro su me stessa, rischiando di perdere l’equilibrio. Grazie alle scarpe che indossavo avevo acquistato qualche centimetro in altezza, ma risultavo comunque troppo bassa e minuta per la mia età. Mi sorpresi ancora una volta nel vedere quanto apprezzassi me stessa vestita in quel modo.
Mettendo un piede dopo l’altro raggiunsi il bagno e mi chiusi dentro, girando la chiave nella serratura. Dallo sportello più alto del mobile del bagno tirai fuori un borsello alquanto grosso, che emetteva un rumore tintinnato ogni volta che veniva mosso. Feci scorrere la zip e lo aprii. Provai un inevitabile senso di disperazione nel notare tutti i cosmetici che vi erano sparsi lì dentro. Non sapendo dove mettere mano andai sul sicuro ed afferrai un cilindro nero sul quale era stampato il logo di una conosciuta marca di mascara; facendo attenzione ne applicai un po’ sulle ciglia, in modo da renderle ancora più lunghe di quanto fossero già. Fino a quel momento procedeva tutto a meraviglia.
Erano passati anni da quando non utilizzavo più cosmetici; l’ultima volta che mi ero presa la briga di truccarmi era stato alla festa del diploma al liceo. Senza, però, farci molto caso avevo portato con me alcuni dei prodotti che mia madre mi faceva usare quando vivevo ancora con lei, ai quali si erano aggiunto gli altri che Kate mi aveva regalato da quando ci conoscevamo. La premurosità di Kate nei miei confronti era qualcosa che non mi riuscivo a spiegare; ogni volta che ci riflettevo mi convincevo che il suo interessamento era dovuto al fatto che non avesse mai legato con nessuno a parte me.
Ero in silenzio da qualche secondo e fissavo la mia immagine nello specchio quando il rumore del portoncino dell’appartamento catturò la mia attenzione. Voltai velocemente la testa verso la porta e attesi in assoluto silenzio.
“Sono a casa!” gridò la voce allegra e profonda di Ren.
Tirai un sospiro di sollievo nel rendermi conto che era lui. Era assurdo il mio senso di allerta verso qualunque tipo di persona al di fuori di quelle che conoscevo.
Sentivo i passi di Ren avvicinarsi a me, mentre osservavo ancora una volta la mia immagine riflessa nello specchio. Vidi l’ombra delle sue scarpe da sotto la porta e mi resi conto che stavolta aveva capito che fossi in bagno.
“Ciao, Jù!” disse con voce roca oltre la porta.
“Ciao.” Sussurrai timidamente in risposta, in modo che potesse sentirmi.
Tornai immediatamente a una delle mie imprese della serata, mentre il momento in cui Kate sarebbe venuta a prendermi si avvicinava. Presi tra le mie piccole mani un contenitore circolare che conteneva del blush (da come potei leggere sul coperchio). Aprii il contenitore e feci cadere alcuni granuli di polvere sull’apposita spugnetta. Una nube chiara di blush si diffuse attorno a me e, involontariamente, il mio naso ne inalò un po’. Provando un fastidioso senso di solletico, mi ci volle qualche secondo per starnutire. Quando aprii nuovamente gli occhi e mi guardai allo specchio la voglia di lanciare i cosmetici sulla porta si fece spazio nella mia mente.
Un alone nero faceva ombra sotto i miei occhi, causato dal mascara ancora umido che si era attaccato alle mie guance quando avevo strizzato gli occhi.
“Maledizione!” gridai a quel punto. Sorrisi notando quanto comica potesse essere quella scena vista da un’altra angolazione. Presi un fazzoletto e cercai di rimediare al danno, strofinando il materiale morbido sugli zigomi e sulle palpebre. Qualche secondo dopo gran parte del danno era stato rimediato. Credo che Ren avesse sentito ciò che stava succedendo in bagno, perché qualche secondo dopo vidi nuovamente l’ombra dei suoi piedi sotto la porta, ma in un baleno sparirono.
Scossi la testa e continuai a dedicarmi ai cosmetici, quando ormai il mio volto era nuovamente pulito. Facendo uso della spugnetta applicai un velo di blush sulle guance, dando loro un colorito più roseo. Il mio intento era quello di far contenta Kate, mostrandole la mia buona volontà, ma senza strafare.
Osservandomi allo specchio notai che avevo ancora un aspetto umano e somigliavo comunque alla ragazza acqua e sapone che ero di solito. Applicai infine un lucidalabbra di un colore naturale e riposi tutto disordinatamente nel borsello.
Quando uscii dal bagno Ren era chiuso nella sua stanza e non ebbi il tempo di rivolgergli nemmeno una parola. Entrai velocemente nella mia stanza e afferrai la boccetta di profumo che sovrastava una delle mensole sul muro. Subito dopo un odore di vaniglia riempì la stanza e alcune goccioline di profumo inumidivano il mio petto lasciato scoperto dal vestito.
Il rumore del citofono mi distrasse da quello che stavo facendo. Corsi in soggiorno e risposi; poi dissi a Kate di salire nel mio appartamento nell’attesa che finissi gli ultimi ritocchi e premetti il pulsante di apertura del grosso portone d’ingresso. Socchiusi il portoncino del nostro appartamento per permettere a Kate di entrare una volta arrivata senza il bisogno di suonare il campanello, e tornai nella mia stanza.
Mi imbattei in Ren a metà corridoio che mi fissò perplesso per qualche secondo, probabilmente confuso dal mio repentino cambio di personalità. Sapevo che quella sera l’avrei ricordata in un modo o nell’altro.
Rimasi a fissare gli occhi scuri di Ren per qualche secondo, mentre lui analizzava con cura ogni cosa che avevo addosso in quel momento. Le mie sopracciglia si unirono in un cipiglio, mentre aspettavo che Ren tornasse a guardarmi negli occhi. Dopo aver fissato il suo sguardo nel mio cercò di sembrare meno perplesso di quanto fosse; aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse un attimo dopo senza proferire parola. Il nostro contatto visivo venne interrotto dal rumore strascicato del portoncino. Kate apparve sul ciglio della porta qualche secondo dopo. Superai la porta che collegava il corridoio al salotto e la accolsi con un grande sorriso, mentre lei osservava soddisfatta il modo in cui mi ero sistemata quella sera.
“Sei un incanto!” esclamò orgogliosa lei, passando ancora una volta gli occhi su ciò che indossavo. Le feci un gesto con la mano e tornai nella mia stanza; afferrai il trench di lana nero e mi fissai ancora una volta allo specchio. Intanto dal salotto proveniva la voce di Ren che si presentava a Kate. Fui sollevata nel sentire quel discorso, realizzando che non sarebbe spettato a me fare le loro presentazioni.
Tornai in soggiorno e Kate e Ren si guardavano, mentre fra loro si era creato un imbarazzante silenzio.
“Ehm… Allora andiamo.” Dissi tanto per diminuire il disagio fra loro.
Ren si voltò nella mia direzione e diede le spalle a Kate; mi osservò basito ancora un volta, mentre sistemavo i miei effetti personali nella borsetta fin troppo piccola per i miei gusti. Dopo aver completato la sua ispezione su di me tornò a guardarmi in faccia e annuì senza dire una parola.
Guardai oltre le sue spalle e Kate mimò un “wow!” con le labbra, indicando Ren. Sorrisi timidamente guardando di nuovo verso di lui, poi lo superai e raggiunsi Kate.
“Sto uscendo anche io!” affermò Ren prima che chiudessi la porta. Rimasi confusa da quell’affermazione. Non sapendo se intendeva che in quel modo avrei dovuto prendere provvedimenti particolari, lo guardai in attesa di risposta. Lui si infilò la giacca di pelle e uscì dietro di noi.
“Non preoccuparti se non sono ancora rientrato, quando torni…”
Annuii e afferrai l’avambraccio di Kate per trascinarla lungo le scale, prima che lei facesse agitare i suoi lunghi capelli biondi e si voltasse di nuovo verso il mio coinquilino con un sorriso smagliante.
“E’ stato un piacere!” disse divertita, ormai a metà rampa di scale.
Ren alzò lo sguardo spaesato, cercando di capire da dove venisse la voce. Sorrise quando intercettò la chioma bionda di Kate lungo le scale.
“Anche per me…” biascicò lui allegro tenendo fra le labbra l’immancabile sigaretta.
 
Arrivammo a tarda serata davanti ad un locale accampato dietro una curva. La musica proveniente dalle casse del DJ si sentiva anche al parcheggio; delle luci viola si proiettavano all’interno e si riflettevano chiaramente anche nella scura notte londinese. Appena scese dalla macchina mi strinsi nel trench per il troppo freddo e mi voltai verso Kate. Di sicuro quello non era il Cilantro Cafe.
“Cosa ci facciamo qui?” gridai nell’intento di sovrastare l’alto volume della musica.
“Cambio di programma…” rispose lei vagamente, alzando le spalle.
Sapevo che Kate era a conoscenza della destinazione ancor prima di avermi mentito. Sapevo che se Kate avesse detto la verità non avrei mai accettato di andare in uno squallido locale del genere. Sapevo che Kate aveva in mente qualcosa di preciso.
In quel momento tutto sembrò più chiaro; realizzai il perché del vestito e dei tacchi alti. Non riuscivo a credere che Kate potesse essere stata così subdola nei miei confronti. La vidi sorpassarmi ed avvicinarsi all’entrata del locale, il quale nome mi era sconosciuto per l’assenza di una banale insegna sulla facciata.
Seguii Kate, intenta a non perderla di vista nemmeno per un minuto. Appena entrati il cappotto di Kate le scivolò lungo le braccia, mostrando uno scollato vestito argento corto fino a metà coscia. Rimasi basita notando quanto Kate potesse essere molto più intraprendente di me.
Sistemò il cappotto sull’avambraccio e iniziò a scrutare la folla, nella speranza di trovare i nostri colleghi di lavoro. Mi guardai intorno anch’io, notando con disgusto come tutte le coppie di ragazzi si strusciassero fra loro in balli tutt’altro che romantici.
Kate agitò il braccio sorridendo in una direzione. Tutti i suoi bracciali in metallo si scontrarono fra loro producendo un suono fastidioso che si sentiva anche con la musica alta. Seguendo la traiettoria del suo sguardo vidi Sarah che si dimenava sulla pista da ballo, avvinghiata a Thomas che non sembrava così interessato alla situazione.
“Andiamo!” gridò Kate, afferrandomi per l’avambraccio.
Con uno strattone mi portò avanti sulla pista da ballo, facendomi scontrare con la maggior parte delle persone che mi circondavano. Arrivammo presto in una zona meno affollata del locale, dove altri dei nostri colleghi erano seduti su dei divanetti neri in pelle a sorseggiare drink e scambiare chiacchiere. Mi voltai di nuovo verso Sarah e Thomas e, per quanto non mi interessasse il fatto che stessero ballando insieme, un senso di gelosia mi invase nel notare che in quel momento lui non mi stesse nemmeno guardando. Le luci viola del locale mi accecavano gli occhi e la musica tamburellante mi faceva tremare il cervello.
Mai in vita mia avevo frequentato un posto tanto caotico. Dean, uno dei ragazzi nuovi, mi invitò a sedermi sul divanetto insieme agli altri. Tolsi la giacca e la poggiai sul bracciolo del divanetto, poi mi sedetti e salutai con un sorriso i ragazzi che erano seduto affianco a me, formando un semicerchio.
Persi di vista Kate qualche secondo dopo. Fui presa da un attacco di panico. La maggior parte delle persone con le quali ero seduta erano a me sconosciute, e l’unico appiglio di quella serata era sparito da sotto il mio naso in un attimo. Una ragazza addetta ai magazzini mi porse un drink, che elegantemente rifiutai; imperterrita, la tipa posò il bicchiere sul tavolino davanti a me, in attesa che lo bevessi.
Mi voltai verso la pista da ballo e cercai disperatamente Kate; scrutai con lo sguardo ogni minimo punto del locale, ma di lei non c’era traccia. La preoccupazione aumentò quando mi resi conto che sarebbe potuto accaderle qualcosa. La mia visuale venne oscurata un secondo dopo. Thomas si mise di fronte a me come uno stoccafisso; alzai lo sguardo e lo osservai intimorita.
“Cerchi Kate?” gridò nel mio orecchio, dopo essersi piegato sulle ginocchia. Un senso di disgusto mi assalì, come ogni volta che Thomas si avvicinava a meno di un metro di distanza da me. Il suo respiro caldo soffiò sul mio collo, mentre lui rimaneva immobile per chissà quale motivo. Chiusi gli occhi ed annuii, mentre il suo naso mi solleticò la mascella. Mi ritrassi immediatamente dal suo tocco e tornai a guardare gli altri; ognuno di loro sembrava stare per conto proprio.
L’andamento della serata non era dei migliori. Presi un sorso dal mio drink che, avevo giurato, non avrei toccato. Non avevo mai bevuto prima, in vita mia, ma credevo che un semplice sorso non mi sarebbe costato la vita. Il liquido mi bruciò in gola mentre lo sentii scendere lungo l’esofago. Strizzai gli occhi e ne presi un altro, più lungo.
“Vieni, ti porto da Kate.” Disse Thomas rassicurandomi. In quel momento mi resi conto che in fondo non era così male come credevo. Mi porse una mano che, titubante, afferrai e mi sollevai dal divano. Una volta in piedi sentii la testa girare, probabilmente per colpa del drink che stava già facendo effetto. Mi aggrappai ad una spalla di Thomas e alzai lo sguardo per guardarlo.
“Scusa…” sussurrai imbarazzata. Lo vidi sorridere, mentre fissava senza sosta le mie labbra. Mi prese per mano e mi trascinò dietro di se’.
Il volume della musica sembrò essere aumentato e la mia testa cominciò a girare maggiormente, mentre osservavo le luci viola vagare qui e là. Inchiodai i piedi al pavimento e costrinsi anche Thomas a fermarsi. In un momento lui tornò a fissarmi aggrottando le sopracciglia.
“Stai bene?”
Annuii, ma a Thomas il mio gesto sembrò poco convincente. Il fatto che non avessi mai provato alcool mi faceva pensare che quella reazione fosse naturale; tuttavia, trovavo strano il fatto che quei due semplici sorsi mi avessero dato quell’effetto esagerato in così poco tempo. Thomas mi prese le spalle e mi guardò dritta negli occhi. Era chiaro che in quel momento volesse aiutarmi.
“Sta ferma qui. Vado a cercare Kate.” Disse categoricamente. Spinse le mie spalle in modo da farmi poggiare con la schiena sulla superficie gelida del muro. La testa continuava a pulsare e la musica ad alto volume e le luci non aiutavano ad alleviare il fastidio. Socchiusi gli occhi cercando di evitare la luminosità dovuta al neon viola. La testa non smetteva di girare. Sicuramente quello doveva essere uno dei drink più forti che qualcuno avesse mai bevuto.
Vidi le spalle larghe di Thomas allontanarsi lentamente mischiandosi nella folla. Per quanto repellente fossi alla sua presenza, in quel momento non volevo affatto che se ne andasse.
Portai una mano alla fronte. Le immagini intorno a me divennero in un attimo confuse e sfocate. Mi piegai sulle ginocchia e iniziai a piangere, una reazione che non volevo avere, ma che data la situazione era avvenuta da se’. Una figura si avvicinava alla mia; ormai i giramenti di testa misti alle lacrime mi rendevano impossibile l’impresa di riconoscere chi fosse.
Chiunque fosse, quella persona si fermò davanti a me e mise una mano sulla mia fronte, prima che le mie gambe diventassero meno sensibili e la vista mi si offuscasse.
Thomas era tornato a prendermi.


IMPORTANTE:
allora, come prima cosa volevo chiedere umilmente scusa per aver aggiornato così tardi...
Siete libere/i di fare ciò che volete... potete insultarmi nelle recensioni, me lo merito! :D
passando alle cose serie...
Ringrazio tutti quelli che mi seguono e recensiscono.
Un ringraziamento speciale a firstlost_nowfound e Alycewonder
Niente da dire sul capitolo... spero vi piaccia. A presto xx

  
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