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Autore: redeagle86    02/04/2013    1 recensioni
(Ipotetico seguito di TMI)
Dal prologo:
"Era la fine: aveva perso, i suoi sogni di gloria erano crollati come castelli di carte e lui moriva con la faccia nel fango. Un finale epico, senza ombra di dubbio.
Clary e i suoi amichetti avrebbero avuto il loro “per sempre felici e contenti” e tutti si sarebbero presto dimenticati della sua esistenza. Non c'era nessun segno del suo passaggio, solo una sconfitta.
-Ave atque vale- sussurrò.
Non è ancora giunta la tua ora, Jonathan Christopher Morgenstern.
"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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In una torre d'avorio

-Magnus Bane, se non posi immediatamente quel catalogo giuro che torno a stare all'Istituto e non mi vedrai mai più.
Alexander Lightwood incrociò le braccia al petto, aspettando che la sua ben poco convinta minaccia sortisse qualche effetto; il suo compagno alzò gli occhi, concedendogli il lusso di uno sguardo quasi attento, poi tornò a dedicarsi alla rivista sui neonati.
-Sei eccessivo, Alec- commentò. -Che male c'è se faccio dei regali alla tua nipotina? Non sarai geloso di lei, spero: credevo che questa fase l'avessimo superata anni fa.
Lo Shadowhunter si passò una mano tra i capelli, sospirando: perché doveva fargli continuamente lo stesso discorso? Non si trattava affatto di gelosia, dei regali o di altro: si trattava di Magnus e della sua posizione che, negli ultimi tempi, si era fatta piuttosto precaria. Non c'era bisogno che la rendesse ancora più vacillante senza ragione.
In passato la loro relazione non aveva attirato le simpatie di nessuno, anzi: i Figli di Lilith avevano guardato con sospetto l'Alto Stregone di Brooklyn e la sua decisione di frequentare un nemico. Perché per quanti Accordi potessero firmare Nascosti e Cacciatori, per quante generazioni potessero succedersi sui seggi del Consiglio, le vecchie abitudini non morivano mai e i due schieramenti erano e restavano nemici naturali con cui allearsi solo in caso di estrema necessità. Come la fine del mondo, ad esempio.
Poi le acque si erano calmate e per alcuni anni nessuno si era interessato particolarmente a loro; ma si era trattata della quiete prima della tempesta, anche se quello che li aveva investiti aveva le proporzioni di un disastro naturale. Diventando mortale, anche Magnus subiva l'incessante scorrere del tempo e qualcuno iniziava a mormorare che non fosse più in grado di ricoprire la sua carica.
-Se continui così, penseranno tutti che stai comprando i voti dei Cacciatori per le prossime elezioni.
-Io non ho bisogno di mendicare voti: sono abbastanza carismatico e affascinante da sapere già di vincere.
-I Nascosti ti voteranno contro, sempre che si limitino a questo.
-Peggio per loro: si vede che meritano d'essere rappresentati dalla feccia- ribatté l'altro. -E poi non è certo questo il mio pensiero principale, anzi non è neppure tra i miei pensieri- precisò, perdendo l'aria ironica di poco prima. -Dovrebbe essere lo stesso per te.
Alec incassò il colpo, lasciandosi cadere sul divano di pelle nera che ultimamente arredava il salotto: sapeva benissimo a cosa si riferiva, ma non era sicuro che fosse un argomento più sereno rispetto alle imminenti elezioni. Tra un catalogo dell'infanzia e l'altro, infatti, c'erano libri poco rassicuranti sui demoni: le loro pagine oscure incutevano timore e in alcuni parevano rinchiuse creature che il Cacciatore avrebbe preferito non incontrare.
Erano mesi, se non anni, che doveva parlarne con Jace, ma continuava a rimandare: quando la nascita di Will aveva creato dei pericoli per Clary, il suo parabatai gli aveva confidato di non volere altri figli se questo significava rischiare la vita della moglie. Alec si era sentito sollevato: aveva accantonato e dimenticato il discorso che avrebbe dovuto fargli e aveva guardato William crescere forte e sano.
Ma gli uomini non hanno voce in capitolo quando si tratta di certi argomenti e Clary si era impuntata finché non aveva ottenuto ciò che voleva: un altro bambino.
Ed ora Magnus gli lanciava occhiatacce ogni volta che tornava a casa senza aver parlato con Jace.
-Ti ucciderà, lo sai vero? Se ne fregherà di tutti i giuramenti fatti all'Angelo e ti ucciderà- affermò lo stregone, rialzando gli occhi truccati con l'eye-liner.
-Lo so, ma potremmo anche essere fortunati com'è accaduto con Will. In fondo, quante probabilità ci sono? L'1%, il 10%... ?
-Basta anche lo 0,01% perché esista la possibilità. E loro lo dovrebbero sapere, anche se tu temporeggi come una verginella alla sua prima notte di nozze.
-Ma come faccio a dirglielo?
-È facile: prendi il telefono e componi il numero. Quando ti risponde, dici: “Ciao, Jace, sono Alec. Devo parlarti di una cosa di importanza vitale. E no, non si tratta dell'ultimo paio di pantaloni che si è comprato Magnus, anche se dovrebbe essere messo sulla copertina di Playboy.”
Lo Shadowhunter si coprì la faccia con le mani, pregando Raziel e tutti gli angeli perché vegliassero su di lui e sulla sua nipotina.

I pugnali si conficcavano a fondo nel bersaglio, lanciati dalla mano di un'infuriata Catherine: lei non era la persona che descriveva William, non era affatto spregevole o crudele. Solo perché non faceva la stupida come quel buffone, non significava che fosse cattiva.
-Cretino- mormorò, continuando a lanciare finché il bersaglio non si ruppe a metà.
-Io sono innocente qualsiasi sia l'accusa- disse Ron, entrando nella sala con le mani alzate in segno di resa. -Soprattutto se tu hai in mano un coltello.
-Non sei tu quello che vorrei usare come bersaglio.
-Ti ricordo che Will è il mio parabatai.
-E io ti rinnovo le mie condoglianze.
Il ragazzo scosse la testa con un mezzo sorriso, iniziando ad estrarre i pugnali: quei due non sarebbero mai riusciti ad andare d'accordo, erano totalmente incompatibili. Fossero state due cavie da laboratorio chiuse nella stessa gabbia, si sarebbero di certo uccisi a vicenda.
William a volte era eccessivo, fin troppo burlone ed ironico, mentre altre feriva sapendo di far del male: non era sempre semplice stare con lui parecchie ore al giorno, ma Ron gli avrebbe affidato la sua vita ad occhi chiusi.
Si erano conosciuti per caso ad una festa ad Alicante, dieci anni prima, ed erano diventati subito amici al punto che, poco dopo, si era trasferito nell'Istituto di New York senza alcun ripensamento: i suoi genitori in quel periodo si stavano separando ed aveva accettato con gioia l'offerta di cambiare ambiente e vivere con la famiglia del suo compagno.
-Secondo me, l'Angelo ti mette una mano sulla testa ogni volta che stai con William, altrimenti non riusciresti a sopportarlo per più di dieci minuti.
-Forse- rise il coetaneo, porgendole le armi.
Cat alzò la testa per poterlo guardare in faccia: Ronald, anche se tutti lo chiamavano Ron, sovrastava sia lei che Will di parecchi centimetri; aveva un corpo massiccio con muscoli perfettamente scolpiti che la maglia che indossava non riusciva a nascondere. Ma, a dispetto del fisico imponente, aveva un animo gentile, portato alla risata e al buonumore.
-Grazie.
-Non prendertela per ogni cosa che dice Will: dovresti sapere com'è fatto. Non sempre la sua lingua e il suo cervello lavorano al meglio.
-Dubito che il suo cervello possa lavorare dato che non ne ha uno.
-Può darsi, ma in battaglia non vorrei al fianco nessun altro.
-Battaglia... l'ultima volta in cui sono stata in una situazione che potesse definirsi “battaglia”, dovevo mettermi le ciglia finte- ribatté, rimettendo i pugnali al loro posto. -Dopo la guerra di vent'anni fa, non ci sono più state grandi minacce da affrontare.
-Per fortuna: significa che il mondo finalmente è un posto un po' migliore. Era questo il desiderio di Jonathan Shadowhunter, no?
-Immagino di sì- rispose, fissando gli occhi scuri dell'amico velati da un ciuffo di capelli castani.
-Ma se avesse saputo che noia abissale è un mondo in pace, si sarebbe dato al giardinaggio invece che diventare Cacciatore.
La voce pungente di William fece sussultare Catherin che non l'aveva sentito arrivare, un comportamento che il ragazzo non mancò di notare: sulle sue labbra si dipinse un sorrisetto malizioso.
-Ho forse interrotto qualcosa?
-Stavamo solo parlando.
-Sì, vi ho sentiti. E non sarei così convinto che le battaglie appartengano al passato: il corpo di mio zio non fu mai ritrovato, dopotutto, proprio come la prima volta.
-Ci fu un grande incendio durante il combattimento e moltissimi corpi finirono carbonizzati- intervenne la giovane. -Sebastian poteva essere tra quelli.
-È l'ipotesi più probabile- convenne Ron. -Se si fosse salvato, sarebbe già riapparso da tempo.
-Lo penso anch'io, ragazzi, non fraintendetemi. È solo che rifugiarsi in certe vecchie storie è l'unico modo per sperare in un po' di azione. Queste armi stanno facendo la muffa: a parte un Nascosto ribelle ogni tanto e un demone una volta l'anno, non succede mai nulla.
Ronald guardò oltre le spalle del suo parabatai, verso il corridoio e la figura che era appena passata, sperando che quelle non fossero le fatidiche ultime parole famose. William si voltò in tempo per scorgere suo padre in tenuta da Consiglio che si avviava all'ascensore. Quella tunica nera gli faceva sempre uno strano effetto e non solo perché significava sempre guai: dava al genitore un aspetto diverso, quasi fosse un'altra persona.
Nei suoi ricordi Jace indossava la divisa da Shadowhunter quando andava in missione, mentre quando restava all'Istituto portava un paio di jeans e delle camicie chiare attraverso cui si intravedevano i segni neri dei marchi.
Quell'abbigliamento insolito lo inquietava.
-Papà- lo chiamò, raggiungendolo in poche falcate. -Dove stai andando?
-Di certo non ad una festa.
-Ci sono dei problemi?- insistette, ignorando la sua risposta. Non aveva voglia di scherzare in quel momento.
-Niente di cui tu debba preoccuparti, Will. Vado a portare un po' del mio fascino ad Idris, ma starò attento alle folle di donne in adorazione- rispose allegramente. -Stai vicino a tua madre mentre sono via e chiamami immediatamente se succede qualcosa.
-Lo farò- promise. -Tu... stai attento.
-Non corro pericoli ad Alicante, tranne quello di morire di noia.
William si lasciò scompigliare i capelli in un gesto di saluto, poi guardò suo padre svanire dietro le porte: si sentiva addosso un'ansia che non riusciva a spiegarsi. Se avesse potuto, lo avrebbe fermato, avrebbe cercato di dissuaderlo dal partire. Ma non poteva: il Conclave non aveva in simpatia l'Istituto di New York che in passato si era reso troppe volte colpevole di gravi mancanze e violazioni della Legge. Il fatto che ora fosse in mano al figlio, seppur adottivo, di Valentine, non aveva contribuito a migliorare la situazione.
-Ehi, tutto bene, Will?
Il ragazzo mosse la testa in un no; dietro di lui Ron e Cat si scambiarono uno sguardo allarmato: sapevano gestire un William ironico, sarcastico o arrogante, ma quando assumeva quell'espressione distante non avevano idea di cosa fare. Sembrava chiudersi in una torre d'avorio di cui non possedevano la chiave, una torre in cui esistevano solo lui e i suoi pensieri.
-Sta soltanto andando a una riunione, William, non a combattere schiere di demoni. Se si stesse mettendo nei guai, avremmo sentito urlare tua madre anche a chilometri di distanza- tentò Catherine, posandogli una mano sulla spalla. -E poi, non si vanta sempre d'essere il miglior Shadowhunter mai esistito?
-Sì...
Ma anche il migliore poteva cadere. Malgrado il sangue d'angelo, erano mortali e bastava un attimo perché la loro vita terminasse. I pericoli facevano pare dell'essere un Cacciatore e loro affrontavano la morte a testa alta, con un sorriso sulle labbra e una spada in mano. Will lo sapeva perfettamente, era la strada che lui stesso aveva scelto di seguire per quanto dura e cosparsa di rischi; ma quando erano i suoi genitori a indossare la divisa, la situazione cambiava e il ragazzo si sentiva tremare.
Era la sua unica e più grande paura: non vederli tornare da una missione.
-Dobbiamo scoprire cosa sta accadendo. Chi viene con me ad Alicante?
-Ci cacceremo nei guai come sempre- obbiettò Ron. -E poi hai promesso di restare con Clary.
-Chiamerò il nonno: gli farà piacere prendere il posto di mio padre- ribatté, prendendo lo stilo. -Allora, siete con me?
-Sono già stata bandita dalla città: non può succedermi di peggio.
-Non abbiamo ancora combinato il nostro casino settimanale e ne sento la mancanza.
-Muoviamoci.
  
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