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Autore: darkronin    02/04/2013    1 recensioni
“Voi non siete l'unico popolo. Né siete l'unica minaccia. Il mondo si sta riempiendo di esseri fuori dal comune che non possiamo controllare”
La Terra e i suoi abitanti sono davvero al sicuro, ora che la minaccia dei Chitauri è stata debellata, o quella che si è abbattuta su New York era solo l'avanguardia di una guerra più complessa e articolata?
- - - - Crossover Avengers-X-men col Marvelverse più in generale (come dovrebbe essere in realtà)
- - - Personaggi principali aggiuntivi: Wolverine, Deadpool, Gambit, Rogue, Nightcrawler, Spiderman – nella seconda parte anche Antman, Wasp, i Fantastici4.
- - Limitate apparizioni di personaggi già noti: Thor, Loki, Odino, Hulk, Jane Foster, Erik Selvig, i senatori Stern, Kelly e Boyton.
- Altri, per ora secondari ma non meno importanti ai fini della trama: Sinistro, Emma Frost, Jean Gray, Ciclope, Xavier, Mystica, Magneto, Morph, Donna Ragno, DareDevil, Angelo, Tempesta, Kitty Pride, Colosso, Psylocke, Fantomex, Visione, Daisy, DumDumDugan, Contessa Allegra Valentina di Fontaine, Norman Osborne, Hela e Sigyn
+Riferimenti a Civil War, Dark Reign
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'ira degli eroi'
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36. Vulnerabilità






Una volta all'interno dell'imponente edificio, fu proprio Parker a pigiare, sicuro, il tasto dell'ascensore che li avrebbe condotti alla meta, rivelando una conoscenza molto più che superficiale di quel luogo.
“Tutti che hanno questa mania di stare in piccionaia...” borbottò Phil suscitando una risatina da parte del ragazzo al suo fianco.
“Le altezze danno l'idea di libertà! Perché rinchiudersi nelle viscere della terra?” commentò il suo accompagnatore.
“Questo tipo di strutture sono anche più vulnerabili... ma certo, non dovrei dirlo io: la mia Agenzia usa navi volanti...” replicò l'agente mentre le porte si aprivano su un soggiorno caldo e accogliente. “Dica 33! Sicurezza al massimo, qui, vedo...” ironizzò nel constatare come fosse facile accedere agli alloggi della squadra di ricercatori “Almeno con Stark ho dovuto impegnarmi a bypassare i protocolli....”
“Phil!” sbottò la voce di un uomo da un punto indefinito. Peter si guardò attorno, perplesso: non c'era nessuno. “Vi aspettavamo...” disse ancora la voce, divertita.
“Henry vieni fuori, mi stai spaventando il ragazzo...” replicò Coulson incrociando le braccia al petto “Soprattutto... cosa ci fai tu qui?”
“E' la mia seconda casa, cosa vuoi che ci faccia?” replicò quello.
I sensi di ragno suggerirono a Spider-man dove focalizzare la sua attenzione. Sul pavimento, davanti a loro, una macchiolina arancione, grande quanto una formica, andò lentamente ingrossandosi fino a raggiungere le dimensioni di un bambino e quindi di un uomo. Raggiunta l'altezza di un metro e ottanta, quello digitò qualche pulsante, arrestò la propria crescita e si levò il casco integrale.
“Sei cresciuto ancora, Henry?” ironizzò Coulson
“Spiritoso!” replicò quello “Henry Pym, piacere...” disse porgendo la mano a Peter attendendo che si presentasse.
“Peter, fratello!” urlò un'altra voce maschile anticipando l'entrata di un ragazzo dai capelli biondi e spettinati e introducendo il fotoreporter allo scienziato in toni arancione.
“Lui è Peter Parker alias Spider-man...” aggiunse una donna dai capelli biondi fasciata in una tuta blu comparendo al seguito della freccia umana che si era lanciata loro addosso. Quindi gli abbaiò contro con la confidenza che solo le sorelle maggiori possono avere nei confronti dei fratelli -maschi- più piccoli, indisciplinati e combina guai. “Johnny, smettila di fare casino!” Posò poi lo sguardo sull'agente dello S.H.I.E.L.D. “A cosa dobbiamo l'onore della tua visita, Phil?”
“Di solito non è mai una visita di cortesia!” replicò anche Henry Pym puntando le mani sulle reni, facendo schioccare la colonna vertebrale in tutta la sua lunghezza.
“Possiamo parlare un momento anche con Reed e Ben?” domandò quello senza perdere il suo sorriso pacioso.
“Certo... bambini... voi potete andare a giocare al piano di sotto” disse la donna a beneficio dei due compagni di merenda che si stavano aggiornando, concitati, col tono baritonale fastidioso di una pentola di fagioli in ebollizione.
“Neanche per idea, Susan!” replicò il biondino, mani ai fianchi, prima di trascinare Peter nella sala adiacente. La donna levò gli occhi al cielo, contando un'ennesima sconfitta familiare.
“Posso restare anch'io o è meglio che...?” cominciò Henry che Coulson lo bloccò.
“Un'altra squadra era andata a casa tua... presumo che parleranno solo con tua moglie, a questo punto, e che spetti a me il compito di aggiornarvi tutti...”
“Scommetto che non vuoi chiederci dove fossimo il giorno della guerra coi Chitauri...” disse Susan Storm facendogli strada nella grande stanza zeppa di articoli tecnologici. “Visto che stavamo lavorando per voi...”
“No, no, tranquilla...” replicò lui sulla difensiva “Il collaudo era stato deciso molto tempo prima... cosa potevate saperne?”
“Appunto! È quello che cerco di spiegare a Reed... ma non ci sente da quell'orecchio...” disse lei, stancamente, servendo ai due uomini un bicchiere di succo di frutta.
“Noi eravamo, molto semplicemente...” disse Henry, grattandosi la nuca, a disagio, sentendosi in dovere di giustificare la propria assenza: per quanto non gli piacesse cooperare con lo S.H.I.E.L.D., molte vite erano andate distrutte, forse anche a causa del suo mancato intervento. “..presi con gli esperimenti, giù nella grotta: non abbiamo sentito nulla e abbiamo saputo del disastro solo il giorno dopo, per caso, a cena...”
“E giustamente fare un colpo di telefono per sapere se eravamo tutti interi era troppo, per te...” ridacchiò l'agente, prendendo posto a tavola.
“C'è stato l'attentato a Stark, quella sera... E Janet ha provato a contattarvi ma sembrava che le linee fossero intasate...” replicò risentito. “Poi, però, forse, le è passato di mente, col fatto che dovevamo finire l'esperimento....”
“Di quello dovrai riferire a Maria...” rispose asciutto Coulson gettando un'occhiata fuori dalla finestra e domandandosi quanto a lungo sarebbe durato quel momento di calma.

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La superstrada che li portava lontano dalla città si svolgeva come una nastro grigio e deserto sotto le ruote dell'auto, che ci scivolava sopra veloce e silenziosa.
Non si erano nemmeno rivolti la parola da quando si erano congedati dal resto del gruppo che minacciava di infoltirsi ogni giorno che passava. E di attirare altra gente più idonea di lui. Scalò la marcia, nervoso, per sorpassare una vettura (un cartello sul lunotto posteriore la contrassegnata come principiante) che era in evidente difficoltà, tossendo convulsamente nel suo lento avanzare.
“Sei stranamente silenzioso” fu lei a rompere l'incanto. Come ogni donna che si rispettasse, voleva delle spiegazioni. E lui avrebbe preferito congelare l'attimo piuttosto che rovinare tutto. Se n'era, infine, accorta? Ma, evidentemente, non aveva collegato i vari tasselli. “Tutto ok?”
“Sì...” riuscì ad articolare con difficoltà. Ringraziava di essere impegnato al volante.
“A me non sembra...” replicò la rossa, risistemandosi sul sedile, in modo da poterlo osservare meglio. “E' da quando sono arrivati gli X-Men che non parliamo seriamente. Anzi. Non abbiamo proprio avuto modo di rimanere da soli...”
“Non credevo ti mancasse così tanto la mia compagnia...” replicò lui con un ghigno.
Per qualche minuto il silenzio fu nuovamente solcato solo dal frusciare del vento che scorreva sulla scocca scusa e metallizzata. Forse era riuscito a farla sentire in colpa. Forse, semplicemente, stava valutando la sua insistenza.
“Non sono abituata a sentirti così distante...” ammise alla fine “Un conto è quando siamo entrambi impegnati... ma se siamo a casa entrambi...”
Questo è amore, agente Romanoff?” ironizzò lui, facendo sue le parole di Loki, senza la minima intenzione di provocarla. Sapeva già qual era la risposta. Lei tacque, valutando la domanda, cosa che a lui sembrò impossibile. Doveva essere alla ricerca di un modo carino per dirgli di piantarla. “Perché non sei rimasta con lui?” domandò serio, per evitare quella sua risposta a favore di un'altra. In realtà, anche quella gli costava uno sforzo tremendo, fingere che la cosa non gli importasse.
“Con Logan?” domandò lei di rimando, sorpresa.
“No, parlavo di Wade, guarda...” la canzonò lui “Un mercenario che manda in giro un aereo con uno striscione in coda per chiederti un appuntamento non è da buttare via...” Clint sorrise, suo malgrado. Lui non era presente quand'era successo, conosceva la storia solo per sentito dire, ma pareva fosse stata una situazione esilarante: Natasha era stata incaricata di ritrovare Wade che, in teoria, si nascondeva al mondo per il suo lavoro. Lei non aveva la più pallida idea di dove cominciare la ricerca. Ma il mercenario chiacchierone non era certo una persona che agisse secondo un qualunque senso logico: innamorato perso della rossa (che per lui rimaneva l'infermiera Yelena Belova, come entrambi l'avevano conosciuta) aveva noleggiato un ultraleggero pubblicitario perché si portasse a spasso il messaggio, nemmeno troppo criptato “VN ♥ DP? Chiama il ….” Faceva seguito il numero completo del mercenario. Le aveva sì facilitato il compito ma l'aveva messa anche in ridicolo davanti a tutta la squadra.
Lei lo guardò accigliata “Spero tu stia scherzando!” ringhiò “E' stata la cosa più imbarazzante della mia vita. E comunque... Wade, quello che ama farsi chiamare Space Cowboy o Gangster of love?” ripeté arricciando il naso come se non avesse capito bene a chi si riferisse.
“Tra l'altro, tu odi quella canzone...” ridacchiò l'arciere
“Appunto. E comunque, no, grazie! E' appiccicoso come la carta moschicida, per l'amor di Dio. Ed è completamente fuori fase!”
“Seriamente... perché non sei mai rimasta con Logan?” A questo punto non era più questione di preferenze e gelosie, voleva solo capire.
Lei si volse verso la strada deserta che si inerpicava per le montagne “Logan è un tipo molto fedele ma allo stesso tempo è un solitario. Negli anni non è cambiato poi molto. A parte che l'affetto che mi lega a lui è più quello di una figlia verso un padre, anche se tra noi ci fosse quel tipo di legame non credo durerei a lungo...”
Clint annuì, afferrando appieno quello che voleva dire. Ancora una volta, ecco un dettaglio che li accomunava più di quanto non volesse sperare. Entrambi erano cresciuti girando il mondo come trottole impazzite, senza mai piantare radici da nessuna parte, sempre sospesi come semi di pioppo. E quand'anche stavano per atterrare, ecco che qualcosa li riportava in alto, lontano dalla tentazione offerta dalla stabilità del terreno. Rafforzò la stretta sul volante pensando a come solo pochi dettagli, non così insignificanti, li separassero inevitabilmente.
“E tutti gli altri immortali come te, allora? Perché non... Rogers, ad esempio, ora che è stato riesumato...”
“Rogers mi ricorda Bucky. Non credo saprei gestire i due ricordi assieme.”
“Eh, già...Come dimenticare Bucky?” replicò lui nervoso. “Il primo, e forse unico, amore di Natasha Romanoff...” commentò sprezzante.
Lei non sembrò cogliere la frecciata e continuò “Per tutti gli altri... Ti è mai capitato di pensare che una persona non ti piaccia e basta? Magari è bella, affascinante e brillante ma non ti dice assolutamente nulla? Una persona con cui ti sta bene passare una serata in compagnia ma non una giornata intera?”
Lui arricciò il naso “Sì, una certa bionda che ho mollato dopo tre mesi”
“Dovevi pensarci bene prima di sposarti...” lo rimbeccò lei
“Strano che la predica mi venga da una spia che non sapeva cosa macchinasse suo marito e non sospettava che la sua morte fosse una messinscena...”
Lei lo folgorò con lo sguardo “Sono diventata una spia proprio per quello... Ad ogni modo, ci sono persone che non ti ispirano né in un senso né in nessun altro.” concluse seccata.
“Beh, ringrazio di essere almeno in una delle due categorie...” ironizzò lui.
“Clint...” sbuffò lei levando gli occhi al cielo.
“No, Tasha... seriamente, gradirei avere il letto tutto per me e non doverlo dividere con te che ti metti a X per tutta la lunghezza, confinandomi nell'angolino...”
“Parla quello che poi mi piazza una gamba sulla pancia per mettersi comodo”
“Eccerto!” replicò lui con un ghigno.
Lei tacque per qualche momento “Davvero vuoi dormire separati?”
“Mai stato più serio” confermò.
“Ma... i tuoi incubi...” replicò confusa.
Clint digrignò i denti per un attimo “Al momento sono il male minore.”
“Io sarei peggio degl'incubi che ti fanno urlare la notte?” allibì la rossa.
Lui alzò il mento quasi a sfidarla pur mantenendo gli occhi forzatamente incollati alla strada “Sembravi aver capito tutto così bene all'indomani dell'attacco dei Chitauri e ora ti dimostri così ottusa...” sibilò prima di accostare bruscamente. Le ruote grattarono sul ghiaino, sollevando una gran polvere. Clint, la macchina ormai ferma, pigiò ancora il freno, facendo scattare il busto della compagna in avanti per il contraccolpo. Lei rimase interdetta e senza fiato dalla manovra repentina e inaspettata.
Sganciata la cintura di sicurezza, lui si chinò, rapidamente, su di lei, premendo un pulsante a lato del sedile e facendolo avanzare di colpo fino a bloccarle le gambe sotto il cruscotto.
“Che diavolo stai facendo?” urlò mentre lui le afferrava entrambe le mani e gliele piegava all'indietro, tenendole poi incrociate dietro il poggia testa con una sola mano in una presa che per lei era impossibile da sciogliere nonostante si dibattesse come un salmone che cerca di risalire la corrente. “Lasciami andare! Lasciami andare! Lasciami andare!” urlò impanicata a pieni polmoni prima che lui le posasse l'altra mano sulla bocca, costringendola a tacere.
Il volto di lui, contratto da una rabbia ben trattenuta ma mal celata, e il volto di lei, gli occhi velati di lacrime e le pupille dilatate dal terrore, erano a un soffio l'uno dall'altro.
Sapevano entrambi quale fosse la sua paura più cieca: tutto ciò che non era prevedibile, come quel comportamento irrazionale, e l'essere seriamente impossibilitata a muovere il corpo per liberarsi: il sedile di un'auto non era una sedia da interrogatorio che, facendo leva sui piedi, si poteva mandare in frantumi con un colpo di reni: era agganciata all'interno di una gabbia più grande e senza poter usare le gambe, per sferrare qualche calcio per stordire l'aggressore e guadagnare tempo, né le mani, che lui teneva agganciate con tale forza da bloccarle la circolazione sanguigna né la testa, trattenuta contro il sedile in una stretta soffocante: era totalmente inerme e alla sua mercé.
“Puoi essere la più brava quanto vuoi, nel corpo a corpo. Ma senza un corpo a disposizione, dimmi, Tasha, come pensi di difenderti dalla forza di un uomo?” sibilò con astio e gli occhi di lei si gonfiarono di lacrime e ribrezzo “Non puoi chiedermi seriamente se sei peggio dei miei incubi come se nulla fosse!” ringhiò fissando il punto in cui avrebbero dovuto esserci le sue labbra carnose che erano, però, coperte dalla propria mano che le stringeva con tale forza il volto da avere le nocche sbiancate. Deglutì e allentò la presa, colpevole. “Non lo so se è colpa della stregoneria di Loki o se è solo la bestia dentro di me che si è risvegliata...” disse piantando gli occhi nei suoi, studiandone ogni minima reazione “Ma non puoi più chiedermi di far finta di nulla. Non ora. Ti chiedo solo di darmi un po' di tempo e un po' di spazio.” Sbuffò e si chinò sulla sua spalla, il corpo torto e proteso verso di lei “Ti prometto che tornerò quello di sempre ma mi serve tempo. Se non sei disposta a concedermelo, credo che abbandonerò la squadra. Quella dello S.H.I.E.L.D.” disse baciandole la fronte corrugata, cercando di lenire il proprio senso di colpa e il male che le aveva fatto deliberatamente “E che Fury e il mondo si fottano.” disse liberandola e passandole il pollice sul labbro prima di lasciarla andare del tutto.
Lasciò che lei sciogliesse l'intreccio dei polsi e che lo mordesse o lo schiaffeggiasse, a seconda di quello che avrebbe preferito fare. Non si massaggiò nemmeno la parte offesa. Allungò le mani su di lui, che, ancora vicino, serrò gli occhi: se l'era più che meritato.
Ma il contatto con le sue labbra morbide lo colse di sorpresa. Sbarrò gli occhi, aprendoli su quelli di lei che, diversamente da Budapest, erano socchiusi mentre gli faceva scorrere le mani sulla nuca e tra i capelli.
Lui le rispose istintivamente, lasciandosi andare al traino di anni di aspettative e di fantasie attorno a quell'unico bacio che si erano scambiati a Budapest. E sui tanti altri mancati, almeno nella sua testa. Le sue mani corsero, autonome, sulle sue spalle, per tirarla a sé appena un po' di più di quello che la scomoda posizione, e la cintura di sicurezza che ancora la teneva agganciata al suo posto, concedeva loro, per poi scivolare lungo la schiena e il costato, ripercorrendo ogni ferita che le aveva curato, ogni costola incrinata, avvertendo, mai come allora, la fragilità del corpo della compagna. Più piccolo di quello di un uomo, meno protetto dai muscoli temprati dall'esercizio fisico. Le braccia di lei, per quanto forti, erano un terzo delle sue e sarebbe stato così semplice spezzarle: poteva quasi sentire la consistenza delle ossa sotto la carne. Eppure, sull'Helicarrier, dominato dal suo lato oscuro, non era riuscito a vincere contro quella misera resistenza.
Si stava lasciando andare del tutto, desideroso soltanto di approfondire quel contatto tanto ricercato, completamente dimentico del motivo per cui erano arrivati a quel punto quando ricordò con chi aveva a che fare. Natasha era la Vedova Nera, non una matricolina del corpo di Polizia al suo primo giorno in poligono.
Si sottrasse all'ennesimo assalto di quella bocca invitante, quasi infastidito. Pose tra loro la massima distanza che poteva, allontanandola pur tenendola per le spalle. Chinò la testa, cercando di riprendere il controllo sulla sua mente già provata dai sortilegi.
Mollò la presa e si risistemò alla guida.
Senza dire una parola, rimise in moto e riguadagnò la strada.

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Dopo una serie di false partenze, di tentativi goffi e impacciati di prendere il volo, Pepper riuscì, finalmente a librarsi in aria abbastanza a lungo da prendere confidenza con la sensazione di essere sospesa in aria. Certo, due reattori sotto la pianta dei piedi davano tutta l'impressione di poggiare ancora sul cemento solido e solo guardandosi attorno si rendeva conto che il senso di vertigine aumentava. Riuscì a padroneggiare il panico che le annodava l'intestino ogni volta che guardava oltre il parapetto. D'altronde aveva anche Rogue pronta ad assisterla ad ogni evenienza.
“Pronta a fare un vero giro in giostra?” domandò la mutante quando la vide più disinvolta.
L'elmetto di Rescue accennò una risposta affermativa.
“Non allontanatevi troppo...” disse Steve “Non sono tempi facili...”
“Rimarremo in collegamento con J.A.R.V.I.S. E poi è solo un giro... cosa vuoi che succeda, zucchero?” replicò Rogue impaziente “Avanti signorina Potts, dai gas a questa bellezza!”
E in un batter di ciglia le due scomparvero nel cielo azzurro e sgombro di nuvole di New York. Il computer, oltre a tenere sotto controllo il traffico aereo, raddrizzava automaticamente tutti gli errori della ragazza che si era fatta man mano più coraggiosa.
“E' divertente!” urlò a Rogue che volava a zig zag intorno a lei “Ora capisco come mai Tony adori quest'armatura...”
“Da un senso di libertà, vero? Se solo potessi toglierti l'elmo sentiresti il vento tra i capelli. E' come andare in moto. O a cavallo”
“Tu dici?” domandò scettica la rossa “In moto non ci sono mai andata: troppo pericoloso. E l'equitazione... sì, l'ho praticata ma... sono così concentrata su dove mandare l'animale che proprio non riesco a godermi l'aria tra i capelli.”
Rogue rise “Non sai cosa ti perdi allora. Ma aspetta... le auto di Stark sono tutte decappottabili... non ti ha mai portata a fare un giro?”
“Sì, certo...” rispose l'altra perplessa
“Ecco... esattamente come guidare una spider in un giorno di sole. Questo è volare!”
“Io non amo particolarmente nemmeno guidare. Ci pensano sempre Tony o Harold...”
“Allora è normale che tu sia tutta elettrizzata, ora...” ridacchiò quella di rimando “Sono contenta che ti piaccia. In pochi possono apprezzare...”
– Attenzione! – la voce sintetica di J.A.R.V.I.S. si intromise nei loro futili discorsi con un tono allarmato – Armatura Mark 1616 Rescue agganciata.–
“Che vuol dire?” domandò Pepper fermandosi di colpo a galleggiare indecisa, in cerca di qualunque indizio per quell'anomalia.
“Seguimi, presto!” urlò Rogue tuffandosi in picchiata.
“Che sta succedendo?” domandò Pepper preoccupata seguendola a ruota.
“Qualcuno ha puntato la tua armatura. Hai presente Top Gun? Quando i missili vengono impostati per non perdere mai di vista l'obiettivo? Ecco!”
“Ommioddio!” urlò l'altra in preda al panico.
“Fa quello che ti dico e abbatteremo qualunque cosa ti abbiano lanciato addosso. Non è da escludere che Stark stia giocando con noi, in questo momento. Ma preferisco non prenderla così sotto gamba.” urlò ancora, il vento le strappava le parole di bocca mentre si lanciavano verso il mare che già si intravedeva all'orizzonte: fortunatamente si erano dirette nella parte ovest della città per la loro sperimentazione “A scuola ho già effettuato simulazioni simili: so come eliminare questo tipo di minacce. E con l'aiuto dell'acqua, in caso estremo, posso alzare una barriera che ci protegga”
– Attenzione!– replicò ancora J.A.R.V.I.S., ignaro delle loro manovre – Attenzione!–
“Dannazione!” ringhiò Rogue “Vola, ti coprirò le spalle! Tu avvisa Stark!”
“Come puoi proteggermi senza armatura?” replicò Pepper cercando di guardarla da sopra la spalla.
“Non temere...” rispose quella, stirando un sorriso divertito, mentre la sua pelle diventava di un colore freddo e lucente, quasi fosse fatta di acciaio. “No, ho sbagliato....” disse mentre la sua pelle mutava ancora, diventando quasi trasparente, ma con un substrato latteo, e assumendo mille sfaccettature lucenti. Sembrava... “Ora ho la pelle di diamante...” disse strizzandole l'occhio “Qualunque cosa dovesse impattarmi addosso si sfascerebbe prima di farmi male...”
“Ma io credevo...” replicò Pepper confusa prima di tornare a volare spedita verso l'oceano.
“Sì, lo pensano tutti. Ma posso sfruttare anche i poteri che ho assorbito nel corso degli anni. Quando dicevo di essere un'arma, quella volta, prima dell'attentato, mi riferivo a questo. Sono pericolosa coi miei poteri di base. Figurati quando, potenzialmente, posso mescolarli tutti tra loro. Ma tutto ha un costo, ovviamente.”
“E sarebbe?” domandò la rossa, vinta dalla curiosità.
“La mia sanità mentale. E non ci tengo proprio a diventare come Wade” replicò quella “Avvisa gli altri!”
– Attenzione!– continuava a pigolare Jarvis, nel frattempo. Pepper riuscì a stabilire un contatto, ma la linea era tremendamente disturbata.
– Rogers... – rispose impacciata la voce del capitano che, dopo due anni, ancora non si era davvero abituato a quel mondo per lui così assurdo.
“Chiama Tony! Io e Rogue siamo state attaccate da... non lo so da cosa! Ah!” urlò mentre qualcosa le sfilava accanto a velocità così sostenuta da spostare l'aria attorno a lei “Fai presto!”
–Dimmi dove siete!– ordinò lui, spiccio.
“Ci stiamo dirigendo verso Liberty Island, spero riusciremo ad arrivarci ...”
– Arriviamo! –







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Dunque, ho finalmente introdotto i Fantastici 4 e Pym. La mia è una versione alternativissima. Ovvero, Richards e Pym sono scienziati indipendenti che lavorano per lo S.H.I.E.L.D. Vedremo più avanti in che modo (o meglio, parlerò di Howard Stark e, implicitamente, farò riferimento a loro). Ad ogni modo, dovevo giustificare la loro assenza dalle scene dello scontro coi Chitauri.
Dunque, al servizio dello SHIELD li ho mollati al lavoro. E sia Reed che Henry, quando si mettono, si dimenticano del mondo circostante. Poi c'è stata una nuova emergenza e quando finalmente si è potuto nuovamente comunicare tranquillamente, la cosa era ormai passata di mente...più o meno come quando siamo convinti di aver scritto a una persona e non l'abbiamo fatto.

Tasha e Clint... :) ditemi... siete contenti -nonostante tutto-? A proposito... Bucky, sempre lui, è l'omino che Stark ha chiamato per proteggere l'ospedale. Lo ripeto per chi non abbia confidenza coi personaggi. E lo ripeterò pure più avanti, visto che tornerà sia nel film di Cap -il titolo è dedicato a lui, Winter Soldier- che nella fic.
Beh... per un po' sarà l'unica romanticheria nella fic perché dal prossimo episodio cominciano i casini.. ovviamente la cosa non riguarderà solo Pepper (figurarsi).
Secondo voi vi dico altro? Illusi!
No no, vi terrete la curiosità per un paio di capitoli 

See you!
   
 
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