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Autore: Hylia93    03/04/2013    5 recensioni
Dopo aver letto tante ma tante ff, provo a scriverne una anch'io, la mia prima Dramione!
Siamo al quinto anno, ma c'è qualche differenza. Voldemort non è rinato, perché Silente è riuscito ad impedire che Harry (e di conseguenza anche Cedric) usasse la passaporta, ossia la Coppa del Torneo Tremaghi. Tuttavia, Voldemort non è ancora morto del tutto e forse nasconde più di quanto si pensi. L'atmosfera è all'apparenza più tranquilla a Hogwarts, più serena. Sarà un altro anno pieno di peripezie o riusciranno, finalmente, a vivere un anno da adolescenti? Le due cose, in realtà, sono complementari! :)
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Stavolta ci ho messo 
proprio tanto, però spero almeno
che mi concederete la scusante delle
vacanze di Pasqua! Spero abbiate passato
due bellissime giornate, con famiglia, parenti e amici.
Ringrazio chi continua a leggere questa storia che alla fine
sta venendo molto più lunga di quanto avessi voluto! Se ne avete
voglia, recensite, a me fa sempre molto piacere leggere i vostri commenti! 

Capitolo 30, "La verità è visibile a chi la vuol vedere."

- Che sfiga! - fu l'illuminante commento di Blaise dopo il mio più che minuzioso resoconto su ciò che avrei dovuto fare per il Signore Oscuro. Alzai un sopracciglio, indeciso tra il prenderlo a calci o l'ignorarlo.
Optai per una via di mezzo: dopo avergli lanciato il posacenere di cristallo che faceva bella mostra di sé sul comodino accanto al mio letto, mi girai dall'altra parte.
- Hai una pessima mira. - mormorò Theo entrando nel dormitorio e osservando il muro rovinato sopra il letto di Blaise e i cocci per terra. Il diretto interessato dell'attentato era tranquillamente sdraiato su quello stesso letto, le mani dietro la testa e le caviglie incrociate. Un leggero ghigno divertito aleggiava sul suo volto, seminascosto dalla sua perenne aria da belloccio misterioso.
Nott gli lanciò un'occhiata come per accertarsi che fosse tutto intero prima di voltarsi verso di me con sguardo interrogativo.
- Cosa ha fatto, stavolta? - chiese, con tono piatto.
E io che pensavo che avessimo litigato. La cosa bella di Theo era che dopo un po' semplicemente sbolliva e qualsiasi cosa gli avessi fatto o detto, a torto o ragione, veniva celermente dimenticata non appena qualcosa di più importante si faceva strada nel suo cervello contorto. Almeno finché il problema non si ripresentava.
- Nulla di particolare, è la sua indole da imbecille a disturbarmi. - borbottai, cercando a tentoni le sigarette sul comodino. Una sonora risata mi informò che l'orgoglio di Blaise, come al solito, non veniva minimamente intaccato da qualsivoglia insulto.
Afferrai una sigaretta e mi alzai in piedi, accendendola con la bacchetta.
- Draco, informalo degli ultimi sviluppi. - disse Zabini trattenendo un risolino.
Incredibile quanto fosse insistente quando si trattava di fare "pace", mentre l'attimo dopo faceva di tutto per farci litigare di nuovo. Chiusi gli occhi, espirando il fumo lentamente. Mossi un paio di passi e mi sedetti sulla poltrona accanto al letto, le gambe incrociate e la sigaretta nella mano destra.
Theo era dall'altra parte della stanza, seduto anche lui, gli occhi fissi su un libro posto sulle sue gambe. Nonostante facesse di tutto per apparire preso dalla lettura le sue dita battevano convulsamente sulla pagina e il suo piede sul pavimento di marmo nero.
Blaise spostava gli occhi da me a lui, sogghignando apertamente, come se si fosse aspettato che da un momento all'altro avessimo sguainato le bacchette.
Tirai dalla sigaretta, indeciso su cosa dire e cosa fare, rilasciando il fumo verso l'alto.
- Ti sei fatto la Granger? - esordì Nott dopo qualche minuto di tensione, senza alzare gli occhi dalle pagine ingiallite del libro. Blaise, che si stava alzando in quel momento, per poco non perse l'equilibrio, appendendosi in qualche strano modo all'angolo del comodino.
- Cazzo… - borbottai, affrettandomi a raccogliere la sigaretta su cui avevo perso la presa, rintanata sotto la poltrona. Dopo aver fatto impallidire molte divinità di tutte le religioni presi la bacchetta e strillai - Accio sigaretta! -, guardandola con cattiveria mentre volava di nuovo nelle mie mani.
Theodore aveva finalmente alzato gli occhi e osservava con un sorriso divertito le nostre reazioni.
- Più di una volta! - sussurrò Blaise, ripresosi piuttosto in fretta dalla collisione avvenuta. Nel dirlo si portò una mano al lato della bocca come se stesse facendo una confidenza a Theo, quando in realtà era una fortuna che non lo avesse sentito tutto il dormitorio Grifondoro.
Nott assottigliò gli occhi, posando di nuovo lo sguardo sul libro mentre la mascella si irrigidiva impercettibilmente. Spensi con rabbia la sigaretta sul comodino, dato che il posacenere aveva servito una nobile causa, e mi buttai sul letto, cercando di ricordare il perché fossi amico di quell'idiota di Zabini.
- Avanti Draco, non fare così, ti hanno per caso lanciato un'incantesimo di Adesione Permamente sulle labbra? - domandò quello che da ora in poi sarà l'Idiota, sedendosi sul mio letto giusto per evitare di essere troppo poco insistente.
- Cosa vuoi che dica? Hai già detto tutto. - sbottai, cercando di ignorare l'evidente atteggiamento di rabbia repressa che Theo sfoggiava in silenzio dall'altra parte della stanza.
- Magari vuoi fornirci qualche particolare in più… - mormorò l'Idiota con tono malizioso, avvicinandosi pericolosamente (per lui) a me. Un tonfo improvviso ci fece voltare entrambi. Theo era in piedi, il libro abbandonato per terra, gli occhi ridotti a due fessure e il volto ancora più pallido del solito.
- Sbattitela quanto ti pare, Draco, ma prima o poi si sveglierà e capirà che non ha niente a che spartire con te. - proferì, lentamente, senza distogliere lo sguardo dal mio, senza neppure sbattere le palpebre.
Senza darmi il tempo di aprire bocca si girò e uscì dal dormitorio, sbattendo la porta dietro di sé.
Rispondere cosa, poi? Aveva ragione. La mezzosangue non aveva niente a che spartire con me, lei era la luce io l'ombra, lei il bene io il male, lei il leone io la serpe. Non serviva a niente ripetermi che ora io ero dalla sua stessa parte, poiché motivi diversi ci spingevano sulla stessa strada. Deglutii rumorosamente, portandomi una mano alla gola per cercare di alleviare la sensazione di soffocamento che mi aveva assalito.
- Ops. - mormorò Blaise, lasciando cadere il suo ghigno divertito. 

Lasciare le sue braccia per tornare verso il disgusto dell'espressione di Ron era stato orribile, più di quanto avessi immaginato. Mentre il mio rapporto con Draco andava saldandosi col tempo, per quanto delle ferite continuassero a rimanere aperte, la mia amicizia con Ron sembrava appesa ad un filo sottilissimo e poco resistente. Non aveva voluto sentire una parola di più: quando ero tornata al tavolo Harry aveva scosso la testa, come ad informarmi che non aveva potuto fare nulla per trattenere il suo amico dall'andare via. Poi, con una sensibilità che non riuscivo a ritrovare in nessun altro, mi aveva preso una mano per riaccompagnarmi alla Torre dei Grifoni. Non aveva parlato, durante il tragitto, si era limitato a farmi sapere che era lì, per me. Non mi era sfuggita la sua espressione altrettanto schifata quando mi ero gettata addosso a Malfoy, ma anche questa volta il suo affetto per me era riuscito a scavalcare l'odio e l'attrito che la presenza del biondino gli suscitavano.
La Sala Comune si stava svuotando, studenti che uscivano a frotte per dirigersi verso la Sala Grande per la cena. Ron era seduto sulla poltrona accanto al fuoco con un libro in grembo, mentre con una penna tracciava svogliatamente qualche segno sulla pergamena su cui avrebbe dovuto esserci il saggio di Pozioni sulla Trasmutazione. Harry mi lasciò la mano, lasciandomi con un sorriso comprensivo prima di seguire una chioma rossa fuori dal buco del ritratto.
Mi schiarii la voce, tentando di attirare la sua attenzione.
Niente da fare.
Mi avvicinai di un passo, titubante. Non sapevo neanche cosa dirgli, in realtà.
Mi sedetti sul divano, accanto alla sua poltrona, e mi sporsi leggermente verso di lui.
- Ron… - mormorai, allungando una mano fino a sfiorargli la manica del maglione.
- Che c'è, Hermione? - domandò, acido, alzando gli occhi su di me. Mi stava squadrando, dall'alto in basso, come a voler trovare qualche traccia delle spire di un serpente sulla mia pelle. Aggrottai le sopracciglia, offesa, e fissai lo sguardo nel fuoco.
- Perché devi fare così? - chiesi, la voce spenta. Non si rendeva conto della mia situazione?
Ero già in difficoltà per conto mio, preoccupata per lui, per quello che stava passando e avrebbe dovuto passare, senza che Ron mettesse il suo disprezzo, come ulteriore carico, sulle mie spalle.
Forse mi ero sbagliata a pensare che il nostro rapporto andasse al di là dell'amore che lui aveva provato per me in modo goffo, ingenuo e forse anche un po' sbagliato. A questo punto non ero neanche sicura di aver mai sentito qualcosa che si potesse avvicinare all'amore, per lui. L'affetto c'era stato, e c'era ancora adesso, più di quanto potesse immaginare. I suoi abbracci mi mancavano, il suo calore anche, ma non nel modo in cui lui avrebbe voluto e di questo non potevo farmene una colpa.
- Perché è sbagliato, Hermione! - sbottò, alzandosi in piedi e facendo cadere la pergamena, il libro e la piuma sul tappeto. Mi ritirai sul divano, spaventata, mentre sul suo volto la preoccupazione si alternava alla rabbia.
- Non è lui che ti farà felice! Non potrà mai farlo, non ne è capace. - continuò, le guance arrossate, - Herm, lui non sa amare. - sussurrò, inginocchiandosi davanti a me e tendendomi una mano. Assottigliai gli occhi, più sconvolta per l'ultima frase, pronunciata con una calma esemplare, che per i toni taglienti che aveva assunto prima. Mi allontanai da lui, rifugiandomi sul lato opposto del divano con le ginocchia tra le braccia. Abbassai lo sguardo sul tappeto, rifiutandomi di vedere la compassione, il disprezzo e la sicurezza nei suoi occhi.
Poi, improvvisamente, lo vidi.
- Ron! - strillai, indicando il volume su cui era poggiato il suo tema, sul tappeto.
Un'espressione confusa si stampò sul suo volto mentre spostava lentamente lo sguardo da me all'oggetto che continuavo ad indicare con tanta insistenza e che fissavo con gli occhi spalancati.
- Cosa c'è? Cos'ho sbagliato? Trasmutazione si scrive con due zeta? - chiese, il panico nella sua voce.
Scossi la testa, impaziente e afferrai il libro, leggendo ad alta voce.
- L'unico mago che, si dice, fosse riuscito ad elaborare una formula di trasmutazione capace di scambiare le proprietà di due pietre, metalli o liquidi, mantenendone inalterato l'aspetto, fu James Higginbotham, chimico e alchimista britannico. Purtroppo quando si trovò a doverne dimostrare l'efficienza di fronte ad una platea di testimoni attendibili, si suicidò bevendo acido prussico. - lessi, lentamente.
Il mio cervello lavorava velocissimo, mentre Ron ancora mi fissava interrogativo.
- E' lui, Ron! Lo riconosco dalla foto! - dissi, indicando un uomo con un completo beige, baffi a manubrio e capelli neri che ammiccava elegantemente. Un lampo passò nei suoi occhi azzurri, prima che si posassero sui miei.
- Ma hai detto che si chiamava "Price", quello del sogno. - mi ricordò, aggrottando le sopracciglia.
Rimasi a bocca aperta, senza sapere cosa dire. Aveva ragione, il cognome era diverso, ma quello della foto era senza dubbio il fantasma dall'impeccabile accento inglese che avevo visto quella sera.
Posai gli occhi sul libro, leggendo febbrilmente ciò che avevo saltato quando avevo fatto il tema la settimana prima, qualsiasi cosa mi fosse sfuggita, ciò che avevo reputato di poca importanza. Del signor Higginbotham si faceva solo un accenno, dato l'esito fallimentare dei suoi esperimenti, e Piton non ne aveva neppure parlato. Improvvisamente, i miei occhi si illuminarono.
- Cambiò il suo cognome in Price per esaudire i desideri di un suo parente che morì e gli lasciò un'eredità. - lessi, la voce che tremava, - E' lui, Ron! - esclamai, alzandomi e buttandogli le braccia al collo. Lo sentii trattenere il respiro, irrigidirsi tra le mie braccia.
Fu un secondo, poi si rilassò.
Fece passare le braccia sulla mia vita e mi strinse, appoggiando il mento sulla mia spalla.
- Mi dispiace. - sussurrò al mio orecchio.
- Non importa, Ron. - risposi, chiudendo gli occhi.
- Tu… - cominciò, scansandosi un attimo e schiarendosi la voce, - tu sei sicura che lui ti meriti? -
- Si. - risposi, sicura, l'immagine della sua mano nella mia tra le poltrone dell'ufficio di Silente, le sue braccia che quando mi stringevano riuscivano a trasmettermi più di mille parole, - sono sicura. -
 

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James Price è esistito, cercatelo su Wikipedia :)
Ovviamente è stato reinterpretato ma molte cose sono vere. 
Baci!
Viola

   
 
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