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Autore: Lady Vibeke    23/10/2007    9 recensioni
Bill e Tom Kaulitz, i gemelli più amati ed uniti dell'universo, celeberrime rockstar e nuovi sex symbol del panorama musicale internazionale. I Tokio Hotel, la fama, i fans, i viaggi, i soldi, il successo, e poi... E poi lei. Leni.
Tom la odiava, Bill non sapeva cosa pensare di lei, ma per entrambi la sua presenza aveva portato non poco scompiglio. Nessuna ragazza era mai riuscita a dividerli, e di certo non ci sarebbe riuscita una semplice stylist neoassunta senza un briciolo di attrattiva.
Questo, almeno, era quello che tutti avevano creduto.
Genere: Romantico, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tom se ne stava pietrificato davanti allo specchio della deserta sala ricreativa che era stata riservata ai Tokio Hotel, non molto distante dal bar dell’albergo, da cui proveniva un chiacchiericcio intenso ma sommesso.
Fissava la propria immagine riflessa come se si trattasse di uno sconosciuto, ancora sporco di sangue dopo la visita tempestiva all’infermeria. Era quasi buffo pensare che, nel giro di pochi giorni, due diversi membri del gruppo avevano dovuto far visita alle infermerie di due diversi hotel. Di questo passo, si sarebbero fatti una pessima nomea, degna delle peggiori rockstar dedite a droga ed alcol.

Tom si faceva pena.

Da quando Bill e io lasciamo il nostro rapporto in secondo piano per una ragazza?

Avrebbe voluto poter essere meschino e dare tutta la colpa a Leni, ma la realtà era ben altra. Lei aveva chiaramente messo dei paletti fin da subito, soprattutto con Bill, ma l’espediente era servito a ben poco.

Non era stata lei a provocarli, a cercare di sedurli, e Tom sapeva che molto probabilmente era stato questo, tra le altre cose, a far sì che l’effetto ottenuto fosse l’esatto opposto dell’intento.

Maledetta femmina.

Tom aveva provato ad odiarla per tutto quello che – pur inconsciamente – aveva causato, ma tutto l’impegno che ci metteva sembrava sfumare nel nulla ogni volta che gli venivano in mente i suoi occhi azzurri imperscrutabili, la sua voce un po’ pungente e un po’ provocante, e l’immagine ricorrente delle sue mani che gli sfioravano il petto era ormai un’ossessione ineluttabile.

Tom non era per niente abituato ad essere soggiogato in quel modo umiliante da una banalissima ragazza.

Infatti lei non è una banalissima ragazza come quelle con cui sei solito intrattenerti, lo punzecchiò il sé stesso raziocinante, è stupefacente scoprire quanti e quali tesori a volte si celino dietro le porte dell’anima delle persone, mh? Non ti eri mai soffermato ad aprire, non ti interessava sapere cosa ci fosse oltre quello che vedevi… Non eri preparato a questo salto nel vuoto, e ora sei fregato.

Aveva sempre considerato l’amore una schiavitù dalla quale esentarsi, perché un uomo innamorato finiva sempre per perdere di vista sé stesso, completamente accecato dai propri sentimenti, ed ora più che mai ne aveva avuta conferma.

Mi piacerebbe poter dire che vorrei che lei non fosse mai arrivata, confessò al proprio riflesso, ma non ci riesco.

Sentiva di essersi meritato quel pugno da parte di Bill, ed ora era sinceramente pentito per tutto ciò che aveva detto, preso da chissà qualche raptus di folle vendicatività, ma le parole di Leni gli erano rimaste marchiate dentro, ed aveva la sensazione che non sarebbe mai più riuscito a cancellarle.

‘Solo uno stupido bacio…’

Si appoggiò con i palmi allo specchio che rivestiva l’intera parete e chinò il capo a terra, serrando gli occhi nella vana speranza di riuscire a scacciare l’immagine di lei e Bill che si sorridevano così vicini, in un quadro così crudelmente perfetto.

Sentì la porta alle proprie spalle che si apriva, ma non si mosse. Di chiunque si trattasse, avrebbe dovuto fare marcia indietro, e in fretta, perché non era nelle condizioni di sostenere una conversazione di qualunque tipo.

“Tom…”

I suoi occhi si sgranarono nell’istante in cui la porta si richiuse. Si era preparato ad essere rude con chiunque si fosse azzardato a disturbarlo, ma non aveva previsto che quel chiunque potesse essere lei.

E c’era stato qualcosa, nella sua voce, che lo aveva privato di ogni difesa preventiva che si era prontamente innalzato intorno, e la cosa lo spiazzò del tutto.

Vattene, sentenziò il suo cervello, ma le sue labbra non obbedirono.

Si limitò a sollevare appena la testa, quel tanto che gli bastò per incontrare il riflesso di Leni nello specchio.

Sembrava distrutta almeno quanto lui.

Il suo istinto era di abbracciarla, e stringerla fino a toglierle il respiro – forse per la rabbia, forse per motivi completamente opposti – ma non voleva che lei capisse quanto seria fosse l’intera faccenda, così strinse i denti, ed attese.

“Tom,” ripeté Leni, quasi supplichevole, avvicinandosi. “Possiamo parlare, per favore?”

“Non c’è granché da dire, non ti pare?” replicò, più brusco di quello che avrebbe voluto.

La squadrò furtivamente: sembrava ancora più magra con quella salopette extralarge addosso, e l’onnipresente nero della maglietta, combinato con quell’espressione contrita, le faceva sembrare quasi malata, come se potesse svenire da un momento all’altro, ma tornando a guardare sé stesso, Tom si accorse di avere il medesimo aspetto.

Leni non disse altro. Restò ad aspettare in silenzio, e la sua muta preghiera fu impossibile, per Tom da ignorare.
Dopotutto, forse qualcosa da dire c’era.

“D’accordo,” cedette alla fine, senza voltarsi. “Parliamo, tiriamo fuori tutto, una volta per tutte. Chissà, magari potrei riuscire a capirci qualcosa in tutta questa storia, finalmente…”

Leni non si mosse da dove si era fermata entrando. Tentennò nell’esordire, quasi non fosse sicura nemmeno lei di quello di cui avrebbero dovuto discutere.

“Quello che è successo oggi è un allarme di avvertimento,” disse pacata. “Bisogna fare qualcosa, prima che la cosa sfugga di mano.”

Tom si irrigidì, intuendo vagamente dove lei volesse andare a parare, e già sapeva che la piega che la conversazione stava per prendere non gli sarebbe piaciuta.

“E cos’è che vorresti fare, precisamente?” chiese, schioccando la lingua.

Aveva già presagito che si sarebbe trovato in disaccordo con qualunque risposta lei avrebbe dato, ma quello che lesse nei suoi occhi, incontrandoli, gli fece avvertire un senso di panico raggelante.

Non pensarlo nemmeno per scherzo, Regan.

Ma lei non sembrava in grado di intercettare i suoi pensieri.

“C’è un’unica cosa che può risolvere una disputa come questa,” dichiarò con adamantina fermezza. Il cuore di Tom sembrò fermarsi. “Eliminare l’oggetto della discordia.”

Tom si voltò indietro di scatto, sentendosi bruciare di un male irrazionale e soverchiante.

“Non dire stronzate!” esclamò, minaccioso. “Se è questo che sei venuta a dirmi, non sono disposto a starti a sentire.”

“È la soluzione più semplice, non capisci?” si ritorse lei, con la stessa animosità. “Via il dente, via il dolore, qual è il problema?”

Il calore che Tom all’inizio aveva avvertito sul viso divampò per tutto il suo corpo, facendolo fremere da capo a piedi.

“Qual è il problema?” sbraitò, gonfio di collera. “Leni, tu non stai parlando sul serio!” Le si piantò davanti, incombendo su di lei dall’alto della sua statura. Strinse i pugni per evitare di toccarla, perché se l’avesse fatto, non era certo che sarebbe più riuscito a lasciarla andare. “Lo vuoi sapere qual è il problema? Mi hai invischiato in questa cazzo di trappola da cui non riesco ad uscire, tu e le tue battute argute, e se proprio lo vuoi sapere, non era propriamente il mio sogno nel cassetto finire a litigare con mio fratello per una donna, e per te tanto meno!” Riprese fiato, quasi febbricitante per il fiume incontrollato di emozioni che stava lasciando uscire tutte insieme. “Il problema, Regan, è che se tu te ne vai, io…” Tom si fermò, sorpreso dal suo stesso pensiero. Rimase a guardarla immobile, smarrito, e per la prima volta dopo anni, ricordò cosa si provasse a sentire il bisogno di piangere. “Io sentirò la tua mancanza.”

L’ho detto, Tom soppesò stupito le sue stesse parole, l’ho detto, cazzo.

“Che cos’avrò mai di tanto speciale?” sospirò Leni, la voce malferma nella tensione del momento.

Lei e Tom si scrutarono a vicenda, così vicini per vedersi specchiati l’uno negli occhi dell’altra, ma non abbastanza da sentire le loro pulsazioni rallentare in sincronia.

“Niente di niente.” Sussurrò lui duramente, la gola improvvisamente secca. “Sei solo una viscida strega qualunque, schifosamente piena di sé ed insopportabile, che non sa mai tenere a freno quella sua maledettissima lingua biforcuta,” Indugiò, intimorito dalla portata di quello che stava per dire, perché, sì, lui era quello spavaldo e disinibito, ma era anche quello non aveva dimestichezza con i rapporti umani. Si passò la lingua sulle labbra, chiedendosi se il mondo sarebbe finito non appena lui avesse aperto bocca, e alla fine lo ammise: “E sei anche l’unica che mi abbia mai fatto perdere il sonno con un banalissimo bacio.”

Leni incassò in colpo con stoica imperturbabilità, reggendo il suo sguardo senza batter ciglio.

“È stato uno sbaglio, Tom,” disse affranta. “Un grossissimo sbaglio.”

“No, invece!” insisté lui, sorprendendosi a sorridere lievemente. “Sai, era la prima volta che baciavo una ragazza di cui fossi veramente innamorato.”

Era la verità. Non se n’era reso conto, fino ad ora, preoccupato com’era stato a negare il semplice avvenimento, ma ora che ci rifletteva, con lei davanti, tutto appariva sotto una luce diversa.

Leni, però, sembrava schermata da una specie di barriera emotiva, ed era impossibile per Tom capire cosa pensasse, e la cosa era logorante.

Smettila di guardarmi come se fossi un criminale, Regan… Non capisci quanto mi costi dirti queste cose?

“È stata una bella sensazione,” proseguì placidamente, ignorando – o cercando di ignorare – la sensazione di vuoto cosmico che stava sorgendo in lui. “Ti devo un grazie per avermi permesso di farlo.”

Leni scosse la testa, evitando il suo sguardo.

“Ho risposto a quel bacio, Tom.” Mormorò, come se stesse confessando un omicidio, e forse in qualche modo era così, ma Tom non aveva ancora detto tutto.

“Lo avrebbe fatto praticamente ogni ragazza dotata di un minimo di senso estetico.” Rispose allegramente, ed allargò di un poco il sorriso che già non sentiva più suo. “Ma sta’ tranquilla, sono un tipo realista, anche se non sembra. Non mi sono mai illuso che per te significasse lo stesso.”

“Il punto non è questo, Tom,” disse lei, lasciandosi cadere sulla poltrona alle proprie spalle. Posò su di lui i suoi occhi limpidi, più solenne che mani. “Il punto è che tu e Bill avete litigato a causa mia, e io non starò a guardare mentre le due persone più unite che abbia mai conosciuto si comportano da nemici mortali.”

Tom si appoggiò ai braccioli della poltrona, chinandosi su di lei.

“Non vuoi proprio capire, vero?”

A meno di un palmo dal suo naso, Leni deglutì.

“Capisco benissimo, invece,” sussurrò. “Più di quanto tu creda, ma…” Scosse di nuovo la testa, facendosi triste in volto. “Tom, io non valgo tanto.”

La stessa tristezza che era scesa su di lei si impossessò anche di Tom. Si tirò su, passandosi una mano sul viso.

Sì, invece. È solo che non lo sai.

“E cosa vorresti fare, sentiamo?” le chiese, una volta recuperato un minimo di autocontrollo. “Sparire dalla faccia della terra?”

Si rese conto di quanto l’idea avesse terribilmente senso solo quando incrociò l’occhiata nervosa di Leni.

“L’idea sarebbe più o meno quella.”

Tom aveva tutta una serie di osservazioni più o meno garbate da esprimere, e anche se sapeva che avrebbe fatto meglio a tenerle per sé, proprio non riuscì a trattenersi.

“Vuoi tornare a fare la commessa in una boutique per vecchie snob a recitare quella parte che ti andava tanto stretta?” infierì, incapace di lasciare da parte l’amarezza. “Quello non è il tuo mondo, Leni, lo sai anche tu. Il tuo posto è qui. Sembravi felice di stare con noi…”

“Lo ero,” convenne lei. “Lo ero davvero, prima che cominciaste a litigare per colpa mia.”

“Parli come se fossi stata tu ad istigarci…”

“Mi sento in colpa lo stesso.”

“Allora smetti di sentirti in colpa!” sbottò lui, con un moto d’ira. “Sono disposto ad accettare e rispettare qualunque tua condizione e decisione con serenità, se resti. Ti prego,” Tom si chiedeva se lei riuscisse a sentire quanta disperazione ci fosse in lui. “Io sono un misogino insensibile, posso anche trovare il modo di sopravvivere senza di te, ma Bill…” A quel nome, Leni sollevò lo sguardo di scatto, e il sorriso di Tom si inasprì. “Lui non è forte come me, non riuscirebbe mai ad accettare un tuo eventuale abbandono… Preferisco dichiararmi sconfitto ed avere un fratello felice, piuttosto che rimanere in stallo per sempre e vederlo ogni giorno più triste.” Si fermò per guardarla, gli occhi che gli bruciavano come da anni non accadeva. “Resta,” la pregò. “Per lui.”

Leni parve chiudersi in sé stessa per non ascoltarlo. Chinò il capo in diniego, irremovibile.

“Ho già sistemato tutto.” Annunciò in tono definitivo.

Personalmente, Tom avrebbe di gran lunga preferito un responso più violento, se non altro per potersi sentire in diritto di mettersi a urlare come avrebbe voluto. Ma Leni non sembrava intenzionata a lasciar trapelare nemmeno l’ombra di un’emozione, e lui scelse di lasciar correre.

Sei una gran cocciuta, e anche una gran stupida…

“Allora te ne andrai…”

Leni annuì lentamente.

“Mi dispiace, Tom.”

“Sì, anche a me,” ribatté lui, glaciale. “Forse ti ho sopravvalutata… Ora come ora, non mi sembri più poi così speciale come credevo.”

Leni non reagì, e Tom non seppe mai se avrebbe trovato il coraggio di rispondergli, perché prima che lei potesse aprir bocca, qualcuno entrò nella stanza.

“Eccoti qui, finalmente,” David rivolse a Tom un sorriso amichevole. “Va meglio?”

Tom grugnì un assenso ed affondò le mani nelle tasche, tornando davanti allo specchio.

“Mi fa piacere,” rispose David, sollevato, poi il suo sguardo puntò altrove, sullo schienale della poltrona. “Leni, ci sei tu lì?”

Lei si alzò semplicemente in piedi, senza guardare Tom, né emettere un suono.

“Ti spiacerebbe venire di là un momento?” le chiese Dave, gentile come sempre, ma qualcosa nel suo tono mise Tom in allarme. “Vorrei scambiare due parole con te.”

Avrebbe voluto fermarla, mettersi fra lei e David ed impedirle di andarsene, invece non si mosse.

Senza ulteriori indugi, Leni gli lanciò un’ultima occhiata fugace ed uscì a passo deciso.

-------

Leni seguì David nel vasto giardino sul retro dell’hotel. Il tempo era buono, piuttosto caldo, per il periodo, ma Leni sentiva un freddo che non aveva nulla a che vedere con la temperatura.

Camminarono per un po’ in silenzio, ma Leni sapeva perché si trovavano lì, e perché erano soli. David, che passeggiava al suo fianco, era visibilmente a disagio.

“So di cosa vuoi parlare.” Esordì lei, nel tentativo di facilitargli le cose. Andavano molto d’accordo, loro due, e poteva immaginare quanto dura fosse per lui affrontare l’argomento con lei.

Dave si fermò e si voltò verso di lei, scuro in volto.

“Allora saprai anche cosa sto per dirti.”

“Sì.”

Ci siamo, Leni cercò di farsi coraggio. And if our final day has come, let’s pretend to carry on…

“Ti voglio evitare inutili e noiosi preamboli, Dave,” proseguì, mentre una parte di lei si sentiva morire. “Me ne vado, non appena scade in contratto di prova.”

David parve impreparato a questo dettaglio.

“Ma sarà il giorno del concerto…” esclamò, corrugando la fonte.

“Ho già parlato con Kyla,” tagliò corto lei, desiderosa di accorciare il più possibile quel piccolo calvario. “Non era affatto contenta di quello che avevo da dirle, ma ha capito.”

David si portò le mani ai fianchi ed abbassò lo sguardo, stringendo le labbra.

“Che cosa farai?”

“Sono stata invitata ad un cocktail party, la sera del trenta,” spiegò, calciando via un sasso. “Incontrerò un pezzo grosso della moda londinese, e poi si vedrà. Sarò fuori dai piedi entro le cinque del pomeriggio.”

“Mi dispiace che debba andare così,” L’espressione addolorata di David era sincera, ma non esistevano terze vie, lo sapevano bene entrambi. “Ti adoriamo tutti quanti, ma io sono il loro manager, devo pensare al bene del gruppo prima di tutto…”

“Dave,” Leni si sforzò di rassicurarlo con un abbozzo di sorriso. “Non mi devi nessuna spiegazione, avevo già preso questa decisione per conto mio. Sul serio.”

Dave restituì il sorriso con altrettanto rammarico.

“Ci mancherai molto, Alhena.”

Mai quanto mancherete voi a me.

“Sei una ragazza formidabile, lo sai?” aggiunse lui, ma lei era di diverso avviso.

“No, non lo sono,” affermò categorica. “Ma ti ringrazio, comunque. Infondo è stato merito tuo se ho potuto avere il piacere di conoscere i ragazzi… E anche se le cose devono finire così, sono davvero felice di aver avuto l’occasione di lavorare con voi. Mi avete dato molto.”

“È stato uno scambio equo, mi pare.” Disse in tono nostalgico.

Una folata di vento scompigliò la lunga chioma nera di Leni, portandosi via il fantasma di una lacrima che non aveva nemmeno avuto il tempo di nascere.

“Prenditi cura di loro,” si raccomandò. “Fa’ in modo che restino sempre le splendide persone che sono, e soprattutto assicurati che la loro carriera sia lunga e brillante come meritano, così potrò sentirli vicini, anche da lontano.”

David assentì con un cenno, le mani nella tasca della giacca.

“Te lo prometto.” Le assicurò. La scrutava colpevolmente, ma quello che stava succedendo non era una sua responsabilità.

Non è neanche tua, s’intromise la voce che dimorava nell’angolo più buio e remoto della mente di Leni, ma scarificarsi come una martire è senz’altro più nobile che ammettere che sei terrorizzata da quello che provi, giusto?

Ma Leni non voleva ascoltare.
   
 
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