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Autore: cioshua    03/04/2013    5 recensioni
Dal primo capitolo:
"Gelsomino. Questo fiore la rispecchiava perfettamente. Io me la ricordo. La prendevo sempre in giro per il suo nome e per il colore della sua pelle. Ero stato io a darle quel soprannome, da bambini, e ricordo che tutti a scuola la prendevano in giro. Tranne quelle amiche che aveva, che le ripetevano che erano tutti gelosi.
E in effetti, avevano ragione: Jasmine aveva due occhi da far invidia al cielo più limpido e lunghi capelli neri che le scivolavano per tutta la lunghezza della schiena. C’era molto di cui essere gelosi.
Ricordo il profumo di gelsomino della sua pelle e dei suoi capelli. Ricordo quando mia madre le aveva fatto una corona di gelsomini mentre parlava con la sua. Ricordo quanto sua madre ci tenesse che lei fosse sempre pulita e composta, e ricordo quando arricciava il naso mentre noi giocavamo con la terra. Ricordo quando la prendevo in giro chiamandola ‘Girasole’ o ‘Tulipano’ ma lei non ha mai davvero compreso la bellezza di quei due fiori e del perché la chiamassi così.
E adesso, nonostante rimpianga ancora di averla fatta scappare, resto immobile a fissare il mio Gelsomino andare via un’altra volta."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il numero 85 di London Road è più freddo e spento del solito. Ricordo quando, negli anni passati, la casa era colorata e piena di luce; adesso sembra un mortorio. La mia camera è buia e spenta, i miei familiari non proferiscono parola su quanto accaduto il giorno precedente all’ospedale e mi incoraggiano con piccoli sorrisi tristi.
Dopo l’accaduto sono tornato di corsa a casa senza salutare i miei parenti e senza fare visita a mia cugina Erica. Inutile dire che c’è rimasta davvero male. Ma oggi pomeriggio rimedierò; le comprerò un mazzo di begonie color confetto, le sue preferite, e le andrò a fare visita sperando che mi perdoni.
La sveglia elettronica sul comodino segna le ore 10 del mattino. Meglio non perdere tempo: la giornata fuori sarà splendida come quella di ieri, ed è un caso raro qui a Bradford il sole primaverile, perciò non voglio sprecare un solo minuto di questo nuovo giorno.
Mi alzo silenziosamente e facendo attenzione a non svegliare la persona che mi dorme accanto, l’unica che miracolosamente è riuscita ad entrare nella mia stanza ieri sera…la mia nuova ragazza.
La voglia di dimenticare, di fare nuove esperienze, di vivere la vita di botto così come viene è sparita nell’esatto momento in cui ho riconosciuto la figura che avevo davanti ieri all’ospedale. Guardo la ragazza bionda che dorme nel mio letto e provo dispiacere per lei. Stiamo insieme da quattro mesi e in tutto questo tempo l’ ho solo usata. Ho però avuto modo di conoscerla bene e c’è da dire che è proprio una ragazza dolce. Non la merito.
Abbandono le mie paranoie per darmi una mossa e prepararmi per andare all’ospedale.
Cerco di sembrare il più gentile possibile con mia madre quando mi presento in cucina per fare colazione. Lei fa sempre tanto per me, e so quanto le farebbe male se mi voltassi bruscamente contro di lei. Finisco velocemente quello che ho nel piatto e, afferrando la giacca dall’appendiabiti, esco di casa.
Il cielo è coperto da qualche nuvola qua e là ma per fortuna si riesce a scorgere il sole dietro una piccola nuvoletta.
Il bel tempo mi mette di buon umore. Quando fa bel tempo di sicuro la giornata per me andrà bene.
Cammino con il sorriso sulla faccia fino al fioraio in World Avenue, il fioraio in cui da piccolo andavo sempre con la mamma. Il fioraio in cui mia madre comprò i gelsomini per la corona di Jasmine.
Scuoto la testa, come per cacciare via una mosca fastidiosa, e scruto bene i fiori che ho davanti. Ecco il problema. Non sono bravo a classificare i fiori. Per me sono tutti ‘fiori’. Qui ogni tipo ha un cartellino con su scritto il nome e da dove provengono. Sono fregato.
Mi avvicino al vecchio signore seduto su una sedia dietro la piccola scrivania all’interno della tenda, che a distanza di anni non è cambiato di una virgola; gli stessi baffoni bianchi e gli stessi occhi celesti vispi; il solito cappello verde foglia invecchiato dal tempo e la solita camicetta corallo. Mi chiedo se si lava ogni tanto.
-Come posso aiutarti? – mi chiede alzandosi dalla sedia sorridente e dandomi una pacca sulla spalla. Ho sempre stimato questo fioraio fin da bambino per la passione e l’impegno che mette nel lavoro che fa e l’amore con cui guarda quei fiori,come se fossero il suo tutto.
-Ehm…io cerco delle begonie rosa. Sono per mia cugina. – gli rispondo imbarazzato, grattandomi la nuca. Non sono bravo in queste cose, io. Sono più un tipo ‘fisico’. Il mio migliore amico Liam, lui sì che è esperto in romanticismo. È uno dei miei coinquilini nell’appartamento di Notting Hill a Londra.
Nel frattempo, l’anziano scruta con attenzione le file di vasi e vasetti riposte sugli scaffali o per terra ai bordi della tenda.
-Begonie! Trovate. Quante te ne servono, ragazzo? – mi chiede, prendendo in mano il vaso in ceramica bianco. Ci rifletto velocemente sopra e poi sparo un numero a caso.
-Sedici. – affermo convinto. –Sì,sedici dovrebbero andare bene…- borbotto poi più a me stesso che a lui.
Il fioraio estrae dal vaso sedici begonie esatte; dopodiché lega il mazzo di fiori con un nastro dello stesso colore dei petali e li avvolge in una retina bianca.
Prendo il mazzo e dopo aver pagato mi avvio a grandi passi verso l’ospedale, che non dista molto da dove sono adesso.
Il tempo di arrivare davanti all’edificio e sono già le undici e mezza; meglio sbrigarsi, non mi conviene perdere il pranzo primaverile tradizionale con i parenti.
Una volta entrato, chiedo all’infermiera se posso visitare mia cugina.
-Mi dispiace, al momento lei sta riposando… Se vuoi puoi comunque lasciarle i fiori. – mi spiega sorridendo. La ringrazio e mi avvio verso la sua stanza. In effetti sta ronfando ancora, non me la sento di svegliarla.
Nel comodino accanto al suo letto c’è un altro vaso di fiori, con un biglietto. Mi guardo intorno, sono da solo. Levo il mazzo di fiori vecchio dal vaso e vi sistemo le mie begonie fresche. Sorrido soddisfatto.
C’è ancora qualcosa che manca…
Mi soffermo sul bigliettino attaccato ai vecchi fiori. Lo stacco, dice solo “Auguri di pronta guarigione” niente di cui vale la pena sentirselo sulla coscienza. Prendo la penna posata accanto al vaso di fiori, che probabilmente avranno scordato qui ieri le zie, e sul retro del bigliettino scrivo:

Mi dispiace di non averti fatto visita ieri,sono dovuto scappare. Rimani sempre la mia cugina preferita. Ma non dirlo alle altre. –Zayn xx.”

Lo sistemo accuratamente tra i fiori e, soddisfatto ancor più di prima, lancio un’ultima occhiata a mia cugina prima di uscire dalla stanza.
Cammino un’altra volta in quei corridoi freddi e bianchi, sperando di trovare l’uscita il più presto possibile.
Mi ritrovo a vagare per quell’enorme ospedale senza sapere dove andare e sentendomi in un labirinto.
Poi la vedo: la macchinetta del caffè. Penso di essere salvo e mi lascio scappare un sospiro di sollievo, liberandomi in un sorrisetto divertito. Mi stavo facendo prendere dal panico dentro un ospedale.
Mentre mi avvicino alla macchinetta del caffè mi accorgo, spiacevolmente, che non è quella del giorno prima. Mi sono perso davvero.
Mi porto una mano al viso cercando di concentrarmi: non posso essermi perso dentro un ospedale. Non sono così stupido, andiamo.
Do le spalle alla macchinetta per fissare incessantemente l’ascensore, sperando che qualcuno mi salvi.
Sento dei passi lontani che si avvicinano nel corridoio dove sono io, completamente deserto. Sollevato, cammino in direzione del rumore dei passi, che adesso si fa sempre più vicino. Quando sto per girare l’angolo, sbatto contro una ragazza e lei, perdendo l’equilibrio, cade per terra.
-Oddio, scusami! – mi scuso chinandomi per aiutarla ad alzarsi da terra.
I capelli neri le coprono il viso e la vestaglia dell’ospedale è sgualcita.
La afferro da un braccio e la tiro su non mettendo troppa forza, è leggera come una piuma. Ci alziamo trionfanti, io sfoggio uno dei miei sorrisi migliori.
Mi blocco non appena la ragazza alza il viso e punta i suoi occhi nei miei.
Occhi di ghiaccio.
Entrambi spalanchiamo la bocca. Il destino mi sta giocando un brutto gioco in questi giorni. Mollo la presa dal suo polso, che ormai stava diventando troppo forte e provo a dire qualcosa, ma le parole mi muoiono in gola.
-N-Non dovresti essere qui. Questo è il reparto di cardiologia. – balbetta indietreggiando, per poi voltarsi e iniziare a correre.
Subito le mie gambe corrono verso di lei, mentre urlo il suo nome cercando disperatamente di poterla fermare.
Jasmine. E pensare che la giornata era iniziata bene!
Forse è un segno del destino. Il destino voleva farmi tornare a Bradford e farmi incontrare un ragazza del mio passato distrutta, con gli occhi tristi.
Prima che possa scendere le scale la afferro per un polso e la costringo a guardarmi negli occhi.
In quegli occhi vedo il dolore di una persona che ha sofferto per molto tempo. Non vedo più il brillare di quando avevamo sedici anni, non vedo più la sensazione di felicità che trasmettevano solo guardandoti. Prima erano più azzurri, adesso sono…grigi,vuoti,spenti. Come questo ospedale. Come il mio cuore in questo momento.





 

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YO PEOPLE!
Allora, innanzitutto vorrei
ringraziare la ragazza che ha recensito lo scorso capitolo, 
Nicole Write
hai detto davvero delle cose carine,grazie.<3 
Poooi,
vorrei ringraziare anche chi ha messo la storia fra le
preferite/seguite.<3
Della serie che ho caricato il capitolo ieri notte
e stamattina quando sono entrata su efp
e ho visto tutte quelle persone che
la seguono...
boh stavo per piangere AHAHAHAHAH.
Comunque,vi avviso:
i prossimi due-tre capitoli
saranno molto tristi.
Poi la storia si riprenderà,
ma comunque ho già
in mente come finirà,e non è un lieto fine :C
Fatemi sapere che ne pensate! :)

  
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