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Autore: The dark prince    24/10/2007    0 recensioni
[PRIMA PARTE TRILOGIA]
Salzar Serpeverde.
Godric Grifondoro.
Cosetta Corvonero.
Tosca Tassorosso.
Ambizione. Coraggio. Intelligenza. Lealtà.
Insieme, sono la perfezione.
Ambizione di arrivare in alto, di divenire grande, potente.
Coraggio di ammettere i propri sbagli, di pensare agli altri prima che di se stesso.
Intelligenza di prevedere eventi, di usare le proprie capacità per il bene comune.
Lealtà verso se stessi, verso gli altri.
Da sole, senza una di queste cose, un uomo non è niente.
Quattro vite. Quattro persone.
Quattro persone che hanno forgiato un mondo, una civiltà, un'era.
Quattro persone che sono divenute immortali, non nella carne, ma nella memoria.
Quattro ombre del passato, sedute su quattro troni d'oro massiccio intarsiati con gemme preziose.
Noi li vediamo così, semplicemente irrangiungibili, mistici.
Ombre di un'era passata, ma anche loro erano uomini, anche loro avevano una vita.
La vita, di due uomini e due donne, che cambiarono il mondo.
Quattro anime.
Una leggenda.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corvonero, Serpeverde, Sorpresa, Tassorosso
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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2°) Iridi d’ambra

 

Anno Domini 928.

Gran Bretagna.

Scozia.

Brughiera.

 

 

Il disco solare illuminava gli steli d’erba, di un brillante color smeraldo, che rilucevano d’oro al riflesso della luce. Qua e là piccoli arbusti e cespugli di un verde intenso sbucavano dalla terra, mentre un freddo vento piegava tutte le forme viventi in un’unica direzione, sradicando i vegetali più deboli e proclamando a gran voce, quasi urlando, la legge del più forte.

Un lago, sorgeva a pochi metri da tutto questo, la superficie rispecchiava il sole sopra ad essa, colorandosi di un tenue color oro, era increspata dal tagliente vento, in modo che piccole onde andassero ripetutamente, a sfracellarsi contro le grigie rocce, sollevando migliaia di goccioline trasparenti.

Vicino al lago, una casa di bianco e liscio marmo si levava imponente, coperta da tegole scarlatte.

Una delle tre stanze che formavano l’abitazione era piuttosto ampia, un letto matrimoniale occupava l’intero spazio, le basi color dell’acciaio, poggiavano sul parquet di pregiato ebano, col quale era stato costruito l’intero letto.

Coperte scarlatte, riccamente ricamate in oro, raffiguravano un leone.

L’intera stanza, era illuminata da un’ampia finestra, le tapparelle, color verde scuro, erano spalancate, la luce solare colpiva il colorato vetro, che diffondeva milioni di raggi colorati; sopra il letto, si ergeva imponente un lampadario d’oro massiccio, che sembrava restare attaccato al soffitto per pura magia, serviva per illuminare la camera nei freddi e bui giorni invernali.

Nella seconda stanza si poteva vedere un tavolo di ciliegio, su cui era poggiato un piatto trasparente, finemente lavorato, che riluceva di mille colori provenienti dalle tre finestre, identiche a quella in camera da letto; un calderone di metallo ribolliva a fuoco lento, e effluvi di vapori si incanalavano nel camino; quadri che rappresentavano eroiche battaglie spiccavano nitidi sul bianco muro, evidenziato dalle cornici color argento, un tappeto scarlatto e color metallo, copriva il parquet.

Nella terza e ultima camera, il tetto mancava completamente, un nido costruito con ramoscelli, peli e pelli animali occupava tutto lo spazio disponibile, grumi di sangue rappreso imbrattavano il duro pavimento di pietra argentata.

Improvvisamente, un verso stridulo, acuto, tanto che pareva trapanarti i timpani, riecheggiò nell’aria, una forma indistinta, simile a un triangolo nero, proveniente dalla rocciosa catena montuosa alle spalle della abitazione, oscurò per pochi attimi il disco dorato, per poi planare in direzione del nido all’interno della casa.

Quando fu più vicino si poté distinguere come un volatile, maestoso, leggiadro, l’apertura alare, circa tre metri, pareva portare ombra all’intera pianura, il becco, color dell’acciaio, sfumato di un opaco giallo, brillava sotto la luce del sole, lucente e liscio come alabastro; gli occhi azzurri come il cielo, luccicavano di una propria luce  color del sole e scrutavano la piana sottostante famelici; il piumaggio, di un

bruno-fulvo terminava con delle penne nere come l’inchiostro. La testa, affusolata e calva era ricoperta da sottili e brevi penne setolose color della panna, alla base era ben visibile un collare di piume, bianco come la neve: un Grifone planò sulla casa, andandosi a sistemare in quel nido color della terra.

- Te la sei presa proprio comoda oggi, eh? –

Una fiera voce si levò nitida per la stanza, il grifone squadrò truce in direzione della porta, mentre i suoi occhi azzurri luccicavano di una sinistra luce dorata.

Sulla porta d’ebano, rinforzata con del metallo, si stagliava la figura di un ventenne, muscoloso, una camicia cremisi metteva in evidenzia gli addominali ben scolpiti, dei pantaloni azzurri gli ricadevano sulle scarpe nere, legato al collo un mantello color dell’oro; il viso scarno, metteva in evidenzia gli occhi color dell’ambra, così simile al color dell’oro fuso, mentre ei capelli ricci, color del rame, gli ricadevano in maniera disordinata sulle orecchie.

L’ennesimo verso stridulo e cupo provenne dal grifone.

- Ok, non fa niente, Victor, ma… –

Un sinistro luccichio scarlatto comparve nelle iridi ambrate, una smorfia di irritazione sulle rosee labbra.

- Quante volte ti ho detto di non portare del cibo nella mia casa? –

Un tremolio di rabbia attraversò il corpo del ragazzo; gli occhi illuminati da una tetra luce scarlatta, il colore ambrato delle iridi sostituito da un luminoso dorato, che saettarono rapide in direzione delle zampe dell’avvoltoio: la carcassa di una pecora, il cui bianco manto era imbrattato da un vischioso sangue cremisi, era stretta dai lucenti artigli del volatile.

Uno stridulo verso di protesta si levò dal grifone, quando il ragazzo, con un leggero movimento della bacchetta color dell’acciaio, aveva fatto sparire la carcassa.

Victor lanciò uno sguardo carico di rancore all’uomo, come se volesse bruciarlo con le fiamme all’interno delle azzurre iridi.

- Ciao, Victor. –

Girandosi, con un ghigno di soddisfazione in volto, il giovane abbandonò la stanza, diretto al tavolo di ciliegio, accompagnato dall’ennesimo verso stridulo del grifone.

Si stava per sedere, quando si irrigidì di colpo, come se fosse stato pietrificato.

- Ma cosa?! –

Disse il ragazzo, guardando fuori dalla finestra.

 

***

 

Una luce bianca malata, scoppiò dal nulla nella piana, per poi sparire, improvvisamente, così com’era venuta, lasciandosi dietro un ricordo: un giovane e un vecchio si guardavano intorno.

- Dove siamo?. –

Un freddo sibilo provenne dal ragazzo, scrutando torvo la pianura circostante con le sue iridi argentate, tenendo stretta nella mano sinistra una gabbia nera inchiostro.

- Dove dovevamo essere, Salazar. –

Una voce caldo, completamente opposta alla prima, si levò dal vecchio, che lanciava sguardi attenti alla casa di bianco marmo.

- Questo l’avevo capito anche da solo… -

Sibilò gelido Salazar.

-…vorrei qualche informazione in più, Wulfric.-

- Come desideri. –

Disse amabile Wulfric.

- Siamo in Scozia, nelle grandi brughiere. –

- Per fare cosa? –

Chiese freddo il ragazzo, scoccando sguardi carichi d’astio al vecchio.

- A incontrare un altro stregone –

Rispose rapido Wulfric, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, scrutando la pianura con i suoi occhi color del ghiaccio.

- Anche se credo che ci abbia già avvistato… -

Disse solare, e iniziando a camminare nella direzione dell’abitazione, da cui un ragazzo stava venendo nella loro direzione.

Dopo pochi minuti, il ragazzo li raggiunse, per poi iniziare a parlare guardandoli torvo:

- Chi siete? –

Chiese scorbutico, la bacchetta color dell’acciaio in mano.

- Buongiorno. –

Disse amabile Wulfric.

“Questo è pazzo…”

Pensò Salazar, scrutando accigliato il vecchio.

“….questo qui ha la bacchetta sguainata e lui lo saluta!Cose da matti!”

- Io mi chiamo Wulfric invece questo giovane… -

Continuò l’anziano, indicando Serpeverde.

- …è uno stregone dai grandi poteri, Salazar Serpeverde. –

- Sì? –

Chiese scettico e ironico il ragazzo.

- Non ci credi? –

Sibilò Salazar a denti stretti, gli occhi ridotti a fessure argentee.

- Solo una cosa potrebbe convincermi. –

Disse di ramando il giovane, come ruggendo.

Un gelido sorriso si disegnò sulle labbra di Serpeverde, mentre la pupilla si riduceva a poco più di un fessura, frammenti di smeraldo nelle iridi, la mano era scattata alla nera bacchetta, ora puntata al petto del giovane.

- Un duello? –

Chiese ruggendo il ragazzo dalle iridi ambrate.

- Prima il tuo nome. –

Sibilò gelido Salazar.

- Calmiamoci, ragazzi. –

- Taci, Wulfric. –

Sibilò nuovamente Salazar.

- Godric -

Rispose il giovane, puntando a sua volta la bacchetta al petto di Serpeverde, un lampo di sfida nelle iridi, in cui fiamme scarlatte divampavano impetuose.

- Godric Grifondoro. –

Serpeverde contro Grifondoro.

Argento contro Oro.

Smeraldo contro Cremisi.

La prima sfida tra Salazar Serpeverde e Godric Grifondoro ha inizio.

Quello, fu il vero inizio di tutto.

Ringrazio chiunque abbia letto, e sò che questo cap. è corto e piuttosto brutto e i scuso.

Ringrazio per i commenti, invitando anche voi a lascarli, Vegeta91, Salazar e Lilyblack.

Grazie, The Dark Prince.

  
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