2°) Iridi
d’ambra
Anno
Domini 928.
Gran
Bretagna.
Scozia.
Brughiera.
Il
disco
solare illuminava gli steli d’erba, di un brillante color
smeraldo, che
rilucevano d’oro al riflesso della luce. Qua e là
piccoli arbusti e cespugli di
un verde intenso sbucavano dalla terra, mentre un freddo vento piegava
tutte le
forme viventi in un’unica direzione, sradicando i vegetali
più deboli e
proclamando a gran voce, quasi urlando, la legge del più
forte.
Un
lago,
sorgeva a pochi metri da tutto questo, la superficie rispecchiava il
sole sopra
ad essa, colorandosi di un tenue color oro, era increspata dal
tagliente vento,
in modo che piccole onde andassero ripetutamente, a sfracellarsi contro
le
grigie rocce, sollevando migliaia di goccioline trasparenti.
Vicino
al
lago, una casa di bianco e liscio marmo si levava imponente, coperta da
tegole
scarlatte.
Una
delle
tre stanze che formavano l’abitazione era piuttosto ampia, un
letto
matrimoniale occupava l’intero spazio, le basi color
dell’acciaio, poggiavano
sul parquet di pregiato ebano, col quale era stato costruito
l’intero letto.
Coperte
scarlatte, riccamente ricamate in oro, raffiguravano un leone.
L’intera
stanza, era illuminata da un’ampia finestra, le tapparelle,
color verde scuro,
erano spalancate, la luce solare colpiva il colorato vetro, che
diffondeva
milioni di raggi colorati; sopra il letto, si ergeva imponente un
lampadario
d’oro massiccio, che sembrava restare attaccato al soffitto
per pura magia, serviva
per illuminare la camera nei freddi e bui giorni invernali.
Nella
seconda stanza si poteva vedere un tavolo di ciliegio, su cui era
poggiato un
piatto trasparente, finemente lavorato, che riluceva di mille colori
provenienti dalle tre finestre, identiche a quella in camera da letto;
un
calderone di metallo ribolliva a fuoco lento, e effluvi di vapori si
incanalavano nel camino; quadri che rappresentavano eroiche battaglie
spiccavano nitidi sul bianco muro, evidenziato dalle cornici color
argento, un
tappeto scarlatto e color metallo, copriva il parquet.
Nella
terza
e ultima camera, il tetto mancava completamente, un nido costruito con
ramoscelli, peli e pelli animali occupava tutto lo spazio disponibile,
grumi di
sangue rappreso imbrattavano il duro pavimento di pietra argentata.
Improvvisamente,
un verso stridulo, acuto, tanto che pareva trapanarti i timpani,
riecheggiò
nell’aria, una forma indistinta, simile a un triangolo nero,
proveniente dalla
rocciosa catena montuosa alle spalle della abitazione,
oscurò per pochi attimi
il disco dorato, per poi planare in direzione del nido
all’interno della casa.
Quando
fu
più vicino si poté distinguere come un volatile,
maestoso, leggiadro,
l’apertura alare, circa tre metri, pareva portare ombra
all’intera pianura, il
becco, color dell’acciaio, sfumato di un opaco giallo,
brillava sotto la luce
del sole, lucente e liscio come alabastro; gli occhi azzurri come il
cielo, luccicavano
di una propria luce color
del sole e
scrutavano la piana sottostante famelici; il piumaggio, di un
bruno-fulvo
terminava con delle penne nere come l’inchiostro. La testa,
affusolata e calva
era ricoperta da sottili e brevi penne setolose color della panna, alla
base
era ben visibile un collare di piume, bianco come la neve: un Grifone
planò
sulla casa, andandosi a sistemare in quel nido color della terra.
-
Te la sei
presa proprio comoda oggi, eh? –
Una
fiera
voce si levò nitida per la stanza, il grifone
squadrò truce in direzione della
porta, mentre i suoi occhi azzurri luccicavano di una sinistra luce
dorata.
Sulla
porta
d’ebano, rinforzata con del metallo, si stagliava la figura
di un ventenne,
muscoloso, una camicia cremisi metteva in evidenzia gli addominali ben
scolpiti, dei pantaloni azzurri gli ricadevano sulle scarpe nere,
legato al
collo un mantello color dell’oro; il viso scarno, metteva in
evidenzia gli
occhi color dell’ambra, così simile al color
dell’oro fuso, mentre ei capelli
ricci, color del rame, gli ricadevano in maniera disordinata sulle
orecchie.
L’ennesimo
verso stridulo e cupo provenne dal grifone.
-
Ok, non fa
niente, Victor, ma… –
Un
sinistro
luccichio scarlatto comparve nelle iridi ambrate, una smorfia di
irritazione
sulle rosee labbra.
-
Quante
volte ti ho detto di non portare del cibo nella mia casa? –
Un
tremolio
di rabbia attraversò il corpo del ragazzo; gli occhi
illuminati da una tetra
luce scarlatta, il colore ambrato delle iridi sostituito da un luminoso
dorato,
che saettarono rapide in direzione delle zampe
dell’avvoltoio: la carcassa di
una pecora, il cui bianco manto era imbrattato da un vischioso sangue
cremisi,
era stretta dai lucenti artigli del volatile.
Uno
stridulo
verso di protesta si levò dal grifone, quando il ragazzo,
con un leggero
movimento della bacchetta color dell’acciaio, aveva fatto
sparire la carcassa.
Victor
lanciò uno sguardo carico di rancore all’uomo,
come se volesse bruciarlo con le
fiamme all’interno delle azzurre iridi.
-
Ciao,
Victor. –
Girandosi,
con un ghigno di soddisfazione in volto, il giovane
abbandonò la stanza,
diretto al tavolo di ciliegio, accompagnato dall’ennesimo
verso stridulo del
grifone.
Si
stava per
sedere, quando si irrigidì di colpo, come se fosse stato
pietrificato.
-
Ma cosa?!
–
Disse
il
ragazzo, guardando fuori dalla finestra.
***
Una
luce
bianca malata, scoppiò dal nulla nella piana, per poi
sparire, improvvisamente,
così com’era venuta, lasciandosi dietro un
ricordo: un giovane e un vecchio si
guardavano intorno.
-
Dove
siamo?. –
Un
freddo
sibilo provenne dal ragazzo, scrutando torvo la pianura circostante con
le sue
iridi argentate, tenendo stretta nella mano sinistra una gabbia nera
inchiostro.
-
Dove
dovevamo essere, Salazar. –
Una
voce
caldo, completamente opposta alla prima, si levò dal
vecchio, che lanciava
sguardi attenti alla casa di bianco marmo.
-
Questo
l’avevo capito anche da solo… -
Sibilò
gelido Salazar.
-…vorrei
qualche informazione in più, Wulfric.-
-
Come
desideri. –
Disse
amabile Wulfric.
-
Siamo in
Scozia, nelle grandi brughiere. –
-
Per fare
cosa? –
Chiese
freddo il ragazzo, scoccando sguardi carichi d’astio al
vecchio.
-
A
incontrare un altro stregone –
Rispose
rapido Wulfric, come se fosse la cosa più ovvia del mondo,
scrutando la pianura
con i suoi occhi color del ghiaccio.
-
Anche se
credo che ci abbia già avvistato… -
Disse
solare, e iniziando a camminare nella direzione
dell’abitazione, da cui un
ragazzo stava venendo nella loro direzione.
Dopo
pochi
minuti, il ragazzo li raggiunse, per poi iniziare a parlare guardandoli
torvo:
-
Chi siete?
–
Chiese
scorbutico, la bacchetta color dell’acciaio in mano.
-
Buongiorno. –
Disse
amabile Wulfric.
“Questo
è
pazzo…”
Pensò
Salazar, scrutando accigliato il vecchio.
“….questo
qui ha la bacchetta sguainata e lui lo saluta!Cose da matti!”
-
Io mi
chiamo Wulfric invece questo giovane… -
Continuò
l’anziano, indicando Serpeverde.
-
…è uno
stregone dai grandi poteri, Salazar Serpeverde. –
-
Sì? –
Chiese
scettico e ironico il ragazzo.
-
Non ci
credi? –
Sibilò
Salazar a denti stretti, gli occhi ridotti a fessure argentee.
-
Solo una
cosa potrebbe convincermi. –
Disse
di
ramando il giovane, come ruggendo.
Un
gelido
sorriso si disegnò sulle labbra di Serpeverde, mentre la
pupilla si riduceva a
poco più di un fessura, frammenti di smeraldo nelle iridi,
la mano era scattata
alla nera bacchetta, ora puntata al petto del giovane.
-
Un duello?
–
Chiese
ruggendo
il ragazzo dalle iridi ambrate.
-
Prima il
tuo nome. –
Sibilò
gelido Salazar.
-
Calmiamoci, ragazzi. –
-
Taci, Wulfric.
–
Sibilò
nuovamente
Salazar.
-
Godric -
Rispose
il
giovane, puntando a sua volta la bacchetta al petto di Serpeverde, un
lampo di
sfida nelle iridi, in cui fiamme scarlatte divampavano impetuose.
-
Godric
Grifondoro. –
Serpeverde
contro Grifondoro.
Argento
contro Oro.
Smeraldo
contro
Cremisi.
La
prima
sfida tra Salazar Serpeverde e Godric Grifondoro ha inizio.
Quello, fu il vero inizio di tutto.
Ringrazio chiunque abbia letto, e sò che questo cap. è corto e piuttosto brutto e i scuso.
Ringrazio per i commenti, invitando anche voi a lascarli, Vegeta91, Salazar e Lilyblack.
Grazie, The
Dark Prince.