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Autore: Diana Klein    05/04/2013    2 recensioni
La storia è ambientata in un 'mondo parallelo', dove ogni persona ha un filo rosso intangibile intorno al polso, che la lega alla propria anima gemella. Diana, una ragazza studiosa e intelligente dell' alta borghesia. Rin, un ragazzo immaturo e scansafatiche, con un tragico passato alle spalle. Due ragazzi, completamente diversi, legati dal destino. Cosa succederà, quando si incontreranno? Riusciranno ad accettare la loro diversità e a comprendersi a vicenda?
"...ogni persona, dal momento della sua nascita fino alla sua morte, è legata da un filo rosso, invisibile, alla sua anima gemella..." "...Esso ti guiderà inevitabilmente dalla tua anima gemella, e indipendentemente dalla distanza e dal tempo che ci impiegherà."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Esiste un’ antica leggenda, forse giapponese, o forse cinese, non ricordo. Ho sentito questa storia quando ero piccola, non ricordo chi me l’ abbia raccontata. Ma questo non ha importanza.
Dicevo, esiste un’ antica leggenda. Narra che ogni persona, dal momento della sua nascita fino alla sua morte, è legata da un filo rosso, invisibile, alla sua anima gemella. Il filo è legato al mignolo della mano, – o forse al piede? – e non può essere tagliato, nè spezzato. Non lo vedi, ma è lì. E ti guiderà inevitabilmente dalla tua anima gemella, indipendentemente dalla distanza e dal tempo che ci impiegherà. 
Trovo questa leggenda molto affascinante.

E se questo filo non fosse invisibile, se fosse cosa risaputa che questo filo esiste, cosa succederebbe?
Si potrebbe partire, alla ricerca della propria anima gemella, con la speranza che anche lei ti stia cercando. Si potrebbe fantasticare su come sia, di che nazione, di che cultura. E, quando finalmente la si troverebbe, si sarebbe sicuri che è quella la persona con cui si resterà per il resto della vita. Di sicuro più interessante di rimanere qui seduta, solamente a fantasticare.
Ma è davvero sicuro, che sarebbe tutto più facile? Chissà, posso solo immaginare. E questo pensiero è decisamente più affascinante della leggenda in sé.


 

 
Diana camminava a passo svelto lungo il bordo del marciapiede della via più affollata della città. I suoi lunghi capelli color rame ondeggiavano ad ogni passo. Era bassina per la sua età. Aveva un naso dritto, e il mento abbastanza sporgente per una ragazza, ma che le davano un aria decisa e allo stesso tempo graziosa.  Aveva un filo sottile legato al polso. Il colore del filo, di un rosso molto acceso, diveniva sempre più spento fino a essere sempre più trasparente, man mano che si allontanava dal polso. Non si poteva né toccare, né tagliare.  La ragazza camminava, evitando ogni persona, verso la scuola.
Diana era stata da sempre una bambina silenziosa e lunatica. Aveva sempre un’ aria pensierosa, ed era con la testa fra le nuvole ovunque. A volte era lenta a rispondere alle domande, ma non era stupida. Anzi, lei era sveglia e intelligente molto più dei suoi coetanei. I genitori non furono sorpresi quando, a soli undici anni, una sera arrivò da loro e con semplicità annunciò che riusciva a vedere il suo filo. Di solito si riesce a vedere il proprio filo del destino quando si è abbastanza maturi, e ciò avviene generalmente intorno ai  quindici-sedici anni. Negli studi era brillante, seguiva le lezioni e svolgeva i compiti con facilità. A volte questo causava invidia nei suoi confronti, ma lei non ci dava peso.
Quel giorno doveva sostenere un esame di lingue straniere, molto avanzato per la sua età. Aveva solo sedici anni, quasi diciassette, dato che dopo qualche settimana li avrebbe compiuti, eppure sapeva già parlare l’Inglese, il Tedesco e il Giapponese quasi perfettamente (oltre l’ Italiano, si intende).
Mentre camminava cercava di concentrarsi, ripeteva nella sua testa quelle poche parole che più si dimenticava. Non era nervosa, riusciva a mantenere la calma in ogni occasione, lei.
Si chiedeva: “Ce la farò…? Ce la farò…?” …
“Ovvio.”

Un ragazzo stava poggiato a un muretto, la schiena curva, le mani in tasca. A terra, vicino a lui, c’era la borsa della scuola. Aveva i capelli neri, con un ciuffo che gli copriva la fronte. A un tratto un’altra figura gli si avvicinò: -Ohe, Riin!- . Il ragazzo si girò. Non era quello il suo vero nome, si chiamava Enrico, lui. Ma agli amici piaceva chiamarlo così. -Ohe.. Gabbo!- Rispose.
-Neanche tu a scuola oggi, eh?- continuò Gabriele. Anche ‘Gabbo’ era solo un nomignolo. Rin accennò un sorrisetto, con una punta di tristezza che l’ amico non notò. Non era mai stato bravo negli studi, aveva continuato solo per il volere della madre. Doveva trovarsi un buon lavoro almeno lui, diceva. Doveva badare alla sorella, Valeria, che aveva la sindrome di Down. La madre non sarebbe bastata per sempre.
-Pf.. non ne vedo il motivo. Manca poco tempo alla fine. Non c’è motivo di seguire le lezioni..-
L’ amico scoppiò a ridere. -Si certo, come se le avessi mai seguite!- Scoppiò a ridere anche Rin. Si scostò dal muretto, appoggiò una mano sulla spalla dell’ amico e disse:
-Su dai, andiamo a farci un giro per la Via nostra. E’ troppo affollato questo posto, non vorrei che qualche fanciulla mi vedesse e si innamorasse perdutamente di me.  Sai com’è, ho già troppe ammiratrici…-
-Ma stà zitto và, Rin!- I due risero, e si incamminarono per delle piccole vie secondarie, che portavano alla periferia, e quindi alla campagna, dove c’era meno gente.

Era fatta. Diana uscì nel cortile a prendere un po’ d’aria. Aveva superato anche quell’esame. Respirò profondamente e guardò gli alberi del cortile della scuola, per rilassarsi.
“Sembrava così difficile. E invece, così facile… se l’ avessi saputo non mi sarei impegnata così tanto sui libri”. In realtà Diana non si era affatto impegnata, ma grazie alla sua intelligenza era riuscita a passare l’ esame comunque, e con ottimi voti.
Si incamminò verso casa, sempre a passo svelto. Passò varie vie, tutte alberate, fino ad arrivare a una villetta un po’ più isolata dalle altre. Entro per un cancellino con la sua chiave, e poi entrò in casa. C’erano i suoi genitori ad aspettarla.
-Allora, come è andata?- chiese la madre, ansiosa. Diana sorrise, e rispose semplicemente:
-Benissimo. Sono passata, era facile, dopotutto-. La ragazza non considerò più di tanto i complimenti dei genitori, e andò in camera sua. Si stese sul letto, e sospirò.
“Finalmente un po’ di riposo…”. Guardò il filo rosso che le circondava il polso.
“La mia anima gemella… non vedo l’ ora di poterti conoscere” E le brillarono gli occhi.
“Chissà dove sei, cosa stai facendo. Se sarai bello, bravo, gentile...” Poi sorrise.
“Sicuramente. Dopotutto, se siamo legati dallo stesso filo, devi essere per forza così.”

Erano quasi le otto quando Rin tornò a casa. Buttò la cartella a terra ed esclamò: -‘Sera!-
La madre smise di cucinare e uscì dalla piccola cucina. Aveva anche lei i capelli neri, era giovane, tuttavia aveva delle profonde occhiaie .
-Enrico, oggi pomeriggio ha chiamato la tua insegnante di lettere. Ha detto che neanche oggi sei andato a scuola- Fece una pausa, -Suppongo sia vero-.
Rin si sedette pesantemente su uno sgabello, fece un brontolio e volse lo sguardo altrove.
La madre continuò:  -Enrico.. l’ hai fatto ancora. Perché non vuoi studiare, perché fai così? Non dirmi che sei andato un'altra volta a…-
-No!- urlò il ragazzo, senza far finire la madre. -Io non sono come quei ragazzacci lì! Non frequento più quei posti, pensavo l’ avessi capito! Non sono un cafone!- La madre lo guardò sconcertata.
-Non usare questi toni con me. Non voglio che diventi come tuo padre, lo sai…-
-Io non ho niente a che fare con quello!- Rin si alzò e fece cadere lo sgabello. Si alzò anche la madre.
-E non far baccano in questo modo!-
-Me ne sbatto!- E Rin corse in camera sua e si chiuse dentro.
-E studia! Sai bene che sei l’ unico che può farlo!- Urlò la madre per farsi sentire.
-Hai una responsabilità, sciagurato di un figlio…- Disse poi a bassa voce. E tornò ad accasciarsi sulla sedia.
Intanto, in camera sua, Rin stava steso sul letto a guardarsi il polso.
“Dannazione… ho diciannove anni. E questo filo del destino non compare. Non riesco a vederlo, sono uno stupido immaturo, quando crescerò?” Si alzò e guardò fuori dalla finestre, si vedeva la campagna.
“La mia anima gemella… davvero può esistere una persona che mi sopporterà per tutta la vita?” Sospirò.
“Ho bisogno… ho bisogno anche io, di una persona che si prenda cura di me”.

 

 

Angolino dell' autrice ♥

Ciao gente!! ^-^
Se state leggendo questo pezzo, vuol dire che avete letto anche tutto ciò che c'è sopra, e quindi ve ne sono infinitamente grata! u.u
Questa è la mia prima storia originale, quindi se per caso non avete niente da fare, por favour recensite :c
*occhioni dolci*
Potete anche lanciarmi pomodori, insultarmi, lapidarmi ma recensite... così capisco se scrivo bene C:
Inoltre volevo dirvi che la leggenda del Filo rosso esiste davvero, non me la sono inventata u.u
Va bene, vi ho detto tutto ciò che vi dovevo dire! 
A presto!! ♥

Diana Klein

 


  
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