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Autore: Sorella_Erba    26/10/2007    0 recensioni
[…] Era suo fratello; nelle sue vene scorreva il suo stesso, maledetto sangue. L’unico ente a tenerli ancora uniti. […]
1° classificata al concorso "Unforgivable Fate" di -Betagemy-.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regulus, Black, Regulus, Black, Sirius, Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“L’uomo si sforza di conoscere, e, quando finalmente possiede la conoscenza, il suo coraggio sta nell'accettare e saper sopportare la sua tristezza, dimostrando così la sua saggezza. L'uomo passa perciò dall'inconsapevole felicità alla triste verità.” (Edipo Re, Sofocle)

III Cap.

Il buio cimitero di Little Hangleton. Oramai è il nostro covo.
Tutto qui suscita angoscia; la solitudine e le tenebre regnano sovrane. Gli alberi secchi, privi di fogliame, si alzano ad intrecciare i loro rami in una morsa impenetrabile per la luce solare. Un intricato tetto di sottili e grigie fronde sulle nostre teste.
Le lapidi -bigie, lugubre e corrose- si ergono dal terriccio scuro, esibendo al terrore umano la loro deformità.
Un camposanto custodito solo dalla notte. Il luogo idoneo a Colui che ama morte ed oscurità.
« Avvicinati, Black. »
Solo due parole. Due semplici parole articolate a mezza voce, in un brusio. Un sibilo di velenosa serpe.
Eppure fanno accapponare la pelle.
Fremendo dal terrore, mi accosto alla sua figura alta ed emaciata, come mi è stato ordinato. Al suo cospetto, genuflesso ai suoi piedi.
Sento la sua roca risata sommessa e un brivido percorre la mia schiena, come una scarica elettrica. Il suo riso maligno aumenta di volume, penetrando ancor di più e con maggior forza nelle mie orecchie e nel mio animo. Si è accorto del mio fremito di sgomento.
Altri sogghigni si uniscono al suo, adulatori.
Credono di aver salva la vita, agendo così? Di poter avere anche un solo frammento della sua inestimabile potenza? No, si sbagliano. Lui desidera potere, unicamente per sé… e morte.
« Perché tremi in questo modo, Black? » sibila. Percepisco una nota beffarda nella sua bassa voce. « Non temere, non voglio ucciderti. »
Non desidero guardarlo in viso, dritto in quegli occhi color dell’Inferno. Temo.
« Ho qualcosa per te, Regulus. »
Le sue parole mi lasciano perplesso. L’utilizzo del mio nome mi sorprende.
Lo vedo alzarsi dal suo trono e sorpassare la mia figura inginocchiata con la solita, pesante calma che mi mette in ansia.
« Alzati, ragazzo. Alzati e unisciti alla cerchia » proferisce, esaltato da chissà quali idee su di me.
Mi sollevo da terra e ritorno all’intero del gruppo, sistemandomi accanto a mia cugina Bellatrix, che mi lancia uno sguardo fiero.
È orgogliosa di me, di ciò che il destino mi ha concesso. L’onore di prendere parte ai più grandi piani dell’Oscuro Signore, aiutandolo nella sua ascesa al potere, per renderlo sempre più grande e potente.
« Regulus, ti concedo un’occasione. Una grande occasione! – esclama il nostro Signore, allargando le braccia. – Tu sei uno dei pochi, l’unico forse che può aiutarmi. Non ne sei lieto? »
Volge nuovamente lo sguardo su di me. Incrocia i miei occhi e… mi sento vuoto. Solo la paura fa battere il mio cuore.
Abbasso gli occhi; non riesco a sostenere quelle funeste iridi. Sento i suoi passi, lo strascico della sua nera veste e il suo respiro fremente farsi sempre più prossimi a me. 
« Allora, giovane Black? Cosa rispondi al tuo Signore? » sussurra.
Adesso è vicino, troppo vicino.
« Sono felice per tutta la fiducia che riponete in me, mio Signore. »
La sua risata impregnata di malvagità si alza ancora, troncando il silenzio della notte, simile all’ululato di un lupo che omaggia la luna piena.
« Lo sarai ancor di più quando ti svelerò cosa desidero da te, Regulus. »  

§

Un sonoro crack fece eco contro le pareti di un cantone buio e stretto, nei dintorni della Testa di Porco, a Hogsmeade.
Dopo essersi Smaterializzato, Sirius Orion Black estrasse la bacchetta dalla tasca interna del suo mantello ed illuminò con un incantesimo l’angolo poco spazioso.
Il suo cuore martellava talmente forte che sembrava volesse esplodergli in pieno petto.
Teneva ancora con sé il messaggio che l’Ordine della Fenice gli aveva recapitato; era semplice e conciso; sembrava essere stato scritto con urgenza.
Anche se Sirius era tanto orgoglioso da non riuscire ad ammetterlo, quella notizia gli aveva infuso molto timore.


Un ristretto gruppo di Mangiamorte ha attaccato la Testa di Porco. Anche se sono in pochi, servono rinforzi.
Raggiungici al pub prima che puoi.

Ramoso


E quello non era che l’inizio. Sarebbe stato così per molto tempo.
Indossò il cappuccio e svoltò l’angolo con circospezione, scoccando di tanto in tanto occhiate fugaci alle sue spalle; la bacchetta era ritta davanti al viso, pronta per l’utilizzo. Sirius cominciò ad incedere lungo la via buia, piano, per nascondere ad eventuali orecchie invadenti anche il minimo rumore. Estrasse nuovamente la lettera e rilesse il comunicato.
La Testa di Porco. Non era lontana.
Iniziò ad avanzare con velocità, lasciando che il mantello fluttuasse ad ogni suo movimento, mentre il respiro gli diveniva sempre più irregolare e trafelato. Impeto eccessivo e preoccupazione messe insieme erano una massiccia combinazione che non faceva altro se non aumentare il mal di testa di Sirius.
Il ragazzo accostò la schiena alla facciata di una casa dall’aspetto antico e malandato, riprendendo fiato e guardandosi attorno. I Mangiamorte erano senza dubbio fuggiti dal pub; non potevano che trovarsi ancora nei dintorni.
Un rumore pervenne alle orecchie di Sirius. Era ritmico e secco, come di marcia. Dei passi si stavano avvicinando.
Sirius ghignò, mordendosi il labbro inferiore con gli incisivi, fremente: finalmente un po’ di movimento, se fosse un Mangiamorte ad appressarsi inconsapevolmente a lui.
Inspirò ancora un secondo prima di staccarsi dal muro incrostato di sporco e guardare all’angolo della strada con cautela.
Veste nera e maschera bianca a sagoma di teschio che avvolgeva il viso, celando l’identità del malcapitato.
Bingo, pensò Black allargando il sorriso. Mangiamorte a ore dodici.
« Non trovi che il buon giorno inizi dal mattino? Ho la possibilità di sgranchirmi un po’. »
Dopo aver sistemato dietro ad un orecchio una ciocca lunga e corvina di lisci capelli, Sirius era sbucato fuori dal suo momentaneo nascondiglio e aveva sbarrato la strada al Mangiamorte, carezzando intanto l’estremità della propria bacchetta.
Il Mangiamorte scoppiò in una risata acuta, soffocata dalla maschera che portava. Sirius improvvisamente avvertì uno strano peso allo stomaco: aveva già udito quel riso.
« Speravo d’incontrarti, sai? »
Un tono di voce che suonava alquanto familiare…
Sirius aggrottò le sopracciglia, puntando la bacchetta al petto della seguace del Signore Oscuro.
Sì, era una donna.
« Bellatrix… - mormorò Sirius, piegando i regali lineamenti del volto in un’espressione sdegnata. – Avrei dovuto immaginarlo. »
Finalmente, la famigerata Mangiamorte si scoprì il volto, dando prova di quanto fossero fondate le teorie del ragazzo.
« Perspicace, il piccolo Sirius – disse con falsetto Bellatrix, storcendo il naso e assottigliando gli occhi. – Ricordi ancora la mia voce? I miei insulti sono serviti a qualcosa, almeno. »
Sirius digrignò i denti e scagliò senza preavviso uno Schiantesimo sulla cugina, la quale riuscì ad evitarlo, anche se per poco.
« Oh, vuoi il gioco duro, eh? » sbottò la Lestrange, sfoderando la propria bacchetta.
« Se ne sei capace, Bella… » la istigò Sirius, sorridendo con perfidia.
Meglio non incitare a tal punto una donna come Bellatrix Lestrange. Il giovane Black l’avrebbe provato e capito a sue spese.
Bella si avventò su di lui con la bacchetta alta sopra il capo, lanciandogli anatemi che avrebbero potuto ucciderlo in un batter d’occhio. Ma Sirius aveva talento nel duello: parò e scansò con agilità le maledizioni della cugina, ridendo sprezzante della sua pessima mira.
« Ti mostro io come si fa, cugina » soffiò Sirius, quando si trovò a pochi centimetri dal viso della donna. Con un balzo, si distanziò da Bellatrix e puntò la bacchetta contro di lei, mirando nuovamente al torace.
« Stupeficium! » urlò immediatamente il ragazzo, e un lampo di luce rossa colpì Bella in pieno petto, sbalzandola in aria per poi lasciandola cadere malamente a terra.
Mentre la Lestrange gemeva per il dolore -tentando invano di rialzarsi– e suo cugino la osservava sogghignante, un grido pervenne loro.
« Dannazione, Sirius! »
Black si voltò in fretta, sgranando gli occhi chiari per lo stupore. L’Ordine della Fenice era accorso in suo aiuto: un James Potter trafelato ed allarmato, in testa al piccolo gruppo, gli correva incontro, mentre Frank Paciock, Benji Fenwick e i fratelli Prewett cercavano di stargli dietro con fatica.
Un sorriso di gioia piegò le labbra di Sirius; subito, volse il capo ancora verso Bellatrix, nelle cui iridi fosche per un attimo aveva brillato un fugace bagliore di panico.
« Bellatrix Lestrange » aveva sussurrato Potter non appena ebbe raggiunto l’amico. Bella ghignò, sollevando il mento con tracotanza.
« Prendetela prima che scappi! » fu l’urlo di Fabian, ancora troppo lontano per poter bloccare la donna. Tuttavia il ghigno che deformava le labbra della Lestrange non sfumò; anzi, si fece più ampio, sciorinando tutta la cattiveria che serbava nell’animo.
« Siete così sicuri di voi… - sibilò Bella, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. – Poveri illusi. »
Sirius ringhiò di rabbia, fulminandola con lo sguardo.
« Reduc… » iniziò; Bellatrix però lo precedette, scagliandogli un anatema e scaraventandolo contro la parete opposta.
« Mai più! - strillò, incollerita. – La fortuna può baciarti soltanto una volta, Sirius! »
« Tu… » sbottò James, avanzando contro di lei con la bacchetta levata.
« A cuccia, Potter. »
Un secondo fascio di luce rossa colpì il ragazzo, scagliandolo lontano dalla figura snella e tetra di Bellatrix. La donna cominciò ad avanzare verso Sirius, appoggiato scompostamente ed inerme al muro sporco contro cui la cugina lo aveva scagliato. S’inginocchiò per osservare meglio il suo viso candido sciupato dai leggeri tagli dovuti al combattimento; un rivolo di rossastro sangue gli scendeva lentamente dalla fronte. Bella sorrise, maligna.
« Ma guardati… - cominciò con voce falsa, scostandogli un ciuffo nero di capelli con un indice latteo. – Il forte, impavido Sirius Black ridotto in uno stato a dir poco pietoso. E per di più utilizzando un solo incantesimo… »
Sirius cercò di ribattere, ma soltanto un flebile mugugno incomprensibile fece capolino dalle sue labbra macchiate di rosso. La cugina alzò il viso al cielo, esplodendo in una risata infame.
« Il dolore ti strazia? Ah, se non fosse per l’Oscuro Signore, penserei io a privarti di tutte queste sofferenze. Adesso potresti essere soltanto un mucchietto di cenere, cuginetto… - sibilò a labbra socchiuse, accostandosi al suo volto. – Ma Lui sembra avere ben altri programmi per te. Lo hai rifiutato e adesso la dolce morte verrà a prenderti sotto insolite spoglie. Oh, rimarrai di stucco… »
« Bellatrix Lestrange! »
La Mangiamorte si voltò e si rialzò rapidamente, ostentando poi un’espressione infastidita e apatica.
« Da oggi Azkaban sarà la tua nuova dimora – sentenziò Fabian Prewett, puntandole la bacchetta contro. – Di’ pure addio ai tuoi giorni di libera scorribanda. »
« Se lo dici tu… - sorrise melliflua Bella. La sua mano saettò verso l’estremità del mantello nero. – Ma, fossi in te, non ci conterei tanto. »
La sua risata acuta tuonò nel piccolo e sudicio quartiere di Hogsmeade, frastornando le orecchie dei presenti. Fabian crollò al suolo, portando i palmi delle mani a proteggere gli organi offesi; i lineamenti del suo viso erano corrugati in una smorfia di dolore. Quando riaprì gli occhi, di Bellatrix Lestrange non c’era nemmeno l’ombra.
« Maledizione! » imprecò il ragazzo, battendo il pugno contro l’asfalto duro della via.
« Fabian! »
Gideon Prewett, suo fratello, finalmente giunse al suo fianco, tallonato da Frank e Benji.
« Tutto a posto, Prewett? – domandò Fenwick preoccupato e spossato, posando una mano sulla spalla del mago inginocchiato per terra. – E gli altri due? »
« Sirius sembra conciato male » espose Frank, avvicinandosi e chinandosi sul corpo ferito di Black.
« E Potter? Come sta? » fece Gideon, voltandosi verso il giovane James.
« Potter ha la pellaccia dura, Prewett. »
Gideon sorrise, compiaciuto: James aveva appena proferito parola con voce flebile ma determinata. Cercò di sollevarsi da terra, ma le gambe gli tremavano tanto da farlo ricadere pesantemente sul manto pietroso e nero della strada.
« Dai, James, ti do una mano io! – esclamò felice Benji, aiutandolo ad alzarsi. – Frank, prendi con te Sirius e ritorniamocene al rifugio, forza. »

§

Il Green Garden nelle ore notturne era un luogo perfetto. Il silenzio prevaleva su ogni cosa, impregnando di calma quel luogo verde e fresco. I Mangiamorte avrebbero teso lì una trappola per alcuni potenziali avversari del loro Signore; lo aveva assicurato Silente. Dopotutto il Preside aveva le sue spie nascoste fra le schiere dei seguaci di Lord Voldemort e riponeva in loro una gran dose di fiducia. Fiducia che a volte a Sirius Orion Black sembrava eccessiva.
L’oscurità li avrebbe avvolti nel suo manto impenetrabile se non fosse stato per l’Incantesimo della Luce, che rischiarava con il suo bagliore opalino una delle vie alberate dell’immenso parco.
Il gruppo di aderenti all’Ordine della Fenice -che quella notte era di turno- si era frammentato in terzetti o in coppie, ognuno dei quali si era prefissato il controllo di una determinata porzione di parco.
« Remus? » chiamò in un bisbiglio Sirius; stava camminando al fianco dell’amico Lupin, tenendo la bacchetta alta sopra le loro teste. Remus tuttavia non rispose al suo appello e continuò a guardare dritto davanti a sé, senza voltarsi per scrutare il volto del compagno. Black cercò di contenere la rabbia che quella sera si era impossessata di lui; solo, sembrava una congettura fin troppo impegnativa per essere messa in pratica.
Improvvisamente si fermò, sbuffando d’impazienza.
« Quello offeso e scocciato dovrei essere io, Lupin! »
Il suo grido d’indignazione riecheggiò per tutta la stradina costeggiata dagli alti alberi secolari.
« Stupido! – sibilò Remus, volgendosi finalmente verso di lui. – Vuoi che ci sentano, per caso? »
Ma Sirius era abbastanza arrabbiato per poter ascoltare ciò che Lupin diceva. Digrignò un momento i denti e socchiuse gli occhi chiari, battendosi la fronte con una mano. Iniziò a camminare avanti e indietro, forse alla ricerca di pazienza e calma.
« Sii sincero almeno stavolta, Remus – iniziò, la voce tremante di collera. – Silente non mi ritiene all’altezza! A causa di quella dannata lotta in cui ho avuto la peggio! »
Remus gli riservò un’occhiata allibita, in un primo momento. In seguito, sospirò e scosse la testa. Aveva immaginato che Sirius prima o poi sarebbe scoppiato in tal maniera, come una bomba ad orologeria. Impulsivo com’era…
« Silente ti ritiene più che all’altezza, Sirius – spiegò Remus con calma, come se stesse parlando ad un bambino al quale qualcosa era stata vietata. – Solo che avrebbe preferito che restassi al sicuro. Tutto qui. »
« Ma per quale ragione, eh? »
Lupin distolse lo sguardo, ricominciando ad avanzare lungo il sentiero.
« Non lo so » troncò in fretta. Troppo in fretta.
Sirius inspirò forte e cominciò ad arrancargli dietro con l’intenzione di fermarlo e dirgliene quattro. O come minimo, per ricevere una più che dovuta spiegazione.
Un rumore però lo distrasse. Un fruscio proveniente da dietro gli alti cespugli che fiancheggiavano il vialetto.
« Remus – sussurrò Sirius, lanciando sguardi fugaci ed attenti verso entrambi i versanti. – Remus, fermati. »
« Black, adesso ne ho davvero abbastanza » proruppe il licantropo in tono crucciato.
« Non sto scherzando. Dico sul serio. »
Sirius si era fermato una seconda volta; l’udito ulteriormente sviluppato -concessogli dalle trasformazioni in Animagus– colse rumori che un ordinario orecchio umano difficilmente sarebbe arrivato a percepire: flebili passi, veloci scalpiccii contro la morbida terra che accoglieva i prominenti tronchi d’albero, inghiottiti dal buio della notte.
« Hai sentito? »
Sollevò le iridi grevi di ansia sul compagno di ronda. Remus intercettò la rapida occhiata, mostrando il viso increspato da tensione ed inquietudine.
Sì, li aveva percepiti.
Un ennesimo, fulmineo fruscio fece sussultare i loro cuori, portando Sirius e Remus a volgere i loro sguardi nella direzione da cui quel debole suono era nato.
Black aggrottò la fronte, ostentando la tipica espressione che riservava per l’inizio di un duello.
« Stupeficium! »
Mentre il lampo di luce rossa scompariva fra le fronde degli alberi in un turbinio di foglie secche, Lupin si girò con uno scatto verso Sirius.
« Cosa ti è salt..? » 
La frase venne troncata da un fragore, immediatamente seguito da un sordo tonfo. Sirius osservò Remus con aria sconcertata: il licantropo era steso malamente sul duro asfalto del sentiero; un rivolo di sangue scorreva da una tempia, tingendo di porpora il nero della strada. Era privo di conoscenza.
« Remus… » soffiò il ragazzo, accovacciandosi vicino al corpo inerme dell’amico e poggiandogli una mano sulla schiena.
Immediatamente, il suo volto trasfigurò, assumendo un aspetto più… canino. Il naso arricciato, le labbra piegate in un ringhio sommesso, gli occhi assottigliati – intrisi d’ira; la bacchetta, stretta saldamente nel pugno destro, tremava, così come il corpo di Sirius. Scosso dalla collera.
Un ennesimo scalpiccio…
« Reducto! »
Il suono di una veste lacerata. Un mugolio. Infine un tonfo, simile a quello che aveva annunciato la caduta di Remus.
Sirius si sollevò prontamente, sfoderando la bacchetta. Si volse verso il cespuglio e notò una figura nera allungata scompostamente sul pavimento farinoso; una bacchetta di legno scuro stava a pochi metri dal corpo disarmato. Black si accostò a rilento, squadrando il Mangiamorte con le labbra piegate in una smorfia di disgusto. Gli sferrò un calcio al ventre non appena fu a pochi centimetri di distanza, facendo ribaltare la debole figura. La maschera bianca da Mangiamorte sorrise maligna alla volta celeste.
« Bastardo. »
Sirius legò con un incantesimo il corpo svenuto al primo tronco d’albero che i suoi occhi rinvennero; subito dopo, con un colpo di tacco spezzò a metà la bacchetta del Mangiamorte, svelando il magico ingrediente che la forgiava.
Si avvicinò nuovamente a Remus, ancora stirato per terra; con il Ferula bendò la ferita aperta sul capo del ragazzo, arginandone il flusso di sangue. Dopodiché puntò la bacchetta al cielo e scagliò in aria una serie di scintille azzurre.
« Consiglio di non muoverti… – scandì improvvisamente Sirius, il viso ancora chino sul corpo di Lupin. Gli occhi tuttavia si rivolsero alla sua destra, vigili e scattanti. – Se non vuoi fare una brutta fine. »
Il suo corpo si mosse lentamente a fronteggiare il secondo Mangiamorte, appena sbucato dall’ombra degli alberi.
« Togliti la maschera. »
Non sapeva per quale motivo avesse proferito quell’ordine; non aveva tolto la maschera neanche al Mangiamorte che aveva da poco legato ad un albero.
Fremeva dinanzi alla figura nera, a pochi metri da lui; il suo cuore batteva all’impazzata contro la gabbia toracica. Provava una strana sensazione di disagio…
« Devo ucciderti, Sirius. »
Il Mangiamorte portò la mano al viso, chiudendola sul margine bianco. In un istante la maschera scivolò dal suo viso e il cappuccio gli ricadde sulle spalle.
Sirius spalancò le iridi d’argento.
Con un tonfo, infine, la maschera cadde sull’asfalto. Un rumore sordo che riecheggiò nelle orecchie di Sirius.
Il mago gemette.
« No. Non tu… »
Con greve lentezza, trascinò il passo fino a trovarsi a pochi centimetri dalla figura nera. Gli afferrò l’avambraccio sinistro istintivamente, alzando la larga e scura manica della veste che lo avvolgeva.
« No… » 
Un affusolato serpente si torceva intorno alla tetra figura di un teschio. Il Marchio Nero.
Rovinò a ginocchioni mentre la bacchetta gli scivolava dal pugno sciolto.
Nel momento stesso in cui quella maledetta maschera di morte si era discostata dal viso del Mangiamorte ed era stata gettata via, il suo cuore aveva perso un battito. Se l’era sentito.
“Non posso lasciarti andare, Sirius… Ma non ho il diritto per vietartelo. Vorrei soltanto che seguissi questo mio consiglio, anche se a malincuore. Tuttavia devi essere tu a scegliere ciò che ti sembra più opportuno fare.”
Non l’aveva fatto. Le parole di Silente non gli avevano trasfuso nulla, se non collera nei confronti dell’anziano Preside.
Soltanto adesso comprendeva. Soltanto incrociando le iridi di lucente ossidiana di Regulus Arcturus Black capiva da cosa Silente avesse voluto scongiurarlo.
Morte e dolore. Ma non solo dolore fisico.
« L’Oscuro Signore mi ha ordinato di ucciderti. »   
Sirius abbassò le palpebre, interrompendo quel triste gioco di sguardi.
« Fallo. Ti prego, fallo » mormorò per risposta, atono, del tutto incapace di difendersi.
Regulus deglutì e mirò la bacchetta al cuore del fratello.
“Se non lo farai, Regulus, ti attenderà una brutta punizione”.
Paura. La paura guidava la sua mano tremante.
[Non guardarlo, Regulus. Non guardarlo.]
Strinse gli occhi e serrò i denti, rabbrividendo come non mai.
Poi, li sbarrò.
Che brutto errore
Che brutto errore
I lunghi capelli neri velavano il viso tormentato e sconvolto di Sirius; teneva le gambe piegate sul duro asfalto del vialetto; le braccia sfioravano i fianchi, cadendo poi a ciondoloni sul suolo. Solo le spalle ricurve sussultavano, per alcuni attimi.
Regulus aveva sbarrato gli occhi dinanzi all’immagine di Sirius, ridotta in quel misero stato.
Aveva piegato il suo idolo. La sua sorte era sospesa sulla punta della bacchetta che spasmodicamente teneva serrata in un pugno.
« Io… io non ci riesco. »
Era suo fratello; nelle sue vene scorreva il suo stesso, maledetto sangue.
L’unico ente a tenerli ancora uniti.
E lui, Regulus, era soltanto un ragazzo. Un giovane a cui l’affetto della persona che avrebbe dovuto assassinare quella notte era stato strappato via a forza.
Sirius rialzò lo sguardo lucente. Le labbra aride erano dischiuse e gli occhi spalancati, conferenti al suo stanco volto un’espressione sorpresa.
« Perché? »
« Sei mio fratello. Nel bene e nel male, il mio affetto per te rimarrà sempre tale. Anche se abbiamo intrapreso strade diverse e… anche se tu non lo accetterai mai. »
Una folata di freddo vento investì le loro figure, spingendo le foglie secche e brune e agitando le loro chiome corvine, identiche, mentre un silenzio lugubre prendeva il sopravvento.  
« Vattene, Regulus. Va’ via. O mi pentirò per come potrei ridurti fra pochi istanti. »
Parole taglienti articolarono le labbra di Sirius, ancora chino sul consistente pavimento di bitume. Non si mosse, anche se parte del suo impulso gli suggeriva di rialzarsi ed agguantare la bacchetta per attaccare. Uccidere. Eppure non era l’istinto che in lui aveva il sopravvento.
Diede a Regulus il tempo di afferrare l’estremità del nero mantello da Mangiamorte e di Smaterializzarsi. Non ostacolò la sua fuga.
Diversi istanti più tardi, Sirius Black regalò uno sguardo enigmatico alla maschera bianca al suo fianco. Sorrise amaramente.
Avrebbe pensato Voldemort, alla sorte di suo fratello. A lui non era concesso di fare nulla… tranne che sperare. Sperare che la vita del giovane mago –con il quale condivideva ancora i ricordi di una vita che non gli apparteneva più- non venisse spezzata dall’accecante bagliore verde di un’Avada Kedavra.
Piano, si rialzò da terra e calpestò la maschera con forza e disprezzo.
Purtroppo non sarebbe finita lì. Quella era stata soltanto una breve tregua, sinonimo di un prossimo ed incombente arrivederci.










{Image © Marta}
   
 
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