Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Shark Attack    06/04/2013    4 recensioni
Prendete una classica storia fantasy e buttatela via: il protagonista cade dalle nuvole e si ritrova a dover salvare il mondo come dice una profezia sbucata da chissà dove, giusto? No, non qui.
Lei è Savannah, lui è Nehroi: sono fratelli senza fissa dimora, senza passato, senza futuro ma con un presente che vogliono vivere a cavallo tra il loro mondo e il nostro seguendo solamente quattro regole: non ci si abbandona, si restituiscono i favori, non si prendono ordini e non si dimentica.
Sfidano antiche leggende, rubano amuleti e armi magiche di ogni genere per il solo fine di diventare più forti e usano i poteri per vivere da nababbi a NewYork. Il resto non conta. (... o almeno, così credono!)
[Grazie anticipate a chiunque vorrà essere così gentile da leggere e lasciare due parole di commento! ^-^]
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



26
I dipinti parlano



«Savannah!», esclamò Phil senza riuscire a nascondere la sua preoccupazione.
Il quarto piano era ancora luminoso come la prima volta che l'aveva visto, quando aveva rischiato di volare di sotto per spiare due uomini, gli stessi che le stavano correndo incontro proprio in quel momento. Non aveva ancora finito di salire le scale del quarto piano che la sensazione di essere controllata come una bimba o una impedita si stava riaffacciando dentro di lei, opprimendole un poco il petto.
«Ti stiamo cercando da più di un'ora! E... è sangue, quello?»
La jiin si morse il labbro inferiore e distolse lo sguardo con nervosismo mentre si portava le mani sul viso. Non aveva fatto i conti con la facilità con cui riusciva sempre a sanguinare, sebbene si fosse pulita pochi minuti prima apposta per evitare domande fastidiose. «No», disse comunque, anche se si sentiva come se stesse cercando di nascondere un elefante nella tasca.
Lasciò che Phil la esaminasse per qualche istante, quel che bastava per fargli capire che stava sufficientemente bene, poi gli scoccò un'occhiataccia e l'umano comprese che era scaduto il tempo a sua disposizione. Sperò solamente che i lividi non si affrettassero troppo a comparire, o avrebbe avuto qualche difficoltà in più a mentire a tutti continuamente.
«Non hai ancora trovato Nehroi?», le domandò rapido il consigliere, intuendo che il momento delle preoccupazioni fosse finito.
La ragazza scosse la testa e Silar spintonò Phil per avvicinarsi a lei, sorridendo smagliante come suo solito. «Pronta a scoprire il tuo passato?», le domandò affabile, impegnandosi per non guardare il taglio e il livido sulla guancia e le altre due chiazze violacee che stavano iniziando a comparirle sulle braccia nonostante gli spergiuri.
Savannah lo scrutò attentamente e rimase in silenzio per qualche istante.
«E Nehroi?», gli ricordò corrugando le sopracciglia scure. «Sono salita apposta per chiedervi di aiutarmi a trovarlo, io continuo a perdermi qui dentro...»
Lui scacciò quell'esitazione con naturalezza e le mise un braccio intorno alle spalle stando bene attento a non toccarla se non lievissimamente, guidandola verso la biblioteca con sicurezza. «Tutto a posto, quando lo ritroveremo potremo raccontare tutto anche a lui... o glielo dirai tu, come preferisci.»
La ragazza voltò faticosamente la testa all'indietro e scorse a malapena un Phil con gli occhi bassi.
«Allora», la incalzò ancora Silar facendola voltare di nuovo verso di lui. «Sei dei nostri?»
Savannah ansimò. La quantità di informazioni e di decisioni da prendere la stava soffocando in una maniera che non avrebbe mai immaginato... e l'idea di doverlo fare da sola perché Nehroi era disperso chissà dove e in chissà quali attività non la aiutava per niente.
Il giorno prima i Capi Reggenti avevano proposto loro di essere integrati nella società, di poter essere persone normali, di non dover più essere costretti a nascondersi e a viaggiare come vagabondi. Avrebbero avuto un lavoro di tutto rispetto e delle vite da vivere, non solo da salvare.
Era un'offerta davvero allettante, a dir poco strepitosa, e forse fin troppo bella per essere vera.
E infatti, neanche un'ora prima, Chawia era intervenuta prepotentemente aprendole gli occhi, certo, ma dandole quello che sembrava comunque un parere di parte. Savannah non era abile nel districarsi tra le vicende politiche che regnavano a Tolakireth, ma non le era sfuggito il vantaggio che la principessa avrebbe tratto dal suo abbandono ai giochi. Di certo non le avrebbe mai fatto il favore di lasciargliela vinta e si ritrovò inevitabilmente separata in due: accettare o no?
Ogni cosa aveva i suoi pro e i suoi contro, ma non poteva scegliere su due piedi.
In mezzo a tutto c'era Silar, così gentile e disponibile, affascinante e sicuro di sé: non fidarsi sembrava una cattiveria, in fondo Savannah non aveva mai ricevuto tante attenzioni.
Silar, tanto disposto ad aiutarla a scoprire qualcosa sulla sua famiglia, tralasciando il fatto che poi volesse anche allargarla in futuro. Non era da ignorare neanche lui.
Savannah ripensò alle parole di Decra e a quelle di Phil, aggiungendo altra confusione sulle sue incertezze.
«Io...», iniziò. Ma perché doveva decidere in quel momento?
Alzò lo sguardo verso la porta della biblioteca: era bella, robusta, di un pregiato legno scuro e rossiccio. Dai cardini si districavano decori dorati che scintillavano lungo tutta l'arcata, tanto in alto quanto in basso, dove si trasformavano in biondi fili d'erba. Le risposte che cercava da tutta una vita erano lì dietro, non doveva far altro che abbassare la maniglia.
Era tutto lì, pochissimo la separava da...
«No.»
La risposta lasciò i due uomini con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati. «No?», ripeté Silar, ormai certo che avrebbe sentito l'esatto contrario. Stonava come un graffio su un bel tessuto o un colore sbagliato in una composizione. Glielo aveva letto negli occhi, era pronta, si vedeva che desiderava l'opposto...
«No», ripeté.
Le voleva, quelle risposte, non importa cosa sarebbe successo.
Lei avrebbe scoperto chi era ma non lo avrebbe fatto lì, in quel momento.
«L'unica famiglia che mi interessa ora è da qualche parte in questo palazzo, ma non dietro quella porta. Io devo trovare mio fratello.»

Il sole era ormai alto, e non era un bene.
Per la seconda volta in una sola mattina si domandò cosa stesse facendo lì, in quel letto, con una donna che conosceva appena e di cui inspiegabilmente non riusciva a liberarsi.
Nehroi la scrutò con la coda dell'occhio e sospirò nel vederla addormentata. Con la faticosa delicatezza di chi non vuole far rumore, sollevò il lenzuolo ed afferrò con le pinze ad uno ad uno i suoi vestiti, nuovamente sparsi in giro per la stanza, indossando subito solamente i boxer, ripetendo quello che stava iniziando ad essere un fastidioso rituale.
Poi abbassò la maniglia della porta, e lo fece così lentamente che probabilmente ci mise addirittura un minuto. Se la richiuse alle spalle e corse più veloce che poté senza guardarsi indietro.
Per la seconda volta in una sola mattina, si ritrovò di nuovo di fronte alla porta di Savannah. Bussò, ma il viso assonnato della sorella non fece capolino come sperato.
«Maledizione», imprecò a bassa voce, temendo che Deiry potesse in qualche oscuro modo sentirlo anche a diversi piani di distanza. «E ora dove la cerco?»
Approfittò di quel momento di solitudine e relativa tranquillità per indossare i pantaloni e la camicia, lasciando la giacca di fronte alla porta della stanza come biglietto da visita o deposito di fiducia improvvisato.
Scese le scale fino ad arrivare nella sala dove c'era stata la festa. Si sentì molto spaesato nel vederla completamente vuota e deserta, praticamente l'opposto di come l'aveva vista la sera prima; era colpito così tanto che uscì e provò a cercare altre porte simili per assicurarsi che avesse sbagliato posto. Confermata l'idea che pareti niente dipinti e nessun mobilio potessero effettivamente rendere una sala molto diversa da quella ricordata, non si lasciò distrarre oltre e si diresse a grandi passi verso il giardino.
«Annah!», chiamò ancor prima che un raggio di sole lo accecasse. Ricevette un'occhiata scocciata da parte di un giardiniere barbuto, inginocchiato vicino ad un'aiuola di fiori neri.
«Ha visto mia sorella?», gli domandò allarmato.
L'uomo conficcò la paletta nella terra ed afferrò con due mani la base di una pianta. «E tu chi sei?», disse mentre iniziava a tirare con tutte le sue forze.
Nehroi sospirò e scese la breve scalinata che lo condusse sull'erba verde. Perlustrò il giardino correndo tra gli alberi dalle foglie variopinte, stupendosi della loro quantità e della loro effettiva bellezza e la chiamò ancora, ma non la trovò. Aveva sperato di trovarla facilmente come era riuscito a Phil il giorno prima, ma evidentemente non era altrettanto fortunato.
Si stava avviando nuovamente verso la sala della festa quando la sua mente si annebbiò e provò qualcosa che ormai stava diventando familiare: si sentiva svuotato, leggero e confuso.
E vide Deiry.
Bella, incantevole, ammaliante.
Si portò rapidamente le mani sul viso e tappò gli occhi, ma scoprì con angoscia che la visione era nella sua mente. Lei era ancora lì, sotto le sue palpebre.
«No, no, no!», gridò nel panico. Attraversò rapidamente il salone e corse via ma riuscì a fermarsi appena in tempo, un istante prima di aprire di nuovo quella maledetta porta. Come ci era arrivato? Eppure gli sembrava di aver preso altri corridoi e cercato di allontanarsi...
Iniziava ad essere molto inquietato dal potere di quella donna.
Si voltò su sé stesso e ricominciò a salire le scale, tutto sudato, sperando che Tolakireth avesse abbastanza piani da mettere una bella distanza tra lui e quell'ammaliatrice bionda che non avrebbe voluto vedere mai più nella sua vita.
«E tu che ci fai qui?»
Nehroi interruppe la sua corsa e strizzò gli occhi per vedere chi avesse parlato dal fondo di un corridoio che non aveva mai visto prima.
Bastarono pochi passi perché il brehkisth intuire chi fosse quell'uomo. Si stropicciò due riccioli scuri che gli si erano appiccicati sulla fronte. «Gerit?», ipotizzò.
Silar sembrò sorpreso ed irritato di vederlo lì e non si sforzò troppo per nasconderlo.
«Che cosa», ripeté mentre si aggiustava il fazzoletto viola nella tasca della camicia come se potesse scappare, «Ci fai qui?»
«Dov'è Savannah?», gli domandò invece il brehkisth, per nulla interessato a dargli spiegazioni.
L'uomo socchiuse gli occhi ed inspirò profondamente. Ci mise un po' a rispondere, quanto bastava perché Nehroi ricominciasse a sentirsi di nuovo angosciato da Deiry e da qualunque cosa gli avesse fatto. Preoccupato com'era di vederla sbucare da qualche parte o di ritrovarsi incapace di ordinare alle sue gambe di non tornare in quella camera, non si accorse della lotta interiore che stava avendo luogo nella mente del suo interlocutore.
«Vieni», disse Silar dopo almeno un minuto. Lo afferrò per un braccio e lo condusse giù per le scale. «Ti sta cercando da ore.»

La stanza che raggiunsero era la sala in cui Goon li aveva radunati per fare la piccola riunione speciale prima di quella ordinaria. La porta di legno era aperta per metà e la luce che filtrava disegnava un bel parallelepipedo sul pavimento marmoreo.
Silar mollò il suo braccio solo quando dovette usare entrambe le mani per spalancare del tutto i battenti della porta in una maniera che Nehroi non esitò a definire teatrale.
«Savannah!», lo sentì esclamare trionfante. «L'ho trovato!»
Nehroi roteò gli occhi e pensò che fosse decisamente odioso essere trattato come un cucciolo smarrito riportato dalla padroncina. Non fece in tempo a fare un passo per seguirlo ed entrare a sua volta nella sala che la ragazza gli corse incontro e gli tirò un forte pugno in pieno viso al grido di “Idiota!”.
Silar rimase senza parole e la sua bocca rimase aperta per metà mentre li osservava. «Non è la reazione che mi aspettavo...», balbettò perplesso.
Phil annuì solenne. «Con quei due non è mai la reazione che ci si aspettava», sentenziò.
Rimasero a guardare i due fratelli che si azzuffavano in corridoio come se ne andasse della loro vita e si sentirono allo stadio.
«Perché mi stai picchiando!», urlò Nehroi dopo aver schivato ed incassato una considerevole quantità di colpi, improvvisamente pentito di averle fatto vedere tanti film d'azione.
Savannah non rallentò e continuò ad inseguirlo a mani alzate. «Perché sei uno stupido!»
Il ragazzo riuscì ad afferrarle le braccia, farle lo sgambetto ed intrappolarla tra sé e il pavimento, tenendole fermi i polsi. La ragazza soffiò dal dolore alla schiena, ma lui non ci badò.
«... non è mai stato un buon motivo...», protestò invece, convenendo di non essere nuovo all'appellativo.
«Oggi lo è di più», rispose lei con aria truce. «Che stavi facendo con Deiry?»
Nehroi rimase dapprima sorpreso, poi ridacchiò sollevato. «È questo, allora? Sei gelosa?»
Savannah lo scaraventò dall'altra parte del corridoio con un'ondata di energia inferiore a quella che aveva fatto volare Toco giorni prima, per evitare che si ritrovasse malmenato anche lui dalle mura di Tolakireth. Non appena cadde a terra con un tonfo si precipitò su di lui e lo immobilizzò a sua volta. «Sei venuto tu stesso a dirmelo stamattina», soffiò a denti stretti. «Eri stranissimo.»
Nehroi rimase in silenzio. Silar e Phil erano appena usciti dalla sala e li stavano guardando ancora, ma lui si curò solamente degli occhi lucidi di sua sorella. «Te l'ho detto io?... ed eri preoccupata?», domandò lentamente. Ogni suo ricordo dall'inizio della festa era assolutamente sfuocato e confuso, a meno che non riguardasse Deiry, e la cosa lo faceva sentire malissimo.
Savannah si morse il labbro inferiore e sbuffò. «Chiunque si sarebbe preoccupato», minimizzò. «Sembravi scappato dal manicomio.»
Il brehkisth annuì ma si trattenne dall'ammettere che non era una considerazione troppo lontana dalla realtà.
«Perché hai un livido sulla guancia?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo con stanchezza e scelse le parole da usare per riassumere tutto quello che le era successo in poco tempo.
«Ho imparato che gli incantesimi sono più difficili da gestire di quanto pensassimo», disse. Lasciò i polsi del fratello e si sedette mettendosi comoda sul suo addome, ignorando le sue proteste. «Che non bisogna parlare con Chawia perché è una stronza di prima categoria, che anche Decra è da evitare, che c'è qualcosa di molto strano nella servitù, che è dannatamente facile perdersi in questo stupido palazzo e che posso convincere Silar a fare quello che voglio solo sbattendo le ciglia.»
Nehroi inclinò la testa di lato e tirò un angolo della bocca in un sorriso sghembo. «Wow, tutto questo prima di mezzogiorno?»
«Purtroppo sì, ma temo che avrò scoperto tutti i segreti di Tolakireth solo quando riuscirò a capire anche cosa contengono quelle tartine verdi», commentò con un'alzata di spalle e un mezzo sorriso.
«Quali, quelle con le ortiche dolci?»
Savannah sgranò gli occhi e rimase con la bocca aperta.
«Volete rimanere in quella posizione ancora per molto?», li interruppe Silar con lo stesso tono di un insegnate che riprende gli alunni indisciplinati. Attraversò il corridoio con rapide falcate e si chinò lievemente sui ragazzi, incrociando le mani sulla schiena con aria saccente. «Ora che siete finalmente riuniti potreste scoprire ciò che dovete sulla vostra famiglia, non trovate?»
Savannah lo squadrò a viso duro. «Ti ho già detto che non ci interessa», ricordò decisa.
Silar non si lasciò intimorire. «Hai detto che tu non sei interessata, ma non credo che stessi parlando a nome anche di tuo fratello. Nehroi, c'è una cosa molto importante che vorrei mostrare almeno a te. Poi sarete liberi di fare quel che vi pare ma...»
Si rimise dritto e porse una mano al brehkisth per invitarlo ad alzarsi, come due avversari leali a fine partita. Il ragazzo guardò la mano, poi la sorella e fece spallucce. Se la scrollò di dosso in silenzio come se fosse un gatto, ignorando le sue proteste; si alzò in piedi poggiandosi sul ginocchio e senza sfiorare la mano di Silar.
Iniziarono ad avviarsi verso la sala riunioni con passi tranquilli.
«Pare che alla mia sorellina siano capitate tantissime cose stamattina», esordì il brehkisth tanto per intavolare una chiacchierata e riempire almeno con le parole quel corridoio spoglio e terribilmente bianco.
«Sorellina?», domandò la jiin ironicamente.
Silar rise più del previsto a quella battuta. «Non... non sapete neanche chi è il maggiore tra i due?», esclamò veramente divertito. «Come avete fatto a vivere fin ora!»
Nessuno dei due fratelli, e neanche Phil, rise con lui.
«Ci sono cose più importanti di una scheda anagrafica», sottolineò Nehroi con fermezza.
Silar si schiarì la voce ed annuì. «Scusatemi, non volevo...», indicò la sala con un gesto del braccio e li invitò ad entrare. «Da questa parte, sulla sinistra.»
Phil e Savannah rimasero all'ingresso, lei ferma e impuntata sulle sue come una statua e lui comodamente sprofondato in una poltroncina.
Nehroi superò l'enorme tavolo di legno, alzò lo sguardo e finalmente ebbe un momento per accorgersi della bellezza di tutti quei dipinti e ritratti che soffocavano le pareti della saletta. La cura dei dettagli era magnifica e lasciava senza fiato, che stessero rappresentando un albero, una casa o una persona.
Il giorno prima non si era accorto che Savannah fosse rimasta dentro con Goon solamente perché stava parlando con Phil, ma quando l'aveva vista arrivare scura in viso non si era neanche chiesto cosa si fosse perso e lei non aveva menzionato nulla.
«Siamo stati su questa montagna», commentò osservando un quadro particolarmente pieno di toni grigi e marroni. «E questo è...»
Silar non lo ascoltò e si posizionò di fronte alla serie di dipinti più gialli e luminosi come se lo avessero chiamato. Nehroi continuò ad osservare ogni tela quasi una ad una, allungando il collo quando erano posizionate troppo in alto persino per lui, finché non arrivò a quelli che stava fissando il futuro Capo.
Seguì la linea del suo sguardo e ciò che vide gli tolse il respiro.
«Oh.»
«Questi sono i ritratti dei Capi Reggenti del passato», spiegò Silar con tranquillità. Aveva previsto che lo avrebbe stupito, così non forzò le sue reazioni ed attese il tempo necessario perché elaborasse ciò che stava vedendo.
Nehroi deglutì e credette che dovesse esserci qualcosa di sbagliato.
«No, non...»
L'altro annuì affermativo.
«Che c'è?», domandò Savannah da lontano, troppo impegnata a tenere le braccia incrociate e a tenere il broncio vicino alla porta per poter seguire la mostra d'arte.
Nehroi la guardò con un'espressione che la convinse subito ad avvicinarsi. «Il nonno», disse.
Silar arricciò il naso e gli scoccò un'occhiataccia. «Come, prego?», domandò perplesso.
Il brehkisth allungò un braccio ed indicò un quadretto dalla cornice di legno nero appeso poco sopra le loro teste. Su uno sfondo rossiccio, un Ughrei con pochissime rughe e i capelli ancora scuri sorrideva sicuro di sé e i suoi occhi erano così luminosi che sembravano veri.
La jiin accelerò il passo senza lasciarsi distrarre dalle bellissime tele che superava in fretta.
Silar sbuffò ed afferrò bruscamente la mano di Nehroi, abbassandola. «Questo», disse scocciato facendogli indicare il quadro sottostante. «Io volevo farti vedere questo.»
Savannah si intrufolò tra loro ed alzò il naso verso i ritratti. Rivedere quell'uomo che li aveva faticosamente cresciuti e che occupava senza riserve un posto nel loro cuore e nel loro spirito la lasciò con la bocca schiusa dallo stupore. La tela raffigurante il nonno la colpì particolarmente perché era ben più giovane e aitante del ricordo vecchio e logoro che conservavano, ma quello sottostante la lasciò ancora più basita.
«Neh?», le sfuggì.
Silar rise sotto i baffi e Nehroi aggrottò le sopracciglia. «Non sono io», disse convinto, «Ma cavoli, sembra di stare allo specchio!»
La ragazza si alzò sulle punte ed esaminò più da vicino quel ritratto impossibile: dalle spalle massicce al più ribelle dei ciuffi di capelli, passando per gli zigomi asciutti e lo sguardo fiero, quello era in tutto e per tutto suo fratello. C'era solo un dettaglio che stonava e il pittore aveva dimostrato molta cura nel sottolinearlo. «Gli occhi...»
«Sono viola, sì», rispose prontamente Silar. La sua voce era calda e soddisfatta, come quella di chi è contento di aver fatto qualcosa di utile. «E i capelli più scuri di quelli di Nehroi. Non vi viene in mente nessuna ipotesi su chi potrebbe essere?»
Ogni Capo dipinto aveva una spilla sul petto, identica per tutti in quella sua forma strana che a Nehroi ricordò tre patatine rotonde sovrapposte. Ognuna era uguale alle altre, ma con incisioni diverse: su quella del nonno c'era scritto “Ughrei Krajal”, su quella del ritratto sottostante “Nehroi Krajal”.
I ragazzi sbiancarono.
«Siete i figli del penultimo Capo di Feinreth.»

«Non è possibile.»
La voce di Savannah era molto più roca di quanto si aspettasse, ma la cosa stranamente non la stupì o non ci fece particolarmente caso. Nehroi non riusciva a pensare a molte cose, se non a tutte le fantasie che aveva avuto quando giocava ad immaginare l'aspetto delle persone che li avevano malauguratamente messi al mondo.
Sì, aveva immaginato spesso il padre simile a lui, ma neanche nelle sue notti più buie aveva osato attribuirsi tanta somiglianza. Tutto ad un tratto, quest'uomo che altro non sembrava se non una sua proiezione lievemente più avanti negli anni, era reale e si stava imponendo nei suoi ricordi immaginati. Sua sorella non sapeva tutte le fantasie che si era fatto su di lui e sulla loro madre, non gliele aveva mai raccontate per paura che si sarebbe intristita.
Silar si voltò ed andò a sedersi ad una delle poltroncine rosse congiungendo le mani sull'addome.
«Perché no? I Capi hanno figli come tutti quanti e, come chiunque, possono morire e lasc...»
«No, non è possibile che tu ce lo stia dicendo ora.»
Anche Phil aggrottò la fronte perplesso. «Che intendi dire?», le domandò dalla sua poltroncina dall'altro lato della sala, facendo rimbombare la voce tra le quattro mura.
Nehroi continuava a fissare il ritratto di suo padre, preda di mille e più domande. Una sensazione gelida gli attanagliò le viscere e sentì il cuore stringersi come se qualcuno lo stesse tenendo in una mano chiusa a pugno.
Sua sorella, dietro di lui, respirava velocemente e cercava di ignorare quella sensazione. «Io ho rifiutato di sapere la nostra storia, ho rifiutato di “essere dei vostri”!», replicò combattuta. «Perché adesso me la racconti comunque?»
Silar sorrise dolcemente, lo stesso sorriso che le aveva donato durante la festa, quando le aveva letto nella mente e nei sentimenti. «Perché so che stai mentendo a te stessa, che muori dalla voglia di riempire quell'enorme buco nero che ti brucia nel petto, che non puoi non voler sapere perché hai pianto tutte quelle notti sotto le coperte, perché siete sempre stati sulla strada e chi ha permesso tutto questo. Dimentico qualcosa? Si legge tutto nei vostri occhi.»
Savannah si sentì destabilizzata e vacillò. Anche Nehroi non si sentì più tanto in sé, ma a quella sensazione associò ciò che aveva sentito in giardino e con Deiry per molte ore. Chiuse gli occhi ed inspirò lentamente, scacciandola. «Quindi questo era l'assaggio», concluse atono. «Ora hai gettato l'amo e non ti resta altro da fare che rimanere in attesa. Scommetto che hai imparato benissimo l'arte della pazienza, dopo aver passato un'intera vita aspettando che il tuo vecchio tiri le cuoia e ti lasci il titolo, uh?»
Fu Silar a sentirsi mancare un po' di terreno da sotto i piedi, ma non lo diede assolutamente a vedere. Era tra le prime cose che aveva imparato da piccolo: mai mostrare il vero viso al nemico.
Lasciò che le reazioni palesi le manifestasse tutte Savannah, che strabuzzava gli occhi verso il fratello e lo guardava con un misto di ammirazione e di estraneità. Forse non si aspettava tanta arguzia politica dal suo “stupido” fratello.
«Dev'essere davvero divertente giocare così con le persone», terminò Nehroi con asprezza e con un ghigno.
«Un Capo fa gli interessi di tutti», sentenziò Silar come se stesse ripetendo una cosa che sapeva a memoria, per nulla toccato dalle sue insinuazioni.
«Ma davvero? E i tuoi quali sono? Che ci guadagni facendoci entrare nel corpo di guardia?»
Savannah alzò un braccio sul petto del fratello e scosse la testa. Sapeva già cosa avrebbe provato a guadagnare. Si voltò verso Silar e lo investì dell'occhiata più sprezzante che potesse fare in quel momento di instabilità emotiva. «Ti ho detto di no una volta e lo farò ancora. Provaci quanto ti pare, non ci avrai mai.»
L'uomo si sistemò meglio sulla poltroncina e non staccò gli occhi dal viso di Savannah neanche per un istante. «Perché sei ancora convinta che non ti importa di loro?», domandò tranquillo, come se le avesse chiesto che tempo facesse fuori.
La ragazza strinse i denti e non si lasciò ingannare dai suoi giochi. «Perché non li abbiamo mai conosciuti e la nostra vita è andata avanti lo stesso», affermò decisa.
«Ma... potendo conoscerli?»
Savannah scoppiò in una risata improvvisa come fa un palloncino vicino ad un ago. «Come potrei?», esclamò ilare. «Non so che faccia abbiano...»
Silar alzò una mano e materializzò sul tavolo una montagna di fotografie che svolazzarono su tutto il grande tavolo. La jiin non se ne curò e si sforzò di non guardarle neanche con la coda dell'occhio.
«Né i loro nomi», proseguì imperterrita.
«Adalè Tonkins e Nehroi Krajal.»
Una vena iniziò a pulsarle sulla tempia. «Il suono della loro voce», continuò. Si materializzarono scatole auditorie di vari modelli e fatture, provenienti da periodi di tempo anche molto distanti tra loro.
«Che hanno fatto nella vita...», comparvero anche vari plichi di documenti, rapporti e resoconti vari.
«Smettila!», sbottò all'improvviso con ferocia. Silar ridacchiò. «Non inizierò a voler bene ai miei genitori con i ricordi di qualcun altro!»
Phil si morse un labbro e sospirò; Nehroi prese la sorella per le spalle cercando di calmarla, ma anche di trattenersi dall'afferrare tutto quel materiale che era stato materializzato sul tavolo e berlo con avidità.
Savannah aveva sempre dimostrato di avere un atteggiamento strano nei confronti dei genitori, passando continuamente dall'apatia al desiderio morboso, passando per lunghi periodi di amarezza. Per lui, invece, era stata una costante: non aveva mai accettato di buon grado l'idea di non sapere, ma il nonno non era mai stato loquace in merito e la sorella aveva sempre evitato di farsi del male con domande inutili. Ma dopo aver visto il ritratto, le somiglianze, essere a così pochi centimetri dal sapere tutto... sudare freddo gli era semplicemente inevitabile e le mani gli tremavano non poco.
«Annah, io...»
Silar parve disorientato da quel repentino cambiamento d'umore, poi ricordò che qualcosa di simile era avvenuto anche la sera prima alla festa e si tranquillizzò, consolandosi che non ci fosse alcol nei paraggi. «Io volevo solo darti l'opportunità di...»
«Continuerà sempre a non importarmene nulla, quindi smettila!», sibilò inviperita, ma senza riuscire a mascherare un pizzico di rammarico. «Io sono io, sono contenta di ciò che sono e non lo sono certo grazie a loro!»
«Invece è proprio grazie a loro se sei così potente.»
La ragazza sospirò esausta. Nehroi era ormai un grumo di nervi indistinto e nei suoi occhi si poteva iniziare a vedere il disegno di un piano futuro. Lui voleva sapere.
«Perché non lo capisci?», proseguì lei noncurante. «A me non importa dei poteri, mi andava bene essere una brehmisth, ero già pronta! È grazie a loro se sono potente, dici? Ma anche l'essere orfana, o sbaglio? E anche l'avere avuto un fratello, e l'aver vissuto così!»
Phil non seppe cosa avrebbe potuto dire per calmarla; desiderò solamente avere a che fare con qualcuno di più ragionevole e malleabile. Ebbe una fugace visione di Savannah fatta di roccia immutabile, una bellissima statua pregiata, e gli sfuggì un sorriso.
La jiin scosse la testa la testa, si divincolò dalla presa di Nehroi e si avviò verso la porta. «Non comincerò a chiamare “junior” mio fratello perché un tale si chiamava così prima di lui.»
Uscì dalla stanza.
Aveva appena iniziato ad allontanarsi che la porta alle sue spalle si riaprì facendo comparire Silar in mezzo al corridoio. «Puoi mentire quanto voi, ma a me non la darai mai a bere!», le disse con un tono che non aveva ancora mai usato con lei.
Savannah si voltò e lo guardò incuriosita, lasciandolo continuare. Era una sua impressione o era addirittura lievemente rosso in viso?
«Dici che ti andava bene essere una brehmisth, eh? Mi spieghi allora perché non hai mai smesso di ricercare nuovi fonti di potere in entrambi i mondi? A cosa ti servono tutti quei talismani, quelle reliquie, i codici nascosti e le Stelle se non a diventare più potente?!»
Le puntò contro un dito e i suoi occhi si accesero ancora di più. «Tu ed io siamo uguali. Entrambi cerchiamo il potere e non so come puoi non aver ancora capito che con me puoi averne più di quanto potresti riuscirci raccogliendo antiche e inutili carabattole!»
Savannah gli si avvicinò a passi lenti, senza mai smettere di scrutarlo attentamente, come se si stesse aggrappando al filo invisibile che univa i loro sguardi per tirarsi avanti. Osservò la sua mandibola serrata, i capelli pettinati, lo sguardo intenso e il sorriso di chi sa che sta per vincere.
Alzò una mano ed afferrò la sua. La spinse via con violenza e fece un altro passo per arrivargli il più vicino possibile.
«Posso insegnarti tutto, Savannah», proseguì lui senza scomporsi. Il suo respiro era caldo e sfiorò il viso della ragazza. «Posso aiutarti a raffinare il tuo potere grezzo con magie ed incantesimi che non potresti nemmeno immaginare. Il tuo livello salirà ancora e avrai tutto il potere che desideri.»
Pochi millimetri separavano i loro nasi. Savannah sorrise.
«Puoi conoscere tutto del mio passato, ma non sai niente di me.»
Silar stava per replicare quando Deiry comparve in quel corridoio con esasperante tempismo. Aveva i capelli vagamente pettinati in uno chignon ed indossava solamente un golfino rosa largo e lungo che la copriva fino a metà cosce.
«Oh», fu il placido suono che fece scattare tutti nella sua direzione come molle cariche.
Nehroi stava per fiondarsi tra quei documenti rimasti sul tavolo quando quella unica sillaba ebbe il potere di farlo sudare in un istante e di fargli sparire dalla mente tutta la questione dei genitori. Guardò Phil con gli occhi fuori dalle orbite per il panico ma l'umano non poté fare altro che sollevare le spalle, ignorante ed impotente.
«Miss Goon», la salutò Silar non senza nervosismo. Batté le palpebre più volte e si allontanò da Savannah come se scottasse. «Che visita... inaspettata.»
«Sto cercando Nehroi», disse lei candidamente indicando la porta della sala con un dito sottile. « E ho la netta sensazione di averlo trovato.»
Savannah sbuffò come un toro infuriato, gli occhi accesi dalle troppe emozioni che si ritrovò a provare in una sola volta. Si voltò di scatto verso la biondina alle sue spalle e fece esplodere le finestre nelle sue vicinanze, facendo attenzione che tutte le schegge di vetro le andassero addosso, indirizzandole come onde del mare.
Silar non ebbe il tempo di reagire o dire alcunché, troppo sorpreso da una mossa troppo avventata , improvvisa per i suoi modi pacifici. Phil e Nehroi udirono il frastuono ed accorsero a vedere cosa fosse successo, sgranando gli occhi di fronte ad una Deiry rannicchiata tra frammenti di vetro di ogni dimensione e con le mani portate d'istinto sulla testa. Una barriera l'aveva protetta dalla testa ai piedi e non aveva neanche un graffio.
«Sei impazzita?», riuscì finalmente a dire Silar scrollando Savannah per un braccio, senza controllare la sua espressività. «Avresti potuto ferirla gravemente!»
La jiin ridacchiò e la indicò con disprezzo. «È illesa, non vedi?»
Un'altra risata si diffuse nel corridoio, ma non a causa dell'eco. Deiry si alzò in piedi e si aggiustò la maglia. «Così hai capito tutto?», domandò diabolica, dimenticando la sua maschera candida tra le schegge.
Savannah si inumidì le labbra, guardò il fratello e poi di nuovo lei. «Forse no», ammise con una scrollata di spalle, «Ma credo che colpirti a priori non sia mai una cattiva idea.»
Deiry non si lasciò sconvolgere quanto Phil e Silar. Si passò sensualmente le dita tra i capelli, sciogliendo lo chignon, ed ammiccò in direzione del giovane brehkisth. «Nehroi», lo chiamò con voce nuovamente zuccherosa mentre i boccoli biondi scivolavano morbidi sulle sue spalle. «C'è qualcosa che vorresti dire a tua sorella?»
Savannah aveva già aperto la bocca per ridere di quella domanda insulsa quando udì qualcosa che non avrebbe mai pensato sarebbe arrivato alle sue orecchie. «Che... che cosa?», balbettò incredula.
Gli occhi di Nehroi si posarono su di lei con freddezza. «Ho detto che ti odio.»




*-*-*-*





I capitoli che mi piacciono di più? Il 35 e il 43.
Perché ve lo dico anche se siamo solo al 26? Perché sono perfida ;)
Direte voi: “non ti basta tutto ciò che hai ficcato nel capitolo? C'è bisogno di altra perfidia?”

*canticchia* ~ il meglio deve ancora veniiiireeeeeeee
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Shark Attack