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Autore: dreamlikeview    06/04/2013    8 recensioni
Louis è a un bivio.
Deve scegliere se sposarsi o rinunciare a tutto.
Deve scegliere tra la felicità e l'infelicità.
Dopo un tuffo nei ricordi, nel passato, deciderà se restare lì, o andare via e scegliere l'amore.
Quale sarà la sua decisione? Sarà quella giusta o quella sbagliata?
[Attenzione, alto contenuto Larry.]
(One-Shot, divisa in due capitoli.)
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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Incantami, seducimi,
illuditi, disperati,
arrenditi, ed ama ancora.
Insegnami, confondimi,
inseguimi, difenditi,
arrenditi ed ama ancora.
(Ama Ancora – Sonohra)


 

Due ragazzi erano destinati l’uno all’altro.
Un antico proverbio cinese dice che due persone, due anime gemelle, alla nascita sono legate da un filo, chiamato il filo dell’amore, che li lega in amore e amicizia, nonostante gli ostacoli, i due amanti sono destinati ad incontrarsi, a viversi, ad amarsi. E se questo fosse il caso di Harry Styles, il povero servo e Louis Tomlinson, bellissimo conte? 

*

Se c’è una cosa che Louis Tomlinson odia, è presentarsi ai ricevimenti.
Non sopporta quegli abiti eccessivi, o quelle false buone maniere che deve sempre tenere come facciata. Sì, perché le buone maniere servono solo come facciata.
E si sente in trappola.
Guarda fuori dall’immensa finestra che vede dal centro del grande salone del suo casato, dove è stato radunata tutta la nobiltà inglese compresa la famiglia reale, perché lui, l’erede dei Tomlinson, la grande famiglia imparentata alla lontana con i reali deve chiedere alla contessa Calder di sposarlo, altrimenti i genitori non gli perdoneranno quest’affronto. Ma lui non vuole.
Lui non ama quella donna. Quella donna non è lui.
Non ha quegli occhi verdi, che cambiano colore “a seconda dell’umore”, non ha quelle guance paffute e morbide nonostante la sua pelle sia vellutata, non ha la stessa morbidezza, non ha quei ricci morbidi, che solo a toccarli ti fanno rilassare, non è semplicemente lui. Il suo Harry.
Si guarda intorno con i suoi occhi azzurri come pochi, limpidi come il cielo d’estate, tormentati come il mare in tempesta, e non può far altro che sospirare, spostandosi i capelli castani spettinati, come al solito, dietro un orecchio perché è nervoso. Ha paura, certo, chi non ne avrebbe a trovarsi davanti a tutta la casata reale, di fronte a persone a lui sconosciute, miste ai suoi parenti e altra gente appartenente alla famiglia Calder? Solo un pazzo.
E Louis, dentro di sé, è pazzo, pensa.
E’ pazzo di quel riccio tutto sorrisi e carezze.
E, maledizione, vuole solo tenerlo tra le braccia, proteggerlo, amarlo. Perché, sì, Louis lo ama.
Non gli importa che sia un ragazzo, non gli importa che tutti lo odieranno dopo, non gli importa, vuole lui nella sua vita, non un matrimonio combinato, non una moglie e dei figli. Si accontenterebbe anche di una vita umile, in campagna. E diavolo quanto è cambiato. Fino ad un anno prima non avrebbe mai creduto di poterlo pensare. Non avrebbe mai creduto di poter pensare che una vita da contadino gli andasse bene, pur di stare con lui, dannazione.
Vuole liberarsi, vuole scappare, andare via, scappare con lui. Ma lui non è lì, lui lo ha lasciato. Se ne è andato, veloce come un battito di farfalla, quelle che gli piaceva osservare insieme al suo Harry.
I ricordi si affollano nella sua mente, vuole andar via, raggiungerlo, ma non sa dove sia.
Odia quel luogo, odia la sua assenza, odia ciò che deve fare.
La questione è una: la povertà o la nobiltà?
L’amore o un matrimonio combinato?
Harry o Eleanor?
La felicità o l’infelicità?
 
 

*

 
Era una fredda mattinata invernale, quando Louis, primogenito dell’importante famiglia Tomlinson, anni diciannove, vide per la prima volta Harry Styles. Il timido, riccio e dolce servo, appena giunto.
Fu un attimo, i loro sguardi si incrociarono, giusto un istante dopo che il padre gli ebbe detto che era il suo nuovo servo.
Il che significava che l’avrebbe visto spesso, e a Louis non dispiacque per nulla.
Era il ragazzo più bello che avesse mai visto in vita sua. Alto, più di lui sicuramente, gli occhi verdi e limpidi come due smeraldi, la bocca piccola, le labbra carnose, l’espressione di un cucciolo indifeso e le labbra tirate in un sorriso sereno, e Louis si chiese cos’avesse da sorridere un servo. Insomma, vivevano una vita orrenda, piena di maltrattamenti, povertà, ordini da eseguire, e cose simili, come poteva sorridere? E come poteva essere così maledettamente bello, lì davanti a lui?
Un semplice servo, poi. Immediatamente gli strappò un sorriso.
Ricordava tutti i servitori che aveva conosciuto nei suoi diciannove anni. Erano tutti.. strani. Erano tristi, deperiti, sporchi, brutti; quell’Harry invece aveva qualcosa che gli altri non avevano. E Louis doveva scoprire cos’avesse di diverso da tutti. Insomma, perché nessuno degli altri servi lo aveva fatto sorridere come aveva fatto quel ragazzetto appena arrivato nel casato?
E quale modo migliore se non tenerlo sempre accanto, come suo servo, come aveva detto suo padre?
“Louis William Tomlinson, piacere di conoscerti.”
 
 
Louis sospirò.
Era da un po’ che era tormentato da un pensiero: il ragazzo riccio che lavorava per lui.
Ogni mattina, sapeva che arrivava in camera sua sempre alla stessa ora, gli apriva la tenda della finestra, gli andava a preparare il bagno, e gli preparava i vestiti puliti. Poi usciva dalla stanza, tornando dopo diversi minuti con la colazione pronta, e poi con una dolcezza incredibile lo chiamava svegliandolo. E Louis puntualmente fingeva di dormire, per bearsi delle carezze delicate sulla guancia del piccolo Styles, piccolo sì, perché aveva scoperto che il riccio fosse più piccolo di lui di tre anni. Come poteva esserlo? Era il doppio di lui in muscolatura e altezza. E Louis, come una giovane fanciulla alla prima cotta, immaginava che quelle braccia forti lo proteggessero da tutto e tutti, per questo, nonostante fosse sveglio, restava con gli occhi chiusi. Come poteva piacergli un ragazzo? Era contro natura, gliel’avevano sempre insegnato, e invece, ora accanto al giovane Styles si sentiva bene, si sentiva completo. Come mai si era sentito in vita sua. Aprì leggermente gli occhi, trovandosi negli occhi azzurri..? Ma il giorno prima non erano verdi? Com’era possibile che avessero cambiato colore? Che stregoneria era mai questa?
Che Styles fosse uno stregone, e lui fosse vittima di un incantesimo?
Lo vide sorridere, e non appena incrociò i suoi occhi, arrossì, credendo di essere lui la causa di quel meraviglioso sorriso.
“Buongiorno, signorino Louis, avete dormito bene?” – chiese cordialmente, sorridendogli.
Louis odiava tutta quella cortesia, lui era un ragazzo, aveva diciannove anni, perché doveva farsi dare del voi da un suo coetaneo? Harry aveva sedici anni, e allora? Erano comunque coetanei.
Si stropicciò con fare stanco un occhio, trasmettendo al riccio tutta la tenerezza possibile, e lo vide sorridere ancora più. Quel sorriso inondava la stanza parzialmente luminosa – perché Harry aveva imparato che per non innervosire Louis di prima mattina, la camera doveva rimanere parzialmente buia se no non si abituava alla luce, non aveva dimenticato l’urlo che aveva lanciato involontariamente quando la prima volta che gli aveva aperto la finestra completamente, la luce aveva ferito quelle due gemme di cielo che il castano aveva al posto degli occhi – e Louis si accorse che quello era il sorriso più bello mai visto. Vedeva ai lati delle sue guance paffute un paio di fossette e ne fu attratto. Cosa gli stava succedendo?
“Po-potresti chiamarmi solo Louis, e darmi del tu? Mi sento vecchio, e tu hai la mia età, più o meno” – biascicò, con la voce impastata dal sonno, guadagnandosi un altro sorriso dal riccio.
Se avesse continuato così, la mascella gli avrebbe fatto male, ne era sicuro. Era impossibile sorridere così tanto senza provare dolore al viso.
“Da-davvero? P-posso?” – balbettò intimidito, facendo sorridere, stavolta Louis.
Il castano sorrise spontaneamente, come non faceva da tanto, tirando le sue sottili labbra in un sorriso dolce e incantatore, che rapì il più piccolo, e poi annuì. Sì, voleva trattarlo diversamente.
Sentiva qualcosa dentro di diverso. Si sentiva diverso da quando conosceva quel giovane.
Gli importava davvero che fosse un ragazzo? No.
Gli importava davvero che fosse un servo? No.
Gli importava cosa provasse? Sì, questo sì.
“Certo che puoi, avanti siediti e mangia con me, è troppo solo per me tutto questo!” – sorrise spontaneamente alzando le coperte per fare spazio al riccio sul suo letto.
Si rese conto che quel letto fosse troppo grande per una sola persona, e la voglia di avere qualcuno a dormire lì con lui fu tanta, ma era presto. Si conoscevano.. da quanto? Un mese?
Non poteva esporsi tanto, non subito almeno.
Dividere la colazione, tuttavia, gli sembrò l’idea migliore del secolo, Harry da parte sua non mosse un muscolo, troppo indeciso sul da farsi. Mica poteva davvero accettare?
Era comunque un suo superiore.
Il sorriso mutò in un’espressione triste, mesta. Come se in quel momento non sarebbe dovuto essere lì, perché non era giusto che il suo signore si togliesse letteralmente il cibo dalla bocca per lui.
E se poi il padrone l’avesse scoperto? Che ne sarebbe stato di lui?
Non poteva rimanere senza lavoro, non in quel periodo almeno.
“Ehi, Harry, che ti succede?” – chiese premuroso Louis, afferrandogli una mano, avvicinandolo al letto –“non ti va di fare colazione con me?” – gli fece gli occhi dolci, ed Harry non riuscì a non sorridere davanti a quello sguardo così dolce e penetrante, la voce da bambino capriccioso, e, quasi poteva vedere, il labbro inferiore sporgere quasi tremulo.
“N-no, non è questo, è-è che..”- balbettò in imbarazzo.
“Non sei abituato alla gentilezza? Nemmeno io. Sei il primo con cui mi capita” – sorrise sinceramente irradiando la mente di Harry con quel maledetto sorriso –“ma se proprio non vuoi che sia gentile, ti ordino di fare colazione con me.” – e rise. Una risata melodiosa, di cui nemmeno un canto di un usignolo poteva eguagliare la bellezza.
Harry adorava Louis.
Come poteva non farlo? Era l’unico nobile che non aveva la classica puzza sotto al naso, e lo trattava come un umano. E quell’ordine fu il più bello che gli avesse mai dato.
Il riccio, lentamente, si mise in ginocchio sul letto di Louis, restando a debita distanza da lui, mentre il castano si allungava verso il tavolo accanto al letto, per recuperare il vassoio e dividere la colazione con Harry.
Era un mese che lavorava per lui, e lo aveva sempre considerato una brava persona, ma adesso che erano l’uno di fronte all’altro, mentre consumavano insieme la colazione sul lussuoso letto a baldacchino di Louis, in quella stanza lussuosa, enorme, in cui Harry ogni volta si perdeva, capiva che in realtà quel ragazzo, quel nobile, quel signore fosse davvero diverso dagli altri nobili, sicuramente era gentile come pochi.
E “Hai il naso sporco!” – strillò divertito Louis, passando un dito sul naso del riccio che sussultò e rise imbarazzato, mentre il castano si beava della sua risata, delle sue fossette, dei suoi occhi socchiusi mentre rideva, delle sue labbra che si muovevano. Si beava semplicemente della presenza del giovane accanto a lui, e nemmeno se ne rendeva conto.
Era già stato rapito con uno sguardo, ma non era stato abbastanza furbo da evitare che il riccio lo facesse innamorare anche della sua risata.
 
 
Erano passati due mesi da quella mattina.
Tre mesi dall’arrivo di Harry al casato.
Tre mesi in cui Louis si sentiva meno solo, perché prima dell’arrivo di Harry si era sempre sentito solo al mondo, come se tutto quello che avesse non era abbastanza per essere felice.
Seppur viziato, Louis Tomlinson aveva qualcosa di diverso dagli altri nobili. Per lui i soldi e la nobiltà non erano mai stati davvero tutto, magari per la sua natura ribelle, o forse perché aveva una marcia in più rispetto agli altri “come lui”, lui si sentiva diverso e, purtroppo, solo.
Il riccio era non era solo un servo per lui, era anche un amico. Ad entrambi, piaceva la notte chiudersi nella camera di Louis e parlare fittamente, sussurrandosi parole segrete, che nessuno avrebbe mai ascoltato, che sarebbero rimaste impresse tra quelle mura, nelle loro orecchie. Dalle loro bocche non sarebbe mai uscita una singola parola sull’altro, come se un muto accordo fosse stato stretto, come un legame li avesse uniti, senza che loro se ne fossero accorti. E nascosti dalla luce del sole continuavano ad incontrarsi nella camera del più grande, che non negava mai la sua spalla al riccio. Più volte erano finiti per addormentarsi stretti tra le braccia dell’altro, in un groviglio di corpi impossibile da sciogliere.
Erano diventati intimi, nonostante fossero servo e padrone, loro non sentivano la differenza, perché insieme si completavano. Che gli importava della classe sociale?
Louis non avrebbe mai creduto di pensarlo, e invece dovette ricredersi quando si svegliò nel suo letto, con Harry che dormiva appoggiato sul suo petto, i ricci sparsi sulla camicia bianca di cotone finissimo e pregiato, il viso da bambino, la mano appoggiata sulla pancia, in quella posizione così intima, che se Louis non sapesse che la notte prima si erano addormentati così, solo perché il riccio aveva pianto a dirotto per la notizia della morte di sua madre, avrebbe pensato sicuramente di essere impazzito a far dormire un ragazzo su di lui. Passò una mano tra i capelli folti dell’altro, attento a non svegliarlo, l’ultima cosa che voleva era farlo tornare alla realtà, e vederlo piangere.
Era stato straziante non vedere quel meraviglioso sorriso che ogni giorno lo accompagnava da tre mesi, vedere quel bellissimo ragazzo distrutto dalla perdita di una persona cara, e si era fermato a riflettere che lui non avrebbe mai pianto così per qualcuno dei suoi familiari, perché semplicemente con loro non aveva un rapporto. La nonna la vedeva solo ai grandi ricevimenti di palazzo, i genitori non si curavano né di lui, né delle sorelle, e qualsiasi parente era troppo lontano da poter andare a trovare, era troppo lontano anche solo per potersi affezionare a lui. Forse, l’unica persona a cui si era legato davvero era Harry.
Quel servo riccio, bellissimo sia dentro che fuori, che ora dormiva tra le sue braccia e sembrava troppo lontano dalla realtà, troppo perso nei suoi sogni, troppo bello per essere vero.
Louis sorrise lasciandosi andare di nuovo contro il cuscino morbido e prese ad accarezzare delicatamente i capelli del più piccolo, era così piacevole accarezzarlo, ed era rilassante affondare la mano in quei ricci morbidi.
Si diede dello stupido da solo. Non poteva essersi invaghito di un ragazzo, di un suo servo. Non poteva permetterselo, i genitori non gliel’avrebbero perdonato. Non avrebbero accettato, e l’avrebbero mandato via.
Louis era ancora troppo immaturo per capire che un giorno tutto quello non gli sarebbe mancato per nulla, come diceva Orazio -che lui aveva studiato, perché la cultura, quando appartieni ad una famiglia nobile e sei l’ereditario conta molto- carpe diem.
E lui lo faceva semplicemente. Coglieva l’attimo con Harry, si godeva il tempo che gli era stato concesso di passare con un ragazzo che lo stava a poco a poco conquistando dal profondo.
Lentamente, le palpebre di Harry si sollevarono, rivelando i suoi occhioni verdi, ma un verde che andava nel grigio, rendendoli più scuri, velati di rosso a causa delle lacrime versate la notte prima, e le iridi azzurre di Louis li incrociarono. Entrambi i ragazzi sussultarono, perdendosi l’uno nello sguardo dell’altro, incapaci di proferire alcuna parola. Una mano di Louis si allungò fino alla guancia di Harry, e con il dorso l’accarezzò delicatamente, come se il riccio fosse qualcosa di prezioso da proteggere, da..
Amare..
Aveva davvero pensato da amare? Non poteva amarlo. Lui era un ragazzo, non poteva amare un altro ragazzo, giusto? Era contro natura, non gli era mai successo. Cercò di respingere quegli interrogativi, facendo di Harry il suo unico pensiero di quella giornata, pensando che doveva fare qualcosa per farlo star meglio.
“Come hai dormito, Harry?” – chiese premuroso, accarezzandogli la schiena.
“Meravigliosamente tra le tue braccia, sono così.. calde” – fece con la voce roca e impastata dal sonno, abbracciandolo socchiudendo gli occhi, provocando tanti piccoli brividi lungo la schiena del più grande. Il cuore di Louis perse un battito e il castano nemmeno se ne accorse, non lo sentì battere così forte nella cassa toracica, quando Harry lo abbracciò affondando il viso nell’incavo del suo collo, respirando il profumo della sua pelle, beandosi di quei sapori ed odori che essa emanava. Louis semplicemente rimase immobile, con un’espressione da ebete sul viso, e le braccia strette attorno alla schiena del minore.
“Ti va di fare un..” – tossì, cercando di darsi un contegno –“di accompagnarmi alla battuta di caccia, oggi? Mi annoio ad andare da solo.”
L’inverno stava ormai abbandonando l’Inghilterra, e i timidi raggi primaverili iniziavano a scaldare i corpi e i cuori delle persone. Louis poteva permettersi di portare con sé Harry ad una battuta di caccia leggermente,molto, inventata.
Harry si aprì in un sorriso radioso, ignorava che non c’era nessuna battuta di caccia, e dannazione avrebbe dovuto ricordarlo, perché lui era il servo del conte Louis, non poteva dimenticare le cose così facilmente, ma era la presenza di Louis a fargli perdere la cognizione del tempo.
Portò una mano chiusa a pugno a stropicciarsi gli occhi, sfregò la guancia contro la spalla di Louis, e lo sentì sussultare al contatto, e non potette trattenersi dal sorridere lasciando un bacio delicato e casto sulla sua spalla, prima di sciogliere l’abbraccio, facendo percepire a Louis uno strano senso di vuoto e nostalgia.
“Vengo, ma se poi tuo padre..?” – fece titubante.
“Sei il mio servo, Harry, decido io per te.” – ridacchiò avvicinandolo per schioccargli un bacio sulla guancia, facendolo arrossire all’inverosimile.
“M-mi consideri solo un servo allora..” – fece leggermente deluso.
Cosa si aspettava? Che Louis gli dicesse che fossero amici? Che gli dicesse che non gli importava se lui era un suddito e lui no? Si morse nervosamente le labbra, allontanandosi, senza aspettare risposta da lui, per prendergli i vestiti puliti, e preparargli il bagno, ma prima che potesse sparire dalla sua visuale, Louis lo raggiunse prendendolo per i fianchi, e avvicinandolo a sé, premette le labbra contro il suo collo, lasciandovi un dolce e casto bacio.
“Non sei solo il mio servo, sei il mio migliore amico, l’unico amico che ho, l’unica persona per la quale piangerei se dovessi morire prima di me.” – sussurrò contro il suo orecchio, lasciandovi un bacio delicato, mentre il cuore nel petto di Harry correva veloce come una carrozza trainata dai cavalli più veloci dell’intera contea, dell’intera Inghilterra.
“V-va be-bene” – balbettò imbarazzato il più piccolo. Ogni volta che Louis lo abbracciava o gli dedicava qualche attenzione in particolare, balbettava ed arrossiva, facendo nascere dentro al cuore del maggiore un senso di.. tenerezza e strambo amore che lo portava a sorridere, ad essere felice.
Ed Harry amava quel sorriso, voleva vederlo sempre. Amava la risata cristallina di Louis, le sue labbra che si muovevano veloci nell’atto della risata, e le mani che si muovevano veloci per il divertimento e l’imbarazzo del mondo. E proprio quando i loro occhi si incrociarono, entrambi si sentirono a casa.
Si scambiarono uno sguardo dolce, pieno di sentimento.
Louis doveva essere impazzito. Come poteva provare certe cose per un ragazzo? Per quel riccio?
Vero era, che il ragazzo gli era entrato dentro, nel cuore, lo aveva scaldato e colorato.
Perché in quegli occhi che cambiavano colore – e Louis era determinato a scoprire perché facessero così – aveva visto qualcosa che in altre persone non aveva mai visto, nemmeno in quelli di “quelli come lui”.
Negli occhi di Harry c’era amore, c’era voglia di vivere, c’era allegria, c’era tutto ciò che al mondo c’è di positivo. C’era bellezza.
 
 
“Lou, ti prego sono stanco!” – esclamò Harry, sfinito, lasciandosi scivolare contro la corteccia di un albero – “tanto ormai il cervo è scappato, non puoi riprenderlo, riposiamoci”  - supplicò.
L’estate era giunta, e Louis sempre più spesso decideva di uscire per le battute di caccia, costringendo Harry a seguirlo e a passare il tempo con lui. Non che al riccio dispiacesse, ma era davvero estenuante stare al suo passo. Per lui sarebbe stato più facile pulire mille cucine reali, piuttosto che correre dietro a Louis, che a sua volta correva dietro ad un cervo.
Era legale uccidere poveri animaletti?
“Sei proprio un pappamolle, Styles.” – sogghignò divertito, lasciandosi scivolare anch’egli contro la corteccia, prendendo dalla sacca una borraccia con dell’acqua. –“vuoi bere?” – chiese premuroso, porgendogliela. Harry scosse la testa, sorridendo.
Di certo, quando era arrivato al casato Tomlinson, sei mesi prima, non si sarebbe mai aspettato di finire così, innamorato del giovane Louis, così amico di Louis, così non suo servo.
Perché il rapporto che c’era tra di loro era tutto fuorché quello che c’era tra servo e padrone. Era un rapporto di amicizia e fiducia reciproca, basato su un grande segreto che nei loro cuori, entrambi celavano.
Si stavano innamorando, ma non riuscivano a vederlo, non ancora almeno.
Ma era un segreto così pericoloso, così assurdo per la loro situazione che andava tenuto nascosto, nessuno doveva scoprire il loro amore celato dietro sguardi e gesti, nessuno. Nemmeno loro stessi.
Non capivano la grandezza del loro amore, non potevano coglierne il frutto, ancora troppo acerbo per essere espresso a voce. Era come un fiore.
Il seme era stato piantato, pian piano sarebbe cresciuto, e sarebbe sbocciato. Come un frutto che dev’essere colto da un albero.
Per ora il seme era ancora seminato, in attesa di concime e il frutto ancora troppo acerbo per essere colto. Per il momento la loro, era solo una grandissima amicizia, che andava al di là della loro posizione sociale.
Louis bevve, e dopo alcuni istanti, propose di nuovo ad Harry di bere a sua volta e questo accettò, senza obiettare.
“Sì, grazie!” – esclamò Harry sorridendo, rubando dalle mani di Louis la borraccia, assaporando il sapore lasciato lì dalle labbra di Louis, così dolce, così puro, così.. suo.
Louis infilò una mano nei ricci di Harry e li scompigliò, rendendoli più ribelli del solito, più mossi erano, più lui si rilassava quando li toccava, e sorrideva quando il più piccolo faceva piccoli versi simili ai miagolii dei gatti, quando lui gli toccava i capelli.
“Ci pensi mai a cosa sarebbe accaduto, se non fossi stato un servo?” – chiese Harry a bruciapelo, mentre il più grande non staccava gli occhi da lui, dalle sue labbra piegate all’ingiù, dal suo naso a patata, dalla sua espressione corrucciata, dai suoi lineamenti non reali, ma ugualmente morbidi, dalle sue guance, e quelle fossette che vide quando entrambi si distesero in un sorriso.
“Non avrei potuto fare questo.” – dichiarò il conte, sporgendosi verso il riccio, posando un delicato e leggero, come il battito d’ali di una farfalla, proprio quella che quando i due giovani si ritrassero dal bacio, si posò sul naso del riccio, facendolo sorridere sia per il bacio che per il bizzarro evento con l’esserino.
Louis allungò una mano verso la sua guancia e l’accarezzò delicatamente. Harry chiuse gli occhi al tocco del ragazzo, beandosi di quel piccolo sfioramento, e involontariamente si passò la lingua sulle labbra per imprimere nella sua bocca il sapore di Louis e nella mente quel bacio inaspettato.
Harry tentò di dire qualcosa, ma Louis fu veloce, e rapido come un ghepardo balzò in piedi recuperando la sacca con le frecce.
“Sarà meglio andare, Harry.”
Prima di incamminarsi, notò che gli occhi di Harry, in un battito di ciglia mutarono colore dal chiaro allo scuro, e Louis non capì ancora cosa volesse significare quel cambio di colore.
 

*

 
Louis sorride quando in mente gli ritorna quella sorta di primo bacio scambiato con Harry, perché lui sa che è quello ciò che vuole. Vuole tornare ad avere diciannove anni, e non vuole lasciarlo andare via dalla sua vita, vuole tenerlo stretto a sé, vuole baciarlo, coccolarlo e amarlo come merita.
Cosa ci fa lì?
Perché è lì?
Perché tutti lo guardano come se stesse annunciando che l’Inghilterra ha vinto qualche battaglia? Perché sente un tremendo groppo alla gola come se volesse urlare, ma non lo fa?
Si sente ancora in trappola vuole scappare, vuole sparire da lì prima che sia troppo tardi.
Si morde nervosamente il labbro, indeciso ancora sul da farsi. E’ indeciso.
Non vuole deludere i genitori, ma per questo deve deludere se stesso e la persona che ama?
Qualcuno si schiarisce la voce.
Il padre sorride fiero.
“Mio figlio, Louis William Tomlinson deve fare un annuncio!” – proclama.
Il mondo di Louis si sgretola, e i ricordi gli affollano di nuovo la mente.
 

*

 
Dopo due mesi, la situazione era leggermente diversa.
Dopo quel bacio, avvenuto sei mesi dopo l’arrivo di Harry nel casato, i due ragazzi avevano ignorato l’evento, tornando ad essere due spensierati amiconi. Si incontravano ancora di notte, e parlavano, ma si nascondevano qualcosa.
Dopo sei mesi che si conoscevano, dopo diverse lune sorte e tramontate, ed altrettanti soli, i due celavano qualcosa nei loro cuori, qualcosa che premeva di uscire, qualcosa che li mandava fuori di testa, che li spingeva a distanziarsi spesso, per evitare di cedere a certi sentimenti sbagliati che li tormentavano.
Louis lo notava. Gli occhi di Harry erano costantemente scuri, quasi grigi e ne ignorava il motivo. Perché quegli occhi dovevano confonderlo in quel modo?
Harry era seduto ai piedi del grande letto, mentre Louis, se ne stava con le spalle contro i cuscini e guardava il ragazzo mentre nervoso si spostava i capelli da davanti al viso, nervosamente li scompigliava, e se li rimetteva dietro l’orecchio, poi alzava lo sguardo su di lui, ne incrociava gli occhi, e poi lo abbassava imbarazzato, senza proferir parola. E il castano iniziava a rompersi leggermente della situazione, e prendeva a sbuffare nervosamente. E Louis notava quello sguardo ancora più scuro del solito.
“Harry, ti calmi? Che hai? Sei nervoso!” – sbottò improvvisamente, facendo sobbalzare il minore che puntò lo sguardo nel vuoto. Doveva trattenersi. Avrebbero potuto ucciderlo, o peggio licenziarlo. Non poteva, non doveva avvicinarsi a Louis, doveva restare a distanza di sicurezza.
“No, niente, è stata una giornata pesante” – esalò, rassegnato. Per quanto potesse essere attratto dall’altro, non poteva.
“Vieni, che ti coccolo” – fece allora il più grande, allargando le braccia, ma Harry scosse la testa, spargendo i suoi ricci a destra e poi a sinistra.
Quanto sono belli quei ricci..
Vieni da me, Harry, non avere paura..
Louis si morse le labbra, capendo che non doveva pensare certe cose, non del ragazzo di fronte a lui.
Non perché fosse un servo, a lui non importavano queste frivolezze, non più da quando c’era Harry nella sua vita, ma perché era un ragazzo, non poteva provare qualcosa per un ragazzo.
Harry si mosse lentamente verso Louis e si lasciò andare tra le sue braccia, cercando calore in quelle, cercando di convincersi che quella non era una cosa positiva, non poteva sentirsi bene tra le braccia di Louis, del suo padrone, di un altro ragazzo.
Che avrebbe pensato di lui il padrone?
Che avrebbero pensato di lui gli altri servi?
Alzò lo sguardo dal petto del ragazzo, e gli fissò le labbra.
Dannazione, erano così invitanti, così belle..
Fammi essere il tuo primo e ultimo bacio, Harry– supplicò mentalmente Louis.
Era così maledettamente sbagliato, ma lo fece.
Premette le labbra contro quelle di Louis, come lui aveva fatto due mesi prima nel bosco. Appoggiò le braccia ai lati del corpo del ragazzo, e su di esse si fece forza, reggendosi alle coperte, premendo ancora le labbra contro quelle di Louis, che immobile, non reagì fino a che Harry non percorse con la sua bocca rossa e tutto il perimetro delle labbra dell’altro, spingendolo a socchiuderle per farsi dare accesso alla bocca. Louis portò le mani dietro la collo del minore affondandole nei suoi ricci così maledettamente invitanti e morbidi, avvicinando la testa del più piccolo a sé, per sentirlo. Fecero combaciare i petti, i bacini e le fronti, continuando a baciarsi. Le loro labbra presero a muoversi in una sincronia quasi perfetta, i loro respiri si fusero in un unico respiro, i cuori battevano all’unisono l’uno contro il petto dell’altro, finalmente completi, finalmente insieme.
Si staccarono solo quando entrambi sentirono l’ossigeno venir meno nei loro polmoni, e solo in quel momento si resero conto di ciò che era successo, di quanto lo desiderassero davvero, di quanto entrambi avessero bisogno della presenza dell’altro nella propria di vita, di quanto schifosamente fossero presi.
Harry si morse le labbra in evidente imbarazzo, mentre Louis si perse negli occhi del riccio, così limpidi, ora. Spostò una mano da dietro il collo del ragazzo alla sua guancia accarezzandola, lasciando l’altra a solleticare il collo del più piccolo con fare dolce, per niente malizioso.
“Hai gli occhi chiarissimi ora, prima erano scuri” – sussurrò –“mi piacciono i tuoi occhi che cambiano colore” – e gli stampò un altro bacio delicato sulle labbra, sorridendo.
“T-te ne sei accorto? Cambiano colore quando sono triste e quando sono felice.”
“Più chiari felice, e più scuri triste?” – chiese cauto il maggiore, mentre l’altro si apriva in un sorriso colmo di gioia ed annuiva felice, fiondandosi di nuovo sulla bocca dell’altro, lasciandovi delicati e dolci baci sopra, mordicchiandogli le labbra.
“E ora sei felice?” – domandò sussurrando Louis, ricambiando i baci del giovane Harry, che non la smetteva di tempestare il suo viso, le sue labbra e il suo collo di baci.
Dannazione, queste labbra saranno la mia fine..
Afferrò il viso di Harry tra le mani, portandolo all’altezza dei suoi occhi, proiettandoli gli uni negli altri, perdendosi ancora una volta entrambi in un mondo che portava il nome del partner.
“E’ sbagliato, è maledettamente sbagliato” -  si lamentò Harry con le labbra sopra quelle di Louis, sfregando i loro nasi l’uno contro l’altro, in un movimento così dolce che il cuore di Louis prese a battere più veloce se era possibile.
“Ma sei felice?” – chiese di nuovo Louis. Harry non rispose subito, affondò il viso sul petto di Louis, beandosi del suo profumo dolciastro, e sfregò la guancia contro di esso.
“Sì, Louis, sono felice, maledettamente, schifosamente felice. Non credevo che tu, un conte, un nobile, potessi ricambiarmi. So che è sbagliato, siamo due maschi, sono tuo servo, ma tu.. Louis, tu.. io..” – e le sue sicurezze vennero meno, l’emozione gli giocava brutti scherzi a volte, e perdeva il filo dei discorsi, apparendo così agli occhi di Louis ancora più dolce, tenero, da proteggere, da..
Amare.
Amare, sì, io ti amo, Harry.
“Ecco, insomma, che tu potessi ricambiare, in un certo senso, quello che provo per te.”
Il cuore di Louis prese a galoppare come un cavallo libero nella prateria, il ragazzo si sentì così leggero che se non ci fosse stato qualcosa a trattenerlo con i piedi per terra sarebbe levitato in cielo.
Se Harry Styles era uno stregone, l’incantesimo che aveva fatto su di lui, era indirizzato sicuramente al cuore, perché sentiva cose che non aveva mai sentito in vita sua per un’altra persona. Si sentiva così bene che avrebbe urlato al mondo quanto stesse bene in quel momento, che avrebbe scalato tutte le montagne esistenti, avrebbe superato tutti gli ostacoli che avessero incontrato, avrebbe fatto l’impossibile per sentire ancora il sorriso del riccio contro la sua pelle, di sentire quelle labbra morbide e gonfie contro le sue sottili. Si sentiva così bene, come non si era mai sentito in vita sua.
“Giurami che sarò il tuo primo e ultimo bacio, Harry” – pregò.
Inconsapevolmente avevano appena concimato il seme del loro amore, e avrebbero dovuto attendere per vedere se esso fosse cresciuto forte, bello e rigoglioso, o avrebbe perso vita al primo problema? Alla prima pioggia invernale, alla prima soffiata di vento?
Sarebbero riusciti a far resistere il loro amore a tutti i problemi che avrebbero incontrato sul loro cammino?
“Lo giuro.” – sorrise, fiondandosi di nuovo sulle sue labbra, assaporandole ancora.
Non lo sapevano, ma in quel momento pensavano solo alle loro labbra unite come se fossero state unite dalla lega più potente esistente al mondo, come se in quel groviglio di corpi che sul letto non ci fossero solo due ragazzi, due amici, ma due amanti che nel cuore di una notte scoprivano i loro sentimenti per la prima volta e li consumavano baciandosi come se non ci fosse stato un domani.
 
 
Erano passati due mesi da quel bacio, due mesi da quella specie di dichiarazione di sentimenti, due mesi di felicità per i due giovani amanti del casato Tomlinson. Erano sempre attenti a non farsi scoprire, e improvvisamente le battute di caccia di Louis erano aumentate a vista d’occhio.
Ma loro nel bosco non andavano per cacciare, ma per ripararsi da occhi indiscreti e consumare il loro amore tra baci, carezze e coccole delicate, invisibili. Per scambiarsi promesse con quei baci che sapevano di buono, sapevano d’amore, sapevano dell’altro. E a Louis piaceva mordere le labbra carnose e morbide di Harry, fino a sentirle completamente sue, fino a sentirlo gemere teneramente prima di baciarlo ancora e fare quella bocca sua. E ad Harry piaceva accarezzare la pancia morbida di Louis, e morderla lasciandogli tanti segni rossi, prove del suo passaggio e dell’appartenenza di Louis.
Perché entrambi sapevano di appartenersi. Fisicamente ancora no, ma sapevano che l’uno apparteneva all’altro, sapevano che nessuno dei due avrebbe mai fatto soffrire l’altro, almeno non intenzionalmente, sapevano che avrebbero fatto di tutto per vedere il sorriso del compagno, e sapevano che in qualunque caso, si sarebbero sostenuti a vicenda, qualsiasi cosa fosse capitata.
“Mmh, Haz?” – ansimò Louis contro il collo del riccio, percorrendolo con le labbra, mentre il minore che gli accarezzava la schiena tenendo le mani fredde sotto la sua casacca.
“Sì, Lou?” – sussurrò in risposta, in un ansimo più forte dovuto al morso che Louis gli aveva appena lasciato.
“Non lasciarmi mai..” – fu in quel sussurro che Louis espresse tutta la sua paura di perdere l’altro, paura di restare solo, paura di soffrire. Fu in quel momento che il padrone divenne schiavo del servo, e il servo padrone del signore, fu un quel momento che i ruoli si invertirono. Fu in quel momento che Louis aprì davvero il suo cuore per la prima volta in vita sua.
Louis stava donando ad Harry tutto se stesso, mettendosi a nudo come mai aveva fatto prima d’ora.
Senza accorgersene, gli stava donando tutto il suo cuore su un piatto d’oro.
“Mai.” – promise il riccio. Una promessa, una certezza.
Non avrebbe mai lasciato Louis, né ora, né mai, nemmeno se costretto. E sapeva che con quella promessa stesse prendendo sulle sue spalle la responsabilità di salvaguardare il fragile cuore dell’altro. Harry sapeva che Louis era sempre stato da solo, un po’ per quello che gli era imposto, un po’ per la paura innata di soffrire, dovuta a tutte le separazioni subite nel corso degli anni. Sapeva di dover mantenere quella promessa. E sapeva che il suo sentimento per il ragazzo non sarebbe appassito, non dopo quella promessa, non dopo quella dichiarazione.
“Grazie” – sospirò contro le sue labbra, accucciandosi tra le sue braccia, perché se c’era una cosa che a Louis piaceva da morire era il potersi accucciare tra le braccia di Harry, e restarci per lunghi istanti, per lunghi momenti, e da quelle farsi proteggere, farsi stringere e coccolare.
Non credeva che una cosa così bella potesse capitare proprio a lui, non ci credeva, era troppo sovrannaturale come cosa. Lui non lo meritava.
Era davvero così fortunato?
Meritava davvero una meravigliosa persona come Harry nella sua vita?
Poteva Harry aver portato la luce in quell’abisso che credeva vita?
Non lo sapeva, ma per il momento si godeva le braccia dell’altro, accucciandosi, lasciandosi stringere e proteggere, e con la guancia premuta contro il petto dell’altro, accarezzò una gamba del riccio, che fremette al contatto.
“L-Lou?” – balbettò.
“Harry, hai mai desiderato avere una persona in tutto? L’hai mai sentita così vicina a te, ma anche così lontana? Sei mai stato innamorato, Harry?” – chiese a bruciapelo, guardando il ragazzo dal basso.
“Sì, mi sono innamorato.” – confessò il riccio.
Il cuore di Louis si strinse in una morsa. Qualcuno aveva il cuore del suo Harry, qualcuno aveva quel cuore puro. Non pensò che potesse essere lui il possessore di quel cuore così… perfetto, non ci pensò nemmeno un attimo. E il suo sorriso sparì in un attimo.
Harry osservò il suo cambio d’umore, così repentino, così strano, ma capì subito il perché. Louis era anche dannatamente insicuro, e lui non aveva specificato di chi fosse innamorato.
“Louis, sono innamorato di te.” – aggiunse.
Louis immediatamente alzò lo sguardo in quello del riccio, incrociando i suoi occhi che in quel momento risplendevano di luce propria, erano luminosi come due stelle del firmamento, e gli sorrise immediatamente, suggellando le loro labbra in un bacio che da entrambe le parti trasmetteva gioia, amore, voglia di viversi per davvero, perché ora il fiore del loro iniziava a crescere, si potevano già notare le radici ben fissate nel terreno e il fusto che man mano usciva dal terreno, e si sviluppava sempre di più grazie a quei baci che non erano nientemeno che il concime di quel fiore che prima o poi sarebbe venuto fuori.
“E tu, Louis? Tu mi ami?” – chiese tra un bacio e l’altro il riccio, mordendogli il labbro, quasi tremante, quasi spaventato dall’idea di fargli male, di romperlo in qualche modo.
“Sì” – rispose –“sì, sì, sì, mille volte, sì, ti amo, Harry”
 
 
“Louis, guarda!” – esclamò divertito Harry mentre accarezzava i capelli di Louis e quest’ultimo era appoggiato sul suo petto. Erano in una radura, abbastanza distante dalla contea –“non è semplicemente bellissima?” – sorrise donandogli un bacio nei capelli morbidi, sorridendo.
“Ma cosa, Harry?” – chiese divertito il più grande.
“Quell’animaletto colorato!” – indicò una farfalla che si era posata su un fiore lì vicino a loro. Era autunno da poco, ed era ancora possibile vedere certi “animaletti” in giro.
“E’ una farfalla, Harry, e hai ragione, è bellissima”
“Una farfalla..” – sorrise –“sarebbe bello, no? Volare liberi senza problemi, come una farfalla”
“Harry, una leggenda dice che le farfalle vivono solo per un giorno, sarebbe un po’ brutto, morire intendo, no?” – fece guardandolo. Adorava la semplicità di quel dolce servo.
“Sì, ma avremmo visto tutte le cose belle, e poi ci saremmo potuti amare alla luce del sole e..” – Louis, dal basso, appoggiò un dito sulle sue labbra, sorridendo. Adorava i suoi viaggi di fantasia, ma lui preferiva la realtà, non poteva lasciarsi trascinare.
“Non possiamo, Harry, non possiamo” – sospirò rassegnato. Harry stizzito, gli morse amichevolmente il dito, e portò una mano sui suoi occhi, coprendoglieli.
“Chiudi gli occhi, e dimmi cosa vedi” – fece sussurrando.
“Buio, non vedo niente.”
“Louis, libera la mente, pensa alle cose belle, cosa vedi, ora?” – sussurrò ancora, strofinando il naso contro il suo orecchio.
Louis si concentrò, facendo come il servo gli diceva. Ecco che i ruoli si invertivano nuovamente. Il servo ordinava al padrone.
“Mmh.. me e te.. che corriamo.. tenendoci per mano. Senza impedimenti, siamo liberi, Harry..” – sorrise stringendosi maggiormente al più piccolo, respirando il suo profumo, inebriandosi di quello.
Harry si morse le labbra, evidentemente felice di quello che aveva sentito, scostò dal mano dagli occhi del ragazzo, e alzandogli lievemente la testa, tenendola tra le mani, si piegò in avanti unendo le loro labbra in un bacio delicato e pieno d’amore che fece scoppiare i loro cuori di felicità.
 
 
“Devi andare per forza?” – chiese Harry, leggermente intristito. In nove mesi che era lì non si era mai trovato nella situazione di dover passare il tempo senza il suo Louis, non sapeva cosa sarebbe accaduto in sua assenza, non sapeva cosa la signora Tomlinson gli avesse fatto fare, e aveva paura, dannatamente paura che sospettasse qualcosa su loro due, un solo sussurro, o una diceria, che tutto quello che erano sarebbe diventato vano, sarebbe sciamato via, il fiore sarebbe appassito.
“Sì, piccolo, mio padre vuole che assista, dice che un giorno toccherà a me, lo sai che non vorrei lasciarti solo, vero?” – disse dolcemente, avvicinandosi a lui e prendendolo per i fianchi, facendo combaciare i loro petti. In realtà, tra loro due non c’era uno più forte e uno meno forte. Entrambi erano la spalla dell’altro nei momenti tristi e bui, e questo era un momento in cui Harry era triste e sconsolato, Louis poteva vederlo nei suoi occhi cupi. Adorava il fatto che Harry non potesse nascondergli niente, perché quelli cambiavano le loro sfumature a seconda dell’umore, e permettevano al maggiore di capire i segreti dell’animo di Harry.
“Lo so.” – ammise il ragazzo –“ma non è mai successo, e poi.. insomma, se incontri un altro servo più bello di me?” – chiese con le gote arrossate per l’imbarazzo e la gelosia.
Louis gli diede un colpetto sul naso, e poi lo guardò dritto negli occhi, per rassicurarlo.
“Nessun servo, nobile, garzone, cavallo o altro, potrà mai prendere il tuo posto, Harry. Mettitelo in testa” – proclamò solenne –“nessuno ha i tuoi ricci” – infilò una mano nei suoi capelli –“né i tuoi adorabili occhi che cambiano colore” – e nel dirlo si perse nelle iridi del ragazzo che man mano si schiarivano –“né le tue labbra da baciare”- e le sfiorò in un gesto delicato –“né le tue guance paffute” – si avvicinò pericolosamente al riccio, restando ad un soffio da lui –“non sono semplicemente te.” – concluse unendo le labbra in un bacio dolce, delicato, che sapeva di futura nostalgia, presente amore e passata sofferenza.
“Chiaro?”
Harry annuì e le sue iridi di schiarirono leggermente.
“Mi mancherai, torna presto” – sussurrò baciandolo ancora, e ancora, e ancora, fino a che qualcuno non bussò sulla porta, chiamando Louis. Fecero, però, in tempo a staccarsi, prima di accogliere il servo del padre di Louis che lo andava a chiamare. Il castano si congedò dal riccio, salutandolo con un bacio sulla fronte, attento che l’altro servo non  lo notasse, e poi andò via con suo padre, partendo per andare a quella stupida riunione dei lord della Gran Bretagna.
Louis odiava quelle riunioni. Le odiava con tutto il cuore, perché durante quelle veniva messo sotto pressione, continuavano a parlargli dei suoi doveri, tra cui rientrava sposare con una contessa che lui nemmeno conosceva. Poi c’erano quelle cene terrificanti, dove attorno ad una tavola lunghissima tutti i nobili si sedevano e venivano serviti, lui era sempre troppo lontano da tutti e si ritrovava ad annuire ad ogni cosa, perché semplicemente non li sentiva. Poi rientrava nella stanza assegnatagli e veniva investito dalla malinconia, perché la consapevolezza di essere solo lo prendeva, e lo sconforto aumentava. Una luce accesa in lui, il suo Harry a casa.
Furono i giorni peggiori.
Senza Harry.
Senza chiacchierate, senza momenti dolci, senza baci.
Senza il suo servo che l’aveva conquistato.
 
 
Harry Styles era nel casato dei Tomlinson da dieci mesi, ed era un mese che non vedeva Louis Tomlinson. Perché? Era partito, il mese prima per una riunione con gli altri lord, e non erano ammessi servi. Sapeva che Louis, da quando lo conosceva, odiava certe formalità, ma non aveva potuto dire di no, perché sarebbe significato andare contro il volere di suo padre, e di certo, Louis non voleva deluderlo. Harry si premurò di lasciargli la stanza in ordine, immacolata e poi ritornò alle sue mansioni assegnategli dalla contessa. Ripulire le stalle.
Odiava le stalle. Era un mese che trascorreva il tempo lì, e puzzava. Non poteva accogliere Louis in quello stato, sapeva che sarebbe tornato in giornata. Ormai contava i giorni, nell’attesa del suo ritorno, per essere trattato come un umano. Non gli avrebbe detto che la signora Tomlinson lo aveva fatto frustare perché aveva rovesciato un pentolone d’acqua per il corridoio, non gli avrebbe detto che erano aumentate quando aveva aiutato la cuoca in cucina – perché Harry amava cucinare – non gli avrebbe detto che era stato trattato peggio di un cane, di un animale, solo perché era un servo.
O forse era lui abituato a lavorare solo per Louis che non capiva qual era la vera vita per un servo. Louis era troppo buono.
“Tu” – sputò acido un uomo entrato nelle stalle –“la padrona ti cerca, ne avrai combinata un’altra delle tue, non vedo l’ora di sfogarmi un po’ su di te, bel ricciolino”
Harry rabbrividì, ma non lo diede a vedere e annuendo uscì dalla stalla, prima di sentire la frusta dell’uomo schioccare e infrangersi contro il muro. Tremante, si avviò verso il casato, e appena fu dentro, fu investito da un terribile senso di sconforto. Se Louis non fosse tornato quel giorno?
Se fosse stato ancora lontano da lui?
E la signora avesse trovato qualcosa di male in tutto quello che faceva?
Tremava davvero, in un mese aveva avuto il trattamento che nei precedenti nove mesi non aveva ricevuto. Come poteva quella donna essere tanto diversa dal figlio?
Non vedeva l’ora di lasciarsi abbracciare dalle braccia forti di Louis, di essere trattato bene, di essere amato. Louis gli mancava incredibilmente. Più gli stava lontano, più sentiva la sua mancanza. Non credeva di affezionarsi così a qualcuno, in tutta la sua vita.
Nessuno durante quel periodo aveva mai notato i suoi occhi leggermente più scuri del solito, nessuno aveva mai notato le sue tristi espressioni, nessuno lo notava mai, a meno che non fosse stato Louis.
Solo lui si accorgeva di come stesse davvero.
Arrivò nelle stanze della donna, e con lo sguardo basso si inginocchiò per terra, in segno di rispetto.
“Oh, Harry. Per fortuna che sei arrivato, la mia stanza dev’essere rassettata, poi voglio che la stanza di Louis sia immacolata. Mio marito mi ha mandato una lettera, in serata arriveranno, ed è già pomeriggio inoltrato. Quindi, muoviti! Altrimenti le frustate aumenteranno.” – ordinò.
Harry rabbrividì ancora, ma dentro di lui si accese una luce immensa.
Louis stava arrivando. Louis quella sera sarebbe stato lì con lui. Louis l’avrebbe abbracciato e protetto. Louis stava tornando.
Sorrise annuendo, stranamente rinvigorito e si premurò di iniziare a sistemare le stanze della donna, di renderle perfette, e immacolate come lei le voleva, e poi tornò nella stanza di Louis, dove si respirava quel bellissimo profumo del ragazzo, dove c’era il loro amore impresso in ogni angolo, mobilia, lenzuolo. E quando la sera arrivò, aspettò con ansia l’arrivo del ragazzo continuando a rispettare gli ordini della donna, ma ogni volta che scrutava l’orizzonte non scorgeva mai la carrozza far ritorno.
Tremava, aveva paura che tutto quello che aveva subito durate la giornata fosse stato inutile.
L’ansia lo stava divorando, ma quando sentì il rumore degli zoccoli, che toccavano terra, e le ruote che veloci si muovevano sulla strada, il suo cuore perse un battito, e il sorriso tornò ad increspare le sue labbra. Non ci pensò due volte, abbandonò le stalle, e corse fuori nel cortile attendendo come un bravo servo l’arrivo del suo padrone. Aspettò che la carrozza percorresse tutto il vialetto, e quando si fermò si avvicinò, attendendo solo quel ragazzo. Il suo Louis.
Harry fu raggiunto dagli altri servitori, che si accostarono alla carrozza, e aprendola fecero uscire il conte Tomlinson, il padre di Louis. Il riccio lentamente si avvicinò, ansioso, salutò cordialmente il padrone e si diresse alla carrozza, porgendo una mano sporca e infangata a Louis, mordendosi le labbra per la vergogna di non aver avuto il tempo di rendersi presentabile, tant’erano le mansioni assegnategli.
Louis l’afferrò lo stesso, e scese dalla carrozza, sorridendo, felice di rivedere Harry.
Si trattenne dal saltargli addosso, perché erano in un cortile, perché avrebbero potuto vederli, perché Louis sapeva che Harry dovesse dirgli qualcosa, lo vedeva nei suoi occhi, ora scuri, nei lividi che aveva sul viso e nella mano sporca. Qualcosa era andato male durante la sua assenza, qualcosa era successo al piccolo Harry, qualcosa che riguardava sicuramente sua madre e le sue pessime maniere con i servi.
Louis lo sapeva, lo sapeva benissimo. Ricordava tutte le volte in cui la madre avesse trattato male qualcuno che non aveva fatto bene qualche lavoro. E sapeva che Harry era troppo fragile per sopportare quel tipo di dolori. E lo vedeva tremante, quando lo aiutava a scaricare i suoi bagagli, e lo vedeva dolorante quando camminava. Una volta giunti nelle stanze di Louis, il maggiore chiuse la porta, e guardò il riccio mentre tentava di ignorare il suo sguardo, mentre tentava di sfuggirgli.
“A-Allora i-io vado..” – balbettò avvicinandosi alla porta, ma Louis fu più veloce e lo prese per i fianchi impedendogli di avvicinarsi alla porta, non curandosi di sporcare gli abiti puliti. Harry avvertì una fitta di dolore al contatto con il maggiore, e tentò di dimenarsi.
“L-Louis.. t-ti prego..”
“Che è successo, Harry? Che è successo mentre non c’ero?” – gli accarezzò la schiena lentamente, mentre il più piccolo smetteva di tremare e si appoggiava alla sua spalla, lasciandosi andare alle carezze.
“I-io non posso, n-non voglio dirtelo.. L-Louis, v-va bene, s-sono solo un servo.. lo so..” – iniziò tremante, mentre il castano gli cospargeva il collo di baci, per tranquillizzarlo per fargli capire che lui era lì per lui, con lui, che non l’avrebbe lasciato ancora da solo, nemmeno se era in quello stato pessimo.
“Harry, sono io, Louis! Puoi fidarti di me..” – gli sussurrò ancora, tenendolo stretto in quella posizione romantica, intima, che solo loro conoscevano, protettiva, amorevole.. la loro posizione.
“Mi sei mancato, Louis, tantissimo, mi sei mancato..” – sussurrò Harry, tremante, cercando di divincolarsi dalla presa del ragazzo che lo teneva. Se fosse rimasto ancora accanto a lui gli avrebbe confessato tutto, e non voleva. Non voleva la sua pietà, o la sua compassione.
“Harry, cosa ti hanno fatto fare durante la mia assenza?” – chiese premuroso Louis, sentendo il mal odore del suo piccolo Harry. Di certo, non aveva fatto lavori facili.
“Le stalle” – ammise –“mi hanno spedito nelle stalle, poi la signora Tomlinson voleva che aiutassi anche in cucina, ma..” – deglutì –“quando ho fatto cadere la pentola mi ha fatto f-frustare e-e poi.. volevo aiutare la cuoca, a me piace tanto cucinare, e poi altre frustate.. e-e poi mi ha fatto andare ancora nelle stalle e-e altre frustate.. f-frustare p-per un mese, m-mi mancavi co-così tanto, L-Lou..” – confessò tutto tra le lacrime che, senza che il ragazzo se ne accorgesse, avevano iniziato ad uscire dai suoi occhi, inondando la perfetta camicia bianca, pregiata e pulita di Louis, che non se ne curò ancora. Lo alzò delicatamente prendendolo in braccio e lo depositò sul letto, iniziando ad accarezzarlo lentamente.
“Sta’ tranquillo, Harry, ci penso io a te, prometto che non avrai altre frustate, mai più. Non piangere, va bene?” – fece dolcemente, dandogli un bacio sulla fronte, alzandosi dal suo capezzale.
“D-Dove vai?” – chiese il riccio trattenendolo per una mano,  per paura che andasse via, o andasse dalla madre o da qualunque altro membro della sua famiglia o della servitù.
“A prepararti un bagno. Ne hai bisogno.” – sorrise il maggiore dolcemente, lasciandogli un bacio sulla fronte, facendolo arrossire. Si stupì anche lui stesso del suo gesto.
Non aveva mai preparato un bagno a qualcuno, nemmeno a se stesso.
E invece, in quel momento, per il piccolo Harry, lo stava facendo.
Conoscendo il riccio, aveva già portato un catino d’acqua lì in camera sua, e probabilmente lo aveva già posizionato sul piccolo focolare per tenerlo caldo in attesa del suo arrivo. E non appena andò nella stanza accanto, che solitamente usava per vestirsi e lavarsi, come volevasi dimostrare il catino era lì, tenuto al caldo sul focolare pronto ad essere usato.
Dannazione, come si prepara un bagno?
Si avvicinò all’acqua, e ne provò la temperatura, con un dito capendo fosse calda, lo afferrò saldamente per i manici e si avvicinò alla tinozza nella quale si lavava, la cosparse di oli profumati e sorrise soddisfatto guardando il risultato. Un po’ d’acqua era caduta a terra – non era pratico, non erano lavori adatti a lui, quelli – ma di certo era soddisfatto di quello che aveva fatto per Harry.
Un nobile che si sporca le mani, sono proprio perso per quel ragazzo.
Sorrise al pensiero, perché era dannatamente vero. Era perso per Harry, non riusciva ad immaginare la sua vita senza di lui, ora. Ritornò nella stanza adiacente, dove Harry lo attendeva, ancora immobile nella posizione in cui lo aveva lasciato prima, e lo prese di nuovo in braccio, portandolo nella stanza dov’era l’acqua calda ad attenderlo. Lo adagiò nella tinozza inginocchiandosi vicino e iniziando a massaggiargli le spalle, passandogli le mani sul viso per eliminare tutto quello sporco, gli passò le mani lungo il corpo, sentendolo gemere di dolore per i lividi, e si sentì in colpa, perché se non l’avesse lasciato da solo, niente sarebbe successo.
“Louis, vieni con me..? F-Fai il bagno con me..?” – chiese intimidito, allungando le braccia verso di lui, sorridendo come un cucciolo indifeso, e il maggiore non riuscì a dirgli di no.
Annuì lentamente, e sapeva, sapeva maledettamente bene che qualcosa sarebbe cambiato quella notte, qualcosa non sarebbe andato secondo i piani, qualcosa lo avrebbe sconquassato dentro, più di quanto non lo fosse già, qualcosa che non sapeva ancora cosa fosse, qualcosa che gli faceva avvertire uno strano calore nel petto e anche.. nelle sue parti basse. Qualcosa.. che lo spinse a togliersi i vestiti ed immergersi nella tinozza accanto ad Harry, che sorrise, e Louis vide finalmente i suoi occhi chiari, luminosi, felici.
Il più piccolo si avvicinò a lui e gli circondò i fianchi con le sue gambe, restando decisamente troppo vicino al padrone e lo baciò. Gli era mancato troppo, e non voleva attendere oltre.
Louis ricambiò immediatamente il bacio, avvicinando di più a sé il riccio, che si staccò dalle sue labbra e prese a tempestare il suo collo di baci, baci leggeri, infuocati, dolci, che gli provocavano brividi lungo tutto il corpo, facendogli emettere dei piccoli gemiti, che facevano sorridere il riccio contro la sua pelle.
“Ha-Harry”- sussurrò gemendo Louis, quando le labbra di Harry scesero lungo le clavicole, le spalle, il petto, mandandolo in estasi. –“m-mi fai impazzire..”
“E’ quello il mio obiettivo” – mormorò –“mi sei mancato, Louis, troppo”
“Anche tu, Harry, anche tu” – sussurrò il più grande, tra un gemito e l’altro –“mi sei mancato tanto..”
“Allora sta’ zitto, voglio solo.. amarti” – sussurrò il riccio, tappandogli la bocca con un bacio, riprendendo a dedicare attenzioni al corpo dell’altro che man mano si tendeva, irrigidiva, facendo sorridere Harry soddisfatto. Poi Louis prese in mano la situazione, capovolse le posizioni ed iniziò a dare attenzioni al corpo del più piccolo, sentendosi soddisfatto nel sentirlo gemere contro di lui, e man mano la stanza si riempì sempre di più dei loro gemiti, del loro amore, di loro e basta. I gemiti di dolore di Harry per i lividi divennero gemiti di piacere per i baci di Louis.
Il padrone si sottomise di nuovo al servo, quando Harry con una lentezza maniacale entrò in Louis, ed entrambi si fecero scappare un gemito più forte degli altri.
E mentre l’acqua si raffreddava, loro non sentivano il freddo, perché il loro amore li scaldava dentro, senza fargli sentire affatto il freddo che li circondava, non sentivano niente che non fossero loro due.  Erano persi in un altro mondo. Erano persi in loro stessi.
E quando vennero quasi insieme, in due gemiti strozzati, entrambi capirono il significato della parola amore. Era il ragazzo che avevano davanti.
I respiri accelerati, che si fondevano tra di loro, i cuori che battevano all’unisono, due anime unite in un’unica.
“Ti amo, Harry” – sussurrò Louis contro il petto di Harry. E meno male che doveva essere Louis ad occuparsi del riccio, la situazione si era capovolta, e il ragazzo non sapeva nemmeno come fosse stata possibile una cosa del genere. Gli accarezzò il petto, con fare lento e carezzevole.
Harry sembrò risvegliarsi da un mondo parallelo in cui si era perso. La paura e lo sconforto lo presero ancora una volta.
“Sono il tuo servo, non puoi amarmi.” – proclamò, tremante.
Louis tremò al solo pensiero di perderlo, e cercò i suoi occhi, in quel momento leggermente incupiti, gli accarezzò la guancia dolcemente, mordendosi le labbra.
“Sei il mio amore, posso amarti più di così.” – confessò, il maggiore. Gli rivelò tutti i suoi sentimenti in quel modo. Harry sorrise, i suoi occhi si schiarirono di nuovo e lo baciò ancora, dando vita ad un altro bacio pieno d’amore, e dolcezza, un bacio che li fece unire ancora una volta.
Si amarono tutta la notte, si amarono come se non ci fosse stato un domani, si amarono come se da quella nottata dipendesse tutta la loro storia d’amore, e poi si addormentarono all’alba, in un groviglio di corpi che nessuno avrebbe mai potuto scindere tant’era forte. I loro cuori si erano fusi l’uno dentro all’altro. Il loro amore era sbocciato, era una bellissima rosa rossa. Rossa come l’amore, come la passione.
Chi mai avrebbe potuto scindere quel legame forte che si era instaurato tra il padrone e il servo?




NO, JIMMY PROTESTED!

Oddio, no non è una long.
E' una one shot, solo che l'ho divisa in due capitoli, perchè era di 21 pagine, e Lu mi ha detto era troppo anche per me pubblicare una roba così lunga, ed io  non avrei mai costretto qualcuno a questo supplizio :3
Spero vi piaccia, anche perchè ci ho lavorato su... due settimane, due.
Non so, spero che non sia qualcosa di troppo scontato, ma sappiate che continua ecco.
Non mi dilungo, spero l'amiate quanto l'ho amata io.
A domani con la seconda parte!

P.s il mio pc è tornato in vita, il wifi anche, gli uccellini cinguettano, io sto guarendo, tutti siamo felici e Louis non sposerà Eleanor, ma Harold <3
*woosh*
   
 
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