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Autore: Violetta_    07/04/2013    2 recensioni
Non sapevo esattamente quando avrei pubblicato questa ff, e così ho approfittato della festa della donna per far risaltare il mio personaggio femminile preferito di questo anime.
Ho scoperto con piacere che il suo nome contiene più di un significato e ho voluto usarli per descrivere quella che io penso sia la sua storia. Alcuni fatti sono attinenti all'anime, altri totalmente inventati.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matsuri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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- Jasmine -
 

Il gelsomino è una pianta particolare.
La leggenda narra che questi fiori profumatissimi in origine fossero stelle che, a causa della loro testardaggine, vennero punite, strappate dal firmamento e mandate sulla terra e qui divennero piccoli fiori.
Il loro significato intrinseco varia a seconda dei colori.



<< Ehi ma lo sa che ne avevo uno uguale? >>
<< Davvero? >>
<< Si, ma l'ho regalato ad un bambino tanto dolce... >>



Il gelsomino bianco vuol dire affetto e amabilità.
È il fiore della timidezza da usare quando ci si vuole esporre ma non troppo.


Lei era sempre stata una bimba molto timida, e non era del tutto colpa sua.
Era nata in un grande villaggio, ma per motivi che non poteva comprendere era stata costretta a crescere dentro le mura di quel palazzo, sola con i suoi genitori e i suoi nonni, non poteva uscire poiché fuori pullulava di nemici e carte bomba, e questo determinò la sua carnagione lattea ed estremamente delicata.

Suo nonno era il Daimyo del paese dei fiori, situato tra Iwa e Suna. Il villaggio principale era Tsuki, che si trovava nella parte nord del paese, vicino Iwa. Era un uomo forte, testardo ed estremamente severo, tant’è che la bambina gli stava a debita distanza.

Sua nonna era la Miko del tempio.
Dotata di un chakra molto particolare che le permetteva di mettersi in contatto coi Kami, anche dopo le nozze venne pregata di continuare a servire il tempio, aiutata dalle sacerdotesse più giovani. Era una donna estremamente dolce, timida e di buon cuore.

Sua madre ereditò tutti i lati positivi della nonna, purtroppo o per fortuna anche la testardaggine del nonno, tant’è che quando incontrò quel bel ninja di Suna e se ne innamorò, non volle sentire ragioni: supplicò la madre affinché li sposasse.

All’inizio la giovane coppia fu costretta alla condanna della lontananza, nessuno dei due poteva mancare ai propri doveri: lei era una miko e lui un jonin. Si incontravano solo di rado e veniva sempre lui.
Poi un giorno i genitori di lui insistettero per volerla incontrare: la giovane donna era incinta, ma ci teneva ad accontentare il marito che non le aveva mai chiesto nulla. Per fortuna sua nonna paterna era un’ottima ninja medico e la bambina poté nascere tranquillamente a Suna.

Ma nonostante il lieto evento adesso la situazione si complicava.
La bambina, visto che la madre aveva rinunciato a tutto sposandosi, era l’erede più vicina del Daimyo del paese dei fiori e della Miko capace di comunicare coi Kami: Non poteva crescere a Suna, sarebbe stato troppo rischioso, ma i genitori non avevano il cuore di far crescere il loro piccolo dono lontano dai nonni paterni.
Così decisero di tenere segreta la sua identità finché non avesse imparato a cavarsela da sola. In questo modo poté frequentare entrambi i nonni e il suo paese natale.

In inverno rimaneva rinchiusa nel palazzo a Tsuki con sua madre e sporadicamente veniva a trovarla anche il padre, d’estate andava a Suna con entrambi i genitori.

La bambina detestava Tsuki.
Lì la mamma era sempre tesa e non rideva quasi mai, il papà era lontano.

La nonna la trattava bene, ma era sempre triste e quando andava nel tempio e iniziava ad usare le sue tecniche le faceva paura.

La sua stanza era piena di giochi ma non aveva nessuno con cui giocare, e non poteva piangere poiché il nonno la guardava severo, quindi si limitava a far tremare piano le piccole e rosee labbra e ciucciava il ciuccio più velocemente del solito, facendo diventare le sue candide guance rosse e gonfie, così come i suoi occhioni.


Il gelsomino giallo vuol dire felicità.
È il fiore della gentilezza dell’eleganza e della nobiltà.


La bambina adorava Suna.
Mamma e papà erano insieme a lei ed erano felici.

La mamma le preparava i biscotti e la cioccolata, anche se non amava cucinare.
La nonna le insegnava sempre tante cose: le faceva vedere i fiori, le piante mediche, la portava al mercato e le cuciva le bambole e i peluches e il nonno la faceva ridere con le sue facce buffe.

Ma lei amava il papà, quell'uomo bello come il sole, dai lineamenti dolci e quegli occhi quasi ipnotici.
Lui la prendeva in braccio, le dava i baci sulla fronte e la faceva roteare e giocava con lei tutto il giorno. Quando doveva andare in missione la sera prima stava con lei finché non si addormentava e al suo ritorno le raccontava sempre le storie sui posti che aveva visitato.

La bambina amava Suna perché là c’erano tanti bambini.
Non riusciva a parlare o a giocare con disinvoltura con loro, ma le piaceva stare al parco giochi e guardare gli altri che correvano, si metteva sempre sull’altalena e muoveva le gambine per potersi dondolare ma visto che erano troppo corte non ci riusciva.

Poi un giorno si sentì spingere e riuscì a dondolarsi come facevano quelli più grandi.
Rise di stupore e felicità. Le sembrava quasi di volare.
Si girò e vide accanto a se un bambino poco più grande di lei che si metteva a sedere sull’altalena accanto.

<< Tao ‘azie >> Gli sorrise.

Il piccolo la fissò diventando tutto rosso, poi prese a dondolarsi.
Da quel momento quei due bambini giocarono sempre insieme, ogni estate.

Quando il papà lo scoprì si era arrabbiato, e lei non capiva perché, ma la mamma lo aveva calmato e gli aveva detto di non preoccuparsi, che era tutto a posto poiché la loro bambina era una yakṣī, colei che assopiva il male.

Purtroppo non era il padre ad essere il problema, le autorità di Suna si erano insospettite degli strani movimenti della coppia, e alla fine il Kazekage optò per la scelta più drastica: Fece giustiziare i suoi nonni, i genitori vennero considerati dei traditori e furono costretti a fuggire.

L’idea era quella di scappare a Tsuki finché non si fossero calmate le acque.
Quel giorno la bambina era al parco giochi stava giocando col suo unico amico, quando la madre le fece da lontano il gesto di prepararsi e di fare in fretta.

<< Mamma dice che dobbiamo andare via >>
<< Non partire, non partire! Ti metti nella mia camera, tanto è grande >> L’aveva supplicata il piccolo.
<< Mamma dice che forse un giorno torneremo… non piangere >>

Vedendo che il bambino non si calmava gli diede il suo peluche nuovo a forma di orsetto.

<< Ecco tieni, così non sarai solo >>

Il piccolo smise di piangere prendendo quel piccolo giocattolo, poi frugò nella sua tasca.

<< Io ho questa… >> disse deluso porgendole un foulard giallo, l’aveva usato come fagotto per i biscotti poco prima.

Era un regalo banale, un oggetto insignificante, ma la bimba gli sorrise e gli chiese di legarglielo al collo.

<< Così non lo perdo >> disse squillante, poi gli diede un bacio sulla guancia.

Il piccolo stava per ricambiare ma suo padre la prese in braccio e iniziò una lunga corsa.

<< Addio! >> disse il piccolo con gli occhi lucidi.
<< Ciao! >> disse lei felice del suo regalo.


Il gelsomino rosso vuol dire carezze.
È il fiore della dolcezza da usare quando si desidera la persona alla quale si dona.


Erano passati molti anni dalla morte dei suoi genitori.
Lei era cambiata ma era rimasta comunque uguale: era una ragazza amabile, dalla pelle bianca e profumata, era gentile e tutti la guardavano ipnotizzati quando si muoveva quasi con nobile eleganza col suo giavellotto.

Ma più di tutto in quel momento era felice, stretta a quel ragazzo dai capelli rossi, che anni prima l’aveva aiutata a volare, le aveva regalato quel piccolo pezzo di stoffa giallo e che ora la riempiva di carezze.

Si volevano bene da molto tempo, serviva solo il misterioso ritrovamento di Teddy in cantina per far prendere loro coscienza del sentimento che li univa.

<< Sai quel giorno non ho potuto fare una cosa … >>
<< Cosa intendi? >>
<< Non ho potuto ricambiare il saluto >>

Detto questo poggiò dolcemente le sue labbra su quelle di lei.
Aveva un profumo inebriante, intenso e sensuale. Contrastava enormemente con la sua costituzione così minuta.

Lei era il suo piccolo gelsomino che inebriava i suoi sensi e gli addolciva il cuore.

   
 
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