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Autore: Trick    27/10/2007    11 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Diario di un Lupo

in un Branco di Lupi

(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

CAPITOLO DICIASETTESIMO

Avevi un cane?

°°°°°°°




Gli occhi indulgenti e cerulei dell’anziano mago scrutarono il volto di Remus dal basso verso l’alto.

«Ciò che sei, è qui dentro» proferì con un sorriso benevolo, posando la mano sana sul suo petto, laddove sapeva esserci un cuore pulsante. «Non sulla tua spalla, Remus».



Remus Lupin, stanco e provato dalla lunga camminata appena fatta, sedette sotto i rami ormai spogli di una betulla e posò la schiena dolorante contro la sua corteccia chiara. E mentre la fresca brezza autunnale di Jura lo ritemprava soffio dopo soffio, la sua mano s’avvicinò pigramente alla clavicola sinistra, sfiorandola ritmicamente con i polpastrelli.

Al di sotto della logora e ruvida giacca, la pelle deturpata tremò impercettibilmente, scossa al ricordo di quel dolore lontano.



Non sulla tua spalla, Remus.

Non sulla tua spalla.

°°°°°°°





Guarda la Luna, figlio infedele;

Guarda la Luna, occhi di miele.







«Ti sei rasato».

«Grazie di averlo notato».

«Sei un idiota».

«Grazie di averlo notato».

Rouge arricciò il naso e riservò a Lupin una delle sue migliori occhiate superbe. Squadrò gli orli lievemente scuciti della giacca – come poteva essere così stupido da tornare a Jura a con una lurida giacca da umani – e il taglio nuovamente corto dei capelli striati.

«Sei davvero un idiota, Lupin» ripetè, accentuando l’affermazione con un deciso cenno del capo, «tanto vale inciderti sulla fronte ‘sono il cagnolino di Silente’».

Lupin la fissò taciturno negli occhi, tentando di rendersi imperscrutabile e di intuire nel contempo cosa le passasse per la testa. Affondò le mani nelle tasche e inarcò un sopracciglio. Si stupì nel ritrovarsi a pensare a quanto poco le sue intenzioni gli interessassero, intenzioni che invece avrebbero dovuto impensierirlo, considerando la sua problematica situazione. Aveva capito che Rouge – per il momento, se non altro, e questo gli era più che sufficiente – non aveva in programma rivelare a Greyback la sua vera identità, e nonostante questo avrebbe reso diffidente e completamente propenso ad abbandonare la missione qualunque altra persona, Lupin continuava, senza essere in grado di capirlo, a fregarsene altamente le palle, come avrebbe detto Sirius Black, se solo non fosse caduto al di là di quel velo all’Ufficio Misteri.

La guardò negli occhi. «Non dirai nulla a Greyback».

«Devo proprio risponderti?»

«Non era una domanda».

«Allora dovresti imparare a non fare dichiarazioni simili con tanta sicurezza, Lupin» ribattè franca Rouge, controllando distrattamente lo smalto rosso delle proprie unghie. Alzò subito lo sguardo su di lui e aggiunse con un ghigno divertito: «Inoltre, sono quasi certa che farai tutto da solo, senza bisogno che io decreti di persona la tua morte».

Gli diede le spalle e iniziò a incamminarsi lungo il sentiero arido che portava alla riva del Harrier, ma dopo pochi secondi Lupin l’aveva già raggiunta, adeguando il proprio passo a quello della donna e scrutandola confuso.

«Di che stai parlando?» le chiese.

«I Mangiamorte hanno organizzato un’altra riunione alla quale avremmo l’onore di partecipare» rispose lei con indifferenza, scostando il sottile ramo di una betulla spoglia e abbassandosi per entrare nel fitto della boscaglia.

«Noi, chi?»

«Noi, Lupin. Plurale».

«Dammi i nomi».

«Mi hai preso per la tua informatrice personale, Lupin?» replicò pungente Rouge.

Lui la afferrò per un polso e la costrinse a fermarsi.

«Aiutami, Rouge» disse.

«Prego?»

«Aiutami. Odi Greyback quasi quanto lo odio io, è per questo che non gli hai ancora rivelato il vero motivo per cui sono in questo posto».

Rouge scoppiò in una risata fragorosa. «Sbagliato, Lupin» obiettò scuotendo la chioma folta, «non gli ho detto niente perché i tuoi sciocchi tentativi mi allietano la giornata. E mi stupisce che tu mi chieda una cosa del genere, dopo quello che è successo».

Lupin trasalì, liberandola dalla stretta come se la sua pelle avesse iniziato a bruciare improvvisamente e distogliendo rapido lo sguardo dai suoi occhi. Si riscosse non appena la vide voltarle nuovamente le spalle.

«Lasciamo perdere questa questione» tagliò corto, scuotendo nervosamente una mano. Forse aveva trovato il modo di entrare appieno nel cuore di Jura: non restava altro da fare se non di convincere quel modo, magari non a collaborare attivamente, ma perlomeno a sostenerlo da lontano.

Lei si voltò e gli sorrise divertita. «Lasciamo perdere la questione?» lo canzonò. «Non è che per caso non vuoi toccare l’argomento perché hai paura di ammettere che ti è piaciuto, in fondo, Lupin?»

Lupin si morse violentemente le labbra, socchiudendo gli occhi e convocando a sé tutto il proverbiale autocontrollo di cui credeva di disporre. «Voglio semplicemente lasciare perdere la questione, Rouge» terminò laconico, enfatizzando il tutto con un secco movimento della mano destra, «ho cose più importanti a cui pensare, al momento».

Rouge emise un verso di ironica comprensione. «Capisco» disse, «un’altra anima innamorata».

Lupin la ignorò.

«Mi aiuterai?»

«Perché dovrei?»

«Perché-»

«Non ripetere che odio Greyback quasi quanto lo odi tu, o mi sentirò in dovere di assaporare nuovamente la tua gola, Lupin» sibilò, lanciandogli un’occhiata fulminante. «E questa volta sarà decisamente più doloroso della precedente».

Lupin si bloccò un attimo. «Per quale motivo lo odi?» chiese infine, stupendosi di quanto tranquilla suonasse la propria voce. Decisamente stava impazzendo.

Rouge lo guardò con un’espressione stupita che avrebbe potuto sembrare quasi indulgente, comprensiva.

«Tu» rispose dopo averci pensato qualche istante, «perché lo odi?»

«Ha distrutto la mia vita» rispose Lupin forse con una rapidità eccessiva, «e con la mia, quella della mia famiglia».

«Ha ucciso la tua famiglia?» domandò Rouge, con lo stesso tono leggero con cui avrebbe potuto informarsi sulle condizioni metereologiche di Londra.

Lupin le sorrise debolmente. «La morte non è l’unico mezzo con cui si può distruggere un uomo, Rouge. I miei genitori cercarono disperatamente un modo per... be’, farmi tornare come prima».

«Tentarono di curarti pur sapendo che non esiste cura al morso dei licantropo?» domandò in sussurro lei.

«Già».

Rouge si bloccò improvvisamente, lo sguardo fisso davanti a sé e le braccia incrociate al petto. Lupin si fermò a pochi passi da lei, studiando con interesse la sua reazione.

«Scommetto che di notte sentivi tua madre piangere attraverso il muro della tua cameretta» sussurrò, scrutando apparentemente fra le ombre delle felci. «Scommetto che tuo padre le gridava di smetterla, perché le sue lacrime non avrebbero cambiato nulla. Magari lo sentivi sbattere la porta di casa con furia, e prima di accorgertene, hai iniziato a trovarlo addormentato sulla poltrona del vostro salotto, con la barba ruvida e i capelli più grigi di quanto non ricordassi. Forse apriva gli occhi, ad un certo punto, e allora ti accorgevi di quanto pesanti fossero le sue occhiaie e di quante piccole vene rosse attraversassero I suoi occhi. Può darsi che avessi anche un fratello, e chissà, magari ha smesso di parlarti dal giorno in cui sei stato così sciocco e sconsiderato da sgattaiolare all’aperto quando tutti gli altri bambini dormivano nei loro letti, completamente indifferente al profilo della luna piena nel cielo. E avevi un cane, magari, Remus? Un cucciolo di labrador che ti seguiva ovunque andassi, scodinzolando allegro ad ogni tuo movimento? Ha iniziato a ringhiarti contro, Remus, una volta che Greyback ti ha morso? Ha smesso di scodinzolare e ha iniziato a rizzare il pelo, ogni volta che i vostri sguardi s’incrociavano nel cortile?».

Lupin socchiuse leggermente la bocca, fissandola sconcertato.

«Rouge-»

«Non siamo così diversi come credi, Remus» tagliò corto lei. «Abbiamo solo scelto strade diverse».

Lupin la guardò sparire fra la fitta vegetazione del bosco di Tupin, senza dire nulla. Rimase a fissare il punto dov’era sparita, pensieroso.



Avevi un cane, Remus?

°°°°°°°°







Grimmauld Place n°12, Londra;

diversi mesi prima;







Remus era finalmente riuscito a ricordare il titolo di quel vecchio romanzo che aveva letto all’età di tredici anni, in un freddo fine settimana d’inverno. Si era quindi alzato dalla poltrona del salotto, interessato a scoprire se la vecchia biblioteca dei Black ne possedesse una copia. Stava per imboccare la seconda rampa di scale, quando un borbottio indistinto e lamentoso raggiunse le sue orecchie, incuriosendolo più della ricerca dell’agognato testo. Allungò il collo verso lo spiraglio di luce che filtrava dalla porta del bagno, illuminando la polverosa moquette porpora.

«Maledetto Malocchio!» sentì sbottare, seguito da un frastuono di oggetti scagliati a terra. «Maledetto, maledettissimo Malocchio!»

Sbirciò all’interno, e cercò disperatamente di non ridere. Dovette mordersi le labbra e portare le mani al viso, tentando di nascondere I segni della sua ilarità. Ninfadora Tonks, neo-diplomata Auror, novellina dell’Ordine della Fenice era inginocchiata sul pavimento inzaccherato di pezzi scrostati di intonaco del bagno allagato con il volto a forma di cuore ricoperto da un leggero strato di polverina bianca e un’espressione così indispettita da sembrare comica.

«Hai bisogno?» le chiese.

Lei sobbalzò con un gridolino e voltò rapidamente la testa verso la porta da cui Remus era appena entrato. Aveva I capelli rosa completamente fradici e appiccicati fra loro da una sostanza biancastra che Remus immaginò fosse stucco per muro.

«Non volevo spaventarti, perdonami» si scusò con un sorriso. Squadrò un’ultima volta le sue condizioni, e chiese, reprimendo con difficoltà una risatina: «Cosa stavi cercando di fare?»

«Il lavandino perde, il muro è pieno di chiazze di umidità e l’intonaco crolla a terra» elencò lei, fissando contrariata gli elementi citati e mettendosi in una posizione seduta decisamente più comoda.

Lei dovette leggere sulla faccia di Remus la domanda – più che logica - che stava per rivolgerle.

«Non sto usando la bacchetta» lo anticipò, «perché Malocchio mi ha messo in punizione, e mi ha proibito di usarla» mormorò, digrignando i denti con rabbia ad ogni parola pronunciata.

Remus non riuscì più a trattenere il ghigno con cui aveva lottato negli ultimi cinque minuti. Erano anni che Malocchio non costringeva più i nuovi membri dell’Ordine a simili torture: gli tornarono alla mente le ore notturne passate a ricopiare tutti i rapporti del Quartier Generale degli Auror datati 1926, convinto – e ingannato – da Moody su quanto elevata fosse la loro importanza per la guerra in corso. Aveva sempre creduto che Moody si divertisse non poco a martirizzare le reclute nelle maniere disparate, e continuava tuttora a crederlo.

«Coraggio, ridi: so che non aspetti altro».

«Ti sbagli».

«Come no».

«Dico sul serio».

«Lo ha detto anche Sirius».

«Mi stai paragonando a Sirius?»

«Dammi un motivo per cui non dovrei farlo».

«Sono in grado di dartene ben più di uno» sentenziò Remus, fingendosi offeso e mostrandole l’indice. «Uno: Sirius Black è un incurabile bastardo, qualità che sicuramente tu non hai trovato in me».

Lei inarcò un sopracciglio diffidente.

«Due: Sirius Black è tremendamente infedele, aggettivo che sicuramente non trova accordo con il mio fare di gentiluomo».

«Sirius ha sempre detto che non sei famoso per il numero delle amanti, difatti» ribattè lei, con un sorrisetto divertito.

«E questo ci porta al punto numero tre: Sirius Black mente incessantemente sia di giorno che di notte, e lo fa dannatamente bene».

«Ha mentito anche a riguardo delle tue amanti?»

«Temo proprio che tu non ne verrai mai a conoscenza».

«Potrei sempre chiederglielo».

«E saresti in grado di fidarti di lui dopo tutto quello che ti ho detto?»

«Dammi altri tre motivi per cui, di conseguenza, dovrei fidarmi di te».

Remus si grattò falsamente pensieroso la tempia destra, fissandola intensamente. «Innanzitutto» proruppe infine, «i commenti a me riferiti all’interno di questa casa sono generalmente positivi...»

«Piton ha detto che sei uno stronzo, incapace, arrogante e inutile Grifondoro» citò lei, guardandolo curiosa e afferrandosi divertita le ginocchia come avrebbe potuto fare una ragazzina.

«Fatta eccezione dei commenti di Piton, ovviamente».

«Ovviamente» lo schernì lei. «Secondo motivo?»

«Non ho rivelato a Molly che sei stata tu a mangiare la fetta di torta che aveva nascosto nel terzo ripiano della credenza della cucina».

Tonks spalancò la bocca. «Come diavolo fai a saperlo?»

«Logica» rispose lui con semplicità, «e una traccia inconfondibile di briciole che arrivava fino alla porta della tua stanza».

«Dannate briciole».

Lui le sorrise divertito, infilò le mani in tasca e uscì dal bagno senza aggiungere una parola e socchiudendosi delicatamente la porta alle spalle.

«Remus» lo chiamò lei a gran voce, «non mi hai detto il terzo motivo!»

Una leggera luce azzurrina filtrò al di sotto della porta, attorcigliandosi dolcemente attorno ai bulloni del lavandino – che iniziarono a stringersi come mossi da un invisibile chiave del sedici – alle macchie d’umidità – che lentamente iniziarono a ritirarsi – ai pezzi di intonaco abbandonati sul pavimento – che volteggiarolo leggeri fino al loro posto d’origine.

Tonks si guardò incuriosita attorno, prima di lanciare un’occhiata torva alla porta.

«Io sono ancora tutta sporca e l’acqua è anc-»

Una seconda scia luminosa penetrò nel bagno e le volteggiò un attimo attorno: l’acqua evaporò nel giro di pochi istanti, lo stucco fra I suoi capelli si sciolse e la polverina bianca sul suo viso scomparve.

Rimase ad ascoltare il suono dei passi di Remus diminuire mano a mano che s’allontanava lungo il corridoio.

«Un terzo motivo più che valido» pensò con un sorriso Tonks.

°°°°°°°









Un aggiornamento a distanza di due giorni, per farmi perdonare delle orripilanti settimane di inattività di quest'estate.

Non che non avessi il tempo, ma ho avuto una penosa, deprimente e assolutamente totale perdita di creatività. Un duro colpo psicologico per il mio pc: temo si sia convinto che io abbia cercato di abbandonarlo, e ora me la stia facendo pagare distruggendo tutti i file di cui ho bisogno.

Se in questo capitolo ci sono più errori di battitura e di ortografia del solito, chiedo perdono anche a nome suo: ha distrutto il mio correttore ortografico e ora mi sto aggrappando ad uno on-line di cui non mi fido completamente.

Comunque sia, devo ringraziare SakiJune, Frytty, gollum93, Christine, e fennec, sperando che anche il diciasettesimo capitolo vi piaccia come i precedenti. Ed ora, ATTENZIONE, SIGNORI, ATTENZIONE.

RIPETO: ATTENZIONE, SPOILER NELLA N.D.A DA QUI IN POI!!!

SPOILER!

SPOILER!
SPOILER!

SPOILER!

 

 

...SIGNORI, È L'ULTIMO AVVERTIMENTO: SPOILER.

 

Come ho detto all'inizio del capitolo precedente, questa storia ha già i binari prestabiliti, con un inizio, un mezzo e un finale come tutte le storie che si rispettino. Dopo la lettura di Deathly Hallows (di cui non voglio neppure parlare, mi sembra quasi di essere stata derubata) il finale della mia storia non si è rivelato lo stesso della Rowling. E ci credo, per la miseria: vi sembra il modo di farli uscire di scena!? *respiro profondo*

Sta di fatto che - una volta terminato il Diario, probabilmente prima dell'uscita dell'edizione italiana - posterò un epilogo, da riallacciare alla storia per intero, ma completamente diverso da quello inglomerato nel Diario completo, spero di essere riuscita a spiegarmi.

E per rispondere a Christine, purtroppo sì, quell'epilogo terrà conto di tutto ciò che è accaduto nel settimo libro e di tutti i suoi nuovi personaggi. Probabilmente, comunque, sarà l'unica storia in cui tratterò della loro morte. Come hanno già detto tantissime amanti della coppia, per me quel libro non è mai stato scritto. Un furto, e non mi riferisco certo alla sola morte di Remus e Tonks. Il mio discorso è molto più ampio.

Al prossimo capitolo,

Trick



   
 
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