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Autore: Alexandra e Mac    07/04/2013    5 recensioni
Chi è realmente Lady Sarah? E perché ha abbandonato l'unico uomo che le aveva fatto conoscere l'amore?
Come procede la storia tra Harm e Mac?
Per chi ha seguito con passione Giochi del Destino regaliamo (da brave STREGHE - o BEFANE!!!) il seguito della storia...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Clayton Webb, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo X

Inganni



Uffici del comando delle Forze Navali Americane
Grosvenor Square, Londra

Aprile 2005

Non aveva ben compreso di cosa volesse parlarle, e del resto quando le aveva telefonato non gli aveva prestato molto ascolto, impegnata come era in altre cose… si presentò al Tenente Cunningham e chiese di poter essere ricevuta dal Capitano Rabb.

“Un attimo solo Signora” le rispose l’attendente sollevando l’interfono.

Mac si sedette in una delle comode poltrone dirimpetto l’ufficio di Harm e attese fissando la porta di noce scuro.

“Il Capitano la può ricevere, Colonnello” le comunicò il Tenente.

Mac si alzò ed entrò nella stanza.

“Scusa per ieri” esordì. In realtà non aveva nulla di cui scusarsi, nondimeno ritenne fosse meglio evitare qualsiasi discussione a priori.

“Non ti devi scusare” replicò invece Harm facendole cenno di accomodarsi di fronte a lui. “Nelle ore libere puoi fare ciò che vuoi.”

“Mi sembrava che avessi qualcosa d’importante da dirmi” rispose sorvolando su tutto il resto. Non le andava di aggiungere altro, desiderava solo terminare quell’incarico, tornare negli Stati Uniti, e dimenticarsi di lui. Ci sarebbe mai riuscita?

La risposta, quella definitiva, non venne. Ma al suo posto la sua mente citò le parole di una canzone sentita chissà quanto tempo prima: “se l’amore non è ricambiato diventa follia”.

Ecco, appunto, lei non voleva diventare folle. Aveva un uomo, presto un marito e dei figli, quindi era ovvio che avrebbe dimenticato Harm. Anzi l’aveva già fatto!

Rassicurata da quel pensiero si accinse ad ascoltare ciò che lui aveva da dirle.

“Quando sono tornato a casa, ieri sera, ho radunato le idee sulla riunione della mattina. Gli inglesi ci hanno detto che i loro uomini, quelli che volevano liberare il giornalista, si erano equipaggiati a Baghdad.”

Mac annuì.

“Ma hanno anche detto che facevano parte delle squadre speciali e che la missione era segreta.”

Mac annuì nuovamente.

All’improvviso sembrò che una lampadina le avesse illuminato la mente.

“Ehi, aspetta un attimo” lo interruppe. “Come potevano essersi equipaggiati in Iraq se la missione era segreta?”

“Vedo che i preparativi per il matrimonio non ti hanno obnubilato del tutto la mente” rispose Harmon un po’ caustico.

“Invece Belinda a te l’ha ottenebrata del tutto se ci hai messo due giorni a comprendere che gli inglesi ci stavano prendendo in giro” ribattè Mac altrettanto caustica.

“Invece tu ci sei arrivata mentre ti rotolavi nel letto con lui vero?”

“Avresti preferito che l’avessi scoperto mentre mi rotolavo nel letto con TE?” esplose Mac.

Perché continuava a farle del male in quel modo? Che gusto ci provava? E poi per quale motivo? Gelosia? Ma se era stato proprio lui a troncare qualunque possibilità quella famosa sera a casa sua!

Harm rimase spiazzato da quell’esplosione d’ira e fece marcia indietro: “No certo che no, scusa Mac non volevo”.

“Ma l’hai fatto” replicò lei rattristata. “Sia chiaro Rabb: la mia vita non è più affar tuo, come non lo è la tua per me. Collaboriamo come professionisti ma lasciamo fuori le questioni personali. Una volta per tutte.”

“Ti ho chiesto scusa.”

“Scuse accettate, ma per l’ultima volta. Se ricapiterà ancora giuro che non risponderò delle mie azioni. Ora passiamo oltre” disse Mac freddamente.

Quel tono di voce piagò il cuore di Harm. Mac, la sua Mac che lo minacciava in quel modo. Non era mai accaduto in nove anni. Era davvero cambiata e decisa a seguire la sua strada, anche se ciò avrebbe significato allontanarsi da lui. Ma se l’era meritato, dopotutto. Si concentrò su quello che lei stava dicendo.

“Gli inglesi ci hanno mentito su tutta la linea. Perché?”

“Forse il giornalista ne sa di più” rispose Harm.

“Chiediamoglielo.”

Harm prese il telefono e compose il numero del “Times” dove Herriott lavorava.

Una garbata signorina gli rispose che Mr. Herriott era assente per un lungo periodo. Alla domanda dell’ufficiale se fosse possibile rintracciarlo per una questione della massima importanza ed urgenza, la chiamata venne messa in attesa.

Dopo pochi minuti rispose il Direttore del quotidiano il quale, cortesemente ma fermamente, spiegò ad Harm che il giornalista, a seguito della brutta avventura in Iraq aveva deciso di lasciare momentaneamente il proprio lavoro e di concedersi una lunga vacanza. Purtroppo non aveva lasciato un recapito o un numero telefonico al quale contattarlo.

Rimise il telefono sulla forcella e riferì il tutto a Mac.

“Che caso” esclamò quest’ultima. “Noi abbiamo bisogno di parlargli e lui va in vacanza. Lo sapeva che l’avremmo interrogato.”

“E adesso?” chiese Mac.

“Adesso chiamo Washington e il Segretario e lo informo dei nuovi sviluppi.”

“Bene e poi?” incalzò lei.

“Attendiamo istruzioni” rispose Harm mentre sollevava nuovamente il ricevitore.

“Attendiamo cosa?!” esclamò. “Ma che ti è preso Harm?! Dobbiamo agire, dobbiamo…”

Ma lui la tacitò con un cenno della mano: “Non si può” rispose serafico posando la cornetta sulla forcella.

“Non si può?! E perché scusa? Hanno deliberatamente intralciato le nostre indagini, ci hanno raccontato un sacco di frottole su come, dove e perché hanno salvato Herriott combinando poi quel gran pasticcio al check point, hanno…”

“Lo so benissimo quello che è accaduto, Mac” la fermò nuovamente lui. Sprofondò nella poltrona e la fissò.

Impercettibilmente, ma il cuore di Sarah aumentò i battiti. Lei lo imputò alla rabbia e alla frustrazione che provava.

“Non sei più quello di una volta” lo rimproverò mentre passeggiava per la stanza. “L’Harm che conoscevo non avrebbe tergiversato. L’Harm che conoscevo avrebbe ribaltato tutto e tutti pur di arrivare alla verità.”

Si fermò al centro dell’ampio ufficio e lo guardò, gli occhi tristi: “Dove è andato a finire l’Harm di una volta, il paladino della giustizia?”.

“E’ diventato adulto, Mac e si è assunto le sue responsabilità” rispose lui pacatamente.

Quelle stesse che non ti sei mai preso con me?, fu tentata di chiedergli ma tacque.

“Perché vuoi proprio aspettare istruzioni da parte di Sheffield quando sai benissimo da te cosa c’è da fare?” chiese invece.

“Queste sono le regole della politica. Ti dissi quando giungesti qui che questa azione era solo politica pura e nient’altro, la verità e la giustizia, quando si è nelle alte sfere, abitano da tutt’altra parte, Sarah.”

Questa volta Mac avvertì il proprio cuore accelerare il ritmo e minuscoli brividi percorrerle la schiena come uno sciame d’api impazzite. E non era per la rabbia o la frustrazione.
Clay dove sei?, urlò angosciata dentro di sé.
“Ho bisogno di un caffè” disse, “ti lascio alla tua telefonata” e uscì dalla stanza.

 

 

 

Residenza del Duca di Lyndham
Hyde Park, Londra

Aprile 1858 

 

Finalmente sarebbe stata sua per sempre. Aveva atteso così a lungo quel momento che quasi gli sembrava ancora un sogno impossibile.

Sapeva che il suo cuore apparteneva ancora all’uomo di cui aveva detto di essere innamorata e sapeva anche che aveva ceduto più che altro per rassegnazione, per disperazione e per solitudine forse, ma non gli importava.

Presto avrebbe scoperto di poterlo amare.

Non era stato onesto con lei, ma non aveva avuto scelta, perché altrimenti lei non lo avrebbe mai sposato. E lui, invece, non voleva altro che legarla a sé.

Ad essere del tutto sincero, voleva anche ben altro da lei.

Da lei voleva tutto: il suo amore, la sua compagnia, il suo corpo. E dei figli. Ma al momento si sarebbe accontentato di fare in modo che fosse legata a lui per sempre.  Era l’unica possibilità che aveva per poterla amare. Ed era quello ciò che più gli premeva avere in quel momento. Tutto il resto sarebbe arrivato col tempo.

Aveva infatti capito che continuare a fuggire l’amore era il modo inconscio che aveva di punire se stessa per il suicidio del padre, del quale continuava a ritenersi colpevole.

Non poteva sapere, come invece lui aveva scoperto, che quel bastardo di Hewitt non aveva mai avuto intenzione di sposarla né di aiutare Lord Montagu, ma soltanto di approfittare di lei, senza poi neppure condurla all’altare. Se lei allora non lo avesse rifiutato, l’onta del disonore sarebbe stata ancora peggiore e Lord David probabilmente si sarebbe ucciso comunque per il semplice rimorso d’averla promessa ad un uomo capace di abusare di lei.

Aveva scoperto quella disgustosa verità indagando su Hewitt, dopo aver conosciuto la storia dei Montagu. Fingersi un domestico pettegolo, a caccia di piccanti retroscena, gli era stato di grande aiuto per conoscere particolari scabrosi sulla vita di numerosi suoi pari. Come già aveva avuto modo di sperimentare, mescolarsi al popolino portava sempre i suoi frutti.

Tuttavia sapeva anche bene quanto lei fosse testarda, quasi quanto lui; pertanto era certo che non le sarebbe bastato conoscere la verità senza alcuna prova, neppure se gliel’avesse detta lui stesso.

Niente l’avrebbe convinta di non aver avuto colpa alcuna nella tragedia della sua famiglia, se non per il fatto d’essere già così bella e desiderabile a soli sedici anni, tanto da indurre un uomo molto più vecchio a volerla possedere a tutti i costi. Ma se quella era una colpa, allora avrebbe dovuto pagare per ogni uomo che posava gli occhi su di lei…

Nulla di ciò che aveva fatto suo padre, dal fidarsi di un truffatore come Hewitt e dilapidare il patrimonio di famiglia, al venderla per salvare le sorti dei Montagu fino ad arrivare al suicidio per non affrontare il disonore, era responsabilità sua, allora poco più che una ragazzina.

E lui non avrebbe più permesso che continuasse ad incolparsi per la morte di Lord David.

 

 

  
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