Capitolo X
Inganni
Uffici del
comando delle Forze Navali Americane
Grosvenor Square, Londra
Non aveva ben
compreso di cosa volesse parlarle, e del
resto quando le aveva telefonato non gli aveva prestato molto ascolto,
impegnata come era in altre cose… si presentò al Tenente Cunningham e
chiese di
poter essere ricevuta dal Capitano Rabb.
“Un attimo
solo Signora” le rispose l’attendente
sollevando l’interfono.
Mac si
sedette in una delle comode poltrone dirimpetto
l’ufficio di Harm e attese fissando la porta di noce scuro.
“Il Capitano
la può ricevere, Colonnello” le comunicò il
Tenente.
Mac si alzò
ed entrò nella stanza.
“Scusa per
ieri” esordì. In realtà non aveva nulla di cui
scusarsi, nondimeno ritenne fosse meglio evitare qualsiasi discussione
a
priori.
“Non ti devi
scusare” replicò invece Harm facendole cenno
di accomodarsi di fronte a lui. “Nelle ore libere puoi fare ciò che
vuoi.”
“Mi sembrava
che avessi qualcosa d’importante da dirmi”
rispose sorvolando su tutto il resto. Non le andava di aggiungere
altro,
desiderava solo terminare quell’incarico, tornare negli Stati Uniti, e
dimenticarsi di lui. Ci sarebbe mai riuscita?
La risposta,
quella definitiva, non venne. Ma al suo posto
la sua mente citò le parole di una canzone sentita chissà quanto tempo
prima: “se l’amore non è ricambiato diventa
follia”.
Ecco,
appunto, lei non voleva diventare folle. Aveva un
uomo, presto un marito e dei figli, quindi era ovvio che avrebbe
dimenticato
Harm. Anzi l’aveva già fatto!
Rassicurata
da quel pensiero si accinse ad ascoltare ciò
che lui aveva da dirle.
“Quando sono
tornato a casa, ieri sera, ho radunato le
idee sulla riunione della mattina. Gli inglesi ci hanno detto che i
loro
uomini, quelli che volevano liberare il giornalista, si erano
equipaggiati a
Baghdad.”
Mac annuì.
“Ma hanno
anche detto che facevano parte delle squadre
speciali e che la missione era segreta.”
Mac annuì
nuovamente.
All’improvviso
sembrò che una lampadina le avesse
illuminato la mente.
“Ehi, aspetta
un attimo” lo interruppe. “Come potevano
essersi equipaggiati in Iraq se la missione era segreta?”
“Vedo che i
preparativi per il matrimonio non ti hanno
obnubilato del tutto la mente” rispose Harmon un po’ caustico.
“Invece
Belinda a te l’ha ottenebrata del tutto se ci hai
messo due giorni a comprendere che gli inglesi ci stavano prendendo in
giro”
ribattè Mac altrettanto caustica.
“Invece tu ci
sei arrivata mentre ti rotolavi nel letto
con lui vero?”
“Avresti
preferito che l’avessi scoperto mentre mi
rotolavo nel letto con TE?” esplose Mac.
Perché
continuava a farle del male in quel modo? Che gusto
ci provava? E poi per quale motivo? Gelosia? Ma se era stato proprio
lui a
troncare qualunque possibilità quella famosa sera a casa sua!
Harm rimase
spiazzato da quell’esplosione d’ira e fece
marcia indietro: “No certo che no, scusa Mac non volevo”.
“Ma l’hai
fatto” replicò lei rattristata. “Sia chiaro
Rabb: la mia vita non è più affar tuo, come non lo è la tua per me.
Collaboriamo come professionisti ma lasciamo fuori le questioni
personali. Una
volta per tutte.”
“Ti ho
chiesto scusa.”
“Scuse
accettate, ma per l’ultima volta. Se ricapiterà
ancora giuro che non risponderò delle mie azioni. Ora passiamo oltre”
disse Mac
freddamente.
Quel tono di
voce piagò il cuore di Harm. Mac, la sua Mac
che lo minacciava in quel modo. Non era mai accaduto in nove anni. Era
davvero
cambiata e decisa a seguire la sua strada, anche se ciò avrebbe
significato
allontanarsi da lui. Ma se l’era meritato, dopotutto. Si concentrò su
quello
che lei stava dicendo.
“Gli inglesi
ci hanno mentito su tutta la linea. Perché?”
“Forse il
giornalista ne sa di più” rispose Harm.
“Chiediamoglielo.”
Harm prese il
telefono e compose il numero del “Times”
dove Herriott lavorava.
Una garbata
signorina gli rispose che Mr. Herriott era
assente per un lungo periodo. Alla domanda dell’ufficiale se fosse
possibile
rintracciarlo per una questione della massima importanza ed urgenza, la
chiamata venne messa in attesa.
Dopo pochi
minuti rispose il Direttore del quotidiano il
quale, cortesemente ma fermamente, spiegò ad Harm che il giornalista, a
seguito
della brutta avventura in Iraq aveva deciso di lasciare momentaneamente
il
proprio lavoro e di concedersi una lunga vacanza. Purtroppo non aveva
lasciato
un recapito o un numero telefonico al quale contattarlo.
Rimise il
telefono sulla forcella e riferì il tutto a Mac.
“Che caso”
esclamò quest’ultima. “Noi abbiamo bisogno di
parlargli e lui va in vacanza. Lo sapeva che l’avremmo interrogato.”
“E adesso?”
chiese Mac.
“Adesso
chiamo Washington e il Segretario e lo informo dei
nuovi sviluppi.”
“Bene e poi?”
incalzò lei.
“Attendiamo
istruzioni” rispose Harm mentre sollevava
nuovamente il ricevitore.
“Attendiamo
cosa?!” esclamò. “Ma che ti è preso Harm?!
Dobbiamo agire, dobbiamo…”
Ma lui la
tacitò con un cenno della mano: “Non si può”
rispose serafico posando la cornetta sulla forcella.
“Non si può?!
E perché scusa? Hanno deliberatamente
intralciato le nostre indagini, ci hanno raccontato un sacco di
frottole su
come, dove e perché hanno salvato Herriott combinando poi quel gran
pasticcio
al check point, hanno…”
“Lo so
benissimo quello che è accaduto, Mac” la fermò
nuovamente lui. Sprofondò nella poltrona e la fissò.
Impercettibilmente,
ma il cuore di Sarah aumentò i
battiti. Lei lo imputò alla rabbia e alla frustrazione che provava.
“Non sei più
quello di una volta” lo rimproverò mentre
passeggiava per la stanza. “L’Harm che conoscevo non avrebbe
tergiversato.
L’Harm che conoscevo avrebbe ribaltato tutto e tutti pur di arrivare
alla
verità.”
Si fermò al
centro dell’ampio ufficio e lo guardò, gli
occhi tristi: “Dove è andato a finire l’Harm di una volta, il paladino
della
giustizia?”.
“E’ diventato
adulto, Mac e si è assunto le sue
responsabilità” rispose lui pacatamente.
Quelle stesse
che
non ti sei mai preso con me?, fu tentata
di chiedergli ma tacque.
“Perché vuoi
proprio aspettare istruzioni da parte di
Sheffield quando sai benissimo da te cosa c’è da fare?” chiese invece.
“Queste sono
le regole della politica. Ti dissi quando
giungesti qui che questa azione era solo politica pura e nient’altro,
la verità
e la giustizia, quando si è nelle alte sfere, abitano da tutt’altra
parte,
Sarah.”
Questa volta
Mac avvertì il proprio cuore accelerare il
ritmo e minuscoli brividi percorrerle la schiena come uno sciame d’api
impazzite. E non era per la rabbia o la frustrazione.
Clay dove sei?, urlò
angosciata dentro di sé.
“Ho bisogno di un caffè” disse, “ti lascio alla tua
telefonata” e uscì dalla stanza.
Residenza del
Duca di Lyndham
Hyde Park, Londra
Finalmente
sarebbe stata sua per sempre. Aveva
atteso così a lungo quel momento che quasi gli sembrava ancora un sogno
impossibile.
Sapeva che il
suo cuore apparteneva ancora
all’uomo di cui aveva detto di essere innamorata e sapeva anche che
aveva ceduto
più che altro per rassegnazione, per disperazione e per solitudine
forse, ma
non gli importava.
Presto
avrebbe scoperto di poterlo amare.
Non era stato
onesto con lei, ma non aveva
avuto scelta, perché altrimenti lei non lo avrebbe mai sposato. E lui,
invece,
non voleva altro che legarla a sé.
Ad essere del
tutto sincero, voleva anche ben
altro da lei.
Da lei voleva
tutto: il suo amore, la sua
compagnia, il suo corpo. E dei figli. Ma al momento si sarebbe
accontentato di
fare in modo che fosse legata a lui per sempre.
Era l’unica possibilità che aveva per poterla amare. Ed
era quello ciò
che più gli premeva avere in quel momento. Tutto il resto sarebbe
arrivato col
tempo.
Aveva infatti
capito che continuare a fuggire
l’amore era il modo inconscio che aveva di punire se stessa per il
suicidio del
padre, del quale continuava a ritenersi colpevole.
Non poteva
sapere, come invece lui aveva
scoperto, che quel bastardo di Hewitt non aveva mai avuto intenzione di
sposarla né di aiutare Lord Montagu, ma soltanto di approfittare di
lei, senza
poi neppure condurla all’altare. Se lei allora non lo avesse rifiutato,
l’onta
del disonore sarebbe stata ancora peggiore e Lord David probabilmente
si
sarebbe ucciso comunque per il semplice rimorso d’averla promessa ad un
uomo
capace di abusare di lei.
Aveva
scoperto quella disgustosa verità
indagando su Hewitt, dopo aver conosciuto la storia dei Montagu.
Fingersi un
domestico pettegolo, a caccia di piccanti retroscena, gli era stato di
grande
aiuto per conoscere particolari scabrosi sulla vita di numerosi suoi
pari. Come
già aveva avuto modo di sperimentare, mescolarsi al popolino portava
sempre i
suoi frutti.
Tuttavia
sapeva anche bene quanto lei fosse
testarda, quasi quanto lui; pertanto era certo che non le sarebbe
bastato
conoscere la verità senza alcuna prova, neppure se gliel’avesse detta
lui
stesso.
Niente
l’avrebbe convinta di non aver avuto
colpa alcuna nella tragedia della sua famiglia, se non per il fatto
d’essere
già così bella e desiderabile a soli sedici anni, tanto da indurre un
uomo
molto più vecchio a volerla possedere a tutti i costi. Ma se quella era
una
colpa, allora avrebbe dovuto pagare per ogni uomo che posava gli occhi
su di
lei…
Nulla di ciò
che aveva fatto suo padre, dal
fidarsi di un truffatore come Hewitt e dilapidare il patrimonio di
famiglia, al
venderla per salvare le sorti dei Montagu fino ad arrivare al suicidio
per non
affrontare il disonore, era responsabilità sua, allora poco più che una
ragazzina.
E lui non
avrebbe più permesso che continuasse ad incolparsi per la morte di Lord David.