Imprisoned love
2.
« Non potrei dare informazioni sulle condizioni del paziente a persone che non fanno parte del nucleo famigliare, ma non importa... non so veramente come dirtelo, ragazzo. » mi dice il medico sulla cinquantina d’anni. Abbassa lo sguardo a guardare il pavimento di marmo grigio. Perché non finisce la frase? Comincio ad innervosirmi stringendo i pugni lungo i fianchi e sentendo un fremito lungo il mio corpo agitato. Ho ancora ben impressa in mente l’immagine di due ore fa: Rosalie con la fronte sanguinante appoggiata sul cruscotto dell’auto con gli occhi chiusi. In quel momento non sapevo cosa fare, ero paralizzato, non riuscivo a muovere neanche un muscolo La guardavo mentre delle lacrime scendevano dai miei occhi lucidi; averla vista così, in quello stato, e per di più per causa mia, ha fatto male. Ti fa sentire impotente, non potevo far niente. Non c’era niente che potessi fare. Sono restato là, dentro l’auto con lei, mentre aspettavo l’ambulanza stringendole la mano. « Continui. » gli ordino, intuendo che non sia una bella notizia quella che ha da darmi. « La ragazza è in coma. » mormora sospirando amaramente. Sgrano gli occhi confuso dalla notizia. Come in coma? Rimango scombussolato, non riesco ad aprir bocca. È come se la mia bocca non avesse più voce per parlare. Non riesco a capire. Alzo gli occhi per fissarlo: ha un’espressione malinconica con le labbra tese, mentre si sfrega le mani. Lancio uno sguardo a Rosalie: è stesa su un lettino con gli occhi chiusi; questa scena mi stringe il cuore, tanto da soffocarlo quasi. Attorno a me tutto si incupisce, come se ogni cosa perdesse il colore. I sensi di colpa si fanno subito sentire, nella mia testa sento varie voci: ‘Tutta colpa tua!’ ‘Sei un idiota, lei è in coma a causa dell’incidente stradale nel quale guidavi tu.’ « Sa quando si sveglierà? » gli chiedo speranzoso ignorando le voci che mi girano per la testa. « Difficile da dire. Potrebbe svegliarsi fra un paio di giorni, come fra un mese, come… mai più. » Io non la voglio perdere, non voglio che non si svegli mai più. Come potrei sopportarlo? Solo al pensiero mi sento male. Prima dell’incidente era solo un pensiero senza fondamenta, ma ora può accadere veramente. Potrei perderla. Non si può tornare indietro nel tempo? La cosa che mi fa più rabbia è che la colpa è mia, non posso difendermi, non posso dir niente. Colpa mia, colpa mia e basta. Non ho scusanti. Mi ero ripromesso di proteggerla e prendermi cura di lei, mentre adesso è in coma per colpa mia. Non vedere più quel sorriso che mi rallegrava la giornata, non salutarla più con un ‘Buongiorno piccola’ alla mattina appena alzato, non poterle dire ‘ti amo’ per poi baciarla. Come posso stare senza di lei? Senza la ragazza che amo, che mi ha fatto uscire dall’oscurità, mi ha fatto provare sentimenti mai provati prima, mi ha fatto ricredere sull’amore. Era tutto quello che potevo desiderare e che desidero tutt’ora, l’unica persona di cui mi importa. Con quelle ultime due parole tutto mi crolla addosso in mille pezzi. Sento delle lacrime scendere lungo la guancia dal dolore, non ci sono parole o sentimenti adatti ad esprimere come mi sento in questo momento. Ho il cuore frantumato in pezzettini troppo piccoli per poterli raccogliere tutti, troppo piccoli per poterlo ricostruire. Sono in questa stanza da ore, ormai ho perso il conto, ma non posso lasciarla proprio adesso. Non posso. Le ho promesso anche di non lasciarla mai e questa promessa la manterrò. Non riesco ad accettare che sia colpa mia; lei, con quel corpicino così fragile che potrebbe rompersi da un momento all’altro, adesso è qui, in coma. Stringo stretta nella mano la collana che le ho donato più di un anno fa, quella collana ha un significato speciale per me. Le stava così bene addosso, e mi dava la sensazione che lei fosse veramente mia. « Harry, se vuoi, puoi parlarle. Lei ti ascolta. » continua l’uomo in camice bianco. « Sul serio? » Lui annuisce per poi lasciarci da soli chiudendo la porta della stanza. Colpisco forte la porta dell’armadio di legno vicino alla porta non appena l’uomo esce, sono nervoso, triste, confuso, mi sento colpevole. Il colpevole dell’incidente, il colpevole del suo stato. Come ho potuto? Non riesco a vederla così, piena di ferite e in coma. Non potevo essere stato io al suo posto? Ho troppa rabbia da scaricare e vorrei rompere qualcosa, ma non posso farlo qui, così do un calcio anche alla sedia vicino al letto. Di solito scarico la mia rabbia andando in palestra o a correre vicino a casa mia ma questa volta non posso fare nessuna delle due cose. Respiro profondamente, in modo da mandare ossigeno al cervello e mantenendo la calma, anche se mi è molto difficile. Mi avvicino a lei lentamente guardandola mentre le prendo la mano fredda e la intreccio con la mia. Le sue labbra rosee socchiuse con un taglio nel labbro inferiore, lo stesso che si morde quand’ è nervosa, ha una ferita nella fronte e una anche nella guancia sinistra ma rimane comunque bella anzi, bellissima. Ha qualcosa che mi impedisce di lasciarla. Non so cosa. « Piccola, tu non sai quanto mi dispiace. Io dovevo proteggerti ma…non ci sono riuscito. Volevo che nessuno ti facesse del male, quando invece sono stato proprio io a provocartelo. Vorrei essere io al tuo posto, Rose. Tu non te lo meriti. Non ho mai avuto una mamma, sono stato cresciuto da mia nonna. Poi, crescendo, sono diventato indipendente, ma non del tutto. Da quando ci siamo conosciuti, tu, non so come, ti sei presa cura di me. Ti sei interessata di me come nessun’altro ha mai fatto e io volevo proteggerti per questo. Quando ti capita di incontrare una persona così? Una volta nella vita? Non sono molto bravo con le parole, ma sappi che aspetterò il tuo risveglio sempre qui, accanto a te. Ti amo tanto, ogni giorno sempre di più. » mormoro per poi baciarla dolcemente nella fronte vicino alla ferita. Sento la porta della stanza aprirsi e una figura femminile entra: una ragazza bionda, con occhi marrone chiaro. È Zoey. Anche lei con gli occhi rossi dalle lacrime. « Hey, tutto bene? » mi saluta avvicinandosi e sedendosi sulla sieda accanto alla mia. « Potrebbe andare molto meglio.- sbuffo. - Zoey come faccio? E se non si sveglierà? È tutta colpa mia! » esclamo disperato prendendomi la testa fra le mani. « Harry, non dire così…Lei si sveglierà, ne sono certa. È una persona forte. Non perdere tutte le speranze. » mi incoraggia abbracciandomi amichevolmente. « Questo è più che un incubo…perché è dovuto succedere? Perché proprio a lei? » « Forse era il destino, non lo so. Comunque non è colpa tua! Ho saputo già tutto dell’incidente ed è colpa del guidatore dell'altro veicolo, non tua. » « Però Rose è in un letto d’ospedale. » le faccio notare fissandola. « Harry, forse non te ne sei accorto o forse Rosalie non te l’ha mai detto, ma tu eri la ragione del suo sorriso.» mi dice cercando di cambiare argomento pensando positivamente. Rimango sorpreso. Io la ragione del suo sorriso? Caso mai il contrario. Lei è il mio sorriso.
BUONASERAAA eccomi di nuovo qua dopo una settimana çç (scusate per il ritardo) Come state? :) GRAZIE PER LE 24 RECENSIONI, muoio okay? Feheygd Troppo gentili e dolci ** Sono strafelice che vi sia piaciuto il primo capitolo :’) Ci ho messo un macello ha scriverlo lol Anyway questo è il secondo capitolo, è un po’ triste lo so ma non siamo ancora entrati nella storia (?) Continuo a 26 RECENSIONI, ci riusciremo? ahah Spero che vi sia piaciuto il capitolo e ci vediamo nel prossimo capitolo ;) Se volete contattarmi su Facebook sono Amanda Caoduro Invece su twitter: @_itsAmway Un bacio e ditemi buona fortuna per la verifica di latino, //Amway xxx