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Autore: _Bec_    07/04/2013    79 recensioni
(Titolo provvisorio)
-Voglio essere libero di poterti considerare mia.- Concluse appoggiando la sua fronte sulla mia.
-Voglio essere il tuo ragazzo.-
Hanno litigato, sono finiti a letto insieme, si sono odiati, si sono baciati. E adesso, finalmente, Alice e Lorenzo stanno insieme. I problemi però non sono finiti con una dichiarazione un po' atipica, anzi. Una raccolta di brevi (brevi?) extra sul futuro che condivideranno i due protagonisti di “Tra l'odio e l'amore c'è la distanza di un bacio”. Sempre che prima non si uccidano l'un l'altro, ovviamente.
E' necessario aver letto la storia principale per comprenderli.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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I parte: Distrarre in che modo?

 

 

Il cuore in gola, il respiro affannoso, le mani dietro la schiena appoggiate al muro, mi dondolavo sul posto in attesa di vedere uscire il mio ragazzo dallo spogliatoio maschile.

Sarebbe per forza dovuto passare di lì, non aveva via di scampo, eppure, man mano che vedevo i miei compagni di classe sfilarmi davanti – e ammiccare in mia direzione divertiti – il dubbio che lui potesse già essersene andato senza che me ne fossi accorta si instillò in me.

Non era possibile, lo sapevo, sarebbe dovuto diventare invisibile per passare inosservato, ciononostante continuai a restare in ansia fino a quando non lo vidi mettere fuori piede – visibilmente controvoglia – dallo spogliatoio.

Il volto contratto in una smorfia di disappunto e le mani nelle tasche dei jeans, alzò impercettibilmente il mento, come a dirmi di muovermi che non aveva tempo da perdere. Stronzo.

-Vergata.- Dissi in tono solenne, dopo aver visto la Scimmia chiudere alle sue spalle la porta dello stanzino. Probabilmente era l’ultimo, dietro di lui non c’era più nessuno, -Se la prof arriva e chiede di noi dille che non sono stata bene, che ho avuto un calo di pressione e che Lore mi ha accompagnata al bar a prendere qualcosa di zuccherato.-

Entrambi mi guardarono stupiti, quasi avessi appena detto una madornale cazzata.

Sapevo che come scusa faceva acqua da tutte le parti, ma se non altro ci avrebbe fatto risparmiare un po’ di tempo. Non volevo che la prof mi segnasse assente in classe senza una motivazione o scusa valida, né volevo che pensasse che fossi fuori a fumare come la maggior parte dei compagni all’inizio dell’ora.

Lore inarcò un sopracciglio, -Non ci crederà mai.- Considerò scettico.

Vergata annuì serio, nonostante si vedesse chiaramente quanto fosse sul punto di scoppiare a ridere, -Lore che aiuta qualcuno? Che addirittura lo accompagna al bar?- Lo indicò con un cenno sbrigativo della mano, -Non ci crederà mai.- Ripeté le sue parole prima di sghignazzare, -Al massimo crederà che sia fuori a fumare…o che vi siate appartati da qualche parte per…-

-Limitati a dirle quello che ti ho detto.- Lo interruppi secca, già nervosa di mio all’idea di confrontarmi con Lore. Ci mancava solo Vergata con le sue stupide osservazioni!

Lo scrutai in cagnesco fino a quando, capendo di essere indesiderato, non sparì dietro al muro in fondo al corridoio, non prima di averci fatto l’occhiolino ed aver alzato entrambi i pollici da bravo cretino.

Santo cielo. Io un ragazzo del genere non riuscivo a sopportarlo le poche ore che lo vedevo a scuola, non invidiavo per nulla Angelica.

Certo c’era da dire che anche Lore la maggior parte delle volte era insopportabile, ma Vergata era senz’altro peggio, la loro amicizia doveva essere fatta di reciproca condiscendenza.

Quando la sua ingombrante presenza non fu più un problema, calò su di noi un imbarazzante e teso silenzio. Sentivo lo stomaco in subbuglio come prima di un’interrogazione importante o, peggio ancora, come appena scesa dal Blu Tornado a Gardaland. Ricordavo ancora quanto ero stata male quando Ilaria e Angelica mi avevano costretta a salire su quelle dannatissime montagne russe su cui avevo giurato di non rimettere più piede.

Inspirai ed espirai profondamente. E va bene. Via il dente via il dolore.

Quando tornai a guardarlo in volto e lo vidi alzare un sopracciglio annoiato, il coraggio di parlare mi investì come un treno in corsa e sputai fuori le parole successive con invidiabile calma…più o meno, -Primo: levati subito quell’espressione dalla faccia, come se avessi motivo di essere tu arrabbiato poi.- Socchiusi appena gli occhi ed incrociai le braccia al petto con il suo stesso fare arrogante, -Secondo.- Lo bloccai prima che, evidentemente infastidito, potesse replicare, -Posso sapere che diavolo ti è preso?- Quella domanda non era proprio in cima alla lista delle cose che avrei voluto dirgli – tra cui una lunghissima serie di insulti –, ma ebbe l’effetto di un fiammifero acceso accanto ad una miccia.

-Che diavolo è preso a me?!- Sbottò gesticolandomi contro, -Che diavolo è preso a te!-

Uoh, stavamo insieme da due settimane e avevamo iniziato a litigare alla grande. Incoraggiante!

-Prima sei incazzata per non so cosa e non mi rivolgi nemmeno la parola, mi baci in corridoio e poi ritorni ad ignorarmi quasi ti avessi fatto chissà quale torto! Oh chiariamoci, hai le tue cazzo di cose?!-

Arrossii di botto e gonfiai le guance oltraggiata. Ma erano domande da fare, così, ad alta voce, nel bel mezzo del corridoio? Non avrei risposto nemmeno se me l’avesse chiesto con più delicatezza e se fossimo stati in un luogo più appartato, figuriamoci!

Mi schiarii la voce e mi sforzai di non morire per autocombustione.

Si era pure accorto del mio comportamento scostante quello stronzo, eppure non mi aveva chiesto nulla, aveva volutamente finto di non notarlo!

-Non…- La mia brillante protesta fu malamente interrotta.

-Perché se hai intenzione di farmi andare fuori di testa una volta al mese facendo la stronza vorrei saperlo, sai…-

Un momento. Calma.

Mettersi a ridere sarebbe stato del tutto fuori luogo, giusto? Giusto.

Era ridicolo che lui stesse dando a me della stronza! Per cosa di preciso, poi?

Era stato lui il primo ad ignorarmi e a non farsi sentire per un giorno intero! E non aveva alcun diritto di fare quelle sceneggiate da maschio ferito!

Avrei voluto mantenere il controllo e dare una risposta ponderata, invece sbraitai semplicemente un -Facendo la stronza? Io?!- che non migliorò la situazione. Era come rilanciarsi una palla, uno accusava e l’altro riceveva rispondendo con un “io? E tu allora?”. Di quel passo non avremmo risolto nulla.

-Ti sei fatta baciare da Valenti davanti a me, cazzo!- Disse fra i denti, facendo un passo in avanti mosso dalla rabbia, -Tu come lo chiami questo?!-

-Sulla mano!- E la mia era un’immensa precisazione, un asterisco grande quanto una casa posto accanto alla sua affermazione, -Era un bacetto del cavolo sulla mano dopo che tu mi avevi preso per il culo con quei coglioni dei tuoi amici!- Per enfatizzare la cosa indicai il mio povero e malandato polso con la mano buona.

Ora, chiunque con un po’ di buon senso mi avrebbe dato ragione, giusto? Lui non ne aveva di buon senso evidentemente.

-Questo non c’entra un cazzo e non cambiare discorso! Si è praticamente slinguazzato la tua mano ed era parecchio compiaciuto, credevo avessi capito quello che in realtà vuole da te!- Ringhiò adirato, le braccia tese verso il basso e le mani strette a pugno lungo i fianchi.

Scossi la testa sconvolta; stava divagando alla grande, non era quello il punto.

-Ma chi cazzo se ne frega!- L’avrei preso a pugni più che volentieri, mi faceva salire il sangue al cervello!

Mi aveva quasi incastrata al muro, ma non avevo alcuna intenzione di fargli guadagnare altro terreno, così avanzai verso di lui fino ad arrivargli ad un palmo dal naso per puntargli un dito al petto con aria minacciosa. O forse solo ridicola: dettagli.

-Chi se ne frega di quello che vuole Teo, non mi importa nulla di quello che vuole da me!- Provai un incommensurabile senso di appagamento quando vidi la rabbia lasciar posto alla confusione sul suo viso; non era la risposta che si aspettava, probabilmente pensava che mi mettessi a difendere ancora una volta e a spada tratta Teo. Avrebbe saputo come rispondermi a modo in quel caso – ovvero insultando pesantemente il mio amico –, invece lo stavo sorprendendo con una risposta che tirava completamente fuori dal discorso il suo bersaglio.

Gli diedi una spinta e provai un brivido di eccitazione lungo tutta la spina dorsale nel toccarlo – maledizione! –, specie nel toccarlo con l’intento di fargli del male, cosa che ovviamente non feci. Dettagli.

-So solo quello che io volevo da te!-

Era bello spiazzare Lore, perché quando aggrottava la fronte e sbatteva le palpebre perplesso era, se possibile, ancora più stupendo.

Come diavolo faceva? Perché io con quella stessa espressione in faccia sarei sembrata un pesce lesso?

-E cioè?-

Non riuscivo a capire se me lo avesse chiesto perché davvero non ci era ancora arrivato o perché lo immaginava ma preferiva sentirselo dire da me. Forse entrambe le cose.

Ed io mi ero appena messa nei casini urlando quella frase, me ne resi conto quando mi ritrovai a boccheggiare in cerca delle parole esatte da dire, sempre che ce ne fossero.

Cosa volevo da lui? Praticamente tutto.

-Magari un po’ di considerazione dopo che sono caduta come un salame e mi sono fatta male per colpa di quel bisonte del tuo amico? Avrei voluto che tu ti comportassi come Teo, d’accordo?!- Ammisi stringendo la mascella, il viso chiazzato di rosso per l’imbarazzo.

Avrei voluto che fosse stato lui a trattarmi in quel modo, a me del conforto di Teo e del suo baciamano non fregava assolutamente nulla, quel bacio lo avrei voluto da Lore.

Si rabbuiò quando dalle mie labbra uscì nuovamente il nome del mio amico. Come poteva infastidirsi per quello, quando gli stavo confessando di volere più attenzioni da lui?

-Ah, certo, scusami se non mi sono comportato come Valenti! Magari cercherò di prenderlo come modello da seguire la prossima volta!- Disse tra i denti palesemente sarcastico, calando appena le palpebre furioso.

Era ad un soffio da me e concentrarsi sui suoi occhi e non sulla sua bocca era un’impresa quasi impossibile. Per un secondo, il pensiero di baciarlo e di mandare al diavolo tutto il resto si impossessò della mia mente, ma venne presto cacciato con forza dalla ragione.

Dovevo restare concentrata e cercare di risolvere quella situazione.

Inspirai ed espirai lentamente per rilassare i muscoli e mi massaggiai le tempie, -No, non hai capito niente, non voglio che tu prenda Teo come esempio.- Cercai di abbassare il tono di voce: continuare a gridargli contro in corridoio non mi sembrava una buona idea, -Non saresti più tu ed io non voglio cambiarti.-

Ti amo così come sei, idiota.

Mi ero innamorata del ragazzo stronzo, presuntuoso e antipatico, non di Teo.

Quell’ultima frase parve tranquillizzarlo un po’, ma era ancora arrabbiato, lo vedevo dallo sguardo e dalla postura rigida.

-Sto solo dicendo che sono caduta e che tu non hai perso tempo a prendermi in giro con i tuoi amici!- Tornai a dimenare il mio fidato indice, in qualche modo mi faceva sentire più sicura e minacciosa. Anche se in fondo non lo ero neanche un po’, -E hai anche malmenato Teo per…solo perché io sono andata da lui a reclamare le attenzioni che tu non mi hai dato! Se proprio vuoi picchiare qualcuno, dovresti picchiare me!- Strinsi i pugni e li alzai come un lottatore di boxe pronto a colpire, mi mancavano solo i guantoni, almeno trenta centimetri di altezza e trenta chili in più di muscoli per risultare credibile.

Lui mi fissò incerto per qualche secondo, palesemente combattuto tra la voglia di scoppiarmi a ridere in faccia e l’idea di rispondermi seriamente.

-Non dire cazzate.- Disse infine, scuotendo la testa infastidito, -E comunque ti ho chiesto di farmi vedere la mano, se non sbaglio. Sei tu che sei andata subito da quel coglione.- Precisò guardandomi di traverso, un sopracciglio inarcato a mo’ di sfida. Figuriamoci se dal suo contorto punto di vista non aveva ragione lui.

Mi passai con rabbia una mano fra i capelli per tirarli indietro, il nervosismo ormai la stava facendo da padrone in me. Di quel passo sarei diventata calva!

Non mi sembrava di parlare in cinese, cosa c’era di complicato in quello che stavo dicendo?

-Sì, ma...dopo! E l’hai chiesto in tono ironico…- La voce si affievolì quando lo sguardo mi cadde sulla sua bocca. Oh merda, no! Dovevo restare concentrata, concentrata. Fissare le sue labbra ed immaginare di tracciarne il contorno con la lingua e mordicchiarle non era restare concentrata.

-Che cazzo!- Imprecai rialzando gli occhi ed incrociando di nuovo i suoi, questa volta accesi di divertimento: se n’era accorto, maledizione. -Lo so che non era una caduta grave, anche se sono permalosa sono capace di ridere per delle sciocchezze, ma le vostre risate mi sono sembrate comunque fuori luogo, la tua soprattutto! Mi sono fatta piuttosto male e avrei semplicemente voluto che tu…- Affondai i denti nel labbro inferiore e voltai la testa a disagio, in cerca di parole che avrebbero potuto aiutarmi a non rendere imbarazzante la situazione. Più di quanto già non lo fosse almeno.

-Che tu mi…- Mi torsi le mani e annaspai accaldata.

Coccolassi.

Non potevo davvero dirlo, non ad alta voce, non a lui, sarei morta di vergogna.

Lore aggrottò la fronte confuso e cercò invano di guardarmi di nuovo negli occhi, -Consolassi?- Azzardò.

Più o meno il senso era quello, no? Mi gonfiai come un pesce palla, -Qualcosa del genere.- Soffiai infine, sgonfiando le guance lentamente, benché la voglia di usare quell’altro verbo restasse. Ma non potevo: quanto mi avrebbe preso in giro se lo avessi detto? Non ero una bambina, le coccole potevo chiederle senza vergognarmi a mia mamma o a mio papà, non di certo a lui che probabilmente neanche conosceva l’esistenza di quella parola. Anche se, con un pizzico di coraggio in più, lo avrei fatto ugualmente, gliele avrei chieste perché le volevo.

Mi raschiai la gola e ripresi a parlare, -Avrei voluto le attenzioni che un ragazzo dovrebbe dare alla sua ragazza.- Con qualsiasi altro ragazzo non avrei sentito le guance andare a fuoco in quel modo, come riusciva lui a farmi quell’effetto? La mia sicurezza, la mia spavalderia, la mia superbia erano andate a farsi un viaggetto alle Hawaii dalla prima volta che lo avevo baciato in quel benedetto ascensore.

Gettai una rapida occhiata al suo viso e notai che mi stava fissando seriamente ed intensamente, troppo intensamente. Era a dir poco destabilizzante.

-E non parlo solo di oggi.-

Assottigliò lo sguardo, ma non disse nulla, stranamente rimase in ascolto.

Ricordai le parole di Mel e decisi che, se non l’avessi fatto in quel preciso istante, non avrei più trovato il coraggio di dire certe cose e di chiarire la situazione, -Lo so che non sei il tipo, ma…vorrei le telefonate, anche solo una al giorno e di due minuti, anche se non mi ascolti perché stai giocando alla Playstation, solo per sentirti.-

Qualcuno mi fermi, ora.

Si passò una mano dietro il collo e si umettò le labbra, accennando un sorriso indecifrabile; mi sembrava compiaciuto, ma poteva anche essere teso o…intenerito, anche se quest’ultima ipotesi mi sembrava altamente improbabile.

Sapevo che mi stavo mettendo in ridicolo con quelle frasette sdolcinate da romanzetto rosa, ma ormai avevo fatto trenta, tanto valeva fare trentuno, no?

-Vorrei i messaggi, su facebook o sul cellulare, vorrei sentirti anche al di fuori della scuola...-

Mi sentii incredibilmente piccola e stupida, mi sarei voluta nascondere dietro la gonna di mamma come una bambina impaurita. O sparire inghiottita dal terreno.

Sbatté le palpebre improvvisamente consapevole, -Quindi tutto il teatrino di stamattina era per quello?- Domandò, pur conoscendo già la mia risposta.

Incrociai le braccia al petto e sbuffai dalle narici, -Secondo te?- Chiesi retoricamente.

Fece un passo in avanti e un altro ancora, fino ad intrappolarmi con la schiena al muro. Non che mi sentissi davvero in trappola, né avevo alcuna intenzione di andarmene.

Appoggiò una mano accanto alla mia spalla, ogni traccia della rabbia di poco prima sembrava essere svanita dal suo volto, -Avresti potuto dirmelo subito.-

-Avresti potuto immaginarlo.- Replicai a tono. Non era una cosa così strana che una ragazza volesse sentire il suo ragazzo, no? Ma in che mondo viveva lui?

Piegò la bocca in un mezzo sorriso e si passò una mano sulla fronte, -Ci ho pensato, in realtà.-

Strabuzzai gli occhi perplessa: a cosa aveva pensato? Aveva intuito il motivo per cui mi ero comportata così? Perché non aveva detto nulla allora?!

-Di mandarti un messaggio, intendo. Ieri sera.-

Oh. Ci aveva pensato. Un coro soave si levò nella mia testa, allora aveva pensato a me la sera prima! Magari anche solo per quindici secondi, ma lo aveva fatto! Era già qualcosa.

-E…?- Sollecitai impaziente.

-E non sono portato per queste stronzate.- Borbottò contrariato, aggrottando le sopracciglia e arricciando il naso in una smorfia, -Così come tu sai che io non sono il tipo da messaggi sdolcinati, io so che lo sei tu.- Schioccò la lingua e mi negò lo sguardo, -Non sapevo che cazzo scriverti.-

Avvertii una forte ma tuttavia piacevole morsa allo stomaco ed il cuore schizzò dritto in testa. Ci aveva pensato a scrivermi, aveva pensato a cosa scrivermi. Magari aveva persino provato a scrivermi qualcosa di…carino? Altrimenti perché dire che non era portato per quel genere di cose se non aveva almeno fatto un tentativo?

Liquefarsi davanti a lui non mi sembrava un’opzione possibile, né dare di matto ed iniziare ad urlare frasi sconnesse.

Tentai di riprendermi e di ricollegare il mio cervello, che al momento stava ripetendo a manetta solo una parola, come impazzito.

Amore, amore, amore.

Quanto avrei voluto chiamarlo così…

-Qualsiasi cosa.- Risposi flebilmente, cercando di parlare come una persona normale e di non fare versi come un Tamagotchi, -Avresti potuto anche scrivermi “come va”, idiota, mi avrebbe fatto piacere!- Insultarlo mi faceva recuperare il senno, quello lo avevo imparato da un bel po’.

Sbuffò risentito, appoggiandosi anche con l’altra mano al muro dietro di me, -Sì, certo, ti pare che ti scrivo “ciao, come va” come un perfetto coglione?-

Lui era sarcastico, io no: -Guarda che a me va bene sul serio, eh.- Mi sarei accontentata davvero di un messaggio così banale, a me bastava sentirlo.

Mi scrutò con attenzione e, quando vide che non stavo scherzando, mormorò secco un: –Sei strana Puccio. E sdolcinata da far schifo.- Tuttavia, nella voce era ben udibile una nota scherzosa e lo vidi lottare inutilmente per reprimere un sorriso.

-Mai strana quanto te Latini.- Io non mi trattenni affatto, il mio sorriso arrivava quasi da un orecchio all’altro, -E comunque almeno uno dei due dovrebbe esserlo, non credi? Per fortuna l’altro è uno stronzo e compensa bene.- Affermai ironica, guadagnandomi un’occhiata divertita in risposta.

Mi ero tolta di dosso un peso enorme, era una liberazione averne finalmente parlato…speravo che fosse almeno servito a qualcosa.

Restammo in silenzio per un po’, semplicemente fermi in quella posizione, io attaccata al muro e lui quasi attaccato a me.

Non sopportando più il forte rumore del mio battito accelerato, interruppi quella quiete ponendo una domanda forse un po’ sciocca, -Questa era un specie di…prima litigata?-

Fu tremendamente bello sentirlo ridere, mi piaceva da morire la sua risata. Mi piaceva da morire tutto di lui, come era possibile che amassi anche i suoi difetti? E dire che, prima di finirci in classe insieme, evitavo accuratamente di andare in ascensore con lui, lo trovavo insignificante, antipatico e insopportabile. Oddio, era ancora antipatico e insopportabile, solo che era adorabilmente antipatico e insopportabile.

-Mica tanto “prima”, quante volte ci siamo già mandati a fanculo a vicenda?-

Annuii con un finto cipiglio serio, -Ho perso il conto.-

In effetti non era certo la prima volta che succedeva… però era la prima volta che litigavamo come coppia.

Sussultai quando, con un gesto straordinariamente delicato considerando i suoi standard, mi prese la mano sinistra su cui ero caduta.

Mi strozzai con la saliva e sentii il battito del cuore pulsare ritmicamente in ogni singola vena sulla fronte, sul collo e nel petto.

Sospirò con finto rammarico, -La prossima volta che vorrai essere consolata cercherò di capirlo.- Sorrise malizioso a due centimetri dalla mia faccia e alzò il mio braccio per interporlo tra noi e portarlo all’altezza del suo viso.

Non vorrà mica…?

-E di comportarmi di conseguenza.- Sussurrò sulla mia pelle, poggiando poi le labbra nell’incavo del mio polso e schiudendole senza smettere di guardarmi.

Oh.Cazzo. Le mie gambe diventarono immediatamente di gelatina – mi chiesi per quanto tempo ancora mi avrebbero retto – e la gola iniziò ad ardere, lasciandomi senza fiato e saliva.

Il suo sguardo era completamente diverso da quello di Teo: era eccitante, provocante, invogliante. Molto invogliante.

Così come era completamente diverso il tocco: quello di Teo era stato dolce, casto e gentile, in quello di Lore non c’era nulla di tutto ciò, lasciava ben intendere altri significati.

Respirai affannosamente e mi lasciai sfuggire un basso gemito quando mi sfiorò con la punta della lingua, promettendomi con gli occhi di farmi di quello e altro.

Si ritrasse fin troppo presto, sogghignando soddisfatto per la mia reazione.

Brutto stronzo…!

Non gli diedi il tempo di parlare, non gli diedi il tempo di fare altro, lo afferrai per la maglietta e lo attirai di nuovo a me con tutta la forza di cui ero capace per baciarlo.

Avevo resistito anche più del dovuto, mi aveva già torturata abbastanza quello stronzo.

La risposta non tardò ad arrivare, Lore si lasciò sfuggire un basso verso gutturale che s’infranse sulla mia bocca e fece combaciare completamente i nostri corpi, tenendosi sempre appoggiato con un braccio al muro dietro per non pesare troppo su di me.

Al diavolo, io lo volevo tutto addosso, poco mi importava di essere schiacciata come una sardina.

Feci pressione con le braccia sulle sue spalle per avvicinarlo ancora di più ed avvertii le sue labbra distendersi in un sorriso.

Mi si mozzò il respiro quando mi gravò ulteriormente addosso, ma non feci nulla per allontanarlo, né gli diedi modo di farlo avvinghiata com’ero al suo collo.

Sciolsi la presa solo per far scorrere le mie mani fino ai lembi della sua maglietta ed infilare le dita sotto il tessuto.

Quando sentii i suoi addominali contrarsi al mio passaggio, gli morsi il labbro ed inclinai la testa indietro ed il corpo in avanti, desiderosa di avere un contatto più diretto con lui, desiderosa di sentirlo eccitato contro di me.

Il mio cervello mi ripeteva a manetta una parola che non faceva che farmi ansimare ancora di più.

Mio, mio, mio.

Era solo mio, cazzo. Mio e di nessun’altra. Io potevo toccarlo come, dove, quanto e quando volevo.

E non ne avrei mai avuto abbastanza, era una dannatissima droga, dava dipendenza.

Lore scese a baciarmi e mordicchiarmi il collo, mentre con la mano libera strattonava l’orlo dei miei jeans per insinuare le dita ed accarezzarmi.

Gemetti ormai al limite, vogliosa di sentirlo dentro di me e dimentica del fatto che fossi nel corridoio deserto accanto alla palestra.

Gli graffiai la pancia con le unghie per la fretta e l’urgenza con cui scesi ad afferrare la sua cintura per slacciarla, le mani tremanti e sudaticce che cercavano frenetiche di liberarlo di quell’impiccio.

-Oh sì, Lorenzo, prendimi, sbattimi al muro e fammi tua, così…-

Mi si gelò il sangue nelle vene quando il dubbio che potessi davvero averlo detto io ad alta voce si fece strada in me.

In effetti era proprio quello che stavo pensando, solo che non potevo essere stata così sciocca da esternarlo, me ne sarei vergognata troppo.

Sgranai gli occhi e mi bloccai – purtroppo – a metà dell’opera, mentre sia io che il mio ragazzo ci voltavamo verso il proprietario di quella voce.

Andrea Vergata sarebbe morto, morto. Aveva imitato sarcasticamente la mia voce, rendendola molto più…da chat erotica di quanto non lo fosse.

Il volto visibilmente contratto nel tentativo di non ridere e una postura disinvolta, ci stava squadrando con evidente interesse e divertimento, -No, ma…prego, continuate pure. Puccio non immaginavo fossi così porca, mi stavo quasi eccitando.-

Solo in quel momento mi accorsi del fatto che Lore avesse ancora una mano…ecco, insomma, lì. Deglutii ed avvampai, mentre lui, con nonchalance, la sfilava lentamente senza farsi troppi problemi.

-Cristo Andre…- Oddio, la sua voce roca era da orgasmo, se non ci fosse stato Vergata gli sarei saltata nuovamente addosso, -Guardati un porno piuttosto, che cazzo ci fai qui?- Si lamentò irritato, l’affanno ancora presente per via di quanto successo pochi secondi prima.

Vergata scrollò le spalle e schioccò la lingua, -Bel ringraziamento per essere venuto ad avvisarvi al posto della prof. O filate subito in classe o vi mette una nota. Non scherza, è già parecchio incazzata.-

A poco a poco, la mia mente riprese a ragionare come doveva e connesse il tutto: classe, prof, nota. Oh Santo Cielo, stavo per far l’amore con il mio ragazzo durante l’ora di lezione! E meno male che dovevamo solo chiarire!

Che fine aveva fatto poi il “niente cose a scuola”?

Tentai di ricompormi e di trattenere un piagnucolio frustrato per tutta la situazione creatasi, -Da quanto tempo sei qui Vergata?- Temevo la risposta.

Lui sorrise sornione, -Quanto bastava per dire quello che ho detto. Porca troia Puccio, ti sei avvinghiata a lui e ti contorcevi come se fossi posseduta…ma riuscivi a respirare Lore?-

La temperatura era aumentata di duecento gradi o era solo una mia impressione? Qualcosa andava a fuoco? Sì, io.

Dio, che vergogna…

-Andre saresti da prendere a calci sui denti.- Borbottò Lore, gli occhi ridotti a due fessure.

-E perché mai?- Vergata sfoderò l’espressione più ingenua del mondo, -Vi ho interrotto prima che la situazione diventasse imbarazzante…e prima che diventassi zio.-

Ah, per lui quindi la situazione non era imbarazzante? Che diavolo di criteri aveva? Non osavo immaginare a che livelli si dovesse arrivare perché potesse pensare che lo fosse.

-Sparisci va’. Dì a quella rompicazzo che arriviamo.-

Era una fortuna che stesse parlando Lore, io non avevo più il coraggio di dire altro, mi ero pietrificata sul posto.

Quando Vergata fece come gli era stato caldamente suggerito, il mio ragazzo tornò a guardarmi e sospirò, -Ci vediamo oggi pomeriggio?- Fece aderire la sua fronte alla mia e la gola mi si seccò di nuovo.

Annuii, incapace di parlare, mentre stropicciavo tra le dita la sua t-shirt.

-Casa mia o tua?-

Stavo per rispondere, ma lui mi precedette con un’imprecazione, -Ah cazzo, no, oggi pomeriggio deve venire quel coglione a casa mia, gli ho promesso una rivincita a Fifa.-

Quella frase permise ad un ricordo di farsi strada nella mia mente annebbiata.

Non avevo la minima idea di cosa fosse quel “Fifa”, ma la parola “rivincita” lo collegava ad un qualcosa che avesse a che fare con la Playstation. Ed io avevo promesso a Vergata che avrei cercato di farlo vincere a calcio contro Lore in cambio del suo silenzio.

Si staccò da me – un vero trauma – ed iniziò a camminare in direzione delle scale e, quindi, della nostra aula, -Gli dico di non passare e di restarsene a casa sua.- Scrollò le spalle noncurante.

Normalmente il suo sorriso e quella precisazione mi avrebbero lusingata parecchio…come non essere contenta del fatto che il mio ragazzo fosse disposto a dar buca al suo migliore amico per me? Peccato che avessi altri progetti.

-No!- Dissi con troppa enfasi, insospettendolo, -Voglio dire…puoi passare da me dopo, non serve che rinunci a…Fifa.-

Inarcò il sopracciglio in attesa di sentirmi aggiungere altro, sapevo che il mio tentativo di sembrare disinvolta era miseramente fallito.

-Ok, Vergata mi ha chiesto aiuto per batterti alla Play, vuole che tu lo lasci vincere.- Spiegai in poche parole, tralasciando tutta la questione del “distrarre”.

Lore mi squadrò pensieroso, meno convinto di prima se possibile, -Non sarebbe da Andre. Che senso avrebbe farlo sapere a me? E chiederlo a te, poi? Quando te lo ha chiesto?-

Come diavolo riusciva a ragionare così lucidamente? Io stavo ancora pensando alle mie mani sotto la sua maglietta e alla sua dentro ai miei jeans…

Affranta, mi lasciai sfuggire un basso mugolio: le mie bugie non stavano in piedi, tanto valeva dirgli la verità, -Ho parlato di te con Angelica ieri, Vergata ha sentito tutto ed in cambio del suo silenzio voleva che ti…distraessi mentre giocavi alla Play cosicché lui potesse vincere.- Avevo buttato fuori le parole tutte d’un fiato, constatando quanto, man mano che parlassi, Lore sembrasse sempre più divertito.

-Distrarmi in che modo?-

Lo sapevo che sarebbe andato a parare lì e con quel tono insinuante. Erano proprio amici lui e quell’altro.

-Per messaggio, ma cancella quell’espressione maliziosa dalla faccia.- Mormorai a braccia conserte, -Non lo farò, perdi e basta. E poi vieni da me.- Semplice, no?

Lore fece una smorfia contrariata, -Scusa io non solo non vengo a sapere cosa hai detto di tanto tremendo su di me alla tua amica…- Mi lanciò un’occhiata eloquente dall’alto, per ricordarmi che non si era perso quella parte del mio discorso, -Ma mi viene tolta anche la possibilità di vederti intenta a distrarmi, cosa che sarebbe molto interessante. Che ci guadagno a perdere di proposito contro Andre?- Se non avesse saputo che così facendo mi sarei incazzata ancora di più, sicuramente sarebbe scoppiato a ridere.

-Mmm, vediamo…la mia gratitudine? Il mio perdono per quanto successo oggi?- Elencai sarcastica, aprendo conseguentemente prima il pollice e poi l’indice, -E non dimentichiamo l’invito a casa mia.- Conclusi appagata.

Il coltello dalla parte del manico ce l’avevo io e una risata diabolica riecheggiò nella mia testa a quel pensiero. Ci sarebbe stato bene lo sfregamento di mani e l’“eccellente” del signor Burns dei Simpson. Sì, ogni tanto guardavo quegli stupidi omini gialli, ma meglio che non si sapesse in giro, o la mia immagine di ragazza perfetta e intelligente ne sarebbe stata intaccata.

-Uhm…- Lore piegò la bocca pensieroso, gesto che non mi piacque per nulla. Stava passando al contrattacco, cavolo, -Quindi se facessi perdere Andre, lui potrebbe dirmi cosa hai riferito di me alla tua amica, giusto?-

Avevo dimenticato quell’insignificante particolare. Cazzo.

Si passò la lingua sul labbro – gesto che, maledizione, seguii ipnotizzata – e sorrise maleficamente, -Dipende tutto da te Puccio: distraimi e potrei decidere di farlo vincere.- E non potei ribattere, perché aprì la porta della nostra aula e sparì al suo interno lasciandomi lì ferma e inebetita.

Merda.

 

 

*****

 

Mi morsi il labbro e camminai nervosamente per la stanza, il cellulare nella mano destra che sembrava scottare.

Non riuscivo a credere di essere stata fregata così. Certo, avrei potuto non scrivergli nulla e lasciare che Vergata perdesse come sempre contro di lui, ma in quel caso tutto quello che avevo detto ad Angelica sul mio ragazzo non sarebbe più stato un segreto.

Lo amo Angie, ma quando fa così mi fa impazzire!

Impazzire in tutti i sensi.

Certo che gli salterei addosso a scuola, ma, che cavolo, non si può!

Non mi ero fatta troppi scrupoli davanti agli spogliatoi quella mattina…

Quella dannata cattedra è una continua tentazione…

Troppo spesso durante le lezioni mi distraevo e fantasticavo con la mente.

Involontariamente, giuro che non lo faccio apposta, a volte mi capita che l’occhio mi cada sul suo sedere o sul cavallo dei suoi pantaloni…

Involontariamente, certo…

Le ultime due frasi le avevo dette a bassa voce quando Vergata era andato in bagno, ma ero abbastanza certa che mi avesse comunque sentita dal momento che era rientrato in camera di Angie due secondi dopo… ghignando. Dannato Andrea Vergata!

Mannaggia ad Angelica e al suo “parla pure, fai come se lui non ci fosse”!

E mannaggia a me che mi ero lasciata scappare più di quanto avrei dovuto con la mia amica, convinta che Vergata fosse troppo distratto da lei per badare a quello che dicevo! Se avesse riferito tutto a Lore… non ci volevo nemmeno pensare, sarei morta di vergogna.

Sbloccai la tastiera del mio telefono ed incominciai a scrivere un nuovo messaggio.

 

Non ti costa nulla farlo vincere. Perdi in fretta e poi vieni da me, ok?

 

Poteva andare, no? Inviai a “Latini” – ogni volta mi veniva da sorridere quando lo trovavo in rubrica, non lo avevo più modificato – e attesi impaziente ed agitata una risposta che non tardò ad arrivare.

 

Messaggio da Latini:

Dammi un motivo per perdere. Puoi essere molto più convincente di così.

 

-Vaffanculo!- Sbottai ad alta voce, paonazza in volto. Deficiente.

Lo odiai con tutta me stessa, ma non potei fare a meno di immaginarlo con quel sorrisetto eccitante sulle labbra.

Avrei potuto lasciare che vincesse e basta, del resto a me non importava nulla di quel gioco della Play, ma avevo comunque il timore che Vergata vuotasse il sacco se non lo avessi aiutato a vincere.

Sbuffai e ricominciai a muovere le mie dita tremanti sui tasti.

 

Stronzo. Non ti conviene tirare troppo la corda, potrei arrabbiarmi e decidere di non farti entrare, sai?

 

Ok, sapevo che con quel messaggio avrei ottenuto ben poco, ma tanto valeva provarci lo stesso, no?

 

Messaggio da Latini:

Questo è il massimo che sai fare? Mi deludi Puccio. Due a zero per me comunque, Andre mi sembra incazzato. Magari è in vena di chiacchiere come te ieri.

 

Lanciare il cellulare a terra e calpestarlo non mi parve una buona idea, anche se al momento quel pensiero ronzava allettante nella mia testa.

Deglutii lava bollente – o almeno, quello mi sembrava la mia saliva – e mi diedi un colpetto sulla guancia. Forza e coraggio, non poteva essere tanto terribile scrivere messaggi stuzzicanti al proprio ragazzo. Imbarazzante forse, ma non terribile.

Certo io ero il tipo di ragazza romantica che scriveva solo messaggi dolci come “Mi manchi” e “Ti amo”, ma c’era una prima volta per tutto.

Ma cosa diavolo avrei potuto scrivergli? Mi vergognavo davvero a scrivere quel genere di messaggio.

Quella però era una provocazione bella e buona. Probabilmente mi avrebbe dato ironicamente della “santarellina” se non lo avessi fatto, già lo immaginavo.

Era una specie di sfida la sua? Bene. Peggio per lui che si era messo contro di me.

 

E se ti dicessi che sono nuda – Oddio, oddio! Non potevo credere di averlo davvero scritto – e che mi sto facendo la doccia?

 

Un classico quello della doccia. Chiaramente una balla, dal momento che ero vestita.

Avevo scritto e cancellato un “pensando a te” dopo la parola “doccia” che mi sembrava un po’ troppo prima di trovare il coraggio di inviarlo.

Mi chiesi se il mio cuore potesse esplodere visto quanto forte stava battendo. E se fosse davvero esploso? E se fossi morta per autocombustione? Quando arrivò la risposta, fissai la bustina in alto per ben dodici secondi prima di aprirla.

 

Messaggio da Latini:

Va già meglio, facciamo progressi. Sarei quasi tentato di scriverti cosa ti farei se fossi lì con te, ma purtroppo ho una partita da giocare…

 

Il calore, dalle guance e dal petto, si espanse in tutto il resto del corpo e diventò sempre più insopportabile. Non mi importava più nulla della partita, dei messaggi imbarazzanti o dei miei goffi tentativi di essere maliziosa e provocante, sapevo solo che lo volevo lì, subito. Volevo fare l’amore con lui.

Così non resistetti oltre e il resto venne da sé.

 

Cosa mi faresti? Vieni qui da me ora e dimostramelo, o potrei pensare che le tue siano solo parole.

 

Sgranai gli occhi sconvolta quando mi resi conto di quello che ero riuscita a tirar fuori e scriverlo era stato…elettrizzante. Cazzo se lo era stato.

Con il cuore in gola e le gambe molli, aprii l’ultimo messaggio arrivato e lo lessi avidamente, sorridendo come un’idiota l’attimo dopo.

 

Messaggio da Latini:

‘Fanculo la partita. Ora vedrai.

 

Oh-oh, forse l’avevo provocato un po’ troppo?

A Matteo non avevo mai avuto il coraggio di scrivere niente del genere, mi sarei sentita una specie di depravata. Con Lore invece… beh, messaggi del genere sembravano avere un piacevole effetto su di lui – e su di me di riflesso – e la cosa mi piaceva decisamente tanto.

Con ancora un sorriso da parte a parte e il cuore in gola, corsi in camera mia a darmi una sistemata. Mi strizzai le guance per renderle più rosee e mi tolsi il fermaglio da casalinga disperata dai capelli, cercando di lisciarli e pettinarli con le dita, pur sapendo che di lì a poco sarebbero comunque diventati un totale disastro.

Un momento… che reggiseno indossavo? Tuffai la faccia nella maglietta e storsi il naso: era il caso di cambiarsi e di mettersi un completo più carino? Qualcosa di pizzo?

Suonò il campanello proprio in quel momento, non una, ma almeno una decina di volte di seguito. E probabilmente sarebbe andato avanti così ancora per molto se non mi fossi sbrigata ad andare ad aprire.

Al diavolo, tanto lui non aveva mai fatto caso alla mia biancheria, non aveva senso farsi tutti quei problemi.

Attraversai la casa su gambe incerte e traballanti, i muscoli così tesi da far male ed il respiro affrettato.

Che cavolo, perché non avevo messo il reggiseno con il pizzo blu scuro? Sbuffai; era troppo tardi per i ripensamenti sciocchi e non avevo alcuna intenzione di spiegare a mia madre i motivi di un eventuale morte precoce del campanello.

Feci girare la chiave nella serratura ed aprii con estrema lentezza, stampandomi in faccia un’espressione sicura di me che riuscii a mostrare per appena un secondo. Forse meno.

Non feci in tempo a vederlo bene in volto, non feci nemmeno in tempo a tirare un altro respiro, mi ritrovai subito le sue labbra incollate alle mie ed il suo corpo – tutto il suo corpo – premuto contro.

Gemetti per la sorpresa ed incrociai le braccia dietro al suo collo per ricambiare con più trasporto. Mi accorsi solo di sfuggita del fatto che la porta fosse stata richiusa alle sue spalle da un suo calcio, se non ci avesse pensato lui sarebbe rimasta completamente spalancata.

-Com’è che non sei nuda e bagnata?- Ansimò tra un bacio e l’altro, infilando una mano sotto la mia orrenda maglietta per stare in casa.

Ci misi un po’ a comprendere il significato di quella frase, in un breve momento di lucidità mi ricordai del messaggio che io stessa gli avevo mandato poco prima.

“E se ti dicessi che sono nuda e che mi sto facendo la doccia?”

Non ero nuda, ma sul secondo punto avrei avuto un paio di cosette da ridire.

Ci pensò lui per me, -Non ancora almeno.- Avvertii le sue labbra distendersi in un sorriso. Cretino.

Rischiai quasi di inciampare e cadere per la frenesia con cui ci trascinammo fino alla mia stanza, il fatto che io lo stessi tirando con urgenza verso di me e che lui mi stesse spingendo indietro non aiutava il mio precario equilibrio.

-Pensavo fossi…- Mi afferrò un seno con foga ed io singhiozzai per la sorpresa ed il piacere, -troppo impegnato...- Spinsi la porta della mia camera con la schiena, -a giocare alla Play…- insinuò l’altra mano sotto l’elastico dei miei pantaloni e sussultai nel sentire nitidamente le sue dita calde sopra la stoffa delle mie mutandine, -per accorgertene.- Conclusi con voce strozzata.

Mi pentii di non essermi messa della biancheria più carina quando mi spinse i pantaloni verso il basso, fino alle ginocchia, con un gesto deciso.

Agitai le gambe e li scalciai con i piedi, alzando impaziente le braccia per farmi sfilare anche la maglia in un lampo.

Scese a baciarmi e mordicchiarmi il mento, il collo, la spalla… -Non ero per niente concentrato su quello che stavo facendo.- Affermò con voce roca sul mio seno, sfilando la coppa del reggiseno per raggiungere con la bocca e la lingua il capezzolo.

Chiusi gli occhi ed il corpo venne scosso violentemente da più brividi. Stavo impazzendo, non avevo neanche capito cosa mi avesse appena detto.

Avevo un bisogno disperato di fare l’amore con lui, un bisogno disperato di lui. Avrebbe dovuto spaventarmi il fatto che mi sentissi così legata e quasi dipendente da lui, avrebbe dovuto spaventarmi l’idea che avessimo solo diciotto anni, che fossimo molto diversi e, sicuramente, volessimo anche cose diverse. Forse quella storia non era destinata a durare molto, forse sì. Sapevo solo che lo amavo come non avevo mai amato e come non avrei mai più amato nessun altro.

Inquietata da quell’ultimo pensiero fatalista, attirai il suo viso al mio e lo baciai nuovamente con passione per cercare di distrarmi.

Lui era lì con me e mi amava, così come io amavo lui. Solo questo contava.

Armeggiai nervosamente con la sua cintura e tirai piano il suo labbro inferiore tra i denti, -La odio.- Bofonchiai frustrata, facendolo ridere sommessamente sulla mia bocca.

Non stavo ottenendo alcun risultato soddisfacente con quella maledetta e non era neanche la prima volta che mi dava problemi. -Non metterla più quando dobbiamo…- Mi lamentai con voce bassa ed infantile. Non serviva continuare la frase, il resto era facilmente intuibile.

Sentivo i suoi occhi divertiti puntati addosso, così abbassai lo sguardo sull’oggetto della mia collera, credendo ingenuamente che la visuale mi avrebbe favorita nel mio intento. Errore. Vedere quanto il mio ragazzo mi stesse desiderando non fece che peggiorare la mia situazione.

Mi passai involontariamente la punta della lingua sulle labbra per umettarle, sentendo il sangue affluire a fiotti sulle guance e scaldarle.

Quasi guidata da una forza invisibile – anche detta brama – riuscii finalmente a slacciare la cintura e, con dita tremanti, feci scivolare il bottone fuori dall’asola, strappando un ansito strozzato ad entrambi quando con il polso toccai la sua erezione.

L’avevo fatto più volte, eppure ogni volta riuscivo a sentirmi una completa imbranata, ogni volta sentivo di andare a fuoco quando lo spogliavo e al pensiero di poterlo vedere nudo.

Si liberò svelto di quell’ingombrante indumento ed io gli sfilai la maglietta, sospirando di piacere quando non ci fu più alcuna stoffa tra di noi, a parte le mie mutande ed i suoi boxer.

Mi spinse indietro sul materasso e fu di nuovo su di me famelico, insaziabile, le mani e le labbra che vagavano su ogni parte del mio corpo.

Una parte del mio cervello registrò la sua presenza sul mio letto. Era la prima volta che facevamo l’amore lì. Avrebbero avuto il suo odore le mie lenzuola? Il nostro odore? Lo speravo.

Un assordante rumore stridulo interruppe bruscamente quella fantasia: il telefono. Perché diavolo non lo avevo staccato?

Lore fece leva sulle braccia per guardarmi bene in viso, a metà fra l’incazzato, l’esasperato e l’implorante, -Non…-

Non lo lasciai continuare: mi avventai sulla sua bocca e ripresi a muovere il mio bacino contro il suo, per fargli capire cosa volessi e stessi aspettando.

Non avevo assolutamente intenzione di rispondere, poteva andare a quel paese chiunque stesse rompendo dall’altra parte.

Si staccò da me e sorrise palesemente compiaciuto e malizioso, sfilandomi con un dito le mutande senza smettere di guardarmi.

-Lore.- Il suo nome scivolò tra le mie labbra come una preghiera. Quella era una subdola tortura, sospettavo che me la stesse facendo pagare per il mio ultimo messaggio.

Si dedicò nuovamente ai miei seni, alternando lingua e denti sadicamente, a seconda della mia reazione. A rendere il tutto ancora più eccitante era il contatto visivo, i suoi occhi scuri e bramosi continuavano ad inchiodare i miei.

Poi scese ancora, arrivando all'ombelico ed osservandomi attentamente quando infilò la lingua in quella piccola cavità.

Oh.Dio.

Mugolai eccitata e mi inarcai contro di lui, disperata in modo imbarazzante. Quanto ci sarebbe voluto perché cedessi e lo implorassi di farmi sua subito?

Il sorrisetto che sfoggiò mi fece intuire le sue intenzioni ancor prima che tuffasse la sua faccia in mezzo alle mie gambe e... fu la mia fine.

Mi persi completamente, persi la ragione, persi il controllo, persi ogni capacità di riflettere e agire. Urlai in preda al piacere ed istintivamente cercai di infilare le dita tra i suoi capelli per spingerlo ancora più contro di me.

Intuendo le mie intenzioni, Lore mi bloccò i polsi al materasso ed io sgranai gli occhi per quello che era evidentemente un altro modo per mettermi in difficoltà. Una crudeltà vera e propria.

Fui costretta ad artigliare il lenzuolo e a stringere i denti per trattenere altri gemiti, mentre lui continuava, continuava, continuava.

Ed io non potevo nemmeno toccarlo, non potevo nemmeno afferrarlo per quei dannati capelli, tirare le sue ciocche tra le dita.

Cercai di liberarmi i polsi senza successo, -Lore, ti prego...- piagnucolai frustrata, con voce incerta e ormai al limite.

Volevo toccarlo, lo volevo disperatamente.

Lui allora mi lasciò andare, non solo per la mia docile preghiera, ma anche per mandare definitivamente a quel paese la mia sanità mentale.

Non utilizzò più solo la lingua, ma iniziò ad usare anche le dita, stuzzicandomi celermente con i polpastrelli.

Boccheggiai senza fiato e gridai nuovamente, inarcandomi fino all'inverosimile e affondando, finalmente, le mani tra i suoi capelli.

Fissai gli occhi al soffitto e mormorai il nome di Dio così tante volte che sarebbe stato impossibile contarle.

Sapevo che Lore mi stava ancora guardando dal basso, non aveva mai smesso di farlo, ma non riuscivo proprio ad incontrare quegli occhi, non quando mi stavo sgretolando come pasta frolla a causa sua.

Avrei potuto dire qualsiasi cosa in quel momento, avrei potuto dirgli che lo amavo, che lo avrei amato per sempre e addirittura sposato, che gli avrei dato tutti i figli che avrebbe voluto, che gli avrei fatto tutto quello che desiderava. Qualsiasi cosa. E sarebbe stata la pura, preoccupante e semplice verità.

Il mio corpo fu scosso da un tremito più violento degli altri, una scarica di piacere più potente mi attraversò da parte a parte e, reclinando la testa indietro sul cuscino, mi protesi verso di lui un'ultima volta, prima di accasciarmi sul materasso.

Dio, era stato qualcosa di... animalesco, selvaggio, meraviglioso, eccitante.

Abbassai la testa per guardarlo: pensavo di vederlo con un sorriso vittorioso o di sentirgli dire qualche frasetta sarcastica, invece quando incrociai il suo sguardo vidi che era tremendamente serio.

-Che c'è?- Domandai col fiato corto, la paura di aver fatto – o detto – qualcosa di sbagliato che prendeva forma dentro di me.

Scosse la testa e riprese a fissarmi con un'intensità tale da farmi contorcere lo stomaco, -Mi piace vederti venire.-

Ah.

Deglutii ed avvampai, senza saper bene cosa rispondere. Non si poteva proprio dire che fosse portato per le frasi romantiche e di circostanza, nessun banale “sei bellissima” o “ti amo”. Che genere di risposta sarebbe potuta andar bene in quel caso?

-Uhm… grazie.- Abbassai lo sguardo sui nostri corpi a disagio e mi accorsi del suo ancora evidente... problema.

Rise per la mia uscita cretina e poggiò la fronte sulla mia, -Anche se sarebbe stato ancora più eccitante se mi avessi guardato.-

Oddio, di male in peggio, potevo essere più imbarazzata di così? Raschiai la gola ed allungai le mani fino all’elastico dei suoi boxer per evitare di rispondere e per cercare di distrarlo.

Alzò un sopracciglio a mo’ di sfida, una sfida che fui ben lieta di accettare.

Senza ulteriori esitazioni, feci scivolare la mano nei suoi boxer e lo sentii irrigidirsi e trattenere il respiro.

Fu il mio turno di sorridere, più sicura e padrona della situazione. Un suono roco provenne dal fondo della sua gola quando incominciai a muovermi e, per quanto cercasse di mantenere la sua espressione spavalda, il suo viso lasciava trapelare molto bene quello che il mio tocco gli stava facendo provare.

Sentii, come sempre, un senso di potere inspiegabile, mi piaceva vederlo in balìa delle emozioni che le mie carezze gli provocavano.

Ricordavo che farlo a Matteo mi aveva infastidiva, farlo a Lore era appagante, eccitante ed era anche e soprattutto... un gesto d'amore.

Non mi diede modo di continuare per molto, tolse troppo presto la mia mano e si sfilò i boxer rabbiosamente, quasi stessero andando a fuoco e volesse strapparseli di dosso.

Fece un respiro profondo e si posizionò meglio tra le mie cosce, affondando dentro di me con una spinta che mi fece strabuzzare gli occhi ed ansimare oscenamente.

Gli allacciai le braccia attorno al collo e le gambe intorno ai fianchi per spingerlo più in profondità, assecondando il suo ritmo con il bacino.

Lore nascose il viso nell'incavo tra la mia spalla e la base del collo, risalendo con la bocca fino al lobo dell’orecchio, -Doccia o cattedra domani?- Sussurrò. Avrei giurato che stesse sorridendo nonostante l’affanno.

Gli conficcai le unghie nelle spalle irritata quando compresi cosa volessero dire le sue parole, -Stronzo.- Annaspai, completamente persa nel vortice di emozioni che stavo provando.

Avevo confidato solo ad Angelica quella specie di mio sogno erotico di farlo con lui sulla cattedra e, oltre a me e lei, c’era solo un’altra persona che avrebbe potuto parlare. Avrei dovuto sospettare che Vergata non sarebbe stato comunque di parola.

In risposta mi arrivò una risata rauca, -Lo prendo per un “tutti e due”.-

 

******

 

Il sole stava iniziando a tramontare fuori: non avevo idea di che ore fossero e non avevo la minima intenzione di controllare l’orologio per saperlo.

Avrei voluto restare così per sempre, abbracciata a lui e con la sua mano tra i capelli, avrei voluto che il tempo si fermasse.

Quando ero con lui mi sentivo completa come non mi ero mai sentita in vita mia, mi sentivo felice, spensierata, stupida e innamorata.

Eravamo entrambi svegli, eppure nessuno parlò per un po’, cosa che mi andò più che bene. Mi piaceva lanciargli qualche occhiata di sottecchi di tanto in tanto ed osservarlo di profilo; avrei dato qualsiasi cosa per sapere a cosa stesse pensando.

Era stupendo, ancora nudo nel mio letto, i capelli scarmigliati e il volto rilassato. Se avessi avuto in mano una macchina fotografica o il mio telefonino gli avrei fatto volentieri una foto; l’avrei poi custodita gelosamente e guardata fino ad impararne a memoria i tratti, le sfumature, i colori.

Non osavo immaginare in che condizioni pietose fossi io invece. Preferii non scoprirlo.

-Vergata ha parlato comunque, vero?- Dissi infine, interrompendo quella quiete al solo scopo di sentire di nuovo il suono della sua voce.

Senza smettere di fissare il soffitto, piegò un angolo delle labbra, -Credevi davvero che non lo avrebbe fatto?- Mi studiò, gli occhi accesi di divertimento.

Sbuffai e appoggiai di nuovo la guancia al suo petto, -Non è giusto.- Borbottai imbarazzata. Maledetta scimmia!

Lo sentii ridere, -Che cosa non volevi che sapessi?-

Mi ostinai a non guardarlo, imprecando mentalmente in dieci lingue diverse.

Non importava se erano lingue inventate, erano comunque imprecazioni.

-Dei sogni erotici sulla cattedra? Delle occhiate al cavallo dei miei jeans? O del fatto che mi ami e che ti faccio impazzire?-

Argh, maledizione, ma gli ha detto proprio tutto?

Un momento… aveva davvero detto l’ultima frase o l’avevo immaginata? Il mio cuore ebbe un sussulto nel sentire le parole “mi ami” pronunciate da lui.

La curiosità vinse sulla vergogna, così mi appoggiai sul dorso della mano e lo esaminai.

Aveva un sopracciglio inarcato e un sorriso soddisfatto sulle labbra. Odioso. E dannatamente attraente.

Socchiusi gli occhi, -Nessuna di queste cose dovrebbe sorprenderti, no?- Mi finsi tranquilla e per nulla scossa al pensiero di Vergata che gli riferiva tutto quanto.

Lore piegò la testa pensieroso, -Non più di tanto, in effetti. Quello che non capisco è perché ti vergogni di farmi sapere le tue fantasie, io le apprezzo, sai?- Ghignò e mi prese il mento con la mano, sfregandomi il labbro inferiore con il pollice.

Rabbrividii al suo tocco, ma mi sforzai di incenerirlo con lo sguardo, -Perché sono solo fantasie e fantasie resteranno.- Non c’era nessuna possibilità che io potessi fare una cosa del genere a scuola, non ci tenevo proprio a finire in presidenza e ad essere sospesa! Il fatto che avessi rischiato di finirci appena quella mattina era irrilevante, ovviamente.

Fece spallucce per nulla convinto dalla mia affermazione, -Vedremo. Ho i miei metodi per farti cambiare idea.-

Purtroppo non potevo metterlo in dubbio, erano metodi molto persuasivi.

Toccò a me sorridere, -Vedremo.- Replicai vaga, sollevandomi sugli avambracci per baciarlo dolcemente.

Ben presto, quello che era solo un innocente bacetto diventò un incontro piuttosto passionale di lingue: Lore mi circondò i fianchi e mi strinse con più forza a lui. Ansimai il suo nome e lo accarezzai lentamente tra i capelli.

-Credo sia meglio…- Ripresi fiato, prima di ritornare affamata sulle sue labbra, -Che tu ti vesta.- Conclusi rammaricata, appellandomi a tutta la mia forza di volontà per allontanarmi da lui. Non era semplice farlo, non quando ci stavamo entrambi… risvegliando.

Tamburellò le dita sulla mia schiena e sorrise arrogante, -Perché dovrei?-

Risi e lo baciai di nuovo a stampo, prima di ritrarmi, -Perché a mia madre potrebbe venire un colpo se ti vedesse… non parliamo di mio padre.-

Fece roteare gli occhi annoiato, -Secondo me tua madre approverebbe. Hai detto te che le piaccio, no? E a tuo padre sto simpatico.- Affermò convinto.

-Non gli staresti più così simpatico se ti vedesse nudo nel mio letto.- Per quanto volessi farlo scendere di lì e buttargli addosso i vestiti, proprio non riuscivo a staccarmi da lui e a smettere di baciarlo.

Gli mordicchiai il labbro inferiore e sospirai, -Credimi, se fosse per me ti terrei qui per sempre.- Il sorriso mi si congelò sulle labbra quando mi resi conto di cosa avessi appena detto. In tono dolce, deciso, senza la minima esitazione. Che cretina.

Sbuffai: perché non ero capace di trattenermi e continuavo a dire cose così sdolcinate? Era più forte di me, non potevo farne a meno.

Sapevo che lui non era tipo da smancerie, sapevo che lo irritavano, eppure ogni volta me ne uscivo con quelle frasette stucchevoli.

Fortunatamente per me lui la buttò sullo scherzo, -Non hai la Play. Non potrei vivere senza la Play, mi spiace.- Fece una smorfia e il tono leggero e sarcastico di voce mi tranquillizzarono.

Aggrottai la fronte per fingermi corrucciata, -Mi organizzerò allora.-

Mi alzai da lui – e fu un dolore fisico – e gli passai i vestiti. Farsi beccare dai miei sarebbe stato a dir poco imbarazzante… senza contare che volevo che si facessero una bella opinione di Lore, cosa che sarebbe stata impossibile se lo avessero visto in quel momento.

Sbuffando rumorosamente, scese dal letto e si vestì. Cercai di non guardarlo per non cadere di nuovo in tentazione, mentre voltata di spalle lo imitavo.

Una volta infilata la maglietta, sistemai il letto e nascosi le prove di quanto successo.

Quando ritornai a guardarlo, lo vidi tentennare un po’ prima di parlare. A che stava pensando?

-Che fai sabato sera? Hai impegni?-

Oh. Oddio! Mi stava per invitare ad uscire? Un appuntamento? Il nostro primo appuntamento? Dove saremmo andati? Come mi sarei dovuta vestire?

Dovevo mantenere un certo contegno, non potevo urlargli contro “No, non ho niente da fare, fai di me ciò che vuoi!”

-Uhm… non credo.- Mi tirai indietro i capelli con l’intento di sistemarli e sembrare più carina, -Perché?-

Scrollò le spalle con indifferenza, -C’è la festa di compleanno di un mio amico, se vuoi venire…-

Ah.

-Ah.-

Lo pensai e lo dissi nello stesso momento. Il sogno di un appuntamento romantico sparì con un sonoro “puff” nella mia testa. La festa di compleanno del suo amico. Cosa mi importava di andare alla festa di un tizio che non conoscevo nemmeno?! Quella era la nostra prima uscita!

-Ok.- Ero solo un pelino sorpresa e spiazzata. E delusa, ma non lo dimostrai.

In fondo era comunque un bel gesto il suo, no? Invitarmi alla festa di un suo amico. Mi avrebbe introdotta nel suo… gruppo di amici come la sua ragazza.

Bello. Dovevo essere contenta.

Meglio sorridere.

Detto – o meglio pensato – fatto.

-Ok.- Ripeté lui annuendo impercettibilmente, -Ti faccio sapere poi l’ora e tutto il resto allora.- Sorrise e mi baciò velocemente a stampo, proprio mentre udii il rumore di una chiave infilata nella serratura della porta di casa. Merda.

Contai i giri nella toppa con il battito a mille, poi, quando sentii la maniglia abbassarsi, trattenni il respiro.

Lore mi guardò di sbieco e non capii se stesse studiando la mia reazione o se mi stesse silenziosamente chiedendo cosa fare.

-Vuoi che mi nasconda nell’armadio?- Ironizzò.

Bastò quella battuta a farmi risvegliare dal mio stato di terrore; gli poggiai le mani sul petto per spingerlo verso la sedia della scrivania – facendolo protestare neanche tanto a bassa voce – ed iniziai a tirar fuori volumi a casaccio dalla mia libreria.

-Che stai facendo?- Lore lo domandò nell’esatto momento in cui la voce di mio padre mi raggiunse dal corridoio, -Alice?-

Buttai gli odiosi testi di matematica sulla scrivania e li aprii su una pagina a caso, per poi lanciare un’occhiata eloquente al mio ragazzo che lo invitava ad assecondarmi.

-Sono qui papà.- Risposi sedendomi sul letto con il mio quaderno in grembo.

Mi tremavano giusto un po’ le mani, ma nient’altro avrebbe potuto far trapelare il mio nervosismo.

Mio padre si affacciò nella stanza con aria stranita, probabilmente chiedendosi con chi fossi visto che aveva già udito la voce di Lore poco prima.

-Oh.- Fece sorpreso esaminandoci per qualche secondo.

Il mio ragazzo sfoggiò un sorrisone compiaciuto che diceva chiaramente “Sì, ho scopato con sua figlia e sì, mi è piaciuto”. Avrei voluto prenderlo a calci.

-Salve.- Fece con finta nonchalance.

-Lorenzo, ciao.- Mio padre strabuzzò gli occhi quasi dubitando della sua stessa vista.

Sperai con tutta me stessa che la mia voce non risultasse isterica, -Mi stava aiutando con matematica. Ripetizioni.- Se avessi visto la scena dall’esterno sarei scoppiata a ridere. Poco credibile, sembravamo proprio due adolescenti colti in fallo.

Mio padre annuì, sempre piuttosto scettico, ma meno confuso, -Capisco.-

Con uno slancio un po’ troppo energico e sospetto, Lore si alzò dalla sedia e si diresse verso di lui, -Beh io allora vado…- Si schiarì la voce e si voltò verso di me per lanciarmi un’occhiata maliziosa che fortunatamente mio padre non vide, -Ci vediamo domani.-

Feci cenno di sì più volte con la testa, come uno di quegli stupidi pupazzetti che annuivano in continuazione non appena toccavi loro il capo.

-Sì, a domani. Ciao.-

Ero pronta a scommettere che Lore avesse già tirato mentalmente un sospiro di sollievo dopo aver superato mio padre, ma il suo -No, aspetta un attimo- lo fece bloccare sul posto con l’aria di un ladro colto in flagrante. Un ladro che aveva appena fatto scattare l’allarme.

Aveva la scritta “sgamato” stampata in fronte quando si girò, -Cosa?- Chiese aspettandosi il peggio.

Mio padre sorrise, -Perché non ti fermi a cena? Mia moglie si arrabbierebbe se sapesse che avevamo ospiti e che sono stato così maleducato da non invitarti.-

Oh, mio padre era così tenero! Mi sentivo in colpa a mentirgli su Lore, avrei voluto essere fin da subito onesta con lui e dirgli la verità su tutto, ma quello non mi sembrava proprio il momento più adatto.

Mi sfregai le mani tesa, mentre aspettavo che Lore rispondesse. Non mi sarebbe dispiaciuto che accettasse, onestamente. Mi sarebbe piaciuto restare ancora un po’ con lui, vederlo seduto a tavola con noi, guardarlo mentre parlava con mio padre e mia madre.

No, correzione, mi ritrovai a desiderare ardentemente che accettasse.

-No, grazie, ho già un impegno stasera.-

Un impegno? Contenni un’occhiata raggelante e sospettosa. E con chi? Perché non ne sapevo niente? Non mi aveva detto nulla…

-Va bene, sarà per un’altra volta.- Mio padre gli diede un colpetto amichevole sulla spalla che mi fece stringere lo stomaco in una morsa. Lo avrebbe colpito così pacificamente anche se avesse saputo che era il mio ragazzo? Ne dubitavo.

Forzai un altro sorriso ed alzai la mano per salutarlo, mentre dentro venivo corrosa dalla gelosia e dalla curiosità al pensiero del suo “impegno”.

 

 

 

*Note dell’autrice*

 

Ci sono parecchie cose da dire prima delle solite scuse per il ritardo e tutto il resto e vi prego di leggere.

La prima è che quasi sicuramente cambierò il nome alla storia (questo è proprio orrendo xD) e, forse, anche il mio nick – che non ho ancora deciso.

Quindi se trovate nomi sconosciuti/orrendi tra i preferiti/seguiti/da ricordare… ebbene sì, probabilmente sarò io.

La seconda riguarda la scena a rating un po’… tanto arancione tra i due.

Il regolamento di EFP cita: Arancione = adatto a storie in cui sono trattate tematiche sessuali o violente, laddove però le descrizioni delle scene ad esse riferite non si soffermino sui particolari.

Premetto che ho cercato di rileggere e modificare non so quante volte e di togliere particolari, alcuni termini usati precedentemente e pezzi troppo espliciti. Se la scena dovesse comunque risultare troppo forte per voi, vi prego di avvisarmi e provvederò subito a modificarla.

Sono un po’ arrugginita poi, quindi sicuramente non sarà venuta fuori un granché, ma…ci ho provato, ecco XD

Come vedete tutto il capitolo è incentrato su Lore e Ali. Nello scorso Lore non si è quasi visto, in questo direi che si è visto anche troppo :P

Purtroppo non sono riuscita ad aggiungere il suo pov, non ci è stato. Avrei dovuto aggiungerlo dopo l’ultima scena con il padre di Ali, invece, ho deciso di metterlo all’inizio del prossimo. Ventidue pagine di capitolo sono abbastanza, sono sicura che finiranno con l’annoiarvi XD

Poi… riguardo Lore e Ali come coppia, ribadisco che sono un disastro totale! Lei vuole l’appuntamento, lui ovviamente le chiede di andare alla festa del suo amico – è stato comunque carino a modo suo, no? Non dimentichiamoci che parliamo di Lore.

E lei è gelosa. Non sapere cosa fa lui le dà parecchio fastidio e lui non ne parla, non la coinvolge più di tanto.

Se non altro ora hanno più o meno chiarito alcune cose nella prima parte… ma per due cose che si chiariscono, ci sono altre incomprensioni e casini dietro l’angolo. Come sono sadica, eh? xD

Mi dispiace infinitamente per il ritardo e mi dispiace per il pov di Lore.

Ogni volta giuro che non ci metterò tanto ad aggiornare e ogni volta vi deludo. Nonostante faccia davvero l’impossibile per non farvi aspettare troppo.

Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo, spero ne sia valsa la pena.

Vi ringrazio per il calore che mi dimostrate sempre, per tutte le letture, i preferiti, i messaggi, le recensioni. Ve ne sono infinitamente grata, paranoica ed insicura come sono penserei che la storia sia pietosa se non ci foste voi. (Anche se è nella mia natura di rompiballe pensarlo comunque xD)

Ho già iniziato a rispondere ai vostri commenti e man mano andrò avanti stasera e nei prossimi giorni :)

Credo di aver detto tutto… vi lascio con il link al mio gruppo spoiler nel caso voleste avere anticipazioni sul prossimo capitolo, accetto tutti senza chiedere il nick!

 

   
 
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