Ricompaio dopo questo
vergognoso ritardo con un capitolo che probabilmente non sarà come lo
aspettavate, ma non potevo più farvi aspettare, non dopo che è passato più di
un anno. Vi ricordo brevemente cosa è successo nello scorso capitolo, nel caso
in cui – comprensibilmente – ve lo siate dimenticato.
Lore e Ali si sono
chiariti (più o meno; lei continua a sentirsi “trascurata” da lui e lui
continua ad essere geloso marcio di Teo e a “trascurarla”) e si sono accoppiati
come due conigli in calore – yahoooo. Lui poi da bravo deficiente ha rifiutato
l’invito del padre di Ali di restare per cena perché “aveva da fare” e le ha
chiesto di uscire il sabato seguente per andare alla festa di un suo amico. Lei
che sperava in un appuntamento romantico ci è rimasta di cacca ma ha accettato
comunque. Fine del bellissimo riassunto. Vi lascio al capitolo sperando che non
vi faccia troppo schifo… buona lettura! (: E grazie di essere qui.
Lorenzo.
-Le
hai chiesto di venire con te alla festa di Ricky? Di sabato sera? Ma sei
idiota?!-
Il tono di Lele era incredulo, gli occhi e la
bocca spalancati, sembrava persino più deficiente del solito.
-State insieme da due settimane!- Mi sbraitò
contro, gesticolando come una persona con degli evidenti disturbi mentali.
Mi passai una mano fra i capelli e feci una
smorfia infastidito; che cazzo di bisogno c'era di gridare come una fottuta
ragazza in sindrome premestruale?
-Lo so da solo, quindi?-
Forse aveva ragione. Due settimane erano poche,
non era stata una buona idea dirle di venire con me alla festa di un mio amico,
troppo... impegnativo.
Poi forse avrebbe iniziato a pretendere di uscire sempre con me ed i miei amici, cosa che poteva pure scordarsi.
Cazzo, avrei dovuto pensarci prima.
-Non ti passa in mente l'idea che lei possa voler
stare da sola con te? Che possa aspettarsi un appuntamento romantico? Il vostro
PRIMO appuntamento?-
Aggrottai
la fronte e mi voltai a guardarlo contrariato. Primo appuntamento? Ma che
stronzate di libri per ragazze si leggeva?
-Siamo già stati da
soli. Ieri pomeriggio. E posso affermare con una certa sicurezza che le sia
piaciuto- Ribattei con una non indifferente dose di compiacimento.
Quello che diceva
Lele non aveva senso, come sempre. Lei sapeva benissimo che non ero tipo da
uscite a due a lume di candela – solo il pensiero mi faceva morire dalle risate
–, non poteva davvero aspettarsi un appuntamento romantico. Di sabato sera poi.
Come se buttassi al cesso così una serata per annoiarmi a guardare una
puttanata di film svenevole al cinema.
Lele si tolse gli
occhiali per pulirli con la maglietta e mi osservò – per quanto riuscisse a
vedermi senza lenti – con un cipiglio serio sul volto. -Non è la stessa cosa e
lo sai anche tu. A volte mi sembra di parlare con un bambino.-
Schioccai la lingua e
sbuffai. Sì, lo sapevo che per una ragazza non era la stessa cosa e
sinceramente non ne capivo proprio il motivo. Eravamo stati bene il pomeriggio
prima a casa sua, che bisogno c’era di uscire solo noi due da soli? Il sabato
sera era sacro e l’ultima cosa che volevo fare era mettere da parte gli amici e
trasformarlo nel giorno dedicato alla mia ragazza. Per quello c’erano i
pomeriggi in settimana, e che cazzo!
-Lore, mi stai
ascoltando?-
-Figa, che rompicoglioni
sei?!- Mi stravaccai meglio sul suo divano e alzai gli occhi al cielo. -Ma
neanche mia madre oh.-
Aveva seriamente
bisogno di trovarsi una ragazza che lo facesse scopare di più. Sempre che con
quella vegetariana facesse qualcosa al di fuori dell’andare alle fiere canine.
-Terrò sicuramente
conto delle tue cazzate, ora possiamo parlare d’altro?-
Ero ancora un po’
rincoglionito per via della sera prima, rientrare alle due del mattino mezzo
ubriaco non era stata una buona idea, tanto per cambiare. Non avevo nemmeno
potuto bigiare quella mattina, Alice mi aveva rotto le scatole peggio del mio
amico per ricordarmi che non potevo saltare la verifica di Storia e che, se lo
avessi fatto, non avrei più potuto recuperarla. Proprio quando stavo per
risponderle che quella materia inutile e la sua prof di minchia potevano pure
andare a farsi fottere per quanto mi importava, la sopraccitata prof di minchia
ci era passata davanti tutta sorridente per dirci “Buongiorno ragazzi! Pronti
per la verifica di oggi?”. Per un cazzo.
Avevo scritto quello
che ricordavo delle lezioni precedenti e scopiazzato da Lele il resto. Forse
potevo evitare di essere così stronzo con il mio amico, visto che, se non fosse
stato per lui, sicuramente il compito sarebbe andato molto peggio. Naaa, troppo
sbatti essere gentile.
Lui s’incupì. -Okay.
Che avete fatto ieri sera al Lime?-
La discoteca Lime
Light era praticamente il paradiso per Andre, dal momento che si poteva fumare
sulla pista da ballo senza che nessuno dicesse niente. Ultimamente avevamo
preso l’abitudine di andare sempre lì.
Scrollai le spalle. -Se
fossi venuto l’avresti saputo.- Lele e le sue tristi serate in pantofole, mai
una volta che usciva con noi in settimana.
-C’era anche
-Ovvio che c’era, sta
sempre attaccata al culo della Kar.- Mi allungai sul tavolino di fronte a me e
presi il telecomando della tv.
-Più che al suo direi
al tuo.- Insinuò, spingendosi meglio gli occhiali sul naso.
In effetti aveva
ragione, Anna mi si era incollata addosso come una cozza da tempo ormai.
Iniziai a fare
distrattamente zapping, in cerca dei canali del calcio. -Vero. L’ho cagata una
volta l’anno scorso e ora non mi si stacca più di dosso.- Ricordavo vagamente
la festa di compleanno di Bìa, ma ricordavo molto bene di aver bevuto e di aver
lasciato che Anna facesse un discreto lavoretto di bocca. Non l’avessi mai
fatto; se prima era appiccicosa, negli ultimi mesi lo era diventata ancora di
più, forse sperando di diventare la mia ragazza.
Lele annuì
pensieroso. -Ma lo sa che stai con Ali adesso?-
Feci una smorfia
quando beccai la replica della partita Inter-Juventus che avevamo miseramente
perso il giorno prima. -Ma va, ci parlo il meno possibile.-
-Oh, lascia- Protestò
quando provai a cambiare canale. Non si poteva dire che non fossimo un gruppo
di amici ben assortito; io interista, Andre milanista e Lele juventino.
-Comunque,- Cercò di
riprendere il filo del discorso, sforzandosi visibilmente di non fare commenti
sulla disfatta della mia squadra, -L’hai detto ad Ali?-
Mi voltai a guardarlo
stranito. -Detto cosa?- Allarmato, frugai nella mia mente in cerca di una
possibile risposta. Che avevo fatto? Merda, magari qualche cazzata che non
ricordavo…
-Beh che esci in
gruppo con Anna. E che è successo qualcosa con lei.- Mi disse in tono ovvio.
Mi rilassai nel
comodo schienale in pelle – chissà che avrebbe detto la sua ragazza animalista
se lo avesse visto –; quanto non lo sopportavo quando tirava fuori
quell’espressione da professore del cazzo. E quando mi faceva venire dei mezzi
infarti.
-Perché dovrei?
Dovrei dirle anche di Karolina allora. Di Bìa. Delle due tizie di capodanno.
Che faccio, mi metto a fare una lista? Sono cose irrilevanti.-
Non aveva senso
mettersi a parlare di ogni tizia con cui ero stato. Chiacchiere inutili, spreco
di tempo. Meglio impiegarlo per scopare.
-E che mi dici di Erika?-
Scandì bene e lentamente quel nome, come se stesse parlando con un idiota, le sopracciglia
arcuate e una ruga in mezzo alla fronte. -Non le dirai nemmeno di lei?-
-Chi?- Feci
sarcastico. Seriamente, se non l’avesse nominata lui non l’avrei nemmeno
ricordata.
-Oh andiamo! È stata
la ragazza più seria che hai avuto.-
-Minchia davvero,
siamo stati insieme ben tre mesi. Non
riesco più ad immaginare la mia vita senza di lei.- Alzai gli occhi al cielo
divertito e portai le mani dietro la testa per stare più comodo.
-Piantala di fare il
cretino. Sei stato costretto a lasciarla, magari a quest’ora stareste ancora
insieme se le cose fossero andate diversamente.- Mi fece presente vagamente
stizzito, dandomi un calcio sul polpaccio quando poggiai le scarpe sul tavolino
da caffè in vetro di fronte a me.
Piegai la testa
indietro e risi, senza muovere di un millimetro i piedi. -Ma figurati! Mi stava
già stufando, ho solo trovato la scusa perfetta per mollarla.-
Erika era poco
appiccicosa, divertente, appassionata di calcio ed estremamente scopabile: in
altre parole la donna perfetta. Non ne ero innamorato però. Non lo ero mai
stato prima di… quella nanerottola irritante.
Che cazzo, da dove
uscivano quei pensieri sdolcinati? Meglio concentrarsi su altro. -Ma con ‘sto
abbonamento hai anche i canali porno?-
-Non cambiare
discorso. Comunque no.- Precisò, tentando di darsi inutilmente un certo
contegno.
-Che fregatura-
Commentai annoiato.
-Ah-ah- Sbuffò
scocciato, -Allora? Mi rispondi?-
Sospirai. Un paio di
tiri di sigaretta non mi sarebbero dispiaciuti in quel momento. -Te l’ho detto.
Non era importante. E no, non lo dirò ad Alice se non sarà lei a chiedermelo.-
L’idea di parlare con
la mia attuale ragazza della mia ex non mi allettava per niente, Erika era il
passato e non mi aveva influenzato in alcun modo, era stata più una scopamica
come Bìa che altro. L’avevo lasciata per la mia amicizia con Andre; il mio
amico stava con la sua migliore amica Stefania e, quando l’aveva lasciata, ci
aveva rimesso quasi la vita per quella stronza. Erika aveva difeso a spada
tratta quella pazza dell’amica e così avevo trovato solo un ulteriore pretesto
per mettere fine alla nostra storia. Sempre che storia si potesse chiamare.
-E se dovesse
chiedertelo?-
Ecco perché preferivo
passare i pomeriggi fuori con Andre e Giu piuttosto che a parlare con Lele. Con
loro non c’era bisogno di sforzarsi troppo per sostenere una conversazione,
bastavano i grugniti, mentre Lele era esasperante e stancante.
-Ci penserò al momento.
Certo sarebbe masochista, a me non frega un cazzo di sapere quanti prima di me
se la sono scopata. Né voglio saper nulla del suo ex di merda.- Ogni volta che
ripensavo al fatto che quel Matteo fosse stato con lei prima di me mi andava il
sangue al cervello. Era una fortuna per lui che Milano fosse una città
abbastanza grande da impedirmi di incontrarlo in giro, dato che avrei
seriamente potuto considerare l’idea di prenderlo nuovamente a pugni, così,
perché mi andava. Non gliene avevo dati a sufficienza, una volta non mi era
bastata.
-Tu sei tu e non vuoi
saperlo perché li ammazzeresti di botte.-
-Esattamente.-
Scosse la testa, si alzò
in piedi e prese in mano il telefono di casa che aveva iniziato a squillare.
Quando lesse il numero sul display, l’espressione sul suo volto cambiò
completamente. -Ciao Pussola!-
Pussola? E che
minchia di soprannome era? Non osavo immaginare come lo chiamasse lei.
-Shì, sono a casa.-
Mi portai le mani al
viso e alzai gli occhi al cielo, intrecciando poi le dita tra loro a mo’ di
preghiera. Dio Santissimo, il mio amico era imbarazzante da ascoltare. Era
umiliante per un ragazzo ridursi così, mi sentivo davvero male per lui.
-Ma sì, sei sholo mia, Pussolina?-
Ma che cazzo mi
toccava sentire. Non poteva andare in un’altra stanza o parlare a bassa voce
come le persone con un minimo di discrezione? Non si vergognava poi di parlare
come un menomato mentale? Stava peggio di quanto pensassi, il mio amico era un bimbominchia in piena regola. Non che non lo sapessi già, i sintomi
c’erano da anni; su msn si chiamava “LeLuCciO StRoNzEttO”. Ero rimasto
traumatizzato a vita, non sarei più riuscito a rimuovere il ricordo di tutte
quelle stelline messe accanto a quel nickname da deficiente. Decisamente in
contrasto con il secchione so-tutto-io che era.
“Stronzetto” dove,
poi? La bastardata più grossa che doveva aver fatto probabilmente risaliva
all’asilo.
Mentre stavo
valutando l’ipotesi di barrare il nome di Lele dalla mia lista di amici, il mio
possibile ex-amico decise di porre fine a quel supplizio salutandola con un “Shì, ci vediamo stasera. Tanti ‘cini.”
Tanti.Cini. Dai, un
ragazzo che parlava così era seriamente ridicolo! Non c’era un minimo di
dignità in tutto quello!
-Evita di fare
commenti.- Mi puntò l’indice contro e tornò a sedersi sul divano.
La mia faccia già diceva
tutto, la mia espressione era parecchio eloquente.
Sollevai le mani e le
sopracciglia. -Chi ha detto niente? Se non ti senti tu un coglione a parlare
così.-
-No, mi piace parlare
così con la mia ragazza. L’anormale sei tu.-
Annuii
impercettibilmente. -Sicuramente. Il non essere in grado di sostenere una
conversazione brillante come la tua mi creerà dei problemi nella vita.- Il
sarcasmo abbondava nelle mie parole.
-E non fare il
presuntuoso. Dici così perché ti vergogni all’idea di parlare in questo modo con
Alice e non dovresti, è la tua ragazza.- Affermò con sicurezza.
Sì, mi ci vedevo proprio
ad usare quel tono con Alice. Il giorno in cui avrei iniziato a parlare così a
qualsiasi ragazza avrei chiesto ad Andre di porre fine alla mia miserabile
esistenza dandomi un colpo in testa.
Ero un ragazzo, era ovvio che mi vergognassi e che mi
sentissi un cretino al solo pensiero di parlare in quel modo, specie con la mia
ragazza. E la virilità dove andava a finire, al cesso?
Per forza Lele non
aveva mai avuto uno straccio di ragazza prima di Daniela, le tipe finivano col
trovarlo dolce e tenero, aggettivi che portavano inevitabilmente a frasi come “ti
vedo solo come un amico” o “sei come un fratello per me”. Una tragedia.
Di certo a loro non
veniva voglia di farsi sbattere selvaggiamente al muro da uno che diceva “shì,
sei sholo mia”.
Mi schiaffai una mano
in fronte e sospirai. E credeva pure di saperci fare con le ragazze!
-Certo che mi
vergogno, non ho tre anni e non vedo perché dovrei parlare come un coglione,
che sia con la mia ragazza o con chiunque altro non fa differenza. Non userei
quel tono di voce nemmeno con la mia cuginetta che di anni ne ha cinque.- Mi
fermai un attimo a riflettere. -Anzi, scommetto che se le parlassi così mi
risponderebbe “mi prendi per il culo?”-
Forse non avrebbe
proprio usato quelle parole, avendo solo cinque anni, ma si sarebbe ugualmente
indignata. O avrebbe riso di me chiedendomi perché parlassi come un cartone
animato. Era una bambina sveglia, Elisa, una parente di cui andare fieri. Tutta
sua cugino, naturalmente, da qualcuno doveva aver preso l’intelligenza.
-Hai dei parenti
curiosi.- Sostenne stranito.
Annuii pensieroso,
senza replicare. Nemmeno io, ad essere sincero, avrei sopportato che qualcuno
mi si rivolgesse in quel modo. Le ragazze che usavano nomignoli stupidi o che
imitavano la voce di una bambina mi irritavano da morire, sembravano delle
decerebrate.
Fortunatamente Alice
non aveva mai fatto niente di tutto quello; un miracolo visto quanto era
romantica e sdolcinata. A volte lo era anche involontariamente, ma come aveva
detto lei fortunatamente c’ero io a compensare con la mia stronzaggine.
Nascosi un sorriso
dietro alla mano e camuffai il tutto con un colpo di tosse. Avevo ancora un po’
di orgoglio io, a differenza di Lele.
O forse no.
Il cellulare vibrò
proprio in quel momento e lo tirai fuori con una sospettosa fretta. Lo avevo
letteralmente strappato dalla tasca dei jeans, con talmente tanta impazienza da
rischiare di farlo cadere. Merda.
Diedi un’occhiata al
display ed insultai mentalmente me stesso per la mia stupidità e Andre per
avermi scritto. Quello stava sempre o a scopare o a scrivermi, mai una volta
che accendeva un neurone per studiare.
-Fai poco il
superiore, comunque, non sei messo tanto meglio.- Lele storse la bocca in un
sorrisetto indisponente, mentre indicava il mio telefono con il mento. -Chi è, la tua bella?- Sporse il labbro in
fuori per sfottermi.
-Vaffanculo.-
Okay, ero un po’
risentito, inutile negarlo. Sia perché Lele aveva sgamato la mia reazione, sia
perché non era di Alice quel messaggio.
Non mi sarebbe
dispiaciuto sentirla in quel momento. Era assurdo, imbarazzante ed
inspiegabile… eppure avevo voglia di sentire la sua voce. Io.
Avevo sempre odiato
stare al telefono, quando squillava a casa lo tenevo in mano come se fosse una
bomba pronta ad esplodere e lo passavo alla prima sorella nelle immediate
vicinanze, borbottando secco un “rispondi tu. Se è la nonna dille che ho
mangiato e che non sono in casa”.
La cosa più strana
era che mi importava sapere cosa
stesse facendo Alice, probabilmente l’avrei persino ascoltata, magari
rispondendole solo con dei “ah-ah” che le avrebbero fatto credere che non fossi
attento.
Di solito ascoltare
le chiacchiere di una ragazza era in cima alla lista delle mie priorità tanto
quanto dar da mangiare ai criceti di mia sorella (che finivano per crepare
sempre quando lei era in vacanza, pace all’anima loro) o annaffiare le piante
di mia madre (che facevano la stessa fine dei criceti). Forse persino più in
basso.
Mi avevano fatto
piacere le sue parole il giorno prima, non potevo negarlo. Non aveva cagato
neanche di striscio Valenti dopo quanto successo in campo ed era subito corsa
dietro a me. Per gridarmi contro, certo, ma anche per dirmi che avrebbe voluto
sentirmi al telefono quando non ci vedevamo. Ero passato dall’idea iniziale di
fare una scenata per il fatto che mi avesse messo in ridicolo davanti ai miei
amici entrando in quello spogliatoio, alla voglia di saltarle nuovamente
addosso e chiuderle la bocca con la mia, tanto per cambiare. Quando si
arrabbiava era ancora più arrapante, porca merda.
E i messaggi stuzzicanti
che mi aveva mandato il pomeriggio… Deglutii a vuoto e mi tirai con nonchalance
il colletto della maglietta sentendo improvvisamente caldo. Non ero davvero
messo meglio di Lele. Ma almeno avevo ancora una certa reputazione, un minimo
di facciata.
-Eh Lore. Puoi
negarlo quanto vuoi, ma siamo entrambi fottuti. Noi- fece una pausa enfatica e
il suo sorriso si accentuò, -ma anche Andre.-
Rimisi il cellulare
al suo posto e ghignai, felice di cambiare il soggetto del discorso. -Andre è
quello messo peggio.- Il che era preoccupante e un bene al tempo stesso.
-Speriamo non si
metta di nuovo nei casini. Non se le sceglie bene le tipe a cui interessarsi.-
Decisamente no,
Stefania ne era la prova. -Quell’Angelica mi sembra a posto.- Feci spallucce.
Se fosse stata una pazza, Alice lo avrebbe sicuramente detto.
-Se sta uscendo con
Andre qualche rotella fuori posto deve averla per forza.- Ridacchiò.
Meditai per un attimo
sulle sue parole, le braccia incrociate al petto e le scarpe ancora – per la
sua gioia – sul tavolino.
Se Angelica avesse
mostrato anche solo per un secondo di essere gelosa… Andre si sarebbe
sicuramente allontanato. O forse no, visto quanto sembrava preso da lei. Ma
lei? Difficile dirlo, non la conoscevo affatto.
-Birra e partita alla
Play?- Proposi, dopo aver deciso che per oggi avevo fatto funzionare anche
troppo il cervello per i miei gusti. Avevo bisogno di fotterlo un po’ giocando
alla Play.
-Ci sta.-
Per una birra e una
partita alla Play avrei anche potuto decidere di perdonargli la conversazione
di poco prima.
Alice.
Ero fottuta. Sul
serio, ero fottuta. La mia carriera scolastica stava andando a farsi benedire,
la mia media dei voti si sarebbe inevitabilmente abbassata, era la fine di
tutto.
La verifica di Storia
di quella mattina era stata un totale disastro, e tutto perché il pomeriggio
precedente, invece di ricordarmi di ripassare, mi ero lasciata distrarre dal
mio ragazzo. Io! Come avevo potuto permettere che succedesse?
Solo quando Lore se
n’era andato da casa mia mi ero ricordata di quel maledetto compito il giorno
dopo. E non ero nemmeno riuscita a concentrarmi troppo mentre leggevo, in testa
avevo il pensiero di quel deficiente che se ne usciva con gli amici a fare il
cretino e a bere. Lui e il suo cavolo di “impegno”!
Lo avevo praticamente
obbligato ad entrare in classe quella mattina. Voleva bigiare, il signorino, ma
poteva pure scordarselo! Se prendevo un voto del cavolo io, lo avrebbe preso
anche lui e giustizia sarebbe stata fatta. Di sicuro non aveva ripassato nulla.
Ciò non cambiava comunque le cose: la verifica era andata male. E io ero
fottuta.
Appoggiai il gomito
sulla scrivania e il mento sul palmo della mano, lasciandomi andare ad un
sonoro sbuffo. Eppure… non avrei rinunciato al ricordo del pomeriggio
precedente nemmeno per un dieci in Storia. Il modo in cui avevamo fatto
l’amore, il modo in cui lui mi aveva guardata… arrossii come una deficiente e
mi arruffai i capelli mugolando disperata.
Perché dovevano
andare così le cose? Una brava, intelligente e bella ragazza come me cercava di
andare bene a scuola e all’improvviso arrivava il deficiente di turno che mandava
a quel paese tutti i buoni propositi di studio. E i bei voti.
Presi il cellulare e
scrissi veloce un messaggio, un broncio da bambina sul volto.
Ti odio.
Accesi il pc e mi
connessi su facebook, giusto per distrarmi nell’attesa di una risposta. Di
tanto in tanto sbloccavo la tastiera solo per vedere se mi ero persa un suo
messaggio. Come mi ero ridotta. E quanto ero patetica.
Quando il cellulare
vibrò, una decina di minuti dopo, lessi le parole sullo schermo con il cuore in
gola.
Tanto per cambiare insomma. C’è almeno un motivo sensato
stavolta?
Le mani sudate, il
battito accelerato, un sorriso da cretina sulla faccia. Oh, perché non poteva
essermi indifferente? Perché doveva farmi quell’effetto ogni volta?
Avrei voluto
rispondergli “Sì, c’è un motivo. Ti odio perché mi manchi di già”, ma non ero
troppo sicura che avrebbe apprezzato, conoscendolo. Niente messaggi sdolcinati,
dovevo contenermi. E poi, tecnicamente, ero arrabbiata.
Sì che c’è, come sempre naturalmente. Non sono
riuscita a studiare quasi niente di storia ieri per colpa tua.
Iniziai a mangiarmi
le unghie e a ticchettare con le dita dell’altra mano sulla superficie liscia
della scrivania. Quella mattina ero troppo nervosa per via della verifica per
fargli capire che ce l’avevo con lui, ma potevo sempre rifarmi in quel momento.
Oltretutto avevo voglia di sentirlo, quella era un’ottima scusa per farlo.
Non mi sembrava che ti dispiacesse troppo…
Avvertii
un’imbarazzante sensazione di calore nello stomaco al ricordo. La mia risposta
fu facile e veloce da scrivere.
Stronzo.
Ci avevo preso gusto
ormai a scriverlo, il t9 ce l’aveva salvato in automatico. E dire che prima di
iniziare a messaggiare con lui non lo usavo quasi mai.
Sei poco originale con gli insulti.
Sbuffai e riportai lo
sguardo sullo schermo del pc, sul suo profilo facebook. Non aveva più la foto
con quella Bìa in braccio, ma una foto in cui fumava di profilo. Era
chiaramente sera ed era in strada, illuminato da un lampione che metteva in
risalto i suoi lineamenti ed il fumo bianco davanti al suo viso.
Porco cavolo, come
faceva ad essere così… così? Così
maledettamente figo?
Ed è mio.
Non mi sforzai di
trattenere un largo sorriso inquietante a quel pensiero.
Non lo avevo ancora
aggiunto agli amici, ma stavo morendo dalla curiosità di sbirciare le sue foto
e i suoi stati, quindi abbandonai l’orgoglio e cliccai sul tasto “aggiungi agli
amici”. Per il suo bene gli conveniva accettarmi. O forse non gli andava di
avermi tra i contatti perché non voleva che lo controllassi?
Non riesco a trovare un insulto più azzeccato.
Accettami su facebook
Mi stava persino
passando la rabbia, porca miseria. Non riuscivo quasi mai a restare arrabbiata
per molto con lui.
Mi morsi il labbro
inferiore incerta quando mi arrivò la sua risposta.
Perché dovrei?
Sapevo che stava
scherzando e che mi stava provocando, ma per un attimo il dubbio che non
volesse davvero accettarmi mi sfiorò la mente.
Facebook: la
distruzione dei rapporti. Quel social network sarebbe stato la mia rovina.
Perché voglio pubblicarti tanti cuori in bacheca,
no? :D Scemo. Accettami e basta, dai.
Rilessi il messaggio
dopo averlo inviato e, deglutendo accaldata, mi accorsi del fatto che sarebbe
potuto benissimo essere fraintendibile. Magari avrebbe davvero creduto che
volevo mettermi a fare la fidanzatina appiccicosa che gli piazzava i cuori in
bacheca.
Meglio precisare, non
si sapeva mai:
Nel caso non l’avessi capito, stavo scherzando
per la storia dei cuori.
Alzai lo sguardo
sullo schermo del pc e la notifica “Lorenzo Latini ha accettato la tua
richiesta di amicizia” apparve in quel momento.
Grazie al cielo.
Sarebbe stato imbarazzante essere rifiutata su facebook dal proprio ragazzo. E
avrei inevitabilmente pensato che avesse qualcosa da nascondere, tipo uno stato
“impegnato” con Tizia, Caia o Sempronia.
Cazzo e io che ci speravo. Sei una stronza Puccio.
Ridacchiai come una
povera deficiente con degli evidenti problemi mentali. Perché sorridevo e avevo
il battito del cuore a mille? Il mio ragazzo mi aveva appena dato della
stronza, non era molto lusinghiero. Eppure tra di noi sembrava un modo quasi
affettuoso di chiamarci.
Bella roba, tu insulti lui e lui insulta te, una
storia d’amore epica.
Mi sfuggì un
gridolino scemo, mentre mi buttavo sul letto a pancia in su. Nemmeno la mia
parte più acida poteva smontarmi in quel momento.
Mi dispiace di averti illuso :(
Qualcuno avrebbe
seriamente dovuto aiutarmi a rinsavire. Dovevo rimettermi a cercare la mia
sanità mentale, la mia dignità, la mia concentrazione, la mia responsabilità,
la mia voglia di studiare.
Dovrai farti perdonare…
Oddio. Perché il mio
cervello era partito in quarta con pensieri tutt’altro che casti? Merda.
Mi rialzai e tornai
al pc, poiché stare sdraiata sul letto dove il pomeriggio prima ci eravamo dati
alla pazza gioia non aiutava a farmi ragionare lucidamente.
Vedremo.
Decisi di restare sul
vago, non avevo ancora del tutto deciso di perdonarlo per avermi distratta dallo
studio il pomeriggio precedente. E non avevo ancora imparato a flirtare in modo
decente.
Tornai sul suo
profilo facebook e cliccai sul mouse per far scorrere le sue foto, trattenendo
il ridicolo impulso di salvarle sul pc o di metterle sul cellulare.
Beh, una potevo anche
salvarla magari… e metterla come sfondo del telefono. Non avevo nessuna sua
foto e non era affatto giusto.
Scossi la testa. No,
pessima idea: sarei morta di vergogna se lui si fosse accorto del fatto che
tenevo una sua foto come sfondo. Avrei raggiunto un livello di pateticità
estremo e, se possibile, preferivo tenermi su livelli più bassi.
Guardai tutte le sue
foto profilo con un sorriso idiota in faccia, le unghie in bocca da
mangiucchiare e le guance accaldate. Se mi fossi vista dall’esterno mi sarei
vergognata: sembravo una bimbetta scema. O una psicopatica. Pazienza. Nessuno
avrebbe mai saputo quanto ero assurda.
Il sorriso morì di
colpo sulle mie labbra quando arrivai alla successiva foto. Lore era seduto su
quello che mi sembrava il divanetto di una discoteca e aveva una ragazza mora
sulle sue ginocchia, praticamente stravaccatagli addosso.
E mo’ questa chi diavolo è?
Lui era venuto
indubbiamente bene, era schifosamente fotogenico, anche se aveva la solita aria
scazzata. Aveva il mento sulla spalla di lei e le mani sulla sua pancia; il
solo vederle mi fece venire la nausea. Cos’era, un gesto possessivo?
Affettuoso?
Lei era venuta male,
invece, cosa di cui ero decisamente contenta. Era appoggiata a Lore con la
testa e aveva allungato un braccio all’indietro per passarlo dietro al suo
collo. Era una foto della fine del dicembre 2008, ergo più di un anno prima. Io
ero finita nella classe di Lore nel settembre 2009, quindi era un sollievo
sapere che non l’avesse frequentata nel periodo in cui aveva iniziato a stare
con me.
Lessi svelta i
commenti, tutti complimenti per la foto, e mi soffermai in particolare su
quello di una certa Erika Roncato.
“Sembro una drogata”,
diceva con tanto di faccina a bocca aperta accanto. Sì, lo sembrava.
Io ero molto più
carina, onestamente parlando. E avevo anche più stile, mi vestivo molto meglio.
Comunque quello era nulla in confronto all’irritazione che mi causava il commento
appena sotto, quello di Stefania Bassetti:
“Che belli siete?
<
Della sabbia in un
occhio mi avrebbe seriamente dato meno fastidio. Non erano belli per niente
insieme, stonavano alla grande.
Ad ogni modo quel
commento poteva voler dire solo una cosa: erano stati insieme. Per quanto
tempo? Perché si erano lasciati e quando?
Oltretutto quello
stronzo aveva messo un’immagine del profilo con quella, come minimo ne esigevo una anche con me.
Avvertii un forte
senso di calore e fastidio alla bocca dello stomaco, molto diverso da quello
provato prima. Era sciocco essere arrabbiata per una ex, era acqua passata e
dovevo immaginare che non fossi la sua prima ragazza. Restava il fatto che
sentivo di odiare con tutta me stessa quella tizia, la trovavo una stronza, una
troia della peggior specie, pur non avendoci mai parlato.
Non sei giusta Alice, non ti ha fatto nulla. Sii
obiettiva e pensa razionalmente.
Giusto. Ero
intelligente e razionale, ero un essere umano in grado di pensare, non ero una scimmia senza cervello come Vergata. Non aveva
senso odiare una ragazza che non sapeva nemmeno che esistessi.
Decisi di chiudere
facebook e di guardarmi un po’ di televisione, notare tutti i commenti e i “mi
piace” che lasciavano ragazze a me sconosciute sulla sua bacheca non mi aiutava
a far scemare il fastidio.
Tuttavia, anche
mentre guardavo un film sdolcinato, non potevo fare a meno di chiedermi quante
ragazze avesse avuto prima di me. C’erano state altre ragazze serie? Anche a
loro aveva detto di essere “fottutamente innamorato”? Dopotutto sarebbe stato
sciocco credere di essere l’unica “speciale”.
Io, prima di Lore,
non potevo vantare chissà quante altre esperienze. Avevo avuto un fidanzatino
alle elementari, mi ero presa una cotta per un certo Francesco in prima media e
poi mi ero innamorata di Matteo in seconda. Ero stata solo con lui, un continuo
tira e molla fino alla terza superiore.
Che cavolo, in
diciotto anni di vita con quante ragazze poteva essere stato? Era
matematicamente impossibile che fossero così tante, avrebbe dovuto iniziare a
frequentarne quando ancora beveva dal biberon e portava il pannolino!
Alzai un dito senza
nemmeno rendermene pienamente conto: Bìa – alzai il secondo –, quella Erika –
alzai il medio – e quella Elisabetta. Almeno tre erano sicure.
Per avere notizie su
quelle o su altre sapevo a chi chiedere.
La campanella
dell’intervallo suonò, ed io mi fiondai ad inseguire il mio obiettivo fino al
cortile, benché si fosse riempito di fumatori come sempre. Difficile vedere la
sua faccia, vista la nuvola bianca di fumo in cui eravamo avvolte.
-Ti prego, ti prego,
ti prego!- Congiunsi le mani e sporsi il labbro nel tentativo di impietosire la
mia interlocutrice. Di solito ero brava con le suppliche, ma Mel era un osso
duro.
Melanie sbuffò e alzò
gli occhi al cielo. -Ma perché non lo chiedi a lui, scusa?- Si accese un’altra sigaretta
senza badare alla mia smorfia. Non sopportavo l’odore del fumo, se c’era una
cosa che odiavo era sentirlo sui miei vestiti e capelli. Lore era una cavolo di
eccezione, tanto per cambiare, lui mi avrebbe fatto sesso anche se puzzava di
fumo o di sudore dopo aver giocato a calcio. Questo particolare evidenziava
ulteriormente il mio disperato stato mentale.
-Scordatelo. Ti pare
che gli chieda delle sue ex? Mi scoccia. E mi vergogno.- Lui a quel punto
avrebbe potuto chiedermi dei miei e sarebbe stato mortificante dire che c’era
stato solo Matteo. -E poi non deve capire che sono gelosa. Voglio sembrare
indifferente e completamente a mio agio, sicura di me stessa e non paranoica. Allora?-
Sollecitai impaziente.
Sospirò sconfitta e
diede un calcetto ad un sassolino con la punta della scarpa. -Che cosa vuoi
sapere?-
La fissai con aria
seria e grave, quasi le stessi per comunicare che le restavano soltanto pochi
giorni di vita. -Erika Roncato.- Quel nome gravò su di noi come una spada di
Damocle e l’aria si fece più tesa di quanto già non fosse.
Lei spalancò la bocca
e la richiuse. Poi la riaprì. Una reazione incoraggiante.
-È una storia lunga,
Ali. Che non credo tu voglia sapere proprio in questo momento.-
-Certo che…-
Interruppi la mia risposta quando mi indicò qualcosa alle mie spalle con un
cenno della testa. Mi voltai e vidi Lore, Marchesi e Vergata non troppo
distanti da noi, intenti a fumare e a parlare vicino ad una delle finestre del
Natta, il liceo accanto al nostro.
Avrei anche potuto
ignorarli e tornare a guardare Mel per riprendere la conversazione, se non mi
fossi accorta di un piccolo, insignificante, ma tremendamente irritante
dettaglio: c’erano delle ragazze affacciate alla finestra sopra di loro. Almeno
una decina, tutte accalcate contro il vetro come degli animali in gabbia. Più
che ragazze le avrei chiamate ragazzine, visto che non dovevano avere più di
quindici anni. Cercavano in tutti i modi di attirare l’attenzione del mio ragazzo e degli altri due,
spintonandosi tra di loro per farsi spazio.
Strabuzzai gli occhi
incredula quando una ebbe il coraggio di appiccicare un foglio al vetro, con
scritto a caratteri cubitali la parola “stupratemi”. Un’altra, con un pelo in
più di dignità, si limitò ad attaccare un altro foglio con scritto il suo nome
ed il suo numero di telefono. Santo Dio, quelle erano davvero le ragazze delle
nuove generazioni?
Né Lore – per il suo
bene –, né Vergata, né Marchesi si degnarono di guardarle grazie al cielo, sebbene
si fossero accorti di aver suscitato un certo interesse dall’altra parte del
vetro. La risata che stava trattenendo Vergata mentre continuava a
chiacchierare e a fumare con nonchalance ne era la prova.
Una bimba più
coraggiosa delle altre aprì la finestra per sporgersi e gridare, con mio
immenso imbarazzo, “complimenti alla mamma!”. Ero abbastanza certa, tra
l’altro, del fatto che la stronzetta si stesse rivolgendo a Lore, poiché stava
puntando lui con lo sguardo.
I tentativi di
Vergata di non ridere andarono a farsi benedire, mentre Lore sembrava essere un
misto tra il divertito e l’irritato.
Mi sforzai di
mantenere la calma, dal momento che non potevo di certo essere gelosa di un
gruppo di ragazzine senza un briciolo di cervello e amor proprio. Inoltre erano
state bellamente ignorat… un momento. Vergata ghignò in un modo che non mi
piacque per nulla e si diresse a passo lento e studiato verso di loro. Quelle
iniziarono subito a starnazzare quasi avessero avuto Brad Pitt, Johnny Depp o
chi altri sotto la finestra.
Dopo un primo momento
di incertezza, Lore e Marchesi scrollarono le spalle e lo imitarono, tenendosi
comunque a debita distanza dalle piccole psicopatiche.
-Non vai a marcare il
territorio?- Mi chiese Mel dandomi un leggero colpetto sul braccio per
richiamare la mia attenzione.
-Perché dovrei?-
Dissi tra i denti, osservando come quei tre avevano iniziato a parlare con
quelle tizie. Qualcosa mi diceva che le stessero prendendo in giro fingendosi
interessati a loro, restava il fatto che mi stava dando un fastidio tremendo
vederle mentre ci provavano con Lore. Non ero tanto diversa da lui, tutto
sommato. L’unica differenza era che lui la sua dannata gelosia la mostrava
senza problemi, io non ne ero capace. Non ero tipo da fare sceneggiate, ero il
tipo che gli avrebbe messo il muso e non gli avrebbe rivolto la parola per
almeno un giorno.
-Torniamo in classe?-
La implorai con impazienza, staccando a fatica lo sguardo dalla biondina che
aveva riso e sbattuto le ciglia al mio ragazzo. -Così continuiamo il discorso
di prima.- Il discorso su quella Erika-come-cavolo-si-chiamava, che ora non mi
pareva più così interessante rispetto al resto. Non avrei mai dato a quello
stronzo la soddisfazione di vedermi gelosa, non avrei fatto la fidanzatina
possessiva che lo andava a prendere per i capelli e gli impediva di parlare con
le altre ragazze.
Dopo un attimo di
perplessità, Mel annuì comprensiva e buttò a terra la sigaretta per spegnerla. -Andiamo.-
Mentre cercavo di
ripetermi che non dovevo arrabbiarmi per quello che avevo visto, digrignai i
denti e mi sforzai di ascoltare le successive parole della mia amica.
Non ero abituata ad
essere così gelosa di un ragazzo, mi
era capitato di esserlo solo delle mie amiche, quando magari facevano nuove
amicizie. Avevo sempre avuto la tendenza ad attaccarmi molto alle persone a cui
volevo bene e ad ingelosirmi nel momento in cui qualcuno ‘minacciava’ di
portarmele via.
-Dunque… all’inizio
della terza Andre stava con una ragazza, Stefania.-
Mi voltai a guardare
Mel perplessa, senza capire cosa c’entrasse quello con Lore e la sua ex
ragazza. La lasciai proseguire senza fare domande, ricordandomi improvvisamente
di quel commento che tanto mi aveva irritata su facebook, scritto proprio da
una certa Stefania.
-E visto che Erika,
la migliore amica di Stefania, era carina e single, Andre ha deciso di
presentarla a Lore.- Si sedette sul calorifero in corridoio, gettando una
rapida occhiata all’orologio analogico del suo cellulare.
-Era qualcosa di
serio?- Non riuscii a trattenermi, chiederlo fu più forte di me. Ebbi una paura
tremenda della risposta, non avevo la certezza che Lore non si fosse innamorato
seriamente altre volte prima di me.
Mel mi lanciò di
sottecchi un’occhiata divertita. -Ho appena iniziato, le domande alla fine.-
Ridacchiò e sospirò. -Comunque no, non lo era. Né per Andre, né per Lore.-
Sentire uscire dalla
sua bocca quelle parole mi fece affrontare il resto della storia con uno
spirito diverso, decisamente più ottimista e rilassato. Se avessi scoperto che
quella Erika fosse stata in qualche modo importante per Lore… l’avrei presa
sicuramente male.
Mel tirò su una gamba
e poggiò la caviglia sopra il ginocchio dell’altra, giocando distrattamente con
i lacci delle scarpe. -Infatti, dopo appena due mesi Andre si è scocciato e ha
lasciato Stefania.- Attorcigliò un laccio con un dito ed increspò le labbra.
-Lei era molto presa e non ha reagito bene.-
Ahia. A giudicare
dalla sua espressione le cose non erano andate molto bene.
Probabilmente c’era
stato un brutto litigio tra i due e Lore doveva aver preso le parti di Vergata,
mentre Erika della sua amica. Tutto tornava.
-Stefania non è
proprio riuscita a farsene una ragione, ha iniziato a perseguitarlo, a chiamare
a casa sua anche ad orari improponibili, a tempestare di messaggi lui, Lore e
Lele per sapere dove fosse o cosa facesse, a seguirlo, a minacciare le ragazze
con cui parlava…- Mel s’interruppe e non fu necessario che lo disse
esplicitamente a voce, intuii subito che anche lei doveva esser stata
infastidita da quella tizia.
-Gli scriveva anche messaggi
piuttosto preoccupanti, del tipo “ti rovinerò la vita” o “me la pagherai”.-
Porca miseria. Mi
sedetti accanto a lei, sempre più inquietata da quanto stavo ascoltando. Quella
tizia era una mezza pazza insomma, con chi cavolo si era andato a mettere
Vergata?
Lei si grattò la
fronte pensierosa ed inclinò di poco la testa. Alcuni capelli castani le
ricaddero scompostamente sul viso angosciato a quel gesto. -All’inizio Andre l’aveva presa sul ridere,
sai come è fatto, difficilmente prende qualcosa sul serio. La lasciava fare,
era infastidito, ma credeva che se ne sarebbe fatta una ragione e prima o poi avrebbe
smesso.-
Così non era stato.
Non c’era bisogno che lo dicesse per capirlo, il silenzio che seguì fu
sufficientemente eloquente.
-Poi però Stefania ha
iniziato a perseguitare anche la sorellina di Andre, Elena, perché voleva che
l’aiutasse a rimettersi con lui.-
-Oddio.- Strabuzzai
gli occhi sconvolta, cercando di immaginarmi quanto doveva essere stato brutto
per la sorella di Vergata trovarsi coinvolta in una faccenda del genere.
-Elena all’inizio non
l’ha detto al fratello per non farlo preoccupare, ma era seriamente spaventata
e alla fine è scoppiata a piangere davanti a lui e gli ha raccontato tutto.
Andre si è incazzato tantissimo, non credo di averlo mai visto così furioso.
Vuole un casino di bene alla sorella.-
Un vero e proprio
caso di stalking, santo cielo. Quella ragazza poteva essere seriamente disturbata,
ossessionata da lui, Vergata avrebbe dovuto senza alcun dubbio denunciarla.
Mi morsi il labbro e
sfregai nervosamente i palmi delle mani sui jeans, chiedendomi fino a che punto
si sarebbe spinto quel racconto e in che modo c’entrassero Lore ed Erika.
-L’ha chiamata e le
ha intimato di smetterla, altrimenti l’avrebbe denunciata.-
Non era la fine, il viso
scuro di Mel lasciava presagire qualcosa di ben peggiore.
-L’ha lasciato in
pace per un po’. Dopo qualche settimana, però, si è messa con un altro, a cui
deve aver raccontato un sacco di stronzate su Andre e sul fatto che fosse lui a
perseguitarla.-
Sbattei le palpebre
allibita, convinta di aver capito male. Più speranzosa che convinta, quella
Stefania non poteva essere davvero così folle.
-Così Andre è stato
chiamato da questo tizio, il ragazzo di Stefania, che ha minacciato di
ammazzarlo se non avesse smesso di dar fastidio alla sua ragazza.-
Oh cavolo. Se non
fosse stata una storia vera sarei scoppiata a ridere per l’assurdità della
cosa, tutto quello non aveva senso! Stefania aveva perseguitato Vergata ed era
andata a raccontare il contrario al suo nuovo ragazzo? Ma che problemi aveva?!
Rabbrividii al
pensiero che quella tizia fosse libera di scrivere su facebook “ma che belli
siete?” sotto una foto di Lore e non chiusa in qualche clinica psichiatrica.
La campanella suonò,
ma sia io che Mel la ignorammo. Lei era talmente presa dal ricordo di quanto
successo che non sembrava essersi nemmeno accorta del rumore.
Scrollò le spalle e
sospirò. -Per farla breve Andre è stato pestato a sangue da lui e da altri tizi
che lo accompagnavano.-
Mi portai una mano
alla bocca, sconvolta. Con un pizzico di cattiveria del tutto fuori luogo mi
chiesi se per caso fosse quello il motivo dell’idiozia di Vergata, forse
qualche botta in testa… Deglutii e mi rimproverai mentalmente per la mia
mancanza di delicatezza: quanto era successo a Vergata era terribile, non avrei
mai potuto immaginare niente del genere.
Certo, conoscendolo,
doveva aver trattato di merda quella Stefania, forse l’aveva scaricata dopo
averla illusa, ma nulla giustificava quel comportamento da psicopatica, né la
violenza.
-Lo hanno preso un
sabato sera di un anno e mezzo fa, da solo, quando stava tornando a casa ed
erano in quattro. A scuola l’anno scorso non si è parlato d’altro per giorni e
giorni, tra professori e genitori. È stato in ospedale per un po’.-
-Ma… li ha
denunciati, no?- Domandai con un filo di voce, arricciando il naso in direzione
di due rumorosi ragazzi davanti a noi nel corridoio.
-Sì, li ha
denunciati.- Mel rilassò le spalle. -Comunque, tornando al discorso Erika
Roncato, Erika ha dato ragione all’amica, sostenendo che fosse innocente e non
c’entrasse con il pestaggio di Andre. Puoi immaginare come siano andate poi le
cose; Lore l’ha lasciata senza pensarci due volte, non risparmiandosi qualche
bell’insulto a quanto ne so.-
Spostai la mia
attenzione su alcuni ragazzi che si accalcavano per rientrare nella classe
accanto alla nostra, senza vederli davvero. Era terribile quanto successo a
Vergata. E quella Erika era folle almeno tanto quanto la sua amica, come poteva
giustificarla e difenderla in quel modo?
Mi chiesi cosa avrei
fatto io al posto suo, se a fare una cosa del genere a Vergata fosse stata
Angelica. Rabbrividii e scossi la testa; non volevo nemmeno prendere in
considerazione un’idea del genere.
Istintivamente mi
chiesi se Angie fosse a conoscenza di quella storia e se fosse il caso di
raccontargliela. Dubitavo lo sapesse. Vergata non sembrava il tipo da farle discorsi
tanto lunghi, seri e personali. Era più il tipo che al massimo le avrebbe detto
“io uomo, tu donna: scopiamo”. Probabilmente voleva dimenticare quella brutta
faccenda, o forse l’aveva già fatto.
-Per un certo periodo
Andre e Lele hanno avuto paura che Erika reagisse come Stefania dopo che Lore
l’aveva mollata. Fortunatamente non si è più fatta sentire- Proseguì Mel con
calma, scendendo dal calorifero con un piccolo saltello.
Mi morsi il labbro e
strinsi le mani sul freddo bordo del termosifone. Se fosse successa una cosa
del genere a Lore… mandai giù un nodo fastidioso alla gola, sentendomi male al
solo pensiero. Pur essendo totalmente contraria alla violenza, se mi fossi trovata
davanti quella Erika l’avrei presa a calci sui denti, senza alcun tentennamento.
-Quindi… ora è tutto
a posto? Voglio dire, Vergata sta bene, non ha subito danni permanenti? E
quelle due tizie sono sparite?- Abbassai la voce quando vidi sbucare Lore,
Vergata e Marchesi in fondo al corridoio. L’ultima cosa che volevo era essere beccata
a parlare di loro con Mel.
-Direi di sì, che io
sappia le cose sono tornate a posto.-
Seguì un breve
momento di silenzio, spezzato solo dal rumore dei passi dei nostri compagni di
classe. In qualche modo mi pentii di aver chiesto alla mia amica di raccontarmi
quella storia, avrei preferito che fosse Lore a parlarmene, anche se dubitavo
che di sua iniziativa mi avrebbe mai raccontato qualcosa di sé.
Ad interrompere il
corso dei miei pensieri fu il prof di Diritto che, neanche tanto gentilmente,
ci esortò a rientrare in classe minacciandoci di segnarci assenti sul registro.
Un amore d’uomo.
Sospirai e ripresi
posto al mio banco; la rabbia provata poco prima in cortile per via di quelle
ragazzine era solo un lontano ricordo, la mia mente era stata rapidamente
assorbita da altro.
Lore aveva lasciato
Erika per via della sua amicizia con Vergata, ma se tutta quella faccenda con
Stefania non fosse successa, sarebbe stato ancora con lei?
Affondai i denti
nell’estremità della matita e mi sforzai di concentrarmi su quanto il prof
stava scrivendo alla lavagna. Farsi domande del genere non aveva senso, le cose
erano andate così e basta. Mel, inoltre, aveva detto che per lui non era stata
una storia importante, preoccuparsi era inutile e deleterio.
Piuttosto avrei
dovuto pensare a cosa mettermi quel sabato sera, per la festa dell’amico di
Lore. Volevo fare una buona impressione sui suoi amici ed essere bella per lui,
ma non intendevo certo assomigliare ad una, come dire, passeggiatrice notturna.
Avevo un paio di abitini perfetti per l’occasione, quella sera avrei dovuto far
le prove sia per il vestito che per il trucco, le scarpe e i capelli.
Al cambio d’ora mi
alzai con un’espressione pensierosa stampata in faccia. Era difficile non
focalizzare i miei pensieri sul racconto di Melanie e non potevo negare che
quello che aveva detto aveva reso Vergata più tollerabile ai miei occhi. Chissà
come sarebbero andate le cose tra lui e Angelica; la mia amica sembrava
veramente presa da lui, forse anche troppo, ma era ricambiata?
Feci un respiro
profondo e tornai a concentrarmi sulla serata che mi aspettava sabato. Non vedevo
l’ora che arrivasse, non vedevo l’ora di uscire finalmente con lui. Certo, ci
sarebbero stati i suoi amici, ma quello era comunque a tutti gli effetti il
nostro primo appuntamento.
Senza pensarci,
dimentica di quanto successo in cortile poco prima e di quanto raccontatomi da
Mel, feci spontaneamente scivolare le mie braccia sulle spalle e sul petto del
mio ragazzo, abbracciandolo da dietro mentre era ancora seduto al suo posto. Bellissimo. Avevo un bisogno quasi
disperato e doloroso di toccarlo.
Fu come se tutti i
problemi del mondo sparissero in quell’esatto istante; sentire il suo corpo
contro il mio, il suo profumo, la sua presenza, mi fece girare la testa,
battere all’impazzata il cuore e sospirare felice al tempo stesso.
Lo sentii sussultare
un po’ sorpreso al contatto, ma miracolosamente non si ritrasse. Si voltò e
piegò le labbra in un mezzo sorriso. -Ehi.- Inarcò un sopracciglio
interrogativo, -Com’è che non sei incazzata ora?-
Arrossii quando mi
resi pienamente conto del mio gesto. Mi sentivo sempre così quando azzardavo un
gesto affettuoso nei suoi confronti, come se stessi sbagliando qualcosa.
-In realtà sto
meditando di strozzarti.- Ne approfittai per stringerlo più forte, avvertendo
una dolorosa fitta di piacere allo stomaco. Oh Dio, non in quel momento, non a
scuola.
Rise e percepii il
suo petto e le sue spalle sussultare. -Ora ha più senso.- Mi afferrò le braccia
con le mani, attirandomi di più a lui con l’intenzione di baciarmi, la testa
inclinata verso di me ed un sorrisetto odioso sul viso.
Quanto cazzo lo
odiavo e amavo, come era possibile? Avrei voluto baciarlo, ma sapevo che, se lo
avessi fatto, inevitabilmente mi sarebbe venuta anche la voglia di scendere con
le labbra sul suo mento, sul suo collo, sul suo petto… non mi sembrava
decisamente il caso, non davanti a tutti.
Mi strozzai con la
mia stessa saliva, come un’idiota, e mi ritrassi in fretta e goffamente
all’ultimo, cercando con quel poco di dignità che mi restava di non fargli
capire quanta voglia avessi di lui. Tentativo fallito, visto che stava
nuovamente ridendo. Oh, ma che bastardo!
Mi raschiai la gola
con un colpo di tosse. -Avete fatto qualche conoscenza interessante prima?- Ero
riuscita a non balbettare e ad usare un tono di voce neutro, ero fiera di me.
Il suo sorriso si
spense e lasciò posto ad un’espressione interrogativa. Merda. Lore non mi aveva
vista prima in cortile con Mel, non sapeva che io avevo assistito al tutto. Figura
della patetica fidanzatina gelosa: la stavo facendo alla grande!
Quando comprese a
cosa stessi alludendo, non trattenne un ghigno ben poco promettente. -Le
stavamo prendendo per il culo. Non ti avrà mica dato fastidio?-
Sì, pezzo di idiota, certo che mi ha dato
fastidio, sei il mio ragazzo e non voglio che delle ochette ci provino con te,
va bene?
Abbassai lo sguardo e
mi controllai le unghie con nonchalance, non mostrando alcun tipo di
coinvolgimento emotivo. -Assolutamente no. Perché avrebbe dovuto darmi fastidio?-
Storse le labbra
verso il basso, in una smorfia pensierosa, ed alzò lievemente le spalle. -Che
ne so, chiedevo. Meglio così, una di loro voleva il mio numero e, dato che non
mi sembrava particolarmente male, gliel’ho lasciato.-
Sollevai la testa
così di scatto che fu impossibile continuare la mia recita. Non potevo sembrare
indifferente alla cosa, non quando un’evidente furia omicida aveva preso
possesso del mio volto. -Tu cosa?!- Strillai senza accorgermene.
Ora,
io ero una persona estremamente comprensiva (magari anche no, va beh), ma non
poteva assolutamente pretendere che non mi arrabbiassi per una cosa del genere!
Che diavolo, volevo vedere come avrebbe reagito lui se avessi iniziato a dare il
mio numero a perfetti sconosciuti interessati a me.
-Qual è il problema?
Hai detto che non ti dava fastidio.- Gli riusciva bene la parte dell’ingenuo,
peccato che i suoi occhi diabolicamente divertiti lo tradissero.
-Vaffanculo.- Strinsi
le mani a pugno e socchiusi gli occhi.
-Stavo scherzando.-
-Vaffanculo
comunque!-
Fece roteare gli
occhi divertito. -Cazzo se sei permalosa.-
Permalosa io? Per
tutta risposta presi l’astuccio di Lele dal banco vicino e glielo tirai amichevolmente addosso. Gli era andata
pure di lusso, contando il fatto che fosse chiuso e non si fossero sparse in
giro le penne al suo interno.
-Quanto amore-
Scherzò Lele, arrivato giusto in tempo per assistere al mio gesto affettuoso e
non protestando per il modo in cui era stato trattato il suo astuccio. -Che hai
fatto stavolta, Lore?-
Senza abbassare le
braccia che aveva saggiamente utilizzato per difendersi, Lore alzò un
sopracciglio risentito. -Perché parti sempre dal presupposto che sia stato io a
sbagliare? È lei che è pazza! Mi ha lanciato un fottuto astuccio addosso!-
-Oh, poverino!- Lo
presi in giro, afferrando il pesante libro di storia dal banco di Vergata –
sorprendente il fatto che
Lele non riuscì a
trattenere una risata. -Perché Ali non farebbe male ad una mosca, attacca solo
se provocata.-
Amore immenso per
Lele, quell’uomo aveva capito tutto della vita, avrebbe dovuto scrivere un
manuale su come trattare una donna. Commossa e con due cuori al posto degli
occhi, misi giù il libro-arma e allargai le braccia per buttarmi su di lui ed
abbracciarlo. -Oh, grazie Lele, tu sì che mi capisci! Scappiamo a Las Vegas e
sposiamoci!-
Lui si schiarì la
voce a disagio e, probabilmente, un pelino preoccupato per via dell’occhiata
assassina che ricevette da Lore.
-Uhm, sì.- Mi diede
una goffa pacchetta sulla spalla e tossì di nuovo. -Ah, ho saputo che verrai
anche tu sabato, Ali.- Disperato ed evidente tentativo di cambiare argomento e
di farmi allontanare per evitare di essere ucciso dal suo migliore amico.
Sciolsi l’abbraccio ed annuii.
-Già. Posso almeno
sapere qualcosa del festeggiato? Devo prendergli un regalo?- Guardai prima
Lele, poi Lore, aggrottando la fronte pensierosa. Non avevo affatto pensato a
quell’inconveniente, non era mia abitudine imbucarmi alle feste a mani vuote.
-Ma va, ma che cazzo
te ne frega, manco lo conosci.-
Riservai
un’occhiataccia al mio ragazzo e attesi la risposta più saggia ed esplicativa
di Lele.
-No, tranquilla, non
serve. Al massimo aggiungiamo il tuo nome sul biglietto del regalo se vuoi, ma
non devi comunque dar nulla.-
Ci pensai su e decisi
che non mi sembrava affatto il caso di far aggiungere il mio nome su un
biglietto per uno sconosciuto, tantomeno di spacciare per mio un regalo che non
avevo contribuito ad acquistare. Mi sarei pagata io l’ingresso e il drink e non
avrei mangiato la torta, fine della storia.
Scrollai le spalle ed
appoggiai le mani sul banco davanti a me. -Non importa.- Sentii qualcosa
vibrare sotto i miei palmi ed abbassai istintivamente gli occhi sullo schermo
del telefono di Lore. Prima che potessi osservare con attenzione cosa ci fosse
scritto, una mano lo spostò via dal mio campo visivo.
-Chi è Giorgia?-
Chiesi di getto, incapace ancora una volta di contenere la curiosità – e la
gelosia.
Lore sbloccò
distrattamente la tastiera e lesse di sfuggita quello che doveva essere un
messaggio. -Un’amica- Rispose semplicemente, infilando il cellulare nella tasca
anteriore dei jeans.
-Uh, quella Giorgia?- S’intromise Vergata, sbucato
dal nulla, dopo essersi buttato sulla sua sedia con la grazia di un gorilla.
Quel commento non piacque né a me, né a Lore, che socchiuse gli occhi con aria
minacciosa e si protese verso di lui. -Finiscila, cretino.-
Lo ignorai e mi rivolsi
a Vergata. -Quale Giorgia?- Avvertii una spiacevole e dolorosa fitta di
fastidio al pensiero di quante ragazze scrivessero al mio ragazzo e fossero sue
“amiche”.
-Sta facendo il
coglione- Commentò ancora Lore infastidito, fissando con insistenza il proprio
amico.
Vergata rise ed
incollò – che essere disgustoso! – la sua cicca* sotto il banco dopo averla
tolta di bocca. -Oh e fattela una risata Lore, non hai più senso dell’umorismo!
Ti stavo prendendo per il culo, Puccio. Volevo vedere come avresti reagito, non
ho idea di chi sia Giorgia- Spiegò scrollando le spalle ed appoggiando le
scarpe sul banco.
Cazzate, non ero
ingenua fino a quel punto. Si era corretto all’ultimo, aveva inventato quella
scemenza dopo aver visto la reazione di Lore e credeva che non me ne sarei
accorta.
Rimasi in silenzio
per una manciata di secondi, desiderosa di sbottare e chiedere spiegazioni, ma
consapevole del fatto che, se lo avessi fatto, sarei sembrata una patetica
fidanzata insicura e gelosa. Senza contare che lo avrei fatto arrabbiare.
La campanella suonò e
decisi di lasciar correre per il momento, ma la faccenda non era chiusa e avevo
tutta l’intenzione di far luce sulla cosa.
*Note dell’autrice più ritardataria del mondo*
Alloooora. Prima che vi venga voglia di lanciarmi pomodori – o astucci e
libri come nel caso di Ali con Lore – lasciate che vi dica che è stato davvero
un anno stancante per me, tra alti e bassi, studio e lavoro, casini a casa e
casini con amici. Ho avuto poco tempo per scrivere, poca ispirazione e troppi
problemi personali. È brutto dovermi giustificare ogni volta, lo so, ma sento
di doverlo fare perché mi dispiace farvi attendere. Purtroppo non posso fare
diversamente, mi piacerebbe poter scrivere e pubblicare sempre, ma questo non è
il mio lavoro e devo pensare prima di tutto alla vita vera.
Sono sincera quando dico che mi dispiace avervi fatto attendere tanto e
che mi siete mancate. Mi è mancato pubblicare su efp in generale e mi sono
mancati anche Lore e Ali, che sono sempre i due soliti idioti che conoscete –
spero.
Nei mesi scorsi ho aggiornato The unexpected
life of Emma Wimsey e conto di aggiornare presto anche Time is running out
e la storia dal
punto di vista di Lore.
Fatta questa premessa, ci sono un paio di cose che vorrei dire su questo
capitolo, prima fra tutte la storia di Vergata che, attenzione, è vera.
È stato difficile parlarne perché è una cosa che mi ha toccato
personalmente dal momento che ad un ragazzo che conosco è successo realmente
quello che ha “raccontato” Mel. Perché l’ho scritto? Perché penso che questa
brutta storia meritasse di avere un po’ di “attenzione”, perché purtroppo non
esistono solo stalker uomini che non si rassegnano alla fine di una relazione,
spesso capitano anche queste situazioni inverse.
Chiusa questa parentesi, questa storia ha influito ovviamente su Vergata
e, di conseguenza, influenza il suo rapporto con Angelica che, ve lo dico io,
non sa nulla di Stefania.
La seconda cosa “vera” è la storia delle tizie che scrivono “stuprami”
su un foglio di carta alla finestra per attirare l’attenzione di un ragazzo.
Quando ho visto fare questa cosa nella mia vecchia scuola da delle ragazzine di
prima mi sono sentita veramente a disagio per loro.
Nel prossimo capitolo ci sarà questa benedetta festa – perdonatemi ho
dovuto tagliarlo perché quel pezzo è da riscrivere e sistemare – e, come molte
sanno per via dello spoiler letto nel mio gruppo facebook,
Lore e Ali litigheranno.
Perché? Vedrete (:
Nel frattempo accetto ipotesi, a chi indovina potrei inviare uno spoiler
in privato ;)
Ah e potete provare ad indovinare anche chi sia Giorgia. È la persona
più insospettabile del mondo, molto probabilmente quando lo scoprirete
penserete il classico “WTF?!” :D
Ultime due parole e poi la smetto di blaterare, vorrei linkarvi due cose
a cui tengo molto, la prima il FORUM
che tempo fa due mie carissime amiche, Dids e Bea, hanno creato per le mie
storie. Stiamo pensando di rianimarlo, ci aggiungerò spoiler e tante curiosità
sui personaggi. Per ora è un “work in progress”, ma se vorrete visitarlo e
iscrivervi per fare quattro chiacchiere ne saremo più che liete :)
La seconda è una OS qui su EFP
che mi è piaciuta tantissimo e di cui sto aspettando il seguito che, forse,
arriverà. Ci tengo a linkarvela perché credo meriti molto, è scritta bene ed
emoziona, anche se l’autrice, una broccola di nome Beatrice, non lo pensa (:
Beeene, ho finito! Non dico “farò il possibile per aggiornare presto”
perché credo porti sfiga, voi che dite? Facciamo che non dico nulla! :D
Un bacione grande e un GRAZIE di cuore, davvero. Mi sembra di non dirlo
mai abbastanza, ma vi sono infinitamente grata per il vostro sostegno e
affetto. Colgo l’occasione per ringraziarvi anche dei messaggi che mi avete
mandato, sia qui che su facebook, prima o poi spero di riuscire a rispondere a
tutte! (e anche alle recensioni, non perdete la speranza!)
Bec