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Autore: ShioriKitsune    07/04/2013    8 recensioni
In un universo alternativo, Naruto, Sasuke e tutti gli altri sono dei normali ragazzi che frequentano la scuola superiore. Ovviamente, il normali va tra virgolette.
****
[NaruSasu]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Heeello!
Sono sincera: non mi aspettavo tutto questo successo. Sono onorata ed estremamente felice, e con immensa gioia pubblico il secondo capitolo.
Spero di continuare a ricevere i vostri pareri e di non deludere le vostre aspettative! ^_^

* * * * * * *

Capitolo due: fratello maggiore vendesi.

 

«Naruto? Naruto?!».
Il biondo mugugnò, muovendo appena la testa e voltandosi dall’altro lato. Il letto, quella mattina, sembrava scomodo e freddo..
Il.. letto?
«Naruto, che diavolo ci fai rannicchiato sul pianerottolo?».
Uzumaki saltò in piedi, guardandosi intorno stranito e sgranando gli occhi alla vista del pivellino della porta accanto.
 
Quindi, alla fine, ho davvero dormito sul pianerottolo..
 
«Konohamaru, perché non ti fai gli affari tuoi?», borbottò, con ancora la voce impastata a causa del sonno. Tirò su col naso, stropicciandosi gli occhi. «Quando avrai la mia età, capirai».
«Beh», iniziò il ragazzino, appoggiandosi al muro. «Di certo non sarò così idiota da restare chiuso fuori».
Naruto strinse i pugni, lanciandogli uno sguardo minaccioso. Stava per dirgli che rimanere fuori era stata – più o meno – una sua scelta, ma si rese conto che questo l’avrebbe fatto sembrare ancora più stupido. Sospirò. «Comunque sia, che ci fai a casa mia? È domenica, non c’era bisogno che tu mi svegliassi».
Konohamaru sorrise, mostrando il sacchetto che, fino a quel momento, aveva tenuto nascosto dietro la schiena. «Ti ho portato la colazione!».
L’altro lo aprì appena, giusto per sbirciarci dentro, ed una zaffata di odore dolciastro lo colpì in pieno, ricordandogli tutti gli avvenimenti della sera prima.
 
Sto per vomitare.
 
Aprì la porta di casa così in fretta che si sorprese della sua coordinazione cervello-occhio-mano, per volare nel bagno e piegarsi sulla tazza.
 
Non mi ubriacherò maipiù.
 
Il ragazzino lo seguì, aggrottando la fronte. «Qualcuno ieri sera ha bevuto troppo o sbaglio?».
Naruto tossì, sentendosi svuotato e nuovamente senza forze. «Va via», biascicò. «O sfogherò la mia frustrazione sulla tua testa vuota».
«Certo», commentò lui ridacchiando. «Come se, in quelle condizioni, riuscissi a fare anche un solo passo nella mia direzione».
L’Uzumaki voltò la testa di scatto, stringendo le mani attorno al bordo freddo della tazza per sorreggersi e rimettersi in piedi. «Konohamaru, inizia a scappare..».
Ma l’inseguimento durò così poco che lo stesso Konohamaru non riuscì nemmeno a farsi beffe del compagno più grande, inciampato al primo ostacolo e rotolato di lungo ai piedi del divano. «Sei proprio un idiota».
 
Stavolta lo ammazzo sul serio.
 
I pensieri omicidi di Naruto furono interrotti da un rumore di passi sulla porta che, ricordò, era rimasta aperta.
 
Dannato ed inutile ragazzino, non si preoccupa neanche di chiudere la porta.
 
Alzò il viso, ritrovandosi a fissare le scarpe di Sasuke.
In quel momento quasi si sentì avvampare, ricordando ciò che poche ore prima era successo.
Aveva baciato Sasuke. Non Sakura, o Hinata, o qualsiasi altra ragazza sulla faccia del pianeta: Sasuke! Era pronto ad una sfuriata e a qualche pugno, magari, ma si sarebbe giustificato con la più banale e antica delle scuse: “mi dispiace, amico, ero ubriaco”.
Certo, come se sarebbe bastato.
 
Baka!
 
, si apostrofò, cercando il coraggio di alzare lo sguardo e incrociare quello di un Sasuke dall’aria vagamente divertita. Per un secondo, gli passò di mente ciò che aveva deciso di dirgli. «Cos’hai da ridere?».
Sasuke piegò gli angoli della bocca in un ghigno. «Se fossi al posto mio, anche tu rideresti di te stesso».
L’Uzumaki aggrottò la fronte. «Ti sembra tanto divertente vedermi in questo stato?».
Gli occhi dell’Uchiha brillarono di una luce sadica. «Oh, dobe, non sai quanto».
Naruto sbuffò, tornando ad appoggiare la guancia sul pavimento e chiudendo gli occhi. «Bene, se devi ridere di me smamma». Poi alzò il capo, come colto da un’improvvisa urgenza. «Oh, anzi, mi aiuteresti ad arrivare al letto?».
Sasuke s’irrigidì. Doveva sollevarlo, e questo implicava un contatto fisico.. che avrebbe preferito evitare per i prossimi mille anni.
Ma, d’altro canto, quel mezzo scemo gli faceva pena. Alzò gli occhi al cielo, afferrandolo da un braccio. «Se mi vomiti addosso, giuro che la pagherai».
L’Uzumaki sghignazzò, allettato all’idea di vedere la smorfia di disgusto estremo – seguita da uno sguardo omicida che avrebbe fatto rabbrividire chiunque – dipinta sulla faccia del suo amico. «Ho già dato», lo informò, godendosi almeno parte di quella smorfia.
Casa di Naruto non era poi così grande, ma all’Uchiha quello sembrò il viaggio più lungo del mondo: il biondo proprio non voleva saperne di darsi una spinta, riversando su di lui tutto il peso del suo corpo. Ma, perlomeno, Sasuke si tolse la soddisfazione di fargli sbattere la testa. «Ops».
Naruto gli lanciò un’occhiataccia, ma proprio non aveva la forza per rispondergli.
«Lo dico sempre che chi non è in grado di reggere l’alcol non dovrebbe bere».
«Stai zitto, teme», mugugnò.
Arrivati nella camera da letto, il moro adagiò con ben poca gentilezza l’amico sul materasso, non rendendosi conto che il braccio di Naruto era ancora agganciato al suo collo.
Cadde così sopra l’Uzumaki, ad un centimetro dal suo viso.
Per un secondo, come la sera precedente, rimase immobile. Come se un istinto primario a cui non riusciva a dare un nome lo spingesse a non ritrarsi al contatto ma, anzi, a cercarlo.
Ovviamente, durò meno di un battito di ciglia. Si ritrasse, vagamente stizzito.
Naruto aveva trattenuto il respiro per tutto il tempo e, nel momento in cui l’Uchiha si era rialzato, gli era tornato in mente il discorso che aveva deciso di fargli poco prima.
«Sasuke, io..-».
Lo interruppe con un gesto della mano. «Non c’è niente da dire. Sono solo passato a controllare che non fossi ancora fuori come un barbone. Ora devo andare».
Naruto aggrottò la fronte, sentendosi colpito. Come se l’atteggiamento di Sasuke fosse un affronto personale. «No, aspetta, voglio solo dirti perché-».
«No, Naruto», lo bloccò nuovamente l’altro con tono severo. «Non m’interessa».
L’Uzumaki serrò le labbra.
Okay, era imbarazzante anche per lui, ma non parlandone avrebbero attribuito alla cosa un’importanza che non meritava.
Perché non la meritava.. vero?
Gli venne voglia di darsi uno schiaffo.
 
No che non merita importanza. Insomma, è Sasuke! Ed è stato uno sbaglio.
 
«Sasuke, non vorrei che le cose si complicassero per uno stupido b-».
L’Uchiha si voltò, dandogli le spalle, fissando fuori dalla finestra con sguardo torvo e braccia conserte. Era fermamente deciso a non parlare dell’accaduto. «Perché dovrebbe complicarsi qualcosa? Hai ancora i postumi della sbornia, dobe. Dormi».
Naruto stava per rispondergli a tono, ma Konohamaru fece il suo ingresso nella stanza. Aprì la bocca per dire qualcosa – con ogni probabilità qualcosa di stupido – ma la richiuse quando percepì la tensione nell’aria. Arricciò il naso. «Che succede?».
Sasuke si voltò di scatto verso il piccoletto. «Niente, Konohamaru-kun. Ricordavo a Naruto quanto fosse idiota».
Qualcun altro avrebbe sorriso a quell’affermazione, ma Uchiha era sempre mortalmente serio. «Comunque, stavo andando via. Ci vediamo, Uzumaki».
Non si voltò né gli lanciò un’ultima occhiata prima di attraversare velocemente la stanza in una lunga falcata e chiudersi la porta d’ingresso alle spalle.
 
Qual è il tuo problema, Uchiha?
 
«Sbaglio o avete discusso?», domandò schiettamente il ragazzino, sedendosi ai piedi del letto.
Naruto alzò un sopracciglio, incuriosito dalla perspicacia del ragazzo. Non che lui e Sasuke avessero realmente discusso..
 
Basta fare la cosa più grande di quella che è!
 
«Sbagli come sempre, testa vuota», lo apostrofò con un ghigno. «Ora vattene, voglio riposare».
Konohamaru gli fece una linguaccia. «La prossima volta che ti sorprenderò a dormire fuori al freddo, stai sicuro che non ti sveglierò».
 
***
 
Sasuke aprì la porta di casa sua, sfilandosi le scarpe e gettandosi pigramente sul divano del soggiorno. Era convinto che avrebbe trovato suo fratello Itachi ad oziare come al solito, ma di lui non c’era traccia.
«Un po’ di pace», sospirò felicemente, chiudendo gli occhi e portandosi una mano sulla fronte.
Non capiva perché Naruto volesse per forza parlare di quel bacio.
Bacio. Naruto.
Il solo collegare quei due concetti gli faceva venire i brividi. Che il suo amico fosse un idiota dalle proporzioni cosmiche lo aveva capito ormai tempo addietro, ma non avrebbe mai pensato che un goccetto di troppo gli avrebbe fatto completamente perdere il poco senno che gli restava.
 
Idiota.
 
Sasuke voleva solo far finta che non fosse mai successo. In fondo, cos’avrebbe mai potuto dirgli Naruto per giustificarsi? “Ero ubriaco, mi dispiace”. Beh, non era sufficiente. Anche a lui era capitato di ubriacarsi, ma non aveva mai baciato un suo amico.
Non che avesse amici da baciare, ecco.
Buttò fuori l’aria dal naso in uno sbuffo esasperato.
«Cretino di un dobe».
«Con chi parli, Sasuke-kun?».
L’Uchiha più giovane rotolò letteralmente giù dal sofà. Sgranò gli occhi, puntandoli sulla figura sorridente di suo fratello maggiore, appoggiato come se niente fosse alla spalliera del divano.
 
Da quanto tempo è qui?
 
«Che diamine, Itachi!», si lamentò, rimettendosi a sedere e facendo spazio al nuovo arrivato.
«Se tu parli da solo e non ti accorgi di me, la colpa non è di certo mia».
Sasuke ridusse gli occhi in due piccole fessure, fissando un punto davanti a sé per evitare di perdere la pazienza. «Allora, cosa vuoi?».
Il maggiore gli circondò le spalle con un braccio. «Fare due chiacchiere con il mio fratellino, ovviamente!».
«Non se ne parla», borbottò l’altro.
«Oh, andiamo, otouto», sorrise Itachi. «Mi mancano i tempi in cui mi correvi in contro, pregandomi di passare ogni minuto del mio tempo con te».
Sasuke arrossì, incrociando le braccia e sporgendo il labbro inferiore in un’espressione indignata. «Ero solo un bambino. Ed ero sempre solo e annoiato».
Finse di pensarci su. «Non vedo cosa sia cambiato, allora!», lo punzecchiò, bloccando un pugno diretto alla sua spalla destra. «Te lo ricordi quando, con quel faccino entusiasta e sorridente, mi dicevi: “nii-san, nii-san, gioca con me ti prego!”», continuò facendogli il verso, mentre Sasuke serrava i pugni e chiudeva gli occhi.
 
Calmati, Sasuke. Uccidere è reato.
 
«Itachi, ti ammazzo», lo minacciò con un’apparente calma, sottolineando le sue parole con un sorriso sadico. «Perché non evapori?».
«Perché», iniziò il maggiore, appoggiando le spalle allo schienale e la testa su una mano. «Sono curioso di sapere cos’ha fatto Naruto per guadagnarsi uno spazio nella tua testa».
Il minore degli Uchiha sgranò gli occhi. «C-cosa?».
«Stavi parlando di lui quando hai detto “cretino di un dobe”, no?», domandò con estrema naturalezza, nonostante conoscesse già la risposta.
«Sì, b-beh, io-», si bloccò, scuotendo la testa. «Che diavolo t’importa? Sono affari miei».
Itachi ghignò. «Allora c’è qualcosa da sapere!».
 
Non ci credo, l’ha fatto di nuovo.
 
Sasuke si trattenne dall’assumere l’espressione che era solito sfoggiare quando suo fratello lo prendeva in contropiede, facendogli ammettere qualcosa a dispetto della sua volontà.
 
Se stringo gli occhi è finita.
 
«Dovresti smetterla di passare le giornate a cercare di psicanalizzarmi», sospirò, decidendo di rivelare almeno un po’ della verità. Magari sarebbe riuscito a convincerlo e farlo andare via..
«L’ho nominato perché, quando stamattina sono andato a casa sua, era ancora reduce della sbornia di ieri sera ed era una visione ridicola. Se ci fossi stato, avresti capito».
Itachi alzò un sopracciglio, momentaneamente distratto da quella notizia. «Naruto si è ubriacato? Dio, avrei voluto esserci».
Sghignazzò per qualche secondo, chiedendo dei dettagli che gli furono negati. Poi tornò a fissare Sasuke. «Bene. Vai avanti, otouto».
L’altro lo fissò criptico. «È tutto qui».
«No», si ostinò il maggiore. «Non è abbastanza da meritarsi un tuo commento solitario, ti conosco meglio delle tasche dei miei jeans».
Sasuke lo guardò inespressivo. «I tuoi jeans non hanno tasche, fratello».
«Questi sono dettagli irrilevanti. E stai perdendo tempo».
Sbuffò. «Insomma, non hai niente di meglio da fare? Uscire con qualche ragazza o incontrare qualcuno dei tuoi stupidi amici.. Dov’è Shisui quando serve?».
Itachi sospirò tristemente. «È partito per qualche giorno, affari di famiglia. Senza di lui mi annoio così tanto.. tormentare l’otouto è il mio secondo passatempo preferito».
«Visto che ti piace ricordare i tempi andati, che ne dici di tornare al tuo solito “Adesso non ho tempo. Sarà per la prossima volta, fratellino”? Quella si che era una bella frase».
«Non mi pare ti piacesse tanto sentirla. Ma, forse, ti manca il mio tenero buffetto sulla fronte..».
Sasuke lo fulminò con lo sguardo, ritraendosi istintivamente. «Non ci provare».
Il maggiore ghignò.
«Sai, ieri ho conosciuto una ragazza».
 
Oh, finalmente si è deciso a cambiare discorso. Sarà meglio assecondarlo.
 
«Davvero?».
L’altro annuì. «È molto carina. Non è tanto alta ma è formosa, ed i suoi capelli sono corti e biondi. Si chiama Naruto».
Il più piccolo aprì la bocca, pronto a lasciarsi andare ad una serie di insulti per l’evidente presa in giro del fratello, ma un pensiero più preoccupante lo fece zittire.
 
Le sue stupidaggini sono troppo mirate. Perché sembra sempre sapere tutto?
 
Serrò le labbra. «Non difenderò Naruto dalle tue prese in giro», borbottò. «E poi non fa ridere».
«Ma non era una battuta», gli comunicò Itachi, guardandolo di sottecchi. «Otouto, avevi uno stupido sorrisetto dipinto sul volto mentre ti lamentavi di quanto fosse cretino il tuo dobe – il che è una ripetizione, voglio farti presente. L’ultima volta che ti ho visto sorridere in quel modo, avevi cinque anni e professavi il tuo immortale amore per me».
Sasuke saltò in piedi, diventando dello stesso colore di un pomodoro. «Itachi!».
 
Perché deve sempre riportarmi alla mente quell’episodio?
 
Il piccolo Uchiha, a soli cinque anni, aveva deciso che non avrebbe amato nessuno più di quanto amava suo fratello, promettendogli eterna fedeltà. Con il passare del tempo, si era accorto di quanto quell’infatuazione per il suo eroe d’infanzia fosse stata stupida, e più Itachi si rendeva conto che il ricordo lo imbarazzava, più si divertiva a raccontarlo a tutti.
«Coraggio, fratellino, è una cosa così tenera! Ma mi trovo costretto a farti presente che hai infranto il tuo giuramento di fedeltà».
Sasuke socchiuse le palpebre. «Stai parlando sul serio?», domandò scocciato.
«Beh, ho sempre sospettato che tu fossi.. dell’altra sponda, ecco. Prima ti sei innamorato di me, poi hai iniziato a farti crescere i capelli, po-».
«Ehi, baka! Anche tu hai i capelli lunghi!», gli urlò il fratello, puntandogli un dito contro.
«Ma io sono sexy comunque e trasudo testosterone da tutti i pori, caro il mio piccolo otouto».
Sasuke lo fulminò con un’occhiataccia. «Hai finito di prendermi in giro? Non sono dell’altra sponda. E non capisco perché tu lo abbia anche solo pensato», borbottò offeso, incrociando le braccia al petto.
«Ehi, paperella, guarda che non c’è niente di ma-».
L’altro sgranò gli occhi, furibondo, contemplando l’idea di ucciderlo seduta stante. «Smettila di darmi questi nomignoli da femmina!».
Se avesse potuto, Itachi avrebbe iniziato a ridere fin quando non gli fossero esplosi i polmoni. Ma, conoscendo il fratello, gli sarebbe saltato alla gola sul serio se non si fosse dato una regolata. Fece qualche tentativo di calmarsi, prendendo profonde boccate d’aria, poi assunse l’espressione da “qualsiasi cosa dirai, io manterrò questa faccia”.
«Bene, vorrà dire che ho sbagliato io. A volte capita anche ai migliori». Fece spallucce, stendendo le gambe sui cuscini del divano e accendendo il televisore. «Ah, visto che stai uscendo, perché non vai a comprare la cena?».
 
Chi ti ha detto che sto uscendo?
 
Sasuke sospirò. «Vedrò di fermarmi da qualche parte sulla strada del ritorno».
 
Stupido d’un fratello.
 
***
 
Ecco cosa succede a dormire fuori al freddo per una notte intera.
 
“Naruto-kun, stai bene? È dalla festa che non ho tue notizie.
-Sakura. “
 
Naruto fissò con gli occhi gonfi il display del cellulare, lasciandolo cadere malamente sul pavimento e girandosi dall’altra parte del letto.
 
No, non sto bene. Sono bloccato a letto con la febbre da tre giorni e nessuno, a parte te, si è preoccupato di constatare se fossi vivo o morto. Neanche quella testa vuota di Konohamaru. Neanche Sasuke. Ma di lui non m’importa, cioè, voglio dire.. che palle!
 
Ormai s’impappinava con i suoi stessi pensieri.
Sospirò, soffiandosi il naso e infilando la testa sotto le coperte.
«Morirò solo».
Che nessuno si fosse preoccupato di lui non era una bugia. Né un sms, né una visita. Niente di niente.
L’Uzumaki si morse l’interno della guancia, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
 
Non è possibile che io senta la sua mancanza. È vero che non siamo mai stati senza sentirci così a lungo, ma non tollererei il fatto che.. oh.
 
Un borbottio sommesso interruppe i suoi pensieri, facendolo sospirare di sollievo.
 
È tutto okay, era solo fame.
 
Facendo uno sforzo che gli sembrò sovraumano, scostò le coperte e posò i piedi per terra.
La testa gli girava, ma se non avesse mangiato subito sarebbe svenuto dalla fame.
 
Posso farcela. Devo solo infilare il ramen nel microonde..
 
Ma quando arrivò in cucina, sgranò gli occhi dalla sorpresa.
C’era un sacco di roba da mangiare in diversi sacchetti, accompagnata da un bigliettino che sembrava essere stato aggiornato più volte.
 
“La mamma ha insistito perché ti portassi del cibo. Ora stai dormendo, quindi non ti sveglierò.
-Konohamaru”
 
Poi, subito sotto.
 
“Stai ancora dormendo? Ti ho portato qualcosa da mangiare anche oggi. So che divorerai tutto non appena sveglio, ma mi sembra strano che tu non ti sia ancora alzato dal letto. Ho controllato che respirassi ancora, sai com’è”.
 
E ancora.
 
“Naruto, ho paura di svegliarti perché potresti farmi del male – visto che non sei stato tu a chiederlo. Ma è il terzo giorno che entro in casa e tu dormi, non hai toccato cibo e inizio ad avere paura. Se quando torno sei ancora nel letto, chiamerò il pronto soccorso.
Anzi, prima ti darò un pugno in testa”.
 
Naruto sorrise dolcemente, confortato dalle attenzioni di Konohamaru e sua madre. I tre pasti che gli aveva portato avevano un’aria deliziosa, e per una volta non avrebbe mangiato solo ramen.
Si domandò perché, anche se ogni tanto si era alzato, non fosse mai andato in cucina a cercare cibo. Non era da lui.
Stava per iniziare a mangiare, quando notò alla fine del biglietto di Konohamaru un'altra nota, ma la calligrafia era diversa.
 
“Dobe, è il tuo ultimo anno, smettila di fare tutte queste assenze. I professori ti giustificano solo perché ho fatto vedere loro una foto di te malato, con il pigiamino arancione e il cappello da notte. Te l’ho scattata ieri mattina mentre dormivi e credo che la mostrerò a tutti. Ops, già fatto. Qualche ragazza ha anche detto che sei tenero.
Ah, è stata un’idea di Itachi, che ti saluta”.
 
Naruto inclinò la testa per leggere l’ultima frase.

 
Ma siete tutti a corto di carta?
 
Trattenne il respiro.
Sasuke era entrato in casa, gli aveva scattato una foto – e quindi gli si era avvicinato parecchio, tanto da notare il pigiama arancione – e lui non se n’era neanche accorto.
Patetico.
Serrò i pugni, ancora quella sensazione alla bocca dello stomaco.
 
Solo che stavolta non credo sia fame.

 

   
 
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