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Autore: ShioriKitsune    05/04/2013    10 recensioni
In un universo alternativo, Naruto, Sasuke e tutti gli altri sono dei normali ragazzi che frequentano la scuola superiore. Ovviamente, il normali va tra virgolette.
****
[NaruSasu]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Salve a tutti!
Questo è il secondo tentativo che faccio nello scrivere una long fic su Naruto. Il primo non è andato a buon fine, ma a questa ci tengo davvero tanto e spero che venga apprezzata ^_^
Non ho selezionato la voce OOC, ma se dovessi accorgermi che i personaggi vanno TROPPO fuori, la metterò in futuro.
Se apprezzate, fatemelo sapere con un commentino. Mi renderebbe davvero felice!
 

* * * * * * *


Capitolo uno: fughe, alcol e baci rubati.
 

Stavolta ci lascio le penne.
 
Naruto Uzumaki, correndo a perdifiato, si sistemò il copri fronte stringendo i lembi della stoffa dietro il capo, mentre con sguardo impaurito si voltava per dare un’occhiata alle sue spalle.
 
Sakura-chan mi truciderà. Oh, sì che lo farà.
 
Un kunai gli passò affianco, sibilando e conficcandosi nell’albero di fronte a lui. S’irrigidì e sgranò gli occhi, terrorizzato.
«Sakura-chan, così mi ammazzi sul serio!».
Un cespuglio rosa si stava avvicinando correndo come una furia, il viso contratto in un’espressione che prometteva una dolorosa vendetta.
«È proprio quello che voglio fare, baka!», gli ringhiò contro, mentre il suo viso iniziava ad assumere sfumature violacee.
«Per favore, parliamone», squittì il biondino, che nel frattempo aveva ricominciato a correre.
Beh, non era stata colpa sua se, accidentalmente, le sue labbra erano finite su quelle di Uchiha Sasuke, l’uomo per il quale da sempre la ragazza professava il suo amore.
Ma era stato uno sbaglio! Un terribile, rivoltante, imbarazzantissimo sbaglio.
«Mi hanno spinto, te lo assicuro!».
«Al diavolo tu e le tue scuse!», continuò lei, guadagnando terreno a passo di carica. «La prima a baciare Sasuke-kun sarei dovuta essere io! Hai rovinato tutto!».
Naruto era terrorizzato. Conosceva quella strega e avrebbe preferito buttarsi a capofitto in una missione di grado S, piuttosto che passare un secondo in compagnia di lei arrabbiata.
E, distratto da quel pensiero, beccò in pieno il tronco che probabilmente gli avrebbe fatto da tomba.
 
Diritto nelle fauci del nemico!
 
Piagnucolò. «Sakura-chan, ti prego, abbi pietà. Fammi male, ma giusto un po’».
Sakura Haruno digrignò i denti. «Tu.. tu meriti la morte!».
L’Uzumaki chiuse gli occhi, stringendosi la testa tra le braccia.
 
Morire per mano della donna che amo. È proprio vero che amoreè sinonimo di tragedia.
 
«Muori come ninja traditore di Konoha, razza di idiota ruba-fidanzati!».
La mano di Sakura si alzò, preparandosi a sferrare il colpo che sarebbe arrivato in
Tre..
Due..
Uno..
 
***
 
Una secchiata d’acqua gelida fece risvegliare Naruto di colpo, con il cuore a mille per l’agitazione. Le lenzuola, così come il pantalone del suo pigiama, erano completamente fradice.
Inizialmente si guardò intorno ad occhi sbarrati, cercando il colpevole e preparandosi a sputare fuori una catena di insulti che avrebbe fatto impallidire chiunque. Poi, assumendo un’espressione da “oh, sono davvero un idiota”, ricordò che quella piccola richiesta era stata fatta di sua volontà.
Guardò i numeri  stilizzati sulla sveglia del comodino che - come ogni mattina - non aveva sentito, rotolando giù dal letto ed esclamando un sonoro “Merda”.
«Sei sicuro che sia il metodo migliore per farti alzare dal letto, Naruto?». 
Konohamaru, il suo piccolo e fastidioso vicino di casa, storse la bocca. «Ho paura che un giorno io possa non essere così veloce e beccarmi un pugno».
Il biondino sospirò, passandosi una mano tra i capelli bagnati. «Tu assicurati di essere abbastanza rapido e non ti succederà mai niente», borbottò.
Le loro abitazioni erano quasi collegate da un piccolo balcone che il ragazzino si divertiva a scavalcare senza neanche fare troppi sforzi.
Fin da quando si era trasferito in quel quartiere di Tokyo, Naruto aveva trovato irritante il perpetuo irrompere del ragazzino in casa sua, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ma, con il tempo, ci aveva fatto l’abitudine. In fondo, un po’ di compagnia non guasta quando si è perennemente soli.
Konohamaru abitava con sua madre nell’appartamento affianco al suo: si conoscevano ormai da sette anni, e per Naruto era diventato come un fratellino minore da accudire, tormentare e sfruttare se necessario.
Il ragazzo storse il naso, incrociando le braccia al petto. «Asciugati, prima di beccarti un malanno. Ora devo andare. Oh-», si bloccò all’improvviso, con ancora la mano sulla maniglia della porta. «Farneticavi qualcosa a proposito di te che muori come ninja traditore di Konoha. Di che diavolo parlavi?».
L’Uzumaki alzò un sopracciglio, stropicciandosi gli occhi. «Solo uno strano sogno. Ora va’, prima di fare tardi».
«Come fai sempre tu?».
Naruto assottigliò gli occhi riducendoli in una fessura. Gli lanciò contro una ciabatta, ma il ragazzino era già fuori dalla porta.
Sorrise appena, in risposta al suo ghigno rumoroso. «Stupido marmocchio».
 
Per chissà quale miracolo, riuscì ad uscire di casa in tempo. Forse, ma proprio forse, quel metodo non era poi un totale disastro. Peccato che non sapeva se sarebbe morto prima d’infarto o di raffreddore.
Infilò le mani in tasca, portando lo zaino su una spalla sola. I suoi capelli erano un groviglio informe a cui non era riuscito a dare un garbo, utilizzando il tempo a disposizione per lavarsi e indossare qualcosa di asciutto.
Aveva appena voltato l’angolo, quando in lontananza scorse la zazzera bluastra di Uchiha Sasuke.
«Teme! Ohe, aspettami».
Sasuke, come sempre, lo ignorò. Continuò a camminare a passo lento e con le spalle curve, annoiato all’idea di dover dividere l’aria con quegli idioti della sua sezione. Sospirò.
«Baka! Ti ho detto di fermarti!». Il biondo iniziò a correre nella sua direzione e, una volta arrivato, lo bloccò con una mano sulla spalla. «Ti diverti così tanto ad ignorarmi?».
L’Uchiha scrollò le spalle. «Ormai è un’abitudine, non me ne accorgo nemmeno».
Naruto ridusse gli occhi in due fessure, puntandogli un dito sul petto. «I-dio-ta», sillabò.
L’altro sbuffò, aggirandolo per ricominciare a camminare. «Sbaglio o stamattina sei più petulante del solito?».
Sghignazzò. «Il risveglio mi ha dato una scarica di adrenalina. E poi ho fatto davvero un sogno strano».
Portò le mani dietro la testa, incrociandole, ed iniziò a camminare al fianco di Sasuke.
Rimase in silenzio per qualche secondo, poi parlò. «A questo punto, tu dovresti chiedermi con una certa dose di entusiasmo: “Davvero, Naruto? E cosa hai sognato di così interessante? Ti prego, racconta, sono tutto orecchi”».
Silenzio.
«Te lo racconterò comunque».
Sasuke alzò gli occhi al cielo. «Ci avrei scommesso».
«Allora», iniziò, sgranando gli occhi a causa dell’eccessivo entusiasmo. «Noi abitavamo in questo villaggio chiamato Konoha. E frequentavamo un’accademia per diventare ninja».
L’Uchiha alzò un sopracciglio, fermandosi. Finalmente, Naruto era riuscito a spiazzarlo. «Ninja?».
«Ninja! E c’eravate tu, – beh, nel sogno non sei apparso, ma ti abbiamo nominato – Sakura-chan, ed io. E Sakura-chan voleva uccidermi perché-».
Si bloccò di colpo, abbassando lo sguardo in un moto automatico di imbarazzo. «B-beh», balbettò, ritrovando l’entusiasmo. «Non è importante il perché. Allora io correvo e lei m’inseguiva lanciandomi kunai, io andavo a sbattere contro un albero e poi-».
«Oh, ti prego, finiscila», borbottò l’altro ricominciando a camminare.
Naruto mise il broncio. «Ehi, ma è stato un sogno così divertente. Potrei scriverci qualcosa in proposito, magari».
«Scordati di inserirmi in una cosa del genere».
L’Uzumaki afferrò dal collo l’Uchiha, grattandogli la testa con il pugno dell’altra mano. «Andiamo, musone, perché per una volta non ti lasci andare ad una risata?».
La risposta dell’altro fu secca. «No».
«Un risolino?».
«No».
«Un sorriso appena accennato?».
«Nemmeno».
Sbuffò. «Sei così antipatico anche con Itachi?».
All’udire il nome del fratello maggiore, Sasuke sorrise appena. «Certamente».
Naruto roteò gli occhi. «Allora sei proprio un caso perso».
Ma dentro di sé esultò soddisfatto perché era riuscito a strappargli una parvenza di sorriso.
Arrivarono davanti al cancello dell’istituto, e subito una massa di ragazze adulanti li investì.
«Naruto-kun! Ti stavo aspettando! Ti ho portato la colaz-».
«Oh, Naruto-kun, quest’acconciatura scomposta ti rende ancora più be-».
«Naruto-kun! Hai bisogno che ti passi i compit-».
Il biondo lanciò un’occhiata spaventata al compagno. «Filiamocela», mimò con le labbra.
Afferrò Sasuke dal polso, trascinandolo all’interno dell’edificio, al sicuro.
Rise nervosamente. «Sono così.. petulanti. E, oh, mi spaventano. Come hai fatto a sopportarle così a lungo?».
Sasuke incrociò le braccia al petto, appoggiandosi al muro. «Non l’ho fatto».
Tutti a scuola avevano timore di Uchiha Sasuke.
Non che lui avesse mai fatto materialmente qualcosa per guadagnarsi quella reputazione; bastava guardarlo in faccia per capire di essere indesiderati. Ci era passato anche Naruto, ma non si era mai lasciato influenzare dalla facciata dura dell’amico.
Lui, al contrario, da quando aveva salvato la ragazza più popolare della scuola, Sakura Haruno, da un pirata della strada impazzito, era diventato così ricercato che tutti volevano essere suoi amici e tutte volevano uscire con lui.
In passato, quella sarebbe stata una manna dal cielo.
Dopo la morte dei suoi genitori, si era sempre sentito solo e abbandonato dal mondo. Aveva sempre desiderato un affetto, qualcuno che lo apprezzasse.
Ma quella gente sembrava volergli bene solo per convenzione. Solo perché, in quel momento, lo facevano tutti.
A Naruto non importava di così effimeri rapporti, ma si dimostrava comunque gentile e amichevole con tutti, era la sua natura.
La campanella suonò e i corridoi iniziarono a riempirsi di studenti.
«Andiamo in classe», borbottò Sasuke, per niente elettrizzato all’idea.
Quel posto non gli dava nessun tipo di stimolo: a diciannove anni, probabilmente si sarebbe potuto laureare senza alcun problema. Il suo quoziente intellettivo era nettamente al di sopra della media, e i ragazzi della sua età lo annoiavano e irritavano.
Ma Naruto era l’eccezione.
..Ogni tanto.
L’Uzumaki lo bloccò. «E se non lo facessimo?».
«Dobe, già sei una capra. Non dovresti anche saltare le lezioni, non ti diplomerai mai».
Naruto sospirò, passandosi una mano sulla fronte. «Una lezione in più non mi renderà un genio, ti pare?».
«Ti prego, neanche un miracolo potrebbe farlo».
Si raddrizzò, stizzito, ma recuperò l’allegria subito dopo. «È un sì?».
«No».
«Sasuke..».
L’altro gli rivolse un’occhiataccia.
«Potrei aver parlato con Itachi, che avrebbe potuto darmi – solo a scopo preventivo, s’intende – delle tue adorabili foto di quand’eri bambino. Sai, il primo bagnetto, la prima pappa, il cambio di pannolino..».
Sasuke si strinse nelle spalle. «Sai che non m’interessa se le fai vedere in giro».
«Ma insomma!», sbottò il biondo, serrando i pugni. «Neanche ricattarti è divertente. Cosa posso dirti per convincerti a saltare la scuola con me?», ammise infine con sguardo implorante e le spalle curve, abbattuto per l’ennesimo fallimento.
L’Uchiha finse di pensarci su. «Vediamo», cominciò, massaggiandosi il mento. «Potresti iniziare col promettere che non mi disturberai per una settimana intera, che mi rivolgerai la parola solo se necessario e che non ti presenterai a casa mia in piena notte solo perché hai finito il ramen e non sai cosa fare».
Naruto curvò le spalle ancora di più. «Impossibile», borbottò con voce monocorde.
«Allora nulla».
Si era quasi arreso, pronto – anche se mogiamente – ad entrare in classe e affrontare la lezione, quando una voce femminile alle loro spalle li fece voltare di scatto.
«Sasuke-kun!».
 
Oh no, quella pazza di Ino.
 
Sasuke sgranò gli occhi, terrorizzato, e si voltò di scatto. Se c’era qualcuno che lo spaventava davvero, quella era Ino Yamanaka.
Era ossessionata da lui fin dal primo anno. Ma non come tutte le altre ragazze che avevano avuto una cotta per Sasuke: lei era una vera e propria stalker.
Lo seguiva sotto casa, gli mandava fiori e centinaia di sms al giorno ed era costantemente aggiornata sullo svolgersi della sua vita. Come se davvero seguisse da vicino ogni suo movimento. E non le importava degli sguardi intimidatori di Sasuke o delle velate minacce di morte delle sue altre fan; lei persisteva e continuava a sbandierare il suo amore ai quattro venti, giurando agli dei che un giorno sarebbe stato suo.
«Mi hai convinto», bisbigliò concitato. «Devo scappare da qui, subito. Se dovessimo separaci, tra dieci minuti a casa tua».
Naruto non ebbe il tempo di rispondere che il suo amico se l’era già filata.
 
Lo ritrovò appoggiato alla porta del suo appartamento, impegnato nel riprendere fiato. Quando vide Naruto si guardò intorno allarmato, lanciando persino un’occhiata verso la rampa delle scale. «Sei sicuro che nessuno ti abbia seguito?».
«Fidati amico, sono diventato bravo nel seminare folle di ragazzine».
«Ma quella è molto più pericolosa di una folla».
Sghignazzò. «Se ti sentisse suo padre saresti un uomo morto».
Sasuke gli lanciò un’occhiataccia. «Beh, sei contento adesso? E ora muoviti ad aprire questa maledetta porta».
Si stravaccarono sul divano, facendo partire la consolle e sputandosi addosso variegati e più o meno coloriti insulti per tutto il resto della mattinata, fin quando Sasuke non gettò il joystick tra i cuscini del divano sfondato, alzandosi per stiracchiare i muscoli.
«Sei un perdente, dobe. Ho vinto ventisei partite su ventisette. Come puoi fare così schifo?».
Naruto sbuffò, agitando le mani per sciogliere le dita intorpidite. «Meglio dell’altra volta, quando le ho perse tutte quante», borbottò.
La vibrazione del cellulare catturò la sua attenzione. Si allungò sul divano per sfilarlo dalla tasca dei jeans, poi aprì curioso il nuovo messaggio.
 
“Ehi, Uzumaki! Stasera party a villa Haruno, ci vieni?”
 
Aggrottò la fronte.
Le feste non erano proprio il suo ambiente. Non che fosse mai stato invitato ad una festa prima d’allora..
«Ehi, Sas’ke?».
«Che vuoi?».
Naruto si alzò, aprendo il frigorifero per prendere una lattina di fanta. «Ti va di andare ad una festa, stasera?».
«Scordatelo», borbottò l’altro.
Avrebbe dovuto aspettarsi quel rifiuto. In fondo, Sasuke non era per niente un tipo da festa, non lo era mai stato. Anche quando lo guardava da lontano, prima che diventassero amici, si era sempre accorto che l’Uchiha non era un grande estimatore della vita sociale.
L’unica persona con cui l’aveva visto parlare, eccetto se stesso, era suo fratello Itachi.
«Immaginare una serata divertente ti fa così schifo?», domandò esasperato il biondo, senza però nascondere un sorrisetto.
«La mia idea di divertimento differisce dalla tua, dobe».
Naruto curvò le spalle, arrendendosi. «E va bene, ci vado da solo. Ti libererai di me per una sera».
«Oh, allora c’è un risvolto positivo in tutto questo!», commentò con tono affilato e sarcastico l’altro. «Adesso vado, Itachi sarà a casa tra poco. Se scopre che ero da te, si lamenterà del mancato invito».
Il biondo gli fece un cenno con la mano. «Ti pentirai di aver rinunciato alla mia compagnia!».
Sasuke alzò gli occhi al cielo, chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
 
 
Forse ho bevuto troppo.
 
La testa gli vorticava in un susseguirsi di immagini, suoni e odori sconnessi tra loro, ed il suo equilibrio era talmente precario che a stento riuscì a non cadere di faccia per terra.
Uzumaki Naruto, a quasi diciannove anni, si era preso la sua prima, vera, colossale sbronza.
«Ehi, amico, ti stai divertendo?».
Il biondino annuì. «Suppongo di sì», biascicò, lasciandosi cadere sul divano di pelle nera disposto al lato destro della grande stanza.
La luce era soffusa, la musica fin troppo alta, quasi assordante.
 
Mi scoppia la testa.
 
Aveva la vista così offuscata che non riusciva a capire chi fosse colui che gli stava rivolgendo la parola. Cercò di stringere gli occhi per mettere a fuoco la figura che non smetteva di muoversi. «Sei Akamaru, vero?».
Il ragazzo scoppiò a ridere. «Akamaru è il mio cane, baka! Io sono Kiba. Hai presente?».
«Mhm».
«Ehi, Naruto.. stai bene?».
«Mhm».
Kiba aggrottò la fronte. «Si vede che non sei abituato alle feste, pivello. Non esagerare!».
 
Troppo tardi.
 
«Naruto?».
Il biondo fece lo sforzo sovraumano di aprire un occhio. Era steso di lungo sul divano, e si rese conto che forse provare a dormire era stato anche peggio.
«S-Sakura-c-chan?».
Doveva smetterla di cercare di sputare fuori qualche parola, era un tentativo pietoso.
«Naruto, sei proprio un idiota!».
La ragazza dai capelli rosa gli rivolse un sorriso, stringendo tra le mani un bicchiere pieno di qualcosa dai colori accesi. Si accomodò accanto a lui, accavallando le gambe, e Naruto si portò automaticamente una mano alla bocca.
«S-Sakura, puoi allontanare quel.. quel..».
«Oh», la ragazza spalancò appena gli occhi con fare civettuolo, poi allontanò il bicchiere. «Va meglio?».
Annuì.
Lei si schiarì la voce. «Sai, Naruto. Speravo che tu venissi, stasera».
«Davvero?», mormorò, sperando solo di non vomitarle in faccia. «C-come mai?».
«Perché volevo ringraziarti per bene per ciò che hai fatto quel giorno».
«Ah».
Naruto si bloccò, aprendo anche l’altro occhio.
 
Oh no, oh no. Non è il momento, Sakura-chan.
 
Sentì la mano di Sakura farsi strada sulla sua coscia ed il suo respiro sulla guancia. «Prima d’allora non ti avevo mai notato, Uzumaki. Voglio recuperare il tempo perso».
 
Oh no.
 
«Ehm, Sakura-chan, non c-credo che..-».
La ragazza gli posò un dito sulle labbra. «Non preoccuparti, Naruto, sarà piacevole».
 
Indubbiamente, ma..
 
Si alzò di scatto, facendo rotolare la ragazza sull’altro lato del divano.
«Scusa, Sakura-chan, ma non mi sento molto bene».
Chinò il capo, iniziando a camminare velocemente tra i corpi sudaticci che affollavano il centro della stanza, cercando disperatamente la porta che l’avrebbe condotto fuori, verso l’aria fresca e pungente della sera.
Quando finalmente la musica iniziò a diventare un rumore di sottofondo, capì di essere sulla strada giusta. Subito dopo, spalancò la porta e cadde disteso sull’erba bagnata dalla rugiada del giardino.
«Sono un idiota», sussurrò, imprecando verso se stesso.
Rimase così, fermo, cercando di regolarizzare il respiro e di fermare la testa che proprio non voleva saperne di stabilizzarsi.
«Morirò su questo prato..».
«Beh, potresti».
Una voce familiare gli diede la forza di alzare la testa. Sasuke si ergeva davanti a lui, con le mani appoggiate ai fianchi e le gambe divaricate. «E tu che diavolo ci fai qui?», mugugnò, cercando di farsi forza sulle braccia per tirarsi su.
«Mi hai mandato un SOS, testa quadra», borbottò alzando un sopracciglio e mostrandogli lo schermo del cellulare.
Naruto aggrottò la fronte. «No, io non..».
«Sasuke-kun! Sasuke-kun, sei arrivato!».
I due sussultarono. «Ino?».
La ragazza corse ad aggrapparsi al braccio dell’Uchiha. «Sapevo che, se ti avessi mandato un sms dal telefono di Naruto, saresti venuto subito!».
Sasuke rivolse a Naruto uno sguardo assassino. «Come hai potuto farti sfilare il cellulare da lei?».
«Non me ne sono nemmeno accorto!».
«Sei un incosciente! Tu mi farai uccidere, baka!», sibilò.
«Scusa, Sasuke, io non-».
«Niente scuse!».
Sarebbe stata una situazione tragica, in un’altra occasione. Ma, con l’aiuto dell’alcol, Naruto riusciva a vedere solo il lato comico dell’espressione del suo amico.
L’Uchiha si voltò verso la ragazza dalla lunga coda bionda. «Ciao Ino. Sono felice di vederti. Mi dispiace di non aver risposto ai tuoi sessantadue messaggi, ma non ho credito. Ora che sono qui, potresti andare a prendere un bicchiere d’acqua per il mio amico? Credo non si senta molto bene».
Ino, felice che Sasuke si fosse rivolto a lei con un tono quasi gentile, si affrettò a sorridere e annuire. «Certo, Sasuke-kun! Torno in un baleno».
La ragazza corse via sorridente, e per un secondo i due rimasero immobili.
Sasuke continuò a guardare nella sua direzione, ma il suo corpo era pronto a scattare. «Ascolta», iniziò, fin troppo calmo. «Quando te lo dico, alzati e inizia a correre più veloce che puoi».
«Ma Sasuke, io..».
Lo sguardo che rivolse a Naruto fu in grado di zittirlo. Il biondo deglutì, recuperando tutta la forza che gli era rimasta.
«Ora!».
I due schizzarono in avanti, con Sasuke che tirava dalla manica della maglietta un Naruto che non riusciva a smettere di ridere.
«Smettila! Ci sentirà!», sibilò lanciando sguardi sadici all’indietro.
Ma anche lui doveva ammettere che la situazione sfiorava il comico.
Continuò a trascinarlo fin quando non arrivarono alla porta di casa di Naruto.
Si fermò a riprendere fiato su quel pianerottolo per la seconda volta in meno di ventiquattro ore. «La prossima volta che decidi di andare ad una festa e ubriacarti, ti prego di lasciare a casa il cellulare. O, ancora meglio, ignorerò i tuoi sms. Potrai pure morire».
Naruto continuò a ridere come se quella fosse la situazione più divertente del mondo. «Sas’ke.. la tua faccia!», mormorò tra gli spasmi. «La tua faccia!».
Sasuke gli piantò un pugno al centro esatto della testa. «Smettila di ridere, idiota».
«Coraggio, Teme, aiutami ad alzarmi. Non credo di farcela ad arrivare al letto».
L’Uchiha, alzando gli occhi al cielo, lo sollevò dal colletto. «Dove sono le chiavi?».
«Nella tasca dei jeans».
Chinò lo sguardo, tastando le tasche del jeans del compagno. «Qui non ci sono».
Naruto sbuffò. «La tasca.. la tasca di dietro, forse».
Sasuke si bloccò per un attimo. Ma poi, sospirando, infilò la mano nella tasca posteriore del pantalone di Naruto.
E qualcosa scattò in loro in quell’esatto momento.
Afferrò le chiavi, ritirando in fretta la mano e sentendosi avvampare internamente. Per sua fortuna, era così buio che non c’era speranza che Naruto se ne accorgesse.
Ma fu qualcos’altro a farlo rimanere ancor più di stucco.
L’Uzumaki gli aveva posato una mano sulla guancia, afferrandogli il mento, e dopo un interminabile attimo di silenzio, aveva mormorato: «Grazie per esserci stato anche stavolta, Sasuke».
Poi, senza che neanche si rendesse conto di ciò che stava facendo, posò delicatamente le labbra sulle sue.
La reazione di Sasuke fu immediata.
Si tirò indietro, sgranando gli occhi. «Dobe, che diavolo fai?», grugnì, lanciandogli le chiavi.
Naruto lo aveva appena baciato?
Il biondo aggrottò la fronte. «Non..».
“Non” cosa? Non riusciva più neanche a ragionare.
Sasuke gli lanciò un ultimo sguardo, poi schioccò la lingua e si affrettò ad allontanarsi.
Naruto si sfiorò le labbra con due dita, abbassando lo sguardo sul mazzo di chiavi che stringeva nelle mani. Sapeva che non avrebbe avuto la forza di infilarle nella serratura.
Chiuse gli occhi, lasciandosi scivolare con le spalle contro la porta.
Non gli importava di dormire sul pianerottolo, al freddo e ubriaco.
Un solo pensiero riusciva a mettere a fuoco quella mente atrofizzata dall’alcol.
 
Perché diavolo ho baciato Sasuke?


 

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