Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: SunButterfly    08/04/2013    0 recensioni
Un infermiera non proprio sexy, un ragazzo biondo dagli occhi tanto grandi quanto spenti. Una storia intrigata che solo lei può risolvere. Un sentimento che non può reprimere, una promessa "Con te."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 2
Anna si girava e rigirava nel letto, cercando disperatamente di staccare i fili che le collegavano il cervello facendola pensare, e addormentarsi. Ma non ci riusciva. Pancia in su, poi pancia in giù, poi di fianco. Niente riusciva a distrarla. Pensava e ripensava alla conversazione col dottor Lauri. Era stato chiaro, diretto, come una doccia fredda. “Il ragazzo sarà trasferito in un altro istituto. I suoi attacchi di panico sono sempre più frequenti e qui non possiamo aiutarlo. Sembra che le stia molto a cuore, quindi ho pensato che dovesse sapere…”. Le si era gelato il sangue a quelle parole. Cercava in ogni modo di formulare una risposta, di spiegare perché era contraria a tutto questo. Ma non c’era riuscita. L’unica cosa che era stata in grado di fare, era stato scappare via. Si era rifugiata in un bar, aveva bevuto qualcosa di forte cercando di dare un filo logico ai pensieri, ed ora eccola là. Senza pranzo, ne cena, a cercare di capire perché. Perché le importava così tanto. Perché si era sentita morire. Perché per la prima volta voleva sul serio ribellarsi a Lauri. Aveva visto decine di pazienti che venivano ‘trasferiti’ o meglio sballottati da un istituto all’altro. Perché checché ne dicesse il dottor Lauri, bastava il suo parere, e i medici della zona catalogavano i malati espulsi dal suo istituto come casi irrisolvibili. E così li cominciavano a sballottare da un posto all’altro. Lei lo aveva sempre saputo, eppure nonostante la giustificata compassione, era raro che le bruciasse così, o meglio era la prima volta.
Si girò su un fianco e guardò l’orario, erano le 3. Ripensò alla prima volta che lo aveva incontrato. Era di turno, per il suo giro quotidiano, sei mesi prima. Lauri la aveva avvisata, c’era un paziente nuovo. E così lei dovette fermarsi alla stanza 562. Quando entrò, pensava di trovare uno dei ‘soliti’ pazienti. E invece, un ragazzo alto, coi capelli chiari, guardava fuori dalla finestra. Quando la sentì arrivare si girò. Aveva gli occhi chiari, solcati da profonde occhiaie, che tuttavia non riuscivano a rovinare il viso che tradiva la giovane età. Era vestito come un normale ventenne, un jeans scolorito, e una grande felpa nera. Era bello, nonostante il viso segnato e i capelli spettinati, e lei provò una profonda compassione. “Sono Anna, sono un’infermiera” si presentò lei. Lui non le rispose. “Come ti chiami?” provò a chiedere. Ma nulla. Lui la fissava immobile. Poi sgranò gli occhi e si portò le mani alle orecchie “Arriva!” disse a voce alta. Lei lo fissò non sapendo che fare. Era un attacco, questo lo sapeva. “Aspetta, calmati!”. E poi era arrivato Lauri. E da quel momento ogni giorno finiva così. Marco, poi aveva scoperto il nome, aveva attacchi sempre più violenti, e Lauri la interrompeva non appena lei cercava di capirci qualcosa. L’unica cosa che lui le era riuscito a dire era la sua età, quando durante uno dei suoi attacchi lei provò a calmarlo. Aveva 25 anni. Tre in più di lei, eppure era già un ‘caso grave ’. E domani l’avrebbero portato via, e lei non poteva far nulla per impedirlo. In realtà si era data la risposta ai suoi dubbi da tempo: lo difendeva perché si era innamorata. Ma quando arrivava a quella conclusione, irrimediabilmente cercava altre scuse, ed entravano in gioco la compassione, l’umanità, e tutto ciò che poteva giustificarla. Non poteva innamorarsi di un paziente, lo sapeva bene, eppure era successo. E in quel momento, stretta nel suo piumone, le gambe vicino al petto, l’aveva ammesso anche a se stessa.
Si addormentò per sfinimento quella notte, e si svegliò poi trasalendo. Erano le 6, aveva un'altra ora prima di andare in istituto, a vederlo per l’ultima volta. Un caffè al volo, e si era  catapultata sulla macchina. Guardò il suo riflesso nello specchietto ferma ad un semaforo. Era terribile, con gli occhi scuri cerchiati dalle occhiaie e la coda tirata male dietro la testa. Arrivò all’istituto senza nemmeno ricordare la strada, sovrappensiero. Cercava qualcosa da dire, a lui o a Lauri, questo non le importava, ma doveva dire qualcosa. Si infilò il camice velocemente ed eccola di fronte alla stanza 526. Aveva ancora un quarto d’ora, prima dell’appuntamento con Lauri, non doveva entrare, lo sapeva. Ma non poteva farne a meno. Aprì la porta, e le sembrò di trovarsi in preda ad un deja-vu. Lui era lì e la fissava, vestito come il primo giorno. Di colpo si rese conto che ancora non aveva preso i suoi farmaci, ma non se ne preoccupò. Qualunque infermiere sarebbe stato terrorizzato, insomma era un caso grave senza farmaci! Ma lei no. Anzi le venne spontaneo sorridergli. Il cuore le martellava in petto, e si avvicino con calma. “Ciao Marco..” ecco, era già qualcosa. Lui la fissò come sempre, ma con uno scintillio negli occhi che lei non gli aveva mai visto. Era..vivo. “Devo andarmene?” disse poi. Anna trasalì. Si guardò in giro, come se non si rendesse conto che quella voce proveniva da lui. L’aveva solo sentito gridare fino a quel momento, sentirlo parlare le diede una forza inaspettata. “Si, Marco..ma ti prometto che farò qualcosa..te lo prometto.” Lui si portò le mani in testa, lei si preoccupò. Era un attacco? “Tu..tu vieni?” Le disse con un filo di voce. Lei non rispose, sentì le lacrime montarle agli occhi. Poi finalmente, fece l’unica cosa che in quel momento le sembrava opportuna e gli corse incontro, lanciando sigli  tra le braccia. Lui restò immobile, ed erano lì, lei che lo abbracciava e lui dritto come un palo, con la testa fra le mani. “Non..non lasciarmi..” Lei annusava il suo profumo, fino in fondo, e sapeva di buono. “Non ti lascio!” disse. Poi gli carezzò il viso, gli sfiorò le braccia con le dita, e gli sorrise, con gli occhi pieni di lacrime. Ne fu sicura. “No, non ti lascio. Prepara le tue cose, io no ti lascio. O resti qui..o..ancora non so che fare.” Sta volta si portò lei le mani sulla testa. “Insieme.” Disse lui, e poi le sorrise per la prima volta. Lei dovette di nuovo ricacciare le lacrime, e sospirando provò a sorridergli. “Ora vado, ma ti prometto che torno presto!” Lui continuò a sorridere, e poi le prese una mano. Le baciò le nocche, e lei chiuse gli occhi, assaporando quel piccolo momento fino in fondo.
Fu difficile lasciarlo lì, ma una volta fuori dalla stanza, Anna si sentiva forte. Ora sapeva cosa fare. Andò decisa verso lo studio di Lauri, e spalancò la porta senza bussare “Non può farlo!” disse urlando. Ma quello che vide la lasciò perplessa. Una bella donna sulla quarantina la fissava sconcertata, e Lauri seduto alla sua scrivania balzò in piedi. “Anna, la attendevamo, entri.” Lei si sentì morire, col viso infuocato avanzò verso di lui fissando la donna. “Lei è Lucia, la madre di Marco..” “Bene, signora..” cominciò lei stupendosi della sua forza. Prima di quel giorno si sarebbe limitata a sorridere ed annuire presentandosi. “Io credo che suo figlio, non debba essere trasferito, sono pronta a prendermi tutta la responsabilità..” concluse con una nota incerta di cui subito si rimproverò. Lauri sorrise, e la donna cominciò a parlare “Lei non sa ancora la sua storia, vero?” Anna fece segno di no con la testa. Non ci aveva pensato. Doveva chiederlo a Marco prima, sarebbe stato un argomento da sfruttare a suo favore, avrebbe potuto aiutarlo… “Ha violentato una ragazza” Anna si sentì gelare, in suo flusso di pensieri interrotto bruscamente. Non era possibile, non lo era. Cercò di riordinare i pensieri “Come?Quando?” Ecco, ora sembrava una perfetta idiota. “Sette
 mesi fa..”sta volta era Lauri a spiegare. Lei scosse la testa. Qualcosa, non sapeva cosa, le faceva credere che ci fosse di più. “Lo trovai a casa, aveva tramortito la poveretta, che era stesa sul pavimento. Non ricorda nulla, ma i segni di violenza erano chiari…” Ora le veniva da vomitare. Quello stesso ragazzo che la guardava come un cucciolo spaurito, che le aveva detto di non lasciarlo… Ormai c’era dentro. Per una volta doveva fare quello che si sentiva, per una volta non doveva sentire ragioni, ma fidarsi del suo istinto. Li fissò entrambi. “Bene, allora direi che è deciso, no?” Lauri la guardò stranito, forse non si aspettava tanta tranquillità, e lei stessa si stupì della sua capacità di recitare. “Direi di si..” disse la donna. “Posso salutarlo?” “Se ci tiene..” Lauri la guardò senza espressione. Lei ingoiò, e poi aggiunse “Bene allora, io andrei, tra poco devo cominciare il giro..” Bingo. Si stupì di nuovo delle sue stesse parole. “Arrivederci” disse la donna senza sorriderle. Lei sollevò la testa in segno di saluto e poi si girò. Uscì dallo studio, e poi cominciò a correre. Aprì la porta della stanza 526 e lui era ancora là. Vedendola arrivare le andò incontro. Lei gli si tuffò tra le braccia, e le parole di quella donna le sembrarono lontane anni luce. Lei doveva fidarsi, lei si fidava, lo amava.  “Prepara le tue cose..” disse velocemente. Lui la fissò spaventato “Devo andare??” “Via di qui, ma con me.” Disse lei decisa. “E loro?” Anna soppesò quelle parole, notando che con ‘loro’ intendeva sua madre e Lauri. Strano. “Con me.” Chiuse lei decisa. E lui sorrise, di nuovo. “Con te, con te” Poi afferrò un borsone, e la guardò spaesato. “Dobbiamo muoverci, disse lei.” E lo prese per mano. Cominciarono a correre insieme, lungo il corridoio, e gli altri pazienti sentendo fracasso cominciarono ad urlare. Lui sembrava invece tranquillo tra quelle urla, come se fosse un normalissimo ragazzo, solo tanto spaventato. Si fermarono vicino all’ingresso, dove c’era il carrellino, lei afferrò delle gocce automaticamente, lui le lasciò la mano. “Non voglio.” Disse fissando le gocce “Non voglio, ti prego!” Lei le carezzò il viso “Se non vuoi, non te ne darò..” Lui annuì ancora diffidente. “Che cazzo crede di fare???” Lauri e la donna erano in fondo al corridoio. “Tua madre”, disse lei sentendosi gelare il sangue. Lui afferrò il carrellino tenendolo stretto. “Io vengo con te. Non con lei.” Disse sicuro. Poi lasciò correre il carrellino per il corridoio, la donna urlò spaventata, Lauri si mise di fronte. Lui le prese la mano “Andiamo?” “Andiamo.” E così dicendo, uscirono veloci dall’istituto. 



Ri-salve a tutti! :) Ecco il secondo capitolo! Aggiornerò a breve, se la santissima ispirazione sarà con me! AHAHAHAHAHAHAHAHHAHAH
Grazie per essere arrivati fin qui! Commentate!
__SunButterfly__
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SunButterfly