Capitolo Terzo
-Is My Sin-
Fay e
Fanny camminavano l’una di fianco all’altra, senza
una meta precisa. La più
alta, Fanny, osservava Fay preoccupata, mentre quella fissava per
terra, mentre
continuava a camminare tranquillamente. Fay sospirò, Fanny
deglutì.
«Faycchan?»
tentò. La più bas.. la più giovane non
rispose. Fissava apaticamente per terra,
come se niente potesse farle sollevare lo sguardo. E sbuffava. Era
così oramai
da anni, e Fanny non aveva mai capito perché.
Tutto
da quando Fanny stava rischiando di morire affogata
nell’acqua.
«Faycchan?
Faycchan!» tentò ancora, mettendole una mano sulla
spalla. La destò, facendola
scattare ad osservarla. Fay inarcò un sopracciglio.
«Che
c’è?» chiese, interrogativa e alterata:
non le andava quasi di essere
disturbata.
«Io..
oh, bhè. Niente.» fece, scuotendo la testa
«Solo che ogni volta, nee-chan, sei
sempre così distaccata..»
«E’
una tua illusione ottica.»
«Non
ti riesce di mentire, nee-chan.»
«Dettagli.»
rispose quella, seccamente. Le seccava oramai tenere una conversazione
con la
sorella o con qualunque altra persona, almeno mentre questa pensava.
Pensando
pensando, finì con lo sbattere accidentalmente contro un
ragazzo, che gli diede
una potente spallata. Si sentì un rumore metallico forte e
deciso. Fay di quel
ragazzo vide soltanto la coda bionda, nient’altro.
«Faycchan!»
s’apprestò a rimproverare Fanny «Ma
perché non guardi la gente che sta
arrivando?! Chiedi scusa!»
«Ma
stà zitta..» disse Fay, mentre si voltava ad
osservare il ragazzo contro la
quale aveva sbattuto: occhi dorati, capelli del medesimo colore,
altezza più o
meno decente, volto da bambino. Fay inarcò un sopracciglio
«Stà attento a dove
vai, ragazzino..» disse, sprezzante verso di lui. Quello le
si accanì contro,
ma venne prontamente bloccato da un ennesimo ragazzo, dai capelli e gli
occhi
castano chiaro, alto poco più di lui.
«Chi
sarebbe la pulce ultra-iper-mega micro che non si può vedere
neanche con una
super lente di ingrandimento e che è più piccola
di una larva di formica, eh??
EH?? CHII????» Fay inarcò un sopracciglio.
«Accidenti..
persino gli schizzati dovevano capitarmi, oggi..» disse,
sospirando. Quello si
dibatté dalla presa dell’altro e le
tirò un destro. Con in medesimo braccio lei
bloccò il suo colpo, senza metterci né sforzo
né impegno. Solo, tese il
braccio. «Che cercavi di fare?» chiese, acida,
verso di lui «Vai ad attaccar
briga coi tuoi amichetti, idiota» e, con uno scatto in
avanti, lo fece volare
ad un metro di distanza: questo perché non ci aveva messo
forza. Si voltò,
riprendendo a camminare. Fanny la guardava preoccupata. Poi si
voltò verso i
due.
«S-Scusatela,
vi prego.. non.. non so cosa le è preso, oggi..»
disse, inchinandosi poco.
«V-Vi prego..» tentò ancora. Il ragazzo
più alto le sorrise.
«Non
preoccuparti, è già acqua passata.»
disse, sereno «Vero, nii-san?» disse,
scoccando verso il fratello uno sguardo omicida. Quello
sbuffò e annuì.
«Ah..
vi ringrazio.» sorrise lei. Poi si voltò,
raggiungendo velocemente la sorella
«Nee-chan, aspettami!»
«E
muoviti, lumaca!»
Fay si
era tolta la maglietta, rimanendo solo in reggiseno: ma
d’altronde non aveva
altre possibilità. Afferrò delle chiavi inglesi e
altri attrezzi e sfiorò il
proprio braccio destro: era un automail. Cercò se vi erano
segni di
scheggiatura o altro, e alla fine notò diversi bulloni
lenti. Afferrò la chiave
inglese e, mettendosi in una posizione alquanto scomoda,
cominciò a trafficare
con essi. Gira, gira, gira. Strinse poco a poco tutti i bulloni,
così che non
si potesse rompere. Fanny la guardava.
«Mai
di andare da un buon meccanico, vero?» chiedeva, inclinando
il volto
lateralmente. Inutile la domanda: gli automail Fay se li costruiva da
sola. Non
aveva motivo alcuno di andare da terzi a farseli fare. Era abbastanza
brava per
conto suo, e se proprio non era in grado di pensarci da sola, prendeva
il primo
treno per Rush Valley e andava dal suo riparatore di fiducia. Quello
che le
aveva insegnato a costruire automail.
«Non
ne ho bisogno.» disse con disprezzo Fay. Era da un paio di
giorni che era così
distaccata e acida, ma pareva non accorgersene da sola. Mentre riponeva
le
chiavi inglesi e prendeva un panno e il lucido, la sorella scese dal
letto e le
andò vicina. A dieci centimetri dal suo volto, ad
osservarla. Fay spalancò gli
occhi, arrossendo senza motivo, voltandosi di scatto
dall’altro lato, lucidando
il proprio automail con innata tranquillità.
«Quand’è
che mi spiegherai come ti sei procurata quel braccio?» Fay
non colse la
domanda.
«Come?»
chiese.
«Intendo,
come hai fatto a perdere il braccio destro?» Fay rimase
immobile, fissando per
terra. Strinse i pugni, convulsamente. Abbassò lo sguardo,
mordendosi il
labbro. Sembrava quasi stesse per piangere, peccato non fosse nel suo
intento
farlo.
«E’
il mio peccato.» rispose, seria, alzando nuovamente lo
sguardo e continuando a
lucidare il proprio automail. «Non penso che ti
dirò mai come ho fatto. E’
meglio che tu non sappia.»
«Io
ho ancora molto da imparare.» disse Fanny «Ma so
riconoscere quando qualcuno fa
una trasmutazione senza cerchio alchemico. E tu lo fai da moltissimo
tempo.»
disse, sospirando e sedendosi normalmente per terra «Giusto
da quando stavo per
affogare nel lago, circa sei o sette anni fa.» disse,
incrociando le braccia al
petto, osservandola inclinando il capo.
«Sì.
E quindi?»
«C’è
un periodo senza ricordi, nella mia memoria.» disse Fanny,
sospirando «Da
quando ho rischiato di morire a due anni
dopo.» spiegò, sbuffando
«Perché?» Fay sospirò.
Continuò a lucidare
l’automail, ma questa volta più forte del solito:
rischiò di scheggiarlo o di
ammaccarlo, per la troppa forza impiegata.
«Che
vuoi che ne sappia io?» rispose secca, Fay
«Potrebbe essere che hai un periodo
di amnesia, no?»
«NO,
FAY, NO!» disse Fanny, scattando in piedi. «Non
puoi prendere tutto così alla
leggera, dannazione!» strinse i pugni, digrignando i denti
«Tu sai qualcosa che
io non so, e che non vuoi dirmi!
Ma
io ho il diritto di sapere!» Fay scattò in piedi,
fronteggiandola.
«E
invece no, Fanny.» disse, seria e acida. «Non ne
hai il diritto.» secca,
diretta, calma: questo modo di essere di Fay colpì
direttamente il cuore di
Fanny, alla quale vennero le lacrime agli occhi. «Non ho il
dovere di dirtelo.»
disse ancora. Altro tuffo al cuore. «E, specialmente,
non voglio dirtelo.» si
voltò,
prendendo le proprie cose da terra, issandosele sulle spalle e sulla
schiena.
Aprì
la porta, donando un’ultima occhiataccia acida alla sorella,
uscendo poi e
sbattendo in malo modo la porta. Fanny scivolò a terra,
lentamente, tremando.
Le vennero le lacrime agli occhi. Lentamente, poi, con un singhiozzo
più forte,
cominciarono a scendere, argentee e silenziose, così come
erano arrivate agli
occhi, come coltelli che tagliavano in due il suo cuore.
Così
come le sue parole.