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Autore: Starrk    09/04/2013    0 recensioni
In un Giappone inerme di fronte all'inarrestabile conquista dell'esercito Toyotomi, Maeda Keiji intraprende una solitaria ricerca di alleati per permettere all'amico Kenshin di contrattaccare e stroncare la violenta avanzata. Dopo aver realizzato con orrore che ormai sono ben pochi i generali disposti e in grado di ribellarsi al tirannico Hideyoshi, il vagabondo si imbarca infine per il Mare di Seto, dove spera di ottenere l'aiuto di una vecchia conoscenza...
Genere: Azione, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 7 - Un Pesante Fardello 
 
Ormai erano trascorsi sei mesi da quel giorno. Eppure Chosokabe continuava a ricordare tutto come non fossero passati che alcuni secondi.
Tutto ciò che restava dei suoi uomini era un relitto incagliato sugli scogli, quasi totalmente distrutto dalle cannonate e dalle fiamme. 
Ogni notte sognava sempre la stessa scena, quella che non poté vedere quella volta: la disfatta della sua ciurma. Aveva perso i sensi durante quei tragici momenti, ciononostante era come se fosse stato presente. I subordinati che si lanciavano in un disperato assalto verso la flotta di Mori, quest'ultima che li bombardava con freddezza, quasi stesse schiacciando un insetto. I pirati che con fierezza e coraggio non arretravano nemmeno di un millimetro: la ciurma di cui era sempre stato così orgoglioso.
Non avrebbe mai dimenticato quel giorno. O meglio, probabilmente era l'opposto: non avrebbe mai ricordato altro. 
Quei ricordi erano come una maledizione, lo perseguitavano senza tregua. Motochika altro non riusciva a fare se non sentirsi responabile per quello che era accaduto; incolpava la sua debolezza, la sua incoscienza, il suo egoismo che avevano portato i suoi uomini, i suoi compagni di così tante avventure alla morte. 
Per Chosokabe il tempo si era come fermato: non riusciva ad andare avanti, non aveva più nulla per cui combattere, passava le giornate in solitudine a crogiolarsi nel proprio dolore; ormai non gli importava più niente del mondo esterno; quel relitto infestato dai fantasmi delle sue memorie era il suo unico mondo. 
"Tu... Chi diavolo sei...?"
Quella domanda squarciò lo stagnarsi che aveva così a lungo frenato il pirata dal guardare avanti. Le promesse che aveva fatto alla sua gente, i sacrifici dei suoi uomini, le speranze e la fiducia che questi riponevano in lui... In un istante fu travolto da tutto questo, come fosse un'inondazione. 
Le parole che Keiji pronunciò poco dopo non le udì nemmeno; capì solo quanto avesse deluso quel forse ultimo amico che gli rimaneva. Non riuscì a controbattere. Scosso e confuso, guardò il vagabondo andarsene sfrustrato, mentre tentava disperatamente di convincersi del suo essere nel giusto, del suo non avere scelta. 
"Tutte cazzate!": questo fu il suo primo pensiero dopo l'ennesima nottata tormentata dagli incubi; stavolta aveva compreso cosa significassero quegli spettri che non lo lasciavano in pace. Volevano solamente svegliarlo. 
Uscì dal relitto che per lungo tempo gli fece da abitazione, lo guardò per diversi minuti, quindi sferrò un fendente alla chiglia; ardenti fiamme fuoriuscirono dalla sua lama e il veliero prese fuoco in pochi istanti. L'incendio non durò poi molto, considerata la stazza dell'imbarcazione, ciononostante al pirata parve un'eternità. Il saluto finale ai caduti, dagli uomini sterminati a Osaka e sacrificatisi in mare alla nobile dipartita dell'Occhio Destro del Drago. Così tante vite sulle spalle, troppe per un uomo solo. L'ultimo, interminabile attimo prima che il tempo riprendesse finalmente a scorrere. 
Quella mattina, dopo sei lunghi mesi, l'Oni dei Mari Occidentali si destò finalmente dal suo torpore.
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I due giovani guerrieri si fissavano senza dire una parola, rompendo il silenzio tra loro, solo con il loro ansimare. 
Erano entrambi divorati da dubbi sul loro modo di agire, non riuscivano a trovare parole per ribattere, per giustificare le loro azioni peggiori e i loro fallimenti nel perseguire la tanto agognata pace. 
Nel frattempo la battaglia tra le fazioni proseguiva con sorprendente lentezza; le truppe di Satsuma non si erano ancora arrese e resistevano con tenacia. Tuttavia era ormai chiaro che l'esercito di Ieyasu avrebbe trionfato. O almeno era ciò che credevano.
Una serie di fischi invase l'intero campo di battaglia, tutti i presenti si fermarono, chiedendosi cosa stesse accadendo. Ebbero appena il tempo di domandarselo: decine di palle di cannone tempestò la distesa sabbiosa. 
- !!!
- ?!
Ieyasu e Keiji guardarono con orrore i soldati brutalmente colpiti da quella pioggia di piombo, attoniti. Dopo pochi istanti poterono scorgere un'imponente fortezza preceduta da una numerosa flotta avvicinarsi: l'armata di Mori era scesa in campo.
- Andate, figli del Sole! Distruggete questi patetici folli senza timore, è giunta l'ora che il clan Mori si prenda ciò che gli spetta!
Il daimyo dell'Aki, Mori Motonari; probabilmente uno dei generali più spietati mai esistiti. Un modo di fare diverso dalla crudeltà caotica di Oda, così come dall'assoluta tirannia di Toyotomi. Un uomo spinto dal proprio orgoglio alle azioni più spregevoli, capace di sacrificare chiunque senza scrupoli, finché in grado di trarne vantaggio. Totalmente privo di malvagità, così come di bontà: l'incarnazione vivente della metafora "cuore di pietra". No, probabilmente non lo possedeva nemmeno, un cuore. Un'anima fredda, puro ghiaccio; ironico, confrontato con la sua indissolubile fede nel Sole. 
Come molte altre volte, il Signore del Mare Interno di Seto aveva atteso l'opportunità migliore per raggiungere i suoi scopi e appagare le proprie mire di conquista, restando in disparte durante una battaglia fino a che entrambi i contendenti non si fossero logorati a vicenda. Ora non gli bastava che eliminare dei nemici fiaccati per appropriarsi totalmente dell'Ovest e indebolire l'armata del suo prossimo bersaglio: Toyotomi Hideyoshi.
L'arrivo di questa nuova fazione provocò non poca rabbia in Keiji e Ieyasu. Tutti quei guerrieri morti a cosa avevano sacrificato le loro vite? Motonari stava per calpestare quel loro coraggio, i loro sforzi come se nulla fosse. 
I due avversari si scambiarono uno sguardo d'intesa. Non ci fu bisogno di parole: bisognava impedire che il piano di Mori si realizzasse. 
Entrambi scattarono praticamente all'unisono, sfondarono le fila dell'appena giunta armata e iniziarono a balzare di nave in nave, affondando tutte quelle che incontravano. Nonostante le ferite non avrebbero permesso che quelle vite si fossero spente invano; erano decisi a tagliare la testa al toro al più presto e riprendere la loro battaglia, onorevolmente. 
Dopo aver messo fuori uso diverse imbarcazioni, si trovarono sul ponte della grande fortezza mobile: Nichirin. Entrambi si guardavano intorno, notando che il generale non era nel suo solito posto di comando.
- Mori Motonari, la tua codardia ha superato ogni limite! Combatti e mostra il tuo valore, invece di nasconderti tra le ombre!
Il giovane signore di Mikawa era furibondo. Aveva perso troppi soldati, persino il fedele Tadakatsu aveva rischiato di perire in battaglia.
- Mori... Sapevo che eri un bastardo senza cuore... Ma è ora di finirla con i tuoi sporchi trucchi! 
D'altro canto il vagabondo era più indignato che altro; non aveva mai sopportato quell'atteggiamento incurante e senza scrupoli.
- Due poveri stolti osano criticare il mio giudizio...? 
- ?!
- !!!
Dopo alcuni istanti di silenzio il daimyo dall'armatura verde aveva fatto la sua improvvisa comparsa in mezzo ai due giovani. Mentre questi stavano per voltarsi a fronteggiarlo, l'uomo estrasse dai lunghi parabraccia un paio di lame ricurve, sferrando un fendente all'uno e all'altro. 
Seppur sorpresi, gli attacchi furono parati e si risolsero in un mero prendere le distanze. 
Il daimyo dell'Aki unì le due parti e ricompose la sua iconica lama circolare, tenendola intorno alla vita. 
- A quanto pare volete porre fine alle vostre miserabili vite, sfidandomi in simili condizioni... 
Il suo sguardo freddo e inespressivo sembrava quasi deriderli; nella sua arroganza non li vedeva nemmeno come avversari. In effetti vi era stata una sola persona che considerasse davvero "temibile". Ormai però era fuori dai giochi da tempo, dal suo punto di vista Mori non aveva più ostacoli, bensì leggeri impedimenti per nulla minacciosi.
Ciononostante i due sfidanti che si erano presentati di fronte a lui non erano certo in grado di incutere timore. L'uno si teneva continuamente una spalla sanguinante, parte di un braccio pressoché inutilizzabile; l'altro invece aveva difficoltà a respirare per via delle costole rotte e i diversi lividi e fratture sparsi lo rendevano instabile nella sua postura. 
- Mori Motonar-
Tokugawa alzò la voce per incalzare l'avversario, ma venne subito interrotto da un cenno di Maeda, il quale fissava serio il generale del Mare.
- Ieyasu, lascia perdere. Non sperare di dissuaderlo. Con gente come lui bisogna usare le maniere forti... 
Parole del genere stupirono il ragazzo moro: una persona come Keiji che rinunciava alla diplomazia? La cosa lo inquietava, così come quello sguardo stizzito, rivolto sempre al "figlio del Sole". 
- Mori, ormai stai scivolando nello squallore più totale. Non hai più onore, sei solo un approfittatore e un vigliacco. Preparati, ti farò pentire di tutto ciò che hai fatto!
Lo spadaccino impugnò con ambedue le mani il proprio nodachi, furente dal desiderio di assalire Motonari. 
Nonostante il disagio che provava, Ieyasu si ricompose immediatamente e alzò il pugno rimastogli; condivideva il sentimento del compagno e non si sarebbe tirato indietro.
- Delle vite si sono spente durante questa battaglia, molte vite... Non ti permetterò di usarle a tuo piacimento...! In guardia, Mori Motonari!
Il bersaglio di tutto quell'astio invece era tutto fuorché agitato. La sua solita aura di calma lo avvolgeva e gli conferiva una presenza inaspettatamente minacciosa. Per un attimo sembrò quasi che sarebbe scoppiato a ridere di fronte a tutta quella follia, almeno secondo la sua visione. Non avrebbe comunque lasciato un'arroganza del genere, arroganza nello sfidare un "figlio del Sole", impunita. Anche lui aveva dunque ragione di combattere. 
- Tch. A quanto sembra l'idiozia è contagiosa. E sia, perirete per mano del Signore del Mare Interno di Seto, Mori Motonari. Siatene onorati.
  
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