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Autore: _Kiiko Kyah    10/04/2013    4 recensioni
Non ditemi niente, so che non dovrei pubblicare questa fic, ma l'ispirazione è dura da abbattere, quando c'è. E vi prometto che sarà breve. Scusate? ~
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– Ciao Yuuka, come stai? – la sento, la voce di mio fratello.
Passa ore qui, accanto a me, a parlarmi, e io colgo ogni singola parola. Peccato che lui non lo sappia.
[...]
– Aspetta. – mormora e mi si avvicina. Mi asciuga il viso con la lana della sciarpa, e sento improvvisamente caldo. Non ho più tanta voglia di piangere.
[...]
– Sono morto al cento per cento, io! – replica gonfiando il petto quasi con orgoglio – Quello che vedi è il mio fantasma. Il “morto” che dici tu sta nella mia tomba, sai!
[...]
– Ah, già, tu sei viva. – pensa a bassa voce, scrutandosi il palmo chiaro, aprendo e chiudendo le dita ad intermittenza. – Che peccato.
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Esiste un limbo fra vita e morte in cui la piccola Yuuka, ancora in coma, viene assorbita.
E lì farà l'incontro più speciale e soprannaturale della sua vita...
[P. O. V. Yuuka][Se indovinate il pairing vi regalo una caramella =w=]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Yuuka Gouenji/Julia Blaze
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'OTP— the phantom and the cutie.'
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– Ciao Yuuka, come stai? – la sento, la voce di mio fratello.
Passa ore qui, accanto a me, a parlarmi, e io colgo ogni singola parola. Peccato che lui non lo sappia. Sento tutte le sue preoccupazioni e vorrei confortarlo, sorridergli e dirgli qualcosa per tirarlo su di morale. Forse se solo riuscissi ad aprire gli occhi, basterebbe; ma non ci riesco davvero. Scusami, niisan.
L’orario visite è finito, e Shuuya deve andarsene, e lasciare, come tutti i giorni, la sua sorellina in coma. So che gli fa male vedermi su questo letto, e vorrei potergli semplicemente dire “Io ti sento, niisan”. Basterebbe, a me e a lui. Lo so.
Mi carezza la testa con la mano e sento un forte calore invadermi, poi il suo tono mesto mi chiede di vegliare su di lui, e la porta della stanza si apre per poi richiudersi dietro le sue spalle. Se potessi, adesso piangerei.

E’ notte. Il silenzio che proviene dall’ospedale intorno a me mi suggerisce questo.
Tutto ciò che sento è il mio respiro, flebile e stanco. Oh, e come dimenticare i fastidiosi beep di quel macchinario che controlla la mia attività cardiaca.
Sì, ho cinque anni e conosco questi termini. D’altra parte, li sento ogni santo giorno.
Penso a Shuuya. Oggi mi ha detto che non avrebbe dormito a casa. Chissà dove si trova questo “posto speciale” dove ha detto di doversi allenare. Non lo so, comunque sono contenta che non abbia problemi a parlare di nuovo di calcio con me.
Anche se pensa di parlare un po’ da solo, vero? Solo il coma mi impedisce di piangere.

Se non fosse per la costante presenza di voci intorno a me, penserei di essere morta. Ogni tanto vedo solo una grande luce intorno a me, come se mi trovassi su uno sfondo bianco da cartone animato. Pessimo esempio, lo so, perché questo è molto più inquietante. Ho paura che non mi sveglierò più, anzi tutti hanno questo timore.
Perché penso queste cose brutte? Ho una voglia matta di piangere.
...
Devo star sognando, perché sento delle lacrime asciutte, come soffi di vento, rigarmi le guance. Sbatto le palpebre. Aspetta. Sbatto le palpebre. Eppure sto ancora dormendo, non vedo nulla. Ora sì che ho paura.
Sussulto all’udire un refolo di vento, e mi rendo conto di essere in quella luce, adesso.
E’ più... reale, questa volta. Forse sto veramente sognando. Mi tocco il viso, sto veramente piangendo...? Non mi era mai successo di fare un sogno così nitido. E sono in coma da almeno un anno, forse più. Ancora non so contare molto bene, eh.
– Perché piangi? – mi domanda una voce.
Mi volto di scatto, e dietro di me, immerso nella luce con uno sguardo meno spaesato, vedo un bambino che ha più o meno la mia età. Ha degli spettinati capelli rosa, mi ricordano tanto un salmone, e i suoi occhi sono azzurro-grigiastri. Indossa una felpa arancione e bianca, dei pantaloni scuri e una sciarpa bianca. Mi asciugo le lacrime con le mani, rapidamente.
– I-Io... – provo a dire, la mia voce è sempre stata così? Non me la ricordavo.
– Aspetta. – mormora e mi si avvicina. Mi asciuga il viso con la lana della sciarpa, e sento improvvisamente caldo. Non ho più tanta voglia di piangere.
– Che strano sogno... – sussurro senza pensarci.
– Sogno? – ridacchia il bambino – Sì, anche io credevo che fosse un sogno all’inizio. – conviene poi, sollevando lievemente un angolo della bocca in una sorta di sorriso.
– P-Perché, non lo è? – devo avere un’espressione davvero strana, perché lui ride ancora. Non so perché, tuttavia mi sembra più grande di un bambino di cinque anni.
Scuote la testa. – Affatto, – alza le spalle – questo è il limbo dei morti.

Lo fisso attonita mentre si sfrega il naso con l’indice e forza un altro sorriso accennato.
– Limbo dei c-cosa?! – sbotto. Non ci credo, no. Devo star per forza sognando.
Io non sono morta.
Non lo sono... io sono ancora viva, vero? Vero?
Il rosa incrocia le braccia dietro la testa.
– Però tu non sembri morta, – riflette ignorandomi – non sei ancora un fantasma.
– I-Io non sono affatto morta! – la mia voce è molto più acuta di prima a causa della paura, credo – Sono solamente in coma, ecco! – sbraito poi, pestando un piede.
Lui sbatte le palpebre, perplesso.
– Oh. – è l’inarticolato suono emesso. – Ecco perché posso... – non termina la frase che corre verso di me e mi attraversa. Ho di nuovo paura.
– C-Come... – balbetto confusa, girandomi verso di lui.
– Io sono morto, invece! – mi fa la linguaccia, stringendo una palpebra.
– Non ci credo, i morti non parlano e non corrono! – esclamo incrociando le braccia e arricciando le labbra. Il mio stesso sogno mi sta prendendo in giro, accidenti.
– Sono morto al cento per cento, io! – replica gonfiando il petto quasi con orgoglio – Quello che vedi è il mio fantasma. Il “morto” che dici tu sta nella mia tomba, sai!
Il modo in cui parla di queste cose mi mette ansia; è troppo piccolo per poter parlare così di queste cose e, mi terrorizza dirlo, ma neanche io saprei fare discorsi simili così a cuor leggero, nemmeno la mia mente: quindi, non lo sto sognando, questo bambino dai capelli rosa. Lui esiste davvero. E forse è davvero un fantasma.
– Come ti chiami? – mi domanda di punto in bianco, avvicinandosi ancora a me.
Istintivamente indietreggio un po’. – Yuuka. – rispondo comunque.
– Quanti anni hai, Yuuka? – continua, e io faccio un altro passo indietro.
– Cinque. – sussurro guardando basso.
– Io sono Atsuya, Fubuki Atsuya. – si presenta sorridente, e mi tende una mano.
Lo guardo interdetta. Lui, il fantasma, vuole stringermi la mano?
Non lo so perché, ma acconsento e ricambio quel saluto. Stringendo, la mia mano si chiude a pugno, trapassando quella incorporea di Atsuya. Indietreggio ancora, inorridita.
– Ah, già, tu sei viva. – pensa a bassa voce, scrutandosi il palmo chiaro, aprendo e chiudendo le dita ad intermittenza. – Che peccato. Beh, comunque non mi sarei potuto divertire molto con una bambina come te.
Inclino la testa a quell’affermazione così assurda.
– Scusa, anche tu sei un bambino, no? – inarco un sopracciglio, tirando le labbra in una smorfia. Sono molto, molto infastidita.
Atsuya ride sommessamente.
– Sembra, vero? – dice fra una risatina e l’altra – Il fatto è che io sono morto a cinque anni! – esclama a mo’ di spiegazione – Ma è successo otto anni fa! Ora io ne ho tredici! – conclude prendendo un profondo respiro per smettere di ridere.
Lui... tredici anni? Cioè, ha l’età di mio fratello? No, non è possibile...

Il trillo di una campana. E’ quella fuori dall’ospedale. Sta suonando. E’ mattina...
La luce intorno a me diventa fioca, e Atsuya diventa sempre meno opaco. Probabilmente anche lui mi vede così. Il solo pensiero mi mette i brividi.
– Groan, allora è vero che sei viva. – borbotta facendo una smorfia delusa, che io ricambio con un’espressione annoiata.
– Tanto hai detto che con una bambina come me non ti divertiresti. – incrocio le braccia, mentre ormai lo vedo a malapena. Sto per “tornare alla realtà”, sempre che poter utilizzare solo l’apparato uditivo possa essere definito “realtà”.
– Però sei carina. – ribatte quello senza perdere il cipiglio scontento – E poi – aggiunge un secondo prima che i miei sensi si spengano di nuovo – se muori, la tua età non avrà importanza.
Forse non sa che così dicendo mi ha ferita profondamente. Io non morirò. Non morirò, non diventerò un fantasma come lui. Vero?
– Torna a trovarmi! – è tutto ciò che sento, prima della ricomparsa nella mia mente dei beep del monitor cardiaco.
Il rumore della porta che si apre, l’infermiera che entra salutandomi serenamente e chiedendomi come sto, come se potessi rispondere.
Un medico mi visita.
Dopo qualche ora di calma la porta si apre nuovamente e la voce di Shuuya mi coglie.
In tutto questo, però, io non do retta a ciò che sento.
Sto solo pensando se riuscirei a tornare da Atsuya, più tardi, stanotte magari.
...
Solo ed esclusivamente per dirgli che io non morirò, ecco.
Non per altro.






~Angolo della Kyah♥

Ma perché, perché ho cominciato questa fic.
Boh. So solo che sarà molto breve perché non ho un sacco di cose da raccontare.
Però mi è venuta quest’ispirazione...
Atsuya è morto a cinque anni. Yuuka è andata vicina alla morte a cinque anni.
Per una volta non la faccio AU e non la faccio che Atsuya è un lolicon =w=
Voglio farvi capire che, anche se questo lolicon in particolare mi piace, così è più casto e carino, non dà subito da pensare a male. Atsuya pare meno perv, insomma.
Voleva essere una OS, ma poi ho cambiato idea v.v
Spero che vi piaccia.
Durerà poco e gli aggiornamenti saranno rapidi.
Scusatemi, voi che leggete le altre mie fic, mi dedico anche a quelle, promesso.
Ciao ^^
  
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