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Autore: _Kiiko Kyah    14/04/2013    2 recensioni
Non ditemi niente, so che non dovrei pubblicare questa fic, ma l'ispirazione è dura da abbattere, quando c'è. E vi prometto che sarà breve. Scusate? ~
---#---
– Ciao Yuuka, come stai? – la sento, la voce di mio fratello.
Passa ore qui, accanto a me, a parlarmi, e io colgo ogni singola parola. Peccato che lui non lo sappia.
[...]
– Aspetta. – mormora e mi si avvicina. Mi asciuga il viso con la lana della sciarpa, e sento improvvisamente caldo. Non ho più tanta voglia di piangere.
[...]
– Sono morto al cento per cento, io! – replica gonfiando il petto quasi con orgoglio – Quello che vedi è il mio fantasma. Il “morto” che dici tu sta nella mia tomba, sai!
[...]
– Ah, già, tu sei viva. – pensa a bassa voce, scrutandosi il palmo chiaro, aprendo e chiudendo le dita ad intermittenza. – Che peccato.
---#---
Esiste un limbo fra vita e morte in cui la piccola Yuuka, ancora in coma, viene assorbita.
E lì farà l'incontro più speciale e soprannaturale della sua vita...
[P. O. V. Yuuka][Se indovinate il pairing vi regalo una caramella =w=]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Yuuka Gouenji/Julia Blaze
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'OTP— the phantom and the cutie.'
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La porta si richiude dietro le spalle di mio fratello. Sento sei rintocchi provenire dal grande orologio vicino all’ospedale, sono le sei di sera. Perfetto, è il momento buono per tornare nel limbo. Anche se, a dire il vero, la sola idea mi fa un po’ paura.
Ci ho pensato molto, oggi; ho riflettuto sul fatto che se torno lì, potrei per qualche ragione non riuscire ad uscirne. Cosa farei in quel caso? Cosa potrei fare? E se magari non trovassi Atsuya, ma qualcun altro? Anche questa è una possibilità da non sottovalutare. Però ormai ho deciso, devo tentare. Forse è perché non mi sentivo così viva da un anno a questa parte... eliminiamo il forse.

La luce mi avvolge e i miei occhi cominciano a mettere a fuoco. Osservo le dita delle mie piccole mani da bambina, tocco con delicatezza le mie guance. Sì, sono di nuovo qui. Sento un profondo freddo salire dallo stomaco. E ho ancora paura.
In questo momento, il mio sistema nervoso sta maledicendo il mio istinto infantile che ha portato la curiosità a sopraffare il buon senso. Sì, mi sto davvero dando della stupida. Però non è colpa mia!
– Yuuka! – mi chiama una voce conosciuta, e una lieve folata di vento riesce quasi a sciogliermi le trecce, ottenendo anche il risultato si sollevarmi un po’ la gonna del vestito, che mi premuro a tenere bassa, stringendo gli occhi.
Quando li riapro, Fubuki è davanti a me, e sorride allegramente.
– C-Ciao, Atsuya. – saluto interdetta da quell’apparizione improvvisa. Eppure ormai non sono più scettica: sì, quel bambino, che probabilmente bambino non è, è uno spettro. Al solo pensiero, mi tremano le ginocchia.
– Non pensavo saresti tornata. – ammette il rosa, avvicinandosi un po’ a me.
Al contrario di ieri, non mi ritraggo. Ho paura, sì, forse anche più di ieri, ma i miei piedi non vogliono proprio muoversi.
– Se vuoi posso andarmene. – borbotto alzando le spalle; so che non è questo che intendeva, non sono sciocca, tuttavia voglio essere sicura.
– No che non voglio! – arriccia le labbra contrariato – Una volta che ho qualcuno con cui parlare...! – esala incrociando le braccia al petto.
Quell’affermazione mi lascia molto, molto perplessa.
– Che vuol dire? – do istintivamente e innocentemente voce ai miei pensieri – Non parli con gli altri fantasmi? – inclino la testa, senza capire.
Lui mi sorride, ma è un sorriso mesto e forzato. Lo vedo, ed è come se lo sentissi; sì, è esattamente quella mestizia che percepisco quando Shuuya viene all’ospedale a parlare con me. Atsuya... quel bambino pieno di energia e sarcasmo è... triste?
– Loro? – sfoggia una risatina falsa e melanconica – Loro non vogliono parlare con me. – sbatte lentamente le palpebre; sta reprimendo le lacrime.
– Come sarebbe a dire? Perché? – provo ad accostarmi appena a lui, ma quando la mia mano attraversa debolmente la sua spalla incorporea non posso trattenermi dal ritrarre l’arto rapidamente.
E mi sento un po’ male, ad avere paura di quel fantasma. Non somiglia per niente agli spettri tormentati di cui ho sentito parlare nelle varie fiabe che mi sono state lette prima del coma.
...
Anche se anche lui è evidentemente tormentato da qualcosa.
– Sono morto troppo giovane, secondo loro. – mormora, sedendosi di scatto a gambe incrociate.
Anche io mi siedo, ma mi inginocchio, perché altrimenti mi si alzerebbe la gonna.
– Lo hai detto tu che l’età non ha importanza, giusto? – azzardo in un misto fra curiosità, preoccupazione e un po’ di pena.
– Non ha importanza per me. – mugugna facendo vagare i suoi occhi grigiazzurri in un’altra direzione – Per gli altri, uno morto a cinque anni ha troppa poca esperienza di vita per “essere alla loro altezza” o cose simili. – aggiunge, spostando la coda dell’occhio su di me.
La smorfia che mi rivolge mi avvisa di come si è accorto della mia espressione triste.
– Che hai adesso? – domanda inasprendo il suo tono.
Non so perché, eppure percepisco di essere arrossita; sono proprio strana...
– N-Niente, è solo che... – socchiudo le palpebre, mentre sento le mie iridi inumidirsi e fremere – Non lo trovo affatto giusto, ecco. – traccio dei cerchi concentrici sul pavimento (pavimento?) bianco del limbo.
Passano un paio di secondi, e d’improvviso sento la calda e soffice lana della sciarpa di Atsuya sul viso. Sollevo sorpresa lo sguardo, e incontro il suo sorriso.
– Non pensavo che le bambine piangessero con tanta facilità. – ridacchia, e non capisco se si tratta di un ghigno sarcastico o di un sorriso di gratitudine per averlo distratto in qualche modo dai suoi tristi pensieri.
Gonfio le gote, abbastanza offesa, ma tutto sommato contenta.
– Sei sicuro di avere tredici anni? – brontolo – Non sei affatto maturo. – osservo poi, prendendo fra le dita la sua sciarpa. Perché posso toccare quella, e non lui?
– Sono morto otto anni fa. – alza le spalle – Cinque più otto fra tredici. – conta sulle dita, come assorto – E’ così e basta. – stringe i pugni ancora riflessivo, poi alza il volto verso di me e sorride – Anche se la mia mentalità non è cresciuta molto, neh? – ridacchia.
Sembra una bambola di porcellana. Cosa strana da dire di un bambino maschio, ciò nonostante lo penso davvero. La sua carnagione è nivea e i suoi tratti sono dolci e delicati, i suoi capelli hanno il color pastello dei confetti e i suoi occhi sono limpidi come due perle, due grandi biglie colorate ed espressive.
Sì, sembra una bambola viva. Cioè, no, una bambola fantasma... viva-non-viva?
– Ehi, Yuuka. –  mi chiama, distogliendomi dalle mie riflessioni, le quali fra l’altro mi hanno fatto imporporare un pochino. Forse più di un pochino.
– Sì, Atsuya? – gli concedo, sbattendo le palpebre mentre lui stacca la sciarpa da me.
Già sento la mancanza del tepore di quel tessuto...
– Come sei finita in coma? – domanda a bruciapelo, senza il benché minimo giro di parole, tale che il mio singulto lo fa sobbalzare. Indelicato, il fantasma...
– N-Non ne sono molto sicura, – confesso, seppur controvoglia – credo che... qualcosa mi abbia investito. – rifletto – Ero per strada, e ho visto una luce improvvisa... sì, devo essere stata investita da qualcosa. – concludo incerta.
Seriamente, non sono sicura di aver tirato fuori l’ipotesi esatta... cioè, teoricamente dovrei saperlo, fino a pochi giorni dopo l’essere stata portata in ospedale ho sentito persone che parlavano del mio incidente... però non ricordo cosa si dissero davvero.
– Allora non è così diverso da come sono morto io. – considera, parlando fra sé e sé, ma con un tono abbastanza alto perché lo senta anche io, il bambino che ho davanti ai miei occhi neri come la cioccolata.
– Uh? – è il mio inarticolato verso interrogativo – Perché, come sei morto? – mi accorgo della mia indiscrezione solo dopo, ciò nonostante non mi sento in colpa.
Sono ancora troppo piccola per sentirmi in colpa per avergli chiesto qualcosa di così doloroso, e so perfettamente che lui lo ha già capito.
Per questo, lo vedo sorridere lievemente, di nuovo con quell’incurvatura storta, mesta.
– Sono stato investito da una valanga con i miei genitori e mio fratello gemello. – sussurra roco, il tono quasi incrinato.
– Atsuya... – spiro quando la vedo. Una lacrima che scivola lungo il viso di quel bambolotto di porcellana, il quale la asciuga in fretta.
– Sai qual è la cosa peggiore? – mormora ancora – I miei genitori non sono entrati nel limbo con me, perché loro non hanno conti in sospeso con il loro passato, non hanno motivi per essere dei fantasmi. – inizia a piangere silenziosamente. – E mio fratello è sopravvissuto. Lui è vivo, e io no. Io... io sono... sono completamente solo, qui.
Sta piangendo.
Sta piangendo.
Sto guardando un fantasma piangere.

Come ho fatto.
Come ho fatto?
Come ho fatto?!
Non lo so. So solo che lo sto abbracciando.
Io, Gouenji Yuuka, viva e vegeta, persona corporea, sto abbracciando lui, Fubuki Atsuya, morto e defunto, fantasma incorporeo, che finora ho solamente potuto attraversare. E adesso lo sto stringendo fra le mie piccole braccia da bambina di cinque anni, avvertendo la sua sorpresa e il mio stupore incontrarsi.
– Y-Yuuka... Yuuka, come...? – tenta di chiedermi, e io lo zittisco.
– Shh. – bisbiglio appoggiando il viso nell’incavo del suo collo, sulla sciarpa. – Ricordo che, prima del coma, se ero triste, mio fratello mi abbracciava sempre. – spiego con un fil di voce – Sono otto anni che nessuno ti abbraccia, vero Atsuya?
Rimane in silenzio, però solleva le mani affusolate per ricambiare quell’abbraccio. Passata una manciata di momenti, ci stacchiamo. O meglio, lui torna incorporeo per me, e io lo attraverso, ritirandomi subito con uno scatto del corpo all’indietro.
– Come hai fatto? – mi domanda il rosa guardandosi le mani.
– Non ne ho la minima idea. – la mia voce è molto incrinata.
– Solo i fantasmi possono toccarsi fra loro. – borbotta lui, scrutandomi con palese preoccupazione. No, non starà pensando che...
– Io sono viva! – sbotto posando i palmi sul pavimento del limbo e sporgendomi in avanti.
– Ma mi hai toccato! – risponde a tono.
– Solo per qualche secondo! – la mia voce è troppo incrinata.
– Yuuka, ho paura che tu stia morendo. – dice in tono più calmo – Lentamente, ma stai morendo. – i suoi occhi tornano lucidi.
I miei si sciolgono direttamente in pianto.
Nessun singhiozzo, solo lacrime che scendono dalle mie iridi sgranate di terrore.
Lentamente, sto morendo.
Io, proprio io, sto morendo.

– Non voglio, non voglio morire! – il primo rumoroso singhiozzo fuoriesce dalle mie labbra arricciate.
Atsuya mi fissa, le sue iridi tremano con uno sguardo indecifrabile.  
– E allora devi svegliarti da questo coma.
...
Svegliarmi...?
...E come dovrei fare?



§ Angolino §

Yuuka si deve svegliare, o morirà anche lei v.v
Tanto noi sappiamo che si sveglierà... ma anche se nel mondo “vero” tutti non aspettano altro, nel limbo ci sarà qualcuno che non è d’accordo?
Scopriamolo insieme =w=
Oh, ma come sono prevedibile ^^;;
So anche che i capitoli sono corti, però niente, così sono e così ve li tenete, yay. 
Ora vado via, però.
See you. 
  
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