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Autore: AnAngelFallenFromGrace    10/04/2013    0 recensioni
Peeta è stato salvato, portato al Distretto 13 da Capitol City. Ma è tornato cambiato, si è perduto. Questa volta Katniss non resterà a guardare e combatterà per riportarlo indietro.
Forse, se sparissi dalla sua vita, Peeta potrebbe riprendersi, tornare ad un’esistenza quasi normale.
Ma non posso: non so se il mio sia soltanto egoismo, ma una parte di me è convinta che sia giusto rispettare il suo più grande desiderio.
Capitol City l’ha cambiato, si è perduto ed io lo aiuterò a ritrovare se stesso, a ritrovare quel ragazzo che mi ha donato il suo cuore e la cui vita è ormai legata alla mia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.

 

There is a ghost deep in my throat
Shoving it down, speak and you choke
Somewhere between dirty and clean
The truth and the lie, with dirt in my eyes...1

 

Ha ricominciato a sorridere. Non avrei mai potuto immaginare che rivedere quel sorriso avrebbe potuto turbarmi tanto.

Mi sono sentita come rinascere, un calore sconosciuto che risaliva dalla bocca dello stomaco fino al mio viso, passando dal cuore. Ma il piacere si è trasformato ben presto in un’altra sensazione, altrettanto estranea ma in qualche modo più forte. Gelosia. Perché quel sorriso non era più rivolto a me.

So che è stupido, dannatamente stupido essere gelosa di Annie: lei è felicemente sposata con Finnick, sono la coppia più dolce del mondo e di sicuro Peeta non ha nessuna intenzione di rovinare tutto questo. Eppure… eppure non posso fare a meno di essere gelosa di quello che Annie rappresenta, il candore, l’ingenuità, la bontà: qualità che non saranno mai mie.

Quando Peeta ha incrociato il mio sguardo non ho potuto fare altro che nascondermi dietro ad una tazza di latte, in imbarazzo. Ho intravisto la confusione sul suo viso, ma ho fatto finta di niente e ho accolto con forse troppo entusiasmo il tentativo di Delly di fare conversazione.

 

**

 

Non sono soltanto sorrisi. Peeta ha riacquisito la sua migliore qualità: trovare sempre le parole giuste, al momento giusto, per far sentire meglio chiunque. Perfino Johanna.

Lo osservo di nascosto aiutare Annie ad uscire da una delle sue crisi e le parole di Haymitch tornano vivide nella mia memoria.

“Non lo meriterai neanche in un milione di anni”

Ho sempre saputo che questa è la verità. Vorrei soltanto ritornare al momento in cui Peeta non se ne rendeva conto.

 

**

 

Non c’è più tempo per allenarsi, non c’è più tempo per cercare di aggrapparsi ad un passato che forse non esiste più. E’ arrivato il momento di attaccare Capitol City. E’ arrivato il mio momento di vendicarmi ed uccidere Snow.

Mi sento una sciocca nel mio costume da Mockingjay, vorrei soltanto indossare una semplice armatura. Vorrei soltanto essere un semplice soldato.

Per la prima volta non sarò nella stessa squadra con Gale, il mio compagno di caccia non sarà lì a coprirmi le spalle: il solo pensiero mi fa sentire sempre più piccola, ma cerco di fare buon viso a cattivo gioco quando lo saluto augurandogli buona fortuna.

“Anche a te, Katnip” mi sorride lui, scompigliandomi appena i capelli.

Nella mia squadra non ci sarà nemmeno Peeta, naturalmente: sarebbe troppo pericoloso per la mia sicurezza. Ma non è della mia sicurezza che mi preoccupo: chi veglierà su di lui, se io non sarò presente? Chi lo proteggerà? L’ho perso di vista solo una volta nell’arena e sappiamo tutti come è andata a finire. Peeta, nelle mani di Capitol City.

Cerco di convincerlo in tutti i modi a restare nel distretto 13, a non entrare in battaglia.

E’ allora che mi rivolge un sorriso, e questa volta è tutto per me.

“Stai ancora cercando di proteggermi, Katniss?” mi domanda, scuotendo leggermente la testa, prima di imbracciare il suo fucile.

“Ti prego, ascoltami!” ritento, cercando di suonare il più convincente possibile “Non è prudente! Cosa accadrà se verrai catturato di nuovo? Io… io non posso nemmeno pen…”.

Mi interrompe, poggiando un dito sulle mie labbra: “Non c’è nulla che tu possa dire per convincermi Katniss. Hanno ucciso la mia famiglia, voglio esserci almeno per proteggere le persone a cui tengo che sono ancora in vita”.

Non posso trovare nulla da controbattere, è la stessa ragione che mi muove, o almeno che ha mosso i miei passi quel giorno, alla mietitura. La gelosia mi confonde di nuovo: a chi si sta riferendo? Chi sono le persone a cui tiene? So di non essere su quella lista.

“E questa volta sono stato ben attento a non bere assolutamente nulla: non volevo rischiare che qualcuno mi rifilasse uno sciroppo per dormire” aggiunge con una smorfia, per risollevare un po’ la tensione.

Riesce a strapparmi una mezza risata: “Non penso servirebbe a molto, ti basterebbe partire con un giorno di ritardo. Però potrei sempre incatenarti da qualche parte e portare via la chiave…”.

“Sai che non sarebbe ancora sufficiente”.

“Lo so”.

Rimaniamo a fissarci ancora, consapevoli che quella potrebbe essere l’ultima volta. Vorrei trovare le parole giuste per un addio, ma sono sempre io, Katniss Everdeen, la persona che non imparerà mai a comportarsi nel modo corretto con le persone.

Le mie labbra si stanno schiudendo per formulare un semplice e vuoto saluto, quando sento le braccia di Peeta avvolgersi intorno alla mia schiena. Prima incerte, poi sempre più strette, portandomi più vicina al suo petto.

Senza che me ne renda conto, le mi mani si sono già allacciate dietro al suo collo e il suo mento è appoggiato alla mia spalla.

Sento il suo respiro caldo sul mio collo.

Chiudo gli occhi e desidero che quel momento possa durare per sempre.

“Always”.

Quella parola, che ha continuato a risuonare nella mia testa quando ero sotto l’effetto della morfina, ha ancora una volta il suono dell’illusione e non sono sicura di averla immaginata o di averla sentita davvero uscire dalla sua bocca.

 

**

 

Freddo. Riesco solo a sentire un freddo terribile, fino al midollo delle mie ossa. Cerco di stringermi in qualche modo nella coperta da campo, ma non ottengo nulla.

Come spesso accade, mi ritrovo catapultata di nuovo nell’arena. Quanto vorrei accendere un fuoco adesso! Ma sarebbe troppo pericoloso: non ci sono altri tributi pronti ad uccidermi per salvare se stessi, ma nel buio della foresta si nasconde il nemico e non posso permettermi di farmi scoprire.

Anche il calore corporeo di un commilitone andrebbe bene, ma sono rimasta da sola. Nessuno dei miei compagni è rimasto in vita e ho perso notizie delle altre squadre da almeno due giorni.

Batto i denti, mentre una lacrima solitaria scivola sulla mia guancia: non posso domandarmi se Peeta o Gale stiano bene. Deve essere così.

A quanto pare la sicurezza dei ribelli di arrivare a Capitol City senza particolari difficoltà si è rivelata assolutamente senza fondamento: non so se sia stato il tradimento delle talpe nella capitale, o semplicemente il problema è stato sottovalutare eccessivamente il nemico. Quel che so è che i nostri tentativi di bypassare tutte le trappole si sono rivelati inutili.

Per caso, per sorte, sono ancora una volta l’unica rimasta in piedi. Quando anche l’ultimo dei miei compagni è morto, per poco non mi sono lasciata sopraffare dal panico. Ma poi mi sono ricordata della mia missione, uccidere Snow, e il bisogno di vendetta mi ha dato la forza di alzarmi e continuare a camminare. Ora che ho detto addio a Peeta, ho chiuso per sempre la porta all’amore e la vendetta è tutto ciò che mi rimane.

Siamo ormai quasi al confine con Capitol City, un bosco e qualche casa abbandonata sono tutto ciò che mi separa dalla fine.

 

Sono riuscita finalmente a prendere sonno, quando lo sento.

E’ come un sibilo, un suono indecifrabile a cui non riesco dare un nome, ma che mi fa rabbrividire ancora più a fondo.

Mi sollevo di scatto, già in posizione di battaglia, una delle poche frecce che mi sono rimaste tesa nel mio arco. Ma è già troppo tardi.

Una decina di ibridi, comparsi letteralmente dal nulla, mi hanno già circondato. Sono allibita e sconvolta: questo poteva succedere nell’arena, ma questo è il mondo reale, non è vero? Mostri sanguinari non dovrebbero materializzarsi dal nulla.

Sono come i lupi della mia prima edizione degli Hunger Games, ma questa volta sono tutti uguali: manto chiaro, quasi biondo, occhi azzurri. Gli occhi di Peeta.

Rimango pietrificata sul posto per quelle che sembrano ore, paralizzata dalle implicazioni di quella visione: è un messaggio di Snow? Per comunicarmi che, alla fine, ha deciso di portarmelo via per sempre? O è semplicemente un trucco per confondermi e farmi cedere?

Gli artigli di uno degli ibridi sul mio polpaccio mi risvegliano dalla mia trance ed io capisco che per poter sopravvivere devo lasciare tutti i miei sentimenti da parte.

Quello che succede in seguito resta confuso, come avvolto da una nebbia spessa nella mia testa: riesco ad arrampicarmi sull’albero più vicino, inizio a scagliare le mie ultime frecce, le mie ultime speranze.

La prima freccia manca il bersaglio, si conficca nella corteccia di un tronco lontano, ormai inservibile. Mentre gocce di sudore mi cadono dalla fronte, facendomi bruciare gli occhi, scaglio la seconda freccia e colpisco il primo ibrido, che guaisce in modo spaventoso e mi rivolge uno sguardo disperato prima di morire. Mi mordo le labbra fino a farle sanguinare, cercando di convincere me stessa che è soltanto un’illusione.

Pochi colpi, e le mie frecce sono terminate; più della metà dei lupi è ancora in vita. Li ho già visti saltare e so che non potrò restare su quell’albero per sempre, prima o poi riusciranno a raggiungermi.

Stringo le dita intorno al coltello che è attaccato alla mia cintura, pronta a saltare.

Nel momento in cui mi lancio nella mischia sento tutto ciò che resta della mia umanità scivolarmi via di dosso. Mi aggrappo ancora alla vendetta, a quel senso di bestialità che ora mi pervade mentre mi avvento contro un altro ibrido e conficco il mio coltello nel suo collo. Penso di aver soltanto sognato il suono degli spari.

Poi vedo cadere un lupo a terra, e poi un altro. Poi sono io a cadere e picchio la testa contro una pietra.

Sto già morendo? Mi sto immaginando tutto? La mia vista è annebbiata e sento le forze iniziare ad abbandonarmi: quando un altro ibrido, morto, mi cade addosso con tutto il suo peso, cerco di scrollarmelo di dosso, ma è tutto inutile.

In un momento di completa lucidità mi accorgo dell’altro lupo che si sta avvicinando troppo velocemente, le sue fauci ormai a pochi centimetri dal mio viso. Serro le palpebre: non voglio che l’ultimo ricordo prima di morire siano gli occhi di Peeta, iniettati d’odio.

Chiudo gli occhi e aspetto la mia fine, mentre dentro di me fallimento e sollievo si danno battaglia.

Ma il morso non arriva: un urlo di dolore, che sembra quasi umano, mi porta aprire gli occhi di scatto. Tra me e l’ibrido c’è qualcuno adesso.

Sono sicura di essere morta nel momento in cui riconosco quella schiena e quelle braccia che mi hanno protetto dai mie incubi per così tante notti.

Non posso fare altro che rimanere immobile, mentre il mio soccorritore combatte contro il lupo.

Un altro guaito. E nell’aria rimane soltanto quel lieve sibilo.

Peeta si volta verso di me, mi prende per le spalle, mi scuote, chiama il mio nome.

Vorrei rispondere, ma è tutto troppo confuso, come se fossi stata di nuovo punta da aghi inseguitori.

“Stai tranquilla, Katniss, ti ho trovato. Andrà tutto bene adesso”.

Ha poggiato la mia testa sulle sue ginocchia adesso: mi allontana i capelli dalla fronte mentre cerca di tamponarmi il sangue che fuoriesce dalla ferita alla testa.

Sento le mie labbra piegarsi in un sorriso: c’è qualcosa di sbagliato in tutto questo, dovrei essere io a salvargli la vita, non il contrario. Alla fine sarò sempre io quella in debito.

“Non ti azzardare a morire, hai capito?” mi intima, strappandosi un pezzo di maglietta per farne una benda.

Tento di rispondere qualcosa, ma la voce non vuole uscire. Anche la mia vista è sempre più debole, ma riesco a vedere dai muscoli tesi del suo volto che sta soffrendo.

Tutt’ad un tratto il sibilo, che ormai era diventato un sottofondo quasi soffuso, tanto che mi ero dimenticata della sua esistenza, si fa molto più intenso. Lacerante.

Nel volto di Peeta non riesco più a leggere dolore, ma qualcosa di molto, molto più terribile. Odio.

I suoi occhi si confondono con quelli dell’ibrido che ha appena tentato di uccidermi, quando le sue dita si posano leggere intorno al mio collo.

Ora vorrei gridare, urlargli di non farlo, di non lasciare vincere Capitol City ancora una volta. Nessuno riuscirà veramente a cambiarlo, nessuno riuscirà a cancellare il buono che c’è nel suo animo.

Ma non ne ho la forza.

Solo una parola esce dalle mie labbra.

Always.”

 

 

 

1= ‘Dirty and clean’ Stefanie Schneiderman

 

 

Hey there J

Here we are con il secondo capitolo di questa storia! Un ringraziamento a tutti quelli che hanno recensito/preferito/ seguito ecc (Sono stata via un paio d’anni da questo sito ed è cambiato tutto! O.o E’ uno spettacolo ora u.u).

Hope to hear from you again! Non sono particolarmente brava a descrivere momenti di azione, di solito mi butto più sul mondo interiore che su quello reale, ma spero di non aver combinato un gran disastro!

 

Franci

P.s. Ho appena notato che la storia dell'interlinea è colpa di NVU che uso per l'html!!! Probabilmente c'è un modo per fixare la cosa, ma sono troppo pigra per provare :)

  
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