Capitolo
51.
And
just relive the start
And
maybe then we’ll remember to slow down
At
all of our favourite parts
I
loro nasi si sfioravano, e i loro occhi erano talmente vicini che
sembrava ne
avessero uno solo.
Lei
sorrise appena. -Passa verso le 9, che prima ho una cena con mio padre
e mia
madre.- mormorò.
Lui
acconsentì e appena udirono la campanella di fine
ricreazione interromperli,
sbuffarono all'unisono e si separarono, per poi tornare ognuno nelle
rispettive
aule.
Il
resto delle lezioni passò incredibilmente veloce, e la tasca
destra dei
pantaloni di Kim non smise per un istante di vibrare.
Erano
vibrazioni brevi, rapide, che portavano messaggi d'auguri.
Quando
gli insegnanti non se ne accorgevano e tra un cambio di ora e l'altro,
li
controllava per verificare da chi fossero mandati.
Si
stupì della miriade di persone che conosceva. Alcune non le
vedeva da anni,
altre le incrociava per strada ogni tanto, ma si erano ricordati del
suo giorno
speciale.
Una
in particolare glieli faceva tutti gli anni perchè il giorno
dopo sarebbe stato
il suo, quindi per lei era difficile sbagliare.
Quando
finalmente la mattinata terminò ed era ora di tornare a
casa, Kimberly si
precipitò giù per la tromba delle scale, conscia
di chi avrebbe trovato una
volta attraversata la porta.
E
infatti, eccolo lì.
Alto
qualche spanna in più di lei, con gli occhi neri quanto i
suoi, i capelli neri
e corti che cominciavano a farsi più radi sulla nuca e i
lineamenti così simili
ai suoi.
Max,
suo padre biologico, era in piedi contro un muretto esattamente di
fronte a lei
che le sorrideva.
L’aveva
visto indossare di tutto. Quando era più piccola spesso
indossava gli anfibi e
l'orecchino; altre volte metteva una giacca di pelle lunga e occhiali
da sole
sottile stile Matrix; crescendo invece l'aveva visto mettersi abiti
più comodi
e casual, scarpe da ginnastica o addirittura mocassini, come in quel
caso,
aspetto che la destabilizzò per un attimo.
Suo
padre coi mocassini era il mix più improbabile che si
sarebbe mai aspettata, un
po' come porchetta e café zero.. non c'entrano un accidente.
Nonostante
ciò, vederlo davanti a lei le dava sempre quella sensazione
di protezione e
sicurezza tipico delle bambine affezionatissime al padre. Suo
papà era una
specie di eroe dei fumetti, per lei.
Avevano
un gran bel rapporto nonostante la distanza, lui le faceva sempre
percepire la
sua presenza, era come avere un angelo custode senza ali.
Con
un sorriso immenso, la ragazza gli si gettò tra le braccia,
ricevendo in cambio
un super abbraccio tipico solo di lui.
Era
sempre stata orgogliosa del suo papà, ed era fiera che fosse
solo suo.
Non
che lui avesse mai presentato la voglia di accasarsi e costruire una
nuova
famiglia, grazie al cielo, ma ogni tanto a Kim non sarebbe dispiaciuto
vederlo
per una volta accanto ad una donna fissa.
Gliene
aveva presentate nel corso degli anni, ma nessuna era stata
all'altezza,
evidentemente.
I
suoi genitori erano entrambi morti di cancro, non aveva fratelli, men
che meno
zii e parenti, quindi Kimberly rappresentava tutto ciò che
gli desse motivo di
esistere e questo, dava un gran senso di responsabilità alla
ragazza.
Andare
bene a scuola, non cadere in depressione cronica o non cominciare a
drogarsi
più che per chiunque altro o per se stessa, lo faceva per
lui, perché sapeva
che l'avrebbe ucciso, e deluderlo era l'ultima delle sue intenzioni.
Certo,
non era del tutto priva di morale, e anzi la sua ambizione,
testardaggine e
orgoglio non le avrebbero mai concesso di fallire in un qualunque
ambito,
comunque ogni volta che si sentiva debole o pensava che non sarebbe
riuscita a
raggiungere un determinato obbiettivo, le bastava pensare a Max, al
fatto che
lui credeva ciecamente in lei per darle la forza necessaria.
-Auuuguuurii
cucciolotta di papà!- sebbene quel giorno compiesse 18 anni,
per lui rimaneva
sempre la sua “cucciolotta”. Eh, si parla tanto di
madri sdolcinate, ma anche i
padri non scherzano quando si tratta delle figlie.
E
lei, sebbene ormai fossero passati anni, non si stancava mai di
sentirselo
dire.
La
sua famiglia era piuttosto fredda nei modi, sua mamma aveva smesso di
abbracciarla
o di chiamarla con nomignoli imbarazzanti da ormai 14 anni, e tutte le
attenzioni dei suoi genitori erano sempre rivolte a Gaya, la sorellina
minore.
Essere
l'unica per almeno una persona, aveva davvero molto significato per lei.
-Come
stai?- le chiese poi, allentando la presa.
-Benone
pa', tu? Come è andato il viaggio?- domandò di
rimando, separadosi da lui e
cominciando a passeggiare per le vie del centro.
Lui
viaggiava sempre moltissimo per lavoro, e aveva l’immensa
fortuna di conoscere
e imparare sempre nuove cose.
L'uomo
rispose come sempre “solito” e cominciarono a
discorrere di tutto quello che si
erano persi l'uno dell'altro nel corso di questi mesi che non si erano
visti.
Non
si vedevano dalle vacanze di Natale, ma ormai Kim era abituata a non
vederlo
per così tanto tempo.
Gli
raccontò delle lodi scolastiche, della scuolaguida, della
gita e così via;
mentre lui le parlò dell'Europa, del suo acquario che ha
dovuto buttare perchè
non riusciva più a tenere a causa delle lunghe assenze e
della batteria
elettrica che si era comprato.
Lui
era un bambinone, sotto certi punti di vista: adorava giocare alla
playstation,
da giovane faceva parte di una band e il suo sogno più
grande era proprio
quello di suona la batteria come un professionista, mentre invece
quando lo
chiese ai suoi, loro gli regalarono una chitarra, infrangendo i suoi
piani.
Nonostante
ciò, mantenne questa insana passione per la musica e
infatti, il suo lavoro
aveva a che fare con questa. Era un produttore di fama del settore
musicale o
qualcosa di simile, lui non le parlava mai del suo lavoro se non per
chiederle
il suo parere su alcune band promettenti.
Ogni
tanto le portava dei CD non ancora usciti nel mercato per farglieli
ascoltare.
Lei rappresentava la gioventù di quella generazione, se
fosse piaciuto a lei
era possibile che piacessero anche a tutti gli altri.
Quando
aveva qualcosa da dire o qualche commento da fare, lui prendeva sempre
nota e
apportava le determinate modifiche da lei indicate, se ritenute
opportune.
E
questo fece accendere la lampadina nella mente di Kimberly.
-Pa',
quanto ti fermi?- gli domandò dando un morso al suo panino
imbottito.
Si
erano seduti sul bordo di una fontana in pietra, proprio di fronte a
quel
negozietto che era più piccolo del bagno di Kim, ma che
producevano dei panini
davvero eccellenti.
E
lo sapevano tutti dato che ogni volta bisognava fare la coda per
ordinare.
-Domani
sera riparto.- rispose gustandosi il pranzo, lui. -Perchè?-
chiese poi,
voltandosi a guardarla.
-Perché..
vorrei farti conoscere una persona.- disse lei, sforzandosi di non
incrociare i
suoi occhi, il che, fece intendere a lui di cosa si trattasse.
Infatti
sorrise, furbetto. -Ti sei fatta il fidanzatino, eh?- non era il tipo
da essere
possessivo o geloso, ma si trattava comunque di sua figlia. E in ogni
caso,
sarebbe stata la prima volta che gli presentava il ragazzo, e
ciò sotto un
certo punto di vista, lo entusiasmava parecchio.
-In
un certo senso..- rispose lei evasiva, dato che
“fidanzatino” le pareva il
termine più lontano da quello che Jared effettivamente era.
-Si
chiama Jared ed è un musicista. Per questo vorrei che lo
conoscessi, ha davvero
talento, è bravissimo ed è il suo sogno da
sempre.-
-Ne
sei sicura?- domandò il padre, lanciandole un'occhiata
scettica. Magari era
l'amore ad accecarla, e non era seriamente bravura.
-Da
quando metti in dubbio il mio intuito?- fece lei ironica, pulendosi
dalle
briciole che le si erano impigliate nei capelli.
-Da
quando questo ragazzo ti piace..- rispose conciso.
-Papà,
non sono fusa, lui se lo meriterebbe davvero.- pareva sicura di quello
che
diceva.
-Allora
perchè non c'è ancora riuscito?- se aveva davvero
così tanto talento, era
strano che non avesse ancora sentito il suo nome.
-Diciamo
che non ha avuto fortuna..- giustificò lei, con un'alzata di
spalle. -Per
questo voglio che tu lo ascoltassi, potresti aiutarlo!-
-Mi
garantisci che non sia un idiota? Ha almeno cambiato la voce?-
ridacchiò lui,
facendo allusioni al periodo di pubertà attraverso cui la
figlia e amici erano
passati da poco.
Lei
gli rivolse un'occhiata infastidita, che diceva tutto. -Per la cronaca,
è più
grande di me ed è proprio la sua voce che mi ha colpita!-
-Mh,
ok di solito tu ci prendi quando si tratta di doti canore.- ammise il
padre,
facendole segno di avviarsi verso il parcheggio sotterraneo dove aveva
lasciato
la macchina.
-Sì
pa', fidati. E' un artista.- e gli occhi con cui lo disse lo convinsero
al
100%.
Quando
entrarono nel parcheggio e lui si accinse a pagare, lei fece un paio di
calcoli. -Ma sei venuto fino a qua in macchina?- gli chiese stupita.
C'erano
almeno 6 ore di distanza tra casa sua e casa di lei.
-No,
l'ho noleggiata in aeroporto come al solito.- mentì rapido,
pagando e scendendo
le scale.
Lei
lo seguì, guardandosi intorno.
-Oggi
si festeggia il tuo compleanno...- aggiunse, camminando davanti a lei.
-Quindi,
buon compleannoooo!!- esclamò, indicandole una macchina
davanti a lui.
Il
cuore le si fermò in gola mentre rimase a bocca aperta. Era
piccolina, nera con
dettagli rosa e tanti fiocchetti rosa incollati sul vetro e sul cofano.
Kimberly
pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai
visto, probabilmente data dal
fatto che era solo sua.
-Stai
scherzando?!- domandò correndo verso quella meraviglia e
rigirandosela tutta.
-E'
una Citroen C1, in Francia è molto conosciuta. Qui si usano
più fuori strada,
quindi questa sarà pressoché unica nel suo
genere. E' di seconda mano, così se
la picchi via non ti sentirai troppo in colpa e ho fatto cambiare certi
dettagli che erano ormai consumati, come tappetini e tergicristalli..
ma in sé
era tenuta
abbastanza bene.- disse, ma lei quasi non lo ascoltava.
Era
in estasi, non aveva neanche la patente ma già una
macchina.. Bel tentativo da
parte sua di farla intestardire sulla patente. Quando le porse le
chiavi, si
fiondò ad aprirla per controllare gli interni, in classica
pelle chiara.
Era
davvero bellissima e Kim si sentiva entusiasta. -Domani facciamo un po'
di
guide, ok?- le propose avvicinandosi.
La
ragazza con la stessa espressione da ormai 5 minuti, lo
abbracciò di slancio,
ringraziandolo ancora e ancora. Rischiava una paresi facciale da tanto
sorrideva.
Il
resto del pomeriggio ne approfittarono per andare al cinema e passare
un po' di
tempo insieme a chiaccherare e per cena, lui sarebbe stato a casa sua.
Quando
arrivarono Lilian li accolse con un sorriso, e Kimberly vi lesse subito
che
sapeva perfettamente del suo regalo, ma non aveva mai lasciato
trapelare
niente. Quella donna quando voleva diventava una tomba.
-Ciao
Lilian.- la salutò Max cordialmente, saluto che
ricambiò con due baci sulle
guance, saluti di diplomazia, alquanto imbarazzati, non degni di due
persone
che una volta si sono amate al punto da mettere al mondo un bambino.
Strana
ogni tanto la vita; ogni volta che li vedeva insieme Kim, si chiedeva
sempre
che cosa ci avessero trovato l'uno nell'altra, dato che avevano
decisamente
poco in comune, a prenderli separatamente.
James
e Gaya erano andati a trovare dei parenti quella sera, quindi sarebbero
stati
solo loro tre, il che emozionò profondamente Kimberly.
Era
stata un'idea di sua madre, James non era esattamente entusiasta, ma
gli
effettivi genitori ritenevano che sarebbe stato un gran bel regalo per
la
figlia.
Effettivamente
c'avevano preso. Per quanto si sforzasse, Kim, non riusciva
assolutamente a
ricordare il periodo in cui i suoi erano insieme, in cui lei aveva
avuto una
vera famiglia. Era troppo piccola, ma un ricordo di quel genere le
avrebbe
risparmiato molta pena per parecchio tempo.
Per
quanto James le piacesse, quando era più giovane, non
riusciva a non desiderare
ogni notte che i suoi tornassero insieme, che formassero una famiglia
normale,
che suo padre tornasse a casa ogni sera e che potesse vedere da cosa
fosse
venuta fuori.
Spesso
si sentiva senza origini, dato che l'amore da cui era nata, non c'era
più. Per
un bambino non c'è niente di più destabilizzante
e difficile da accettare.
Ed
ora, loro le stavano facendo il regalo più bello che potesse
aver mai
desiderato.
Vederli
in cucina a parlare normalmente, mentre sua madre preparava i piatti e
lui
spiluccava con le dita alcuni pomodorini, congratulandosi per
l'eccezionale
cuoca che era, le pareva talmente surreale ma al contempo talmente
fantastico
da farla commuovere in silenzio.
Sedersi
a tavola solo loro tre a cenare, tra chiacchiere e risate, la fece
sentire al
settimo cielo e, ne era certa, non li avrebbe mai ringraziati
abbastanza per
quello
che stavano facendo, sapendo quanto effettivamente costasse loro.
Perché
un po' d'imbarazzo si coglieva, le frasi ogni tanto apparivano
sconnesse, e gli
sguardi parevano impacciati e non si soffermavano per più di
tot secondi.
Solo
allora Kimberly realizzò che, dopo tutto, era sicuramente
meglio così, loro non
si appartenevano e probabilmente era proprio la distanza a rendere il
rapporto
con suo padre tanto speciale.
Però
quel momento non l'avrebbe scambiato con nient'altro, nemmeno per tutto
l'oro
del mondo.
All I wanted was you.
Note
finali: AAAAALLLLEEEEEEEEEEE'!!!
Come si dice "chi non muore si rivede" e io non faccio che confermare
questa regola, fuck yeah.
Lo so lo so lo so che è stata una mega assenza la mia
(almeno credo, era ancora marzo quando ho postato l'ultima volta?) e mi
dispiace non sono scomparsa perchè ero
morta/depressa/stronza, ma ho avuto il mio grandissimo da fare e sono
contenta di annunciarvi che una nuova era della mia vita sta
cominciando :D
Non vi annoierò con dettagli futili, e passiamo al piccante
della questione: il capitolo!
Mi rendo conto che fa abbastanza cagare, immagino le vostre espressioni
affamate dopo esservi succhiate in un batter d'occhio queste ben 3
pagine e mezzo di Word e arrivate in fondo avrete alzato un
sopracciglio della seria "ma
che, davero?" e purtroppo devo rispondere di
sì, non lo ricordavo neanche io così corto,
è stato un puro caso che io sia mancata proprio prima di un
capitolo così deludente!
Ma
cerchiamo di rianimarlo noi, no??
Allora, il topic di oggi è: quali sono stati i momenti
più belli della vostra vita? Ve li ricordate? Descrivetemeli
orsù :)
La canzone è All I wanted dei Paramore, canzone indescrivibile, una di quelle che ti entrano dentro un minuto e ci restano per i 4 mesi seguenti. Ho passato non so quanto tempo a cantare questa canzone! So che è un pò triste, ma se la si ascolta bene secondo me è in tono con i capitolo :)
Potrei seguirti al principio
e rivivere l'inizio
Poi magari ci ricorderemo di rallentare
ad ogni nostra parte preferita.
Tutto quello che volevo eri tu.
Ok, bando le ciance, credo di avervi annoiate più che a sufficienza :) ma dato che il capitolo era un pò così, non volevo che le note finali fossero altrettanto deludenti ahahah.
chiedo venia, e ricordatevi di lasciarmi i vostri momenti migliori, se proprio non riuscite a commentare questa sottospecie di capitolo. Non abbiate paura di dilungarvi, mi piace molto quello che mi scrivete e nel caso in cui non volete che cazzoneso li legga o avete qualche remora in più di me nello sputtanarvi allegramente nel web (ahahah), rispondetemi pure in privato :)
LOTSOFLOVE.