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Autore: Lady Vibeke    02/11/2007    13 recensioni
Bill e Tom Kaulitz, i gemelli più amati ed uniti dell'universo, celeberrime rockstar e nuovi sex symbol del panorama musicale internazionale. I Tokio Hotel, la fama, i fans, i viaggi, i soldi, il successo, e poi... E poi lei. Leni.
Tom la odiava, Bill non sapeva cosa pensare di lei, ma per entrambi la sua presenza aveva portato non poco scompiglio. Nessuna ragazza era mai riuscita a dividerli, e di certo non ci sarebbe riuscita una semplice stylist neoassunta senza un briciolo di attrattiva.
Questo, almeno, era quello che tutti avevano creduto.
Genere: Romantico, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trascinandosi dietro due cappotti (quello di raso e quello in vinile) e una pochette di ridicole dimensioni, Leni trottò giù dagli scalini della villa ed arrancò claudicante attraverso il viale alberato fino alla strada, schermandosi meglio che poté dalle fitte goccioline di pioggia.

Era incredibile quante auto trafficassero per quell’insulsa stradina secondaria.

Attese un paio di minuti sotto ad una specie di gazebo arrugginito, poi finalmente riuscì a fermare un taxi e vi si fiondò dentro prima ancora che la vettura potesse arrestarsi del tutto.

“Dove la porto?” chiese il tassista in italiano, osservandola dallo specchietto retrovisore con la stessa espressione che aveva avuto Lewis pochi minuti prima.

Leni si sforzò di recuperare le nozioni basilari di italiano che aveva appreso negli ultimi anni.

“Datchforum, per favore.” Rispose con urgenza.

L’uomo fece una faccia strana e grugnì qualche cosa che lei faticò a comprendere, qualcosa che somigliava orribilmente a ‘Non ne ho idea’.

Leni provò a spiegare del concerto, prima in un italiano decisamente scadente, poi in inglese, ma l’uomo continuava a non capire. Stava per perdere le speranze, quando ricordò qualcosa che Katia aveva buttato lì tra un gossip e l’altro.

Ti prego, fa’ che funzioni…

“Forum di Assago?” provò, esitante.

La faccia butterata dell’autista si illuminò all’istante.

“E perché non lo ha detto subito?” biascicò burbero, e partì con una manovra brusca.

Leni si rilassò leggermente, appoggiando la schiena al sedile malconcio, ed osservò il paesaggio saettare veloce fuori dal finestrino, nel buio della sera.

Non aveva soldi con sé, non aveva creduto che le sarebbero serviti, ma decise di rimandare il problema del pagamento all’ultimo momento. Per ora, tutto ciò che si concesse di fare fu essere in ansia ed iperventilare in tutta tranquillità.

Tu sei una pazza a piede libero, sentenziò la sua parte razionale, relegata in un cantuccio buio della sua mente, sei una pazza e hai una grandissima, enorme, immensa, vergognosa faccia tosta a tornare indietro così.

Per quanto l’avrebbe voluto, Leni non poteva certo dar torto alla vocina, la quale, oltre ad essere un po’ troppo sicura di sé, aveva fastidiosamente ragione.

-------

Tom aveva la matematica certezza che da lì a poche ore il suo organismo avrebbe ceduto. Aveva messo ogni goccia di sé nel concerto, ed ora si sentiva sfibrato fino al midollo.

Sfibrato, ma felice.

Il momento era epico, quasi surreale, con lui, Bill, Georg e Gustav parati davanti ad un pubblico infuocato che urlava, e piangeva, ed acclamava a gran voce ciascuno dei loro nomi come se fossero divinità scese in terra, e, per la prima volta, Tom si sentì davvero un dio onnipotente.

C’era qualcosa di mistico nel modo in cui lui e gli altri si stringevano le mani, e non servivano parole perché ciascuno di loro sapesse quello che gli altri pensavano.

Wow…

Era qualcosa da brivido.

Nonostante avessero già una nutrita collezione di concerti di successo alle spalle, invidiabile anche dai più veterani della scena musicale, quello che ora si ritrovavano di fronte era qualcosa di così immane e grandioso che tutto ciò che potevano fare era sorridere come una manica di ebeti lobotomizzati ed inchinarsi ad oltranza, salutando e ringraziando.

Si poteva avvertire l’affetto delle fans, la loro gioia, la loro soddisfazione, ed era tutto così affine ai sentimenti stessi di tutto il gruppo da far venire i brividi.

Tom avrebbe voluto sapere qualche parola italiana che non fosse ‘bella gnocca’ o ‘una botta’ per poter esprimere a dovere il proprio compiacimento.

Quella cervellona di Leni avrebbe senz’altro potuto darmi una mano, pensò con arida apatia, alla quale però subentrò subito un’inaspettata nostalgia.

Tom poteva raccontare in giro tutte le storie che voleva, e lasciar parlare i media in merito alla sua mancanza di riguardi di alcun tipo verso il genere femminile, ma sotto ai metri e metri di stronzate che gli si cucivano addosso, un cuore, dopotutto, ce l’aveva anche lui. Da qualche parte.

Di sicuro non mi si può accusare di superficialità per essermi invaghito di quella sottospecie di manico di scopa truccata come mio fratello…

Mentre lui e gli altri si ritiravano dopo lunghi minuti di saluti, Tom cercò di sopprimere certe riflessioni e si preparò a sorridere per le fans che aspettavano nel backstage con i loro inestimabili pass.

Quando scorse il piccolo capannello di ragazze, i suoi sensi per poco non vennero meno. Erano tutte carine, e le loro mise lasciavano ben poco all’immaginazione, eppure Tom non riusciva ad entrare nel solito spirito libertino da festeggiamenti.

Il problema era che l’aver perso Leni non solo aveva significato perdere l’unica ragazza che riuscisse a suscitare in lui voglie che addirittura esuberassero dal semplice sesso, ma anche un’amica. Un’amica reale, concreta, con la quale non aveva mai avuto bisogno di fingere di essere qualcosa che non era, perché lei lo aveva conosciuto al suo stato più puro e primordiale, senza maschere o inibizioni. Leni aveva conosciuto il vero Tom, e probabilmente era l’unica donna, oltre a mamma Kaulitz, che potesse vantare un tale prestigio.

Era piacevole, no?, la sua coscienza si era risvegliata dal momentaneo torpore causato dagli eccessi di eccitazione, ed era tornata più prorompente che mai. Insomma, quando era stata l’ultima volta che una ragazza ti aveva parlato come un essere umano e non come un messia cerebroleso?

La parola ‘mai’ gli rimbombò in testa più e più volte in modo avvilente.

“Ragazzi, una performance storica!” David accorse verso di loro e li riempì di pacche e congratulazioni, poi li guidò verso le fans, elencando le solite raccomandazioni di buona condotta. “Carini e coccolosi, mi raccomando.”

A-ha, molto divertante, Jost.

Tom finì quasi scaraventato di fronte ad una biondina che doveva avere ad occhio e croce sedici anni. Sembrava parecchio sicura di sé, anche troppo, e stava letteralmente sbavando.

“Ciao,” gli disse la ragazza, tirando in fuori il petto prosperoso e sbattendo le ciglia appesantite da strati su strati di mascara. “Il mio nome è Gloria.”

Il solo nome della ragazza gli suscitò una piccola smorfia istintiva. Sapeva che non aveva scelto lei di chiamarsi così, ma era un nome che gli comunicava superficialità e vanità, cosa che non gli aveva mai recato alcun problema, finora, ma che improvvisamente gli sembrava un forte deterrente.

“Io sono tanto felice di conoscere te!” esclamò Gloria, artigliandolo per le spalle e scoccandogli due baci appiccicosi sulle guance.

Il suo tedesco era molto scolastico, e si perdeva nella parlata flemmatica e strascicata, forse voluta, ma sicuramente non sensuale.

Gloria lo fissava come se stesse cercando di immobilizzarlo con lo sguardo – o di stregarlo – ma più che esserne ammaliato, Tom avrebbe voluto scappare. La ragazza aveva le palpebre cadenti e la forma degli occhi neri era una mezzaluna rivolta verso il basso, incastonati in una carnagione olivastra con una bella abbronzatura, ma lui non riusciva a farsela piacere.

Più la guardava, più gli sapeva di finto, di costruito, di posato. Avrebbe volentieri dato l’anima, al momento, per poter scambiare quattro chiacchiere pungenti con la proprietaria di un certo paio di vispi occhi a mandorla grigio-azzurri.

Buttò un’occhiata agli altri, e vide con sollievo che non erano messi molto meglio di lui: Gustav stava autografando la maglietta di una ragazzina che non dimostrava più di dodici anni, Georg sorrideva imbarazzato mentre una brunetta niente male gli porgeva civettuola un orrido orsacchiotto rosa che stringeva un cuore glitterato, e infine Bill, braccato in un angolo, veniva molestato da ben tre fanciulle, di cui due apparentemente gemelle – fantasiosamente vestite alla Kaulitz – ed una terza decisamente in carne.

Tom era già entrato nell’ottica del ‘sorridi e sopporta’ e si apprestava a lasciarsi consumare di moine smielate dalla bionda, quando alla sua vista comparve quello che ritenne un inequivocabile miraggio: in fondo al backstage, diverse decine di metri più in là, tra la piccola folla degli operatori vari, una ragazza bellissima in abito da sera stava litigando forsennatamente con un paio di armadi a due ante che controllavano gli ingressi dal retro.

Ne ammirò le gambe lunghe e flessuose e la vita sottile, i fianchi asciutti e il seno ben proporzionato, ed infine il viso, dolce e delicato, molto fine e femminile. La sconosciuta aveva delle belle labbra piene e curvilinee, lucide di gloss, e un modo di fare che a Tom ricordava qualcosa che non riusciva a focalizzare.

Quando finalmente la ragazza sollevò lo sguardo, Tom si ritrovò a fissare due felini occhi cerulei che gli bloccarono sistematicamente ogni funzione vitale.

Cristo santo!

Ovvio che la ragazza gli fosse familiare.

Non ci posso credere…

L’angelica apparizione era Leni.

-------

“Fammi passare, brutto bestione, sono dello staff!”

Leni non sapeva più che pesci prendere. I due bruti che le bloccavano il passaggio non facevano che silurare divieti in italiano e a ripetere ‘Niente pass, niente ingresso’.

“Ce l’ho il pass, cazzo!” strillò in inglese, presa dalla rabbia, frugando in tutte le tasche del soprabito di vinile. “È qui dentro, da qualche parte!” Mostrò il soprabito ed assunse un’espressione implorante. “Per favore!”

Ma i macigni umani non volevano saperne.

“Indietro, per favore.” Le disse il più grosso per la milionesima volta.

Sull’orlo di una crisi isterica, Leni ricontrollò nuovamente tutte le tasche del cappotto, senza successo.

Erano qui, maledizione, ce li ho messi io…

“Lasciatela passare.”

Leni sollevò lo sguardo nel sentire quella voce nota e si sentì sprofondare in un abisso di sollievo: Tom le sorrideva al di là dei due energumeni in nero, che avevano subito obbedito, facendosi da parte.

“Tom!”

Prima ancora di rendersene conto, Leni sbatté tutto ciò che reggeva in mano ad uno dei due uomini si precipitò tra le braccia di Tom, stringendolo con affetto.

“Dio, siete stati una bomba! Una cosa indicibile… Vi ho visti, siete dei fottuti animali da palcoscenico, tutti quanti!”

Mentre lei vaneggiava come una qualunque mocciosa fanatica, lui rimase rigido ed ammutolito, come se non la conoscesse.

“Tom,” fece, preoccupata. “Che diamine ti prende, ti senti bene?”

Lui deglutì e la guardò stralunato.

“Tu… Tu sei…”

“Leni,” Completò lei, cominciando pensare che i postumi da concerto dovevano essere più seri di quel che avesse creduto. “Ti ricordi di me? Sai, quella viscida serpe metallara con cui ti stavi amabilmente scannando a suon di aforismi sarcastici solo poche ore fa…”

“Che cosa ci fai qui?” chiese Tom, quasi non avesse sentito una sola parola.

Leni si sentì rosicchiare lo stomaco da un galoppante senso di colpa.

“Hai presente quando mi davi della sadica stronza?”

“Senti, mi dispiace se –”

“No,” Leni rise debolmente, lottando contro l’isteria che cercava di prendere il sopravvento su di lei. “Avevi ragione,” Gli sorrise amaramente, abbassando gli occhi. “Hai sempre avuto ragione.”

Tom la scrutò, chiaramente colto alla sprovvista. Leni era consapevole del fatto di averlo non poco sconvolto, visto che in genere preferiva ingoiare una scatola di spilli, piuttosto che ammettere di aver avuto torto, ma stavolta le cose erano diverse, e lo doveva a Tom. Almeno quello.

“Ascolta,” riprese afflitta. “Io ho una marea di pecche, lo so, e sono una megera insopportabile, e ti devo un milione di scuse, ma –”

Tom le tappò la bocca con una mano, le labbra increspate in un sorriso indecifrabile, a metà tra divertito e triste, che fece venire a Leni una gran voglia di abbracciarlo di nuovo.

“Va bene così,” La rassicurò. “Vederti abbassare la cresta è la rivincita più soddisfacente che tu potessi darmi.”

Leni rise sommessamente.

Ti adoro, Tomi, lo sai?

Lo vide voltarsi verso un punto alla sua sinistra, e, seguendolo, notò Bill con le spalle al muro e una faccia traumatizzata, in compagnia di un esiguo manipolo di estrogeni concentrati.

Tom scosse la testa e sorrise ancora.

“Vai a salvarlo.” Le disse dolcemente.

Leni tentennò incerta. Alcune delle ragazze con i pass al collo si erano voltate e le lanciavano occhiate assassine e gravide di rancore.

Oddio, forse sarebbe il caso che io…

Ma poi, come una doccia di acqua gelata, vide Bill alzare lo sguardo ed incontrare il suo, e se finora il mondo era rimasto in piedi nonostante tutto, adesso, mentre lui restava a guardarla a bocca aperta senza apparentemente ben capire chi fosse, tutto quanto crollò in un battito di ciglia.

-------

Bill non aveva idea di chi fosse la misteriosa ragazza con cui Tom stava parlando con tanta confidenza.

Non era la tipica ragazza su cui suo fratello normalmente avrebbe messo gli occhi: non era bionda, né particolarmente formosa, né tendente al volgare, ma anzi, aveva una velo di raffinatezza addosso che proprio non collimava con le necessità di rimorchio facile di Tom.

Portava un abitino corto, ed aveva la pelle d’oca per il freddo, ma a Bill non dispiacque che fosse così poco coperta, perché in effetti c’era molto da vedere: gli piacevano soprattutto i lunghi capelli neri, che le ricadevano sulle spalle in morbidi boccoli lucenti, mettendo in risalto l’incarnato candido e le labbra di un rosa intenso che sembrava naturale.

Era bella, veramente bella, e nemmeno un cieco avrebbe potuto negarlo, ma c’era qualcosa, in lei, che non convinceva, qualcosa che sembrava fuori posto, ma non avrebbe saputo dire cosa, con esattezza. Era più che altro una sensazione a pelle, e a Bill dava l’impressione di una pantera selvatica costretta al guinzaglio.

In quell’istante, la ragazza incrociò i suoi occhi ed all’improvviso impallidì, come se avesse visto un fantasma.

Una specie di scintilla crepitò tra i pensieri di Bill, mentre lei restava ferma a guardarlo e le ragazze che lui aveva intorno si voltavano verso di lei.

Perché mi sembra di conoscerla?

Bill ebbe un flash di Tom che la abbracciava, di lei che gli sorrideva, e poi ripiombò nella realtà frastornato, la mente che pian piano si faceva più lucida. Impiegò qualche istante a capire che si trattava di Leni.

Oh, mio dio…

E fu allora che la vide, la falsità di cui lei gli aveva parlato durante la loro prima conversazione. Il vestito, le scarpe, la pettinatura, perfino i gioielli… Era tutto una bugia, una bugia che si portava addosso con un certo fastidio, e che ciononostante mostrava una verità che Bill, finora, non era riuscito a vedere.

Era stato così preso da lei, dalla sua cocciutaggine, dal suo umorismo tagliente, e da tutto quello che da dentro di lei brillava al di fuori, da non accorgersi che c’era anche una superficie ad avvolgere la sua essenza.
I suoi occhi innamorati avevano sempre e solo visto la Leni interiore, senza quasi accorgersi che a custodirla, sotto ai soliti vestiti un po’ punk e un po’ gotici, c’era una donna a tutti gli effetti.

Una bellissima donna…

Come in un sogno, Bill si fece largo tra le fans e, senza nemmeno sapere come, le andò incontro.

Vide che Tom le faceva un cenno con la testa e la spingeva in avanti, ammiccando verso di lui.

Metà del cuore di Bill volò via spensierato, comunicando a Tom un 'grazie' telepatico.

Sei unico, fratellino.

Non gli importava che tutti fossero lì a guardare, né che le fans stessero per esplodere, oltraggiate, e nemmeno che le sue gambe si stessero muovendo in separata sede dal cervello, ormai concentrato su un’unica cosa.

Leni correva verso di lui, o almeno ci provava, visto che i tacchi delle scarpe che portava avevano tutto l’aspetto di congegni progettati per uccidere le caviglie, ma doveva riconoscere che gli piacevano.

Quando furono l’uno al cospetto dell’altra, Bill si sorprese a non ricordare come si articolassero le parole, mentre lei si sforzava di guardarlo negli occhi.

“Ciao.” Sussurrò Leni, mesta. Bill, completamente basito, deglutì a fatica, ancora incapace di formulare pensieri coerenti.

“Sei – sei assolutamente…”

Balbettare non era esattamente un tratto distintivo di Bill Kaulitz, il grande leader carismatico, ma, del resto, non lo era nemmeno starsene imbambolato come uno stoccafisso ad aspettare che la manna gli cascasse tra capo e collo dal cielo.

“In trappola.” Completò Leni per lui. In qualche modo, per intercessione di qualche fortunata congiunzione astrale, Bill riuscì a recuperare il lume della ragione:

“Stavo per dire stupenda.” La corresse, cercando di rammentare quali muscoli andassero interpellati per un sorriso, e in che modo, eventualmente, andassero gestiti.

A quanto pareva, comunque, nemmeno Leni sembrava ricordarlo.

“Guardami, Bill,” mormorò, tirando in su la scollatura e al contampo cercando di abbassare l’orlo sulle gambe scoperte. “Sembro una bambola pronta per essere venduta,” Sospirò, rabbrividendo. “Questa non sono io.”

“Sì che sei tu,” Bill le prese le mani e tentò di scaldargliele. “Sei solo un po’… Mascherata.”

Ma pur sempre stupenda.

“E piuttosto ridicola.” Interloquì lei, piccata.

“Sei una favola.” Ribadì lui.

“No,” Leni era arrossita lievemente. “Il vestito è una favola, il trucco è una favola, le scarpe, l’acconciatura, i gioielli sono una favola…” Dal suo tono, sembrava quasi rammaricata. “Io sono sempre la solita, vecchia Leni.”

“Per fortuna.”

Bill ricordò come si sorrideva. Si levò la giacca e gliela pose sulle spalle, sotto agli sguardi esterrefatti e gelosi del gruppetto di ragazze.

Lui non se ne curò. Per la verità, non gli era mai importato di meno di avere un’intera schiera di guardoni in un momento così intimo.

“Sai,” sussurrò a Leni. “Ormai ero sicuro che non ti avrei più rivisto.”

“Il proposito era quello,” ammise lei, torturandosi il labbro con i denti. “Ma non hai idea degli effetti che può causare vederti cantare Rescue Me su un megaschermo, con una lacrima che ti scende sul viso.” Gli sorrise radiosa, proprio come gli aveva sorriso la prima volta. “Era questo che intendevo, quando ti ho detto di metterci l’anima.”

“Cantavo per te.”

Lei annuì solennemente.

“Lo so.”

Bill provava il bruciante bisogno di riprendere in mano il microfono ed urlare a squarciagola; si sentiva così carico e vitale che sentiva che avrebbe potuto spostare una montagna con un dito.

“Sono ancora un ragazzino?” azzardò, con una punta di sfacciataggine.

“Non lo sei mai stato.” Rispose Leni, abbassando il capo in segno di scusa. “Cercavo solo di convincere me stessa che tra noi non avrebbe mai potuto funzionare.”

Bill sogghignò sornione, la gioia allo stato più puro a scorrergli nelle vene come argento vivo.

“A che scopo cercare di negare l’evidenza?”

“Sono vecchia per te.”

Oh, ti prego…

Bill volse gli occhi al cielo. Era incredibile quanto due teste dure potessero cozzare l’una contro l’altra senza mai incontrarsi.

“Leni, sono solo due anni,” sdrammatizzò. “Non ti arrampicare sugli specchi.”

“E sono così indegna di te…”

“Hey, ce li ho anch’io i miei difetti.” Disse Bill, scatenando un ondata di mormorii di disapprovazione dal pubblico di fans, accompagnato da battutine ironiche provenienti dai sui tre adorabili compagni.

Leni incrociò le braccia ed inarcò scettica le sopracciglia.

“Ad esempio?”

Bill si soffermò a pensarci.

“Ho gli incisivi storti.”

“Bill” rise lei. “Io parlavo in termini un pelino più profondi.”

“Allora sarà meglio che io non parta con la lista, altrimenti ci perdiamo la festa post-concerto.”

Leni si finse colpita.

“Non sia mai.”

Si scrutarono, l’uno riflesso negli occhi dell’altra, felici, finalmente, di quella vicinanza che tanto avevano desiderato.

Leni chiuse gli occhi e fece per allungarsi verso di lui, ma Bill si tirò indietro.

Non poteva baciarla. Non ancora.

C’era una cosa che ancora gli premeva di chiarire, prima qualunque altra, e doveva saperlo subito.

“Leni…” La guardò, e lei sembrava confusa dalla sua esitazione.

Bill non voleva rovinare l’atmosfera, e oltretutto aveva una voglia micidiale di lasciarsi andare ai suoi più infimi istinti, ma se non parlava ora, era certo che sarebbe impazzito. Inspirò e si tolse quel peso che da settimane lo attanagliava.

“Quale cazzo di segreto avete tu e Tom?”

Dapprima disorientata, l’espressione di Leni divenne velocemente incredula, e infine estremamente divertita.

“Non mi dire che è quasi un mese che ti arrovelli su questa cosa…”

“Taci,” la ammonì lui, cercando di trattenersi dal ridere con lei. “Dimmi qual è questo maledetto segreto.”

“Nulla di che… Una delle prime sere l’ho beccato mezzo ubriaco che stava per portarsi un po’ di compagnia in camera.”

“Che c’è di strano? Tom non si è mai vergognato delle ragazze che si porta a letto…”

Un sogghigno compiaciuto apparve sul viso di Leni.

“Non era una vera ragazza.”

Bill strabuzzò gli occhi, indeciso se scoppiare a ridere o lasciarsi scioccare dalla rivelazione.

“Tom stava per… Con un ragazzo?”

“A sua difesa,” intervenne lei. “Posso dire che l’inganno era notevole.”

Restarono in silenzio per qualche secondo, ma presto si resero conto che la loro piccola parentesi di chiarimenti e riappacificazioni stava bloccando sul posto all’incirca mezzo centinaio di persone.

“Il mondo ti acclama, Cesare.” Osservò Leni allegramente, stringendosi addosso la giacca.

Bill però non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Era così bello riaverla, che a questo punto tutto il resto poteva anche andare a rotoli, e non gli sarebbe importato.

Se è un sogno, svegliatemi ora, o lasciatemi dormire per sempre.

Sollevò lentamente le mani e gliele posò sul viso, sfiorando per la prima volta la sua pelle vellutata, e anche se gli zigomi erano spigolosi, era piacevole quel contatto che a lungo aveva solo immaginato. Si abbassò appena verso di lei e il suo viso si aprì in un largo sorriso ad un soffio dal naso di Leni.

“Il mondo aspetterà.” Mormorò, e, finalmente, al cospetto di numerosi testimoni più o meno partecipi del suo trionfo, la baciò.



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A/N: Ho visto i primi commenti a questo capitolo e vi ho viste tutte in delirio... Bene! ^^ Volevo solo dare un paio di risposte veloci a due domande che mi sono state porte:

Blacklight: sì, la 'Leni's Song' che legge Bill qualche capitolo indietro l'ho scritta io. In effetti, scrivo un po' di tutto, da canzoni, a poesie, a ff, a racconti vari, sia in italiano che in inglese.

Mirandolina: mia adorata, tu non manchi mai. ;) Come Leni sia riuscita a pagare il taxi è qualcosa che avrete il piacere di scoprire nel prossimo capitolo (non fatevi idee strane, adesso). Questa cosa del pagamento alternativo l'avevo in mente da un po', non vedo l'ora di scriverla.

Per tutti coloro che chiedevano i 'dettagli', non preoccupatevi, lo show continua. ;)

Un bacio a tutti, e grazie ancora, ICH LIEBE DICH!
   
 
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