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Autore: SeriousThings    13/04/2013    2 recensioni
“Cara mamma, un giorno diverrò anch’io come te, una mamma, e darò a mia figlia il tuo nome.”
Il suo dolce e spontaneo sorriso bianco si inarcò sul suo viso: “Promesso?”
“Promesso.”
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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'Tutto sarebbe andato bene' (cap.ll)



La macchina fece sosta in un garage.
Come avevo immaginato già prima, la villetta era grande, borghese e variopinta di un giallo ocro lungo tutte le pareti esterne. Liam, mi indirizzò ad una porta e mi fece sedere su una sedia della cucina all’angolo.
“Vuoi qualcosa?” mi chiese.
“No, grazie.” Risposi secca.
Aprì il frigo prendendo il primo succo di frutta che aveva davanti e me lo versò in un bicchiere trasparente e luccicante. Forse aveva una donna delle pulizie, non poteva fare tutto lui, era un uomo, insomma.
“Grazie.” Bevvi con cautela. Fino all’ultima goccia. Ultimo sorso.
Mi fece accomodare sul divano rassicurandomi che sarebbe andato a fare una veloce doccia e poi sarebbe ritornato.
Improvvisamente rimasi sola.
Tutto divenne inquietante. Ero a casa di uno sconosciuto senza lo sconosciuto che mi proteggeva e che conosceva meglio di qualunque altra cosa quel posto.
Le pareti erano marroni e si alternavano tra scale di colori sempre sulla stessa tonalità.
A sinistra, quasi vicino all’entrata c’era una piccola cucina, col tavolo attaccato ad uno dei piani da cucina, come nei bar. Alla mia destra, si collocava un televisore plasma, spento.
Proprio nel centro della stanza, un enorme tappeto persiano si espandeva fino ai miei piedi, anch’esso marrone. Le persiane erano socchiuse.
Non amava farsi vedere.
Sentivo l’acqua del bagno accanto, scorrere e scorrere ancora: era rilassante.
Chiusi gli occhi in un sonno, mi sarei svegliata immediatamente all’arrivo dei suoi passi lenti.

“Ed ecco a voi la grandissima Natascha Van Vliet, che ci eseguirà la sonata di Bach.”
Un applauso invase l’enorme sala dorata. Il sipario si spalancò.
Tre ultime parole si udirono prima della magnifica danza dei litigi tra asse e violino:
“Per te, mamma”


Aprii gli occhi. Ero al buio. Mi spaventai.
Cosa? Dove sono?
Il mio cuore iniziò a battere improvvisamente.
Perché è tutto così buio?

“Liam” sussurrai.

Nulla. C’era un’orribile puzza di muffa che aumentava l’ansia.
Non pensavo, avevo solamente paura. 
Vidi una ‘porta’ spalancarsi e finalmente della luce a riempire il vuoto. Era in alto. Iniziai ad incamminarmi sopra, salendo velocemente le scale. Tutto ad un tratto sbucò quel viso: Liam.
Sbalzai.

“Oddio, Liam. Mi sono spaventata, cosa ci faccio qui?”
Sembrò non sentirmi, ignorarmi. Perché non rispondeva?
“Cosa vuoi da mangiare?” chiese.
Cosa? Sono in un posto ammuffito senza un motivo, spaventata e lui mi chiede solo cosa voglio da mangiare?
“Liam, cosa significa? Io voglio uscire. Cosa faccio qui?”
La sua espressione cambiò radicalmente ed, arrabbiato, se ne andò.
Fu in quel momento che realizzai che ero stata rapita.
Io? Rapita?
Non riuscivo a restare con i piedi per terra; magari era solo un sogno. Continuavo a ripetermi questo, ma nulla. Nessuno mi svegliava. Improvvisamente si accese una lampadina. La luce abbagliante balenò e mi accecò per qualche istante.
Ora potevo vedere dove mi trovavo. La stanza era piccola e spoglia, le pareti erano rivestite di legno, una brandina nuda era montata alla parete con dei ganci. Il pavimento era di laminato chiaro. Nell’angolo c’era un water senza coperchio, alla parete era appoggiato un doppio lavabo di acciaio inossidabile. C’era un materasso di gommapiuma blu sul pavimento. Sembrava appartenere all’esercito o a un lettino da giardino. Quando mi ci sedetti sopra, l’aria uscì subito dal tessuto sottile e sentii sotto di me il pavimento duro.
Le immagini si mescolavano confusamente con i pensieri che mi passavano per la testa. Stava succedendo davvero? A me? Chiedeva una voce. Ma che idea balzana rapire una ragazzina, non funziona mai, diceva un’altra. Perché io? Io sono sola e grassa, non la tipica preda di un rapitore, supplicava un’altra ancora. Chiederà un riscatto? Saprà chi è mio padre? Che ore sono adesso? Dove sono le mie cose?
Parlare. Devi parlare con lui. Ma come? Lui è un criminale, un delinquente. Dov’era il mio Liam di qualche ora fa? Trattenni il respiro e rimasi in ascolto. Niente. Non si sentiva assolutamente niente. Ebbi un gemito, ma la mia voce nel silenzio suonava così strana che smisi subito, spaventata.
Udii dei rumori. Liam era tornato. Entrò senza aprire bocca e poggiò un’asse di legno a terra.
In quel momento mi sorse un dubbio: e se quello non fosse il suo vero nome? E se lui conoscesse una parte fondamentale della mia vita ed io a malapena il suo vero nome? Lo osservai bene, a lungo. Dovevo ricordare il suo sguardo, quanto era alto, i suoi indumenti. Quando si rese conto che stavo provando a memorizzare i particolari del suo corpo, mi ordinò di alzarmi, di mettermi ad una certa distanza da lui e di non muovermi. Eseguii i suoi ordini e velocemente mi allontanai da lui, continuando a fissarlo.
Poi cominciò a smontare la branda di legno e a svitare dalla parete i ganci ai quali era fissata.
Nel frattempo, mi parlava con un tono di voce dolce e acquietante. Mi rassicurava che non dovevo avere paura, sarebbe andato tutto bene se solo avessi fatto ciò che mi ordinava. E mentre diceva così, mi guardava, come il proprietario orgoglioso osserva il suo nuovo gatto, o peggio ancora: come un bambino guarda un nuovo giocattolo. Pieno di gioiosa attesa e nello stesso tempo incerto su come usarlo.
Dopo un po’ di tempo, il mio panico si placò lentamente e osai rivolgergli la parola:
“Liam, sei un adulto ormai, non ti serve rapirmi. A cosa ti servirei? Mi cercheranno, liberami.”
Fu la seconda volta che mi ignorò, proprio come se io lì non ci fossi: come non esistessi.
Ciò mi spaventò.

Dovevo fare ciò che mi diceva lui di fare e tutto sarebbe andato bene.
 

-

Okay, forse sarò sembrata morta per alcuni ed ingrata per altri perchè non rispondevo ai messaggi.
Dovete davvero scusarmi tutti. Non ho aperto affatto efp per molto tempo per dei problemi personali che ho dovuto risolvere.
Capitolo terribilmente corto, ma terribilmente diverso ,eh? So' già che nessuno di voi se lo aspettava, neanche dal titolo, insomma.
Comunque sia, ora inizio a leggermi tutti i messaggi e a leggere un po' di fan fiction, qua e là. 
Mi dispiace davvero tanto di non esserci stata, anche perchè io adoro le fan fiction ed ora che si è rotto il mio cellulare dovrò arrangiarmi di notte e dormire con tre camomille al limone minimo.
Bhè, ora la smetto con la mia vita e vi lascio in pace. Ringrazio tutti coloro che hanno continuato a seguire la mia fan fiction, davvero: grazie. 
Un saluto a tutti i miei lettori e non. 

Mar.

AVVERTENZE: Questa fan fiction è stata ripresa dalla vera storia di Natascha Kampusch, da cui il libro '3096 tage', anche in versione italiana.

   
 
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