I just wanna tell the world that you're mine, girl
Londra quel giorno sembrava impazzita: c’era gente ovunque, che camminava, correva, apparentemente senza nessuna meta precisa; sembravano tutti presi da una qualche isteria particolare.
O forse eravamo io ed Harry ad essere troppo tranquilli: camminavamo tenendoci per mano, guardandoci intorno e richiamando uno l’attenzione dell’altra non appena vedevamo qualcosa di buffo o fuori dal comune.
Ad un certo punto, presi a fissare i capelli di Harry: erano davvero
Harry mi guardò incuriosito e chiese: “Che c’è?”; io, tra le risate, risposi: “Oh, niente, solo che ho capito che non farò mai la parrucchiera!”.
Harry mise un finto broncio e si disse d’accordo con me.
Quando mi fu passato l’attacco ilare, Harry mi chiese dove volessi andare; non ne avevo idea, ma l’importante era che ci andassimo insieme, ovunque avessimo deciso.
Harry allora propose: “Ti va di vedere dove abito?”, io annuii sorridendo e ci incamminammo verso la metro più vicina.
A bordo del treno, la gente ci guardava di sottecchi e bisbigliava; una ragazzina, più coraggiosa degli altri chiese ad Harry un autografo ed una foto e, dopo che Harry l’ebbe esaudita, mi salutò e se ne andò contenta; dopo di lei, si fecero coraggio in molti, perciò il nostro viaggio in metro si trasformò in un meet&greet con Harry Styles.
Infine, però, arrivammo a destinazione e Harry salutò tutti i fan, i quali avevano delle espressioni molto dispiaciute (ma anche felici) stampate in volto; salutai anch’io e in molti risposero al mio saluto, il che mi fece sperare in bene.
Harry mi cinse le spalle e ci incamminammo verso il suo quartiere, Primrose Hill.
Non appena arrivammo nei paraggi di casa sua, notammo uno strano movimento: c’erano molte persone, e anche Harry ne fu stupito, ma continuammo ad avvicinarci.
Svoltammo l’angolo, e il motivo di tanta agitazione ci fu subito chiaro: Harry mi indicò la sua casa, ma non vidi altro che una piccola folla di persone armate di microfoni e telecamere. Uno di loro improvvisamente si voltò e ci vide, quindi urlò agli altri: “Eccoli! Sono loro!”.
Harry si girò rapidamente verso di me: “Ottimo –notai l’ironia nella sua voce- sono i paparazzi. Vuoi parlare con loro?”.
Ero terrorizzata, boccheggiavo, e non riuscivo a rispondere a Harry; infine, ritrovai la mia voce, anche se flebile, e risposi: “N-no, io no!”.
Harry mi strinse la mano per tranquillizzarmi e tentò di spiegare: “Allora, stai calma. Noi ora restiamo qui, non possiamo correre via … No, non guardarmi così, ti prego”, disse, poiché il mio sguardo chiedeva assolutamente di scappare a gambe levate, “Ora io ci parlo, sento cosa vogliono e stop. Se posso dir loro qualcosa, lo dirò, tu non serve che fai niente. Stammi vicina, vedrai che non ci sarà nessun problema”.
Ok, mi aveva convinta; feci di sì con la testa, ormai
L’orda di paparazzi si avvicinava scattando foto; quando furono a pochi passi da noi, mi strinsi a Harry, quasi nascondendomi dietro di lui.
Poi arrivarono, e fu il caos. “Harry, guarda di qua!”, “Harry, cosa ci dici di questa ragazza?”, “Harry, le tue fan vogliono sapere che succede, forza, dicci qualcosa!”, e via di questo passo. Vedevo Harry in difficoltà, anche se tentava di nascondere la sua insicurezza dietro un sorriso di circostanza; poi perse la pazienza, e urlò: “Allora, per favore, uno alla volta o non dirò niente!”.
La folla si placò e le mani cominciarono a levarsi; io continuavo a fissare Harry e l’asfalto, dando occhiate sfuggenti ai giornalisti; gli strinsi la mano, per fargli capire che c’ero, e lui mi guardò sorridendo.
Un nuovo attacco di flash ci sommerse, ormai non ci vedevo più.
Harry si voltò e cominciò a rispondere alle domande: inizialmente, erano tutte molto poco precise e riguardavano più che altro la band e il tour mondiale che si avvicinava; poi arrivarono anche le domande su di me: chiesero prima come mi chiamassi, da dove venissi, tutte informazioni generali; infine, arrivò la domanda precisa: “State insieme?”.
Harry mi guardò, raggiante, poi rispose, serio: “Sì”.
A quel punto la folla riesplose: l’ordine e il silenzio erano finiti; qualcuno chiese un bacio, ma Harry rispose, risoluto: “La bacio quando voglio, non se mi viene chiesto”.
Gli sorrisi, guardandolo come se mi avesse salvata da un
Poi Harry annunciò che ce ne saremmo andati, si voltò e io lo seguii; mentre ci allontanavamo, sempre seguiti dai flash e dai proprietari delle macchine fotografiche, si scusò: “Casa mia la vedrai un giorno, te lo prometto”.
Alla fine riuscimmo a liberarci della folla, o almeno pensavamo che così fosse, e tornammo verso casa mia.
Arrivati fuori dall’entrata del condominio, non facemmo in tempo ad entrare che subito un paparazzo ci assalì, facendo mille foto e domande contemporaneamente.
Quando fu soddisfatto delle foto, lasciò la macchina fotografica e si rivolse a me: “Tu prima non hai detto niente, ma ti capisco, con tutta quella gente, non sarai abituata; è così?”. Guardai Harry: ero intimidita, ma se volevamo togliercelo dai piedi il prima possibile, era meglio che cominciassi a parlare; così, emisi un debole “Sì”, e il giornalista partì in quarta: “Da quanto state insieme? Com’è Harry, visto da vicino? E tu? Parlami un po’ di te, insomma, non sappiamo niente!”.
Ero allibita, davvero non riuscivo a capire come Harry e gli altri ragazzi potessero sopportare uno stress del genere ogni volta che uscivano.
Provai a dire qualcosa, per esempio da dove venivo, come mi trovavo a Londra e con Harry, ma non c’era modo di fare un discorso logico con quell’uomo, era come impazzito, avido di informazioni.
All’ennesima domanda privata – anzi, definirla privata sarebbe un
Aveva avuto la faccia tosta di chiedermi se Harry quella notte avesse dormito da me, dato che non era tornato a casa.
A quel punto, Harry intervenne, sbottando: “Questi non sono affari tuoi o dei tuoi colleghi, spiacente”, e mi trascinò nel condominio; salimmo le scale, in silenzio: ero imbarazzata, e lui era furioso.
Quando arrivammo al mio appartamento, Harry parlò, lentamente: “Ascolta, mi dispiace averti lasciata nelle grinfie di quel giornalista, non sei ancora pronta per questo. Non succederà più, te lo assicuro”; io tentai di minimizzare, ma lui restò serio, e capii che la nostra giornata era finita.
Curly space:
Allora, avete tutte le ragioni per prendermi a pomodori in faccia, questa volta...
1. L'angolo autore dell'altra volta faceva
2. SONO IN RITARDO;
3. Ho fatto finire maluccio questo capitolo, ma non temete, non è come sembra! ;)
Dunque... Harry in questo capitolo si mostra forte, oserei dire un vero uomo. Caaaaaaaaaaaaaro lui! <3
E la piccola Gioia, così indifesa, che vorrebbe solo scappare da quella gentaglia che sono i paparazzi...
Che nervi! Rovinare una mattinata così perfetta... -.-"
Ma la vostra Curly, qui, ha in serbo delle sorprese, vedrete!
Passiamo ai ringraziamenti:
GRAZIE a niky_loveharry per aver recensito e aver messo la storia tra le preferite :)
GRAZIE a SweetSmile e Lavinia_ per averla inserita nelle seguite :)
GRAZIE a Nanek per essere tornata con una delle sue recensioni colorate :)
E poi, GRAZIE a tutte le altre e a tutte quelle che leggono lasciando la visita... Mi fate sentire fiera di questa storia! :D
Come sempre, se voleste lasciare una recensioncina o un commento breve anche, mi fareste moooooolto piacere!
Alla prossima,
Curly_crush