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Autore: nevaeh    13/04/2013    7 recensioni
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Quando Louis Tomlinson chiede alla sua fidanzata Eleanor Calder di sposarlo, non può minimamente immaginare il caos e gli eventi che si scateneranno nella monotona - ma è davvero così? - vita degli invitati. Tra cene di prova, finte relazioni e litigi generazionali, siete tutti invitati a quello che sarà il matrimonio più esclusivo e strambo della vostra vita!
***
«Puoi dirmi a chi pensi, quando sei con lei?»
«A te. Ogni secondo.» rispose Louis, ormai completamente soggiogato da quelle labbra e da tutte le loro promesse.
«Puoi dirmi che non la sposerai, Louis?»
E Louis non rispose. Semplicemente rimase in silenzio e abbassò nuovamente lo sguardo, colpevole. E Harry capì che, nonostante tutto, forse non lo amava abbastanza da affrontare tutto.
«Era quello che volevo sentirmi dire.»
[Harry/Louis, Niall/Eleanor]
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
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#6

 

 

La stazione dei pullman più vicina distava più di due chilometri, e Harry non ebbe la fortuna di incrociare un taxi o un mezzo pubblico per accorciare la strada. In fondo, però, quella passeggiata poteva aiutarlo a schiarire le idee, soprattutto dopo la feroce lite – l'ultima, sperava – che aveva avuto con Louis.

 

- Mi spieghi dove sei stato tutto il giorno? E perché hai il cellulare staccato? Mi stavi facendo impazzire di paura! - Louis era entrato come una furia, senza preoccuparsi di moderare il tono della voce. Harry, senza dare segno di averlo ascoltato, si era tolto la maglia che indossava e aveva cominciato a passare in rassegna gli indumenti nel borsone, dandogli le spalle.

- Mi vuoi rispondere? Sei sparito, ti ho cercato per tutto il pomeriggio e tu niente! Completamente volatilizzato!

Ancora Harry faceva finta di non ascoltarlo, si stava togliendo con calma i pantaloni e per indossare un paio di bermuda, poi aveva preso una nuova maglia e una felpa. Ancora a torso nudo, si era voltato verso l'altro ragazzo nella stanza sbuffando un – modereresti i toni, per favore? Ci sono altre persone in casa.

Louis a quelle parole si era infervorato ancora di più – ah, meno male che te ne rendi conto! Secondo te è stato bello non salutare nemmeno la padrona di casa?

- Sai che cosa me ne importa di Eleanor e della sua fottuta ospitalità? - aveva urlato allora a sua volta Harry, e da lì era cominciato tutto il litigio.

 

La cosa che lo faceva più soffrire, rifletté il ragazzo mentre intravedeva la stazione ormai a poche centinaia di metri, era che Louis, nonostante tutto, teneva molto – troppo – a Eleanor, in un modo che lo rendeva insofferente e geloso, e che nemmeno la consapevolezza dei suoi veri sentimenti riusciva a placare. In un modo o nell'altro, però, Louis doveva prendere una decisione, e a quella sera l'aveva presa. Harry in fondo non vedeva l'ora di tornare a Londra, dove avrebbe ricominciato a lavorare, sarebbe uscito con i suoi amici e – sperava – avrebbe trascorso così tanto tempo ubriaco che magari non avrebbe nemmeno avuto abbastanza neuroni attivi per pensare a lui. E forse, allora, sarebbe stato bene. In quel momento, però, sentiva solo un grosso vuoto all'altezza dello stomaco, come se avesse preso un sacco di pugni senza potersi difendere. E sentiva le guance bollenti e le labbra secche e la vista appannata. La musica, a volume bassissimo nelle cuffiette, gli stava spaccando il cervello. Quasi non si stupì della voce tanto roca quando parlò con il dipendente per acquistare il biglietto, in fondo aveva urlato quella sera, forse anche a vuoto: a chi importava il tono di voce, se comunque tutte le parole rimbalzavano quasi come contro un muro?

 

- Non dirmi di stare calmo! - urlava Harry parecchi minuti dopo, quando ormai la rabbia era esplosa e non c'era modo di trattenersi – speravi che andandotene sarebbe cambiato tutto, vero? Niente più me, niente più problemi. Allora perché non riesci a lasciarmi andare?

Louis aveva scosso la testa esasperato – speravo che portandoti qui...

- Cosa, Lou? - lo aveva interrotto con tono stridulo l'altro – avremmo potuto parlare? Avrei potuto recitare per l'ennesima volta la scenetta del tuo migliore amico? - il tono di voce si fece improvvisamente più basso – sai cosa si prova, Louis, quando la persona che ami si vergogna di te?

- Mi dispiace, ok?

Harry aveva scosso la testa – di esserti preso gioco di me? Tutte le promesse... “lo diremo a tutti, amore”, “voglio stare per il resto della mia vita con te”, “perché non andiamo a vivere insieme?” - lo aveva scimmiottato – ti dispiace di questo? O per esserti vergognato ogni singola volta che uscivamo insieme? So che andavamo in quei locali in periferia perché avevi paura di poter incontrare qualcuno di imbarazzante; sono gay, non imbecille.

Louis cadde a sedere sul letto, le mani sugli occhi – smettila, per favore.

- No. O quando hai conosciuto Eleanor. Bella, brava, intelligente, donna. Avevi promesso anche lì, ricordi? “E' solo per non rovinare il Natale alla mia famiglia, amore. Presto lo dirò a tutti”. Stavi mentendo ancora, e lo sapevamo entrambi.

- Allora perché non mi hai lasciato allora? - il tono di Louis era diventato stanco, alla fine.

- Per lo stesso motivo per cui non ti sto lasciando adesso. Io ti amo Louis, e questo non può cambiare a prescindere da tutte le promesse che infrangi e tutte le volte che mi ferisci. - aveva mormorato l'altro.

Louis si era alzato dal letto, gli occhi lucidi – be', io non posso fare questo alle persone che amo.

Harry aveva annuito – interessante scelta di parole. - era stata l'unica riflessione. Le persone che amava, non lui. Forse perché non lo amava abbastanza. O forse perché non lo amava affatto.

 

Faceva freddo quella sera, ed Harry si tirò il cappuccio della felpa sui capelli maledicendosi per essersi tolto i pantaloni lunghi. L'attesa comunque non sarebbe durata a lungo, il pullman per Londra sarebbe arrivato in pochi minuti e dopo ci sarebbero stati solo la musica, il ronzio del motore a cullarlo e la liberazione da tutti i pensieri. Che senso aveva pensarci se comunque in quel momento l'oggetto di tutto quel dolore era a casa con la fidanzata, magari abbracciati davanti alla tv o a fare una passeggiata fino al molo? E allora lui avrebbe pensato che non era Eleanor, che voleva baciare sotto luna, ma a quel punto sarebbe stato troppo tardi. Harry sorrise per un istante, senza vergognarsi di quel pensiero. Voleva soltanto che lui provasse un minimo del dolore che gli aveva fatto provare in quei giorni e da quando si conoscevano. E poco importava se, e di questo se ne rese conto mentre il pullman accendeva i motori a pochi passi, alla fine quello che ci sarebbe stato male sarebbe stato comunque lui. Tanto aveva l'alcool, la vita sregolata di Londra e tutto il tempo del mondo per imparare a fingere che non gliene importasse nulla.

Si alzò e prese il borsone in spalla, il cellulare stretto in mano e le cuffiette nelle orecchie; alzò il volume della musica e salì sul pullman mentre una canzone, in riproduzione casuale, si struggeva sul perché we're all wonderful, wonderful people, so when did we all get so fearful? La canzone finì mentre il pullman eseguiva la manovra per uscire dal parcheggio, ed Harry fu tentato di farla ripartire. Non ne ebbe il tempo, però, perché un ragazzo dall'aria abbastanza trafelata entrò in quel momento dal cancello e si piegò sulle ginocchia per prendere fiato un attimo. Poi cominciò a guardarsi intorno, ed Harry scosse la testa sbalordito: Louis, in pigiama e con l'aria abbastanza sconvolta, aveva appena corso due chilometri per raggiungerlo, appena un secondo prima che il suo pullman uscisse in strada. Ricordò, stranamente, la conversazione che aveva avuto solo un'ora prima con la sorella di Eleanor: “strano, eh,” le aveva detto, in una conversazione che sembrava essere avvenuta millenni prima “come ci si annulli completamente quando si è innamorati di qualcuno”. Ebbe addirittura voglia di mettersi a ridere quando, un secondo dopo, si alzò e chiese all'autista di farlo scendere.

 

***

 

Alla quattro del mattino, Zayn e Charlie erano alle quarta sigaretta e a nemmeno della metà degli argomenti che avevano intenzione di sviscerare. Al tavolo di legno davanti alla casa, chiacchieravano sottovoce ridacchiando, attenti alla porta aperta della camera da letto in cui dormiva la bambina.

- Fumi spesso davanti a Sophie? - stava chiedendo il ragazzo mentre spegneva il mozzicone nel posacenere sul tavolo.

Charlie scosse la testa – no, anzi! A casa non fumo mai, magari una durante il pomeriggio e nemmeno tutti i giorni.

- Ah, allora ti sto portando sulla cattiva strada!

- Credo che sia il posto che mi porti alle vecchie abitudini. Il mio primo tiro l’ho fatto quando avevo tredici anni proprio nella casa dietro questa. Era stata affittata da una famiglia con due figlie, e una aveva la mia età. Era esattamente tutto ciò che spero che mia figlia non diventi mai. - ammise con un sorriso.

- E' così che è cominciato il suo periodo da ragazza cattiva? - chiese allora ridendo Zayn. Charlie scoppiò a ridere, annuendo.

- Non mi piace molto parlare con qualcuno di queste cose.

Zayn annuì – be', vedila così: questa settimana praticamente non esiste nella realtà, ok? Siamo solo io e te, e possiamo dirci tutto quello che ci passa per la testa e fare tutto quello che vogliamo fino a quando non saremo nella stazione di Bristol. - propose senza pensarci, sporgendosi verso la ragazza.

Quella ci pensò su per un secondo, poi disse – volevo che i miei si accorgessero di me. Facevo di tutto perché vedessero anche me. Non è una giustificazione per tutte le cose che ho fatto e tutti i dispiaceri che ho portato, - chiarì, sancendo così il patto – semplicemente mi sembrava normale portare i ragazzi a casa perché loro mi sgridassero, o mettermi contro Eleanor o saltare la scuola o fare tutte le cose stupide che facevo.

- Divertente. Io ero un tipo piuttosto noioso, invece. Giocavo a calcio, avevo una ragazza fissa e litigavo con mia sorella per il bagno. - ammise con una risata il ragazzo.

- Sul serio? I miei ti avrebbero adorato, allora!

Zayn rise – quindi odiano l'amico di tua sorella... Niall?

Charlie annuì, stiracchiandosi – è più o meno il motivo per cui lei adesso sta per sposare Louis, credo.

- Non mi sembra una cosa intelligente. - valutò il giovane.

- No, infatti. La vita però è la sua, e più che dirgli che se la sta rovinando non posso fare. Spero soltanto che se ne accorga prima di sabato.

Zayn si strinse nelle spalle – sarebbe una cosa positiva, almeno i tuoi non avrebbero tempo per litigare con te.

Charlie rise, un po' imbarazzata – già, immagino che solo un evento del genere potrebbe distoglierli dal loro obiettivo. Non ci parliamo da quando sono salita sul treno per Bristol, - aggiunse poi, come se ci stesse riflettendo proprio in quel momento – in realtà non ci parliamo da quando gli ho detto di Sophie. Non l'hanno mai conosciuta e non credo che vorranno farlo sabato.

- So che per te è importante, capisco che sono i tuoi genitori ma... quanto sarebbe ipocrita se la conoscessero adesso? Avrebbero dovuto aiutarti quando eri sola e non avevi idea di come cavartela.

Charlie annuì, ritenendo forse opportuno accendersi un'altra sigaretta – lo so, ma sono comunque i miei genitori.

- Spero che le cose vadano per il meglio, allora. - le augurò con un sorriso Zayn.

- O che Eleanor si comporti per una volta in maniera sconsiderata tanto da non pensarmi minimamente. Ehi, - aggiunse poi, con un sorriso – non sapevo che sapessi dire anche cose carine!

Zayn sbuffò divertito – forse perché non ti sei mai fermata un secondo a conoscermi.

- In base a cosa avrei dovuto farlo? - l'ultima parola della frase si smorzò quando si accorse che il ragazzo le si era improvvisamente avvicinato, tanto da toglierle il fiato.

Sorrise, poi, quando si accorse che lei aveva smesso quasi di respirare – giusto. Allora dovremmo cogliere l'occasione.

Charlie aveva praticamente perso il tema del discorso – per cosa?

- Per conoscerci meglio. - rispose, trattenendo un sorriso.

Le guance della ragazza erano diventate viola per l'imbarazzo, tuttavia riuscì a trovare abbastanza fiato per rispondere: - e poi cosa?

- Niente, ci godiamo questa settimana.

Charlie ebbe voglia di urlare che non poteva fare cose del genere, non nella sua posizione. Tuttavia sorrise, decidendo per la prima volta dopo due anni di seguire solo l'istinto – fino a domenica? E poi tutto come prima?

Zayn non rispose, limitandosi a sorridere prima di baciarla semplicemente sulle labbra. Charlie rispose al bacio, cacciando dalla sua mente l'ultima volta in cui aveva seguito il suo istinto. E la conseguenza che dormiva nel passeggino in camera da letto.

 

*** 

 

Quando Eleanor si svegliò in piena notte e realizzò quello che era successo nelle ore immediatamente precedenti, per prima cosa scoppiò ridere. Era Harry, era sempre stato Harry! E si spiegava il perché Louis non volesse trasferirsi a Manchester, le continue assenze, l'amicizia così stretta con quello strano ragazzo. Il suo fidanzato, che l'aveva messa incinta e stava per sposarla, era beatamente gay e innamorato di un modello complessato con strane tendenze hipster e senza alcun futuro davanti a sé. La vita, rifletté la giovane mentre andava in cucina e prendeva l'acqua e un bicchiere dalla mensola, riservava davvero delle sorprese divertenti a volte. Eppure lei lo sapeva, probabilmente sin dall'inizio. Come quella volta in cui lui era sparito per tre giorni dopo un periodo particolarmente stressante, ed erano comparse foto di un weekend a Venezia sull'account di Harry; o quando lo aveva beccato al cellulare in piena notte e lui si era giustificato dicendo che avevano sbagliato numero. Lei lo sapeva che mentiva e anche piuttosto debolmente, eppure aveva continuato a crederci. E non solo, aveva accettato tutto quello che le diceva, tutte le bugie, le scuse campate in aria all'ultimo minuto sul perché proprio non riuscisse ad andarla a trovare nel fine settimana. Ogni cosa. E la cosa peggiore, pensò controllando fuori dalla finestra che Louis non fosse tornato, era che non gliene importava assolutamente nulla. Se aveva creduto alle sue parole, non aveva indagato sui suoi strani comportamenti, non aveva avuto nulla da ridire sulle sue occupazioni, era perché fondamentalmente lui le serviva. Un po' come alla fine gli era servita.

Quando tornò in camera, Niall dormiva con una mano sotto il cuscino storto il viso seppellito nella stoffa. Eleanor rimase sull'uscio della porta pensando a come fosse riuscita per così tanto tempo a vivere senza la quel ragazzo, la sua chitarra che lo accompagnava ovunque andasse e la risata che si sentiva a chilometri di distanza. Lo amava. Lo amava ed era il suo migliore amico, quello che non le rendeva nulla più facile, che la metteva di fronte alle decisioni scomode senza pentirsi; l'unico che non le permetteva di fuggire i problemi, e invece glieli metteva di fronte e poi stava a lei trovare il modo di uscirne. Quello che la guardava come se fosse la cosa più preziosa del mondo e poi se ne andava dall'altra parte dell'Europa senza apparente motivazione. Il ragazzo più divertente del mondo, il più idiota che l'aveva fatta soffrire per anni e che l'aveva fatta innamorare di lui silenziosamente, con un film dopo la scuola e una nottata per le strade di Manchester mangiando schifezze e parlando di qualsiasi cosa venisse loro in mente. Che la amava, dimostrandoglielo nel modo più doloroso del mondo.

- Ehi. - Niall aprì un occhio e sorrise vedendola a qualche metro di distanza e allungando un braccio verso di lei, nonostante fosse troppo distante per poterla toccare veramente – vieni qui. Eleanor non se lo fece ripetere, in pochi passi raggiunse il letto e si stese di spalle al ragazzo.

- Sono contento. - mormorò lui, posandole un bacio sulla spalla nuda. Eleanor sorrise contro il cuscino, poi si girò rimanendo a qualche millimetro dal suo viso.

Gli diede un bacio, poi un altro: - anche io. - mormorò contro le sue labbra, procurandogli un leggero solletico.

Niall sorrise, poi sospirò – allora perché sei così tesa?

- Oltre tutte le ragioni ovvie, intendi? - sbuffò, un mezzo sorriso aleggiava comunque sulle sue labbra.

Il ragazzo annuì, le posò un altro bacio sulla punta del naso – ne abbiamo passate tante, cosa vuoi che siano un matrimonio programmato e una gravidanza?

Eleanor scoppiò a ridere – non è divertente, Niall, sul serio.

- Lo so, ma potremmo rimandare a domani tutti i conflitti esistenziali e i sensi di colpa?

La ragazza annuì e chiuse gli occhi. Ne riaprì uno un secondo dopo con una smorfia sul bel viso – cosa ti fa credere che io abbia i sensi di colpa?

- Non lo so, io... - cominciò Niall, bloccato un secondo dopo dalla ragazza, che sbuffò.

- Appunto. Non ho fatto nulla che non volessi fare.

Niall annuì – e allora perché l'hai fatto?

- Perché ti amo. - rispose semplicemente Eleanor, poi chiuse gli occhi e tornò a dormire.

 

***

 

La mattina del mercoledì faceva così caldo che alle otto sia Charlie che Zayn, nonostante si fossero ripromessi di dormire per approfittare di quei giorni di vacanza, erano entrambi nella piccola cucina a preparare il caffè – lei – e a cercare di far funzionare il ventilatore – lui -.

- Non è possibile che in questa casa ci sia la vasca idromassaggio e che non funzioni un diamine di ventilatore! - stava borbottando Zayn mentre tentava per l'ennesima volta, a vuoto, a far partire le pale. Niente, anche quella volta dovette accontentarsi di un timido movimento, seguito da un nuovo fallimento. Charlie scosse la testa e gli portò una tazza di caffè nero, che lui bevve avidamente. Non si erano ancora rivolti la parola quel giorno, dal momento che non avevano poi molto da dirsi, soprattutto dopo quella notte. Davanti a tutti facevano la parte della coppietta affiatata, e a Charlie quella storia cominciava a piacere seriamente, nonostante sapesse troppo bene che sarebbe svanita una volta tornati a Bristol. E poi c'era quella questione del bacio e della promessa che si erano fatti, e la paura di Charlie di potersi abituare al buongiorno caloroso del ragazzo e alla sua passione del girare per casa senza maglietta. E poi,nonostante tutto, quella storia cominciava a piacergli. Non che gli altri potessero farci comunque caso, o almeno non Eleanor con tutti i suoi problemi, e nemmeno Louis e quel suo amico complessato che era stato tutto il giorno al lago e che si era confidato con lei. Chissà chi era la ragazza che lo tormentava tanto. Charlie comunque non voleva pensare proprio a nulla, in quel momento, considerandosi abbastanza fortunata perché faceva caldo, era in vacanza, sua figlia miracolosamente se ne stava zitta e buona nel seggiolone e un ragazzo sexy – per quanto strano – gironzolava nella sua cucina. Sì, i piccoli piaceri della vita. Ovviamente Eleanor scelse proprio quell'istante per bussare. Charlie si gettò un'occhiata attorno sentendosi per un attimo in imbarazzo per Zayn che consumava la sua colazione mezzo svestito.

- Potresti mettere una maglietta? - chiese educatamente al ragazzo, mentre andava ad aprire. Quello nemmeno rispose, limitandosi a guardarla come se fosse stata una pazza. Eleanor entrò in casa senza chiedere alcun permesso, poggiando in malo modo un sacchetto di dolci sul tavolo del salottino e fiondandosi da Sophie, che la accolse con un sorriso mezzo sdentato e una vigorosa tirata di capelli.

- Giorno, El. - salutò sua sorella mentre le porgeva una tazza di caffè.

- Siete ancora in pigiama? Andiamo, ragazzi! Andiamo al lago tra mezz'ora. - ricordò la maggiore, voltandosi verso Zayn che si stava sbattendo una mano in fronte. Charlie sbuffò, ricordando che la sera prima lui aveva accettato, sotto proposta di Louis, di trascorrere tutti insieme una giornata al lago per rilassarsi prima del matrimonio. In effetti non ci aveva pensato più di tanto, troppo occupata a conoscere Zayn e a giocare alla quattordicenne che pomicia sul tavolo da picnic. Perché era stata così stupida?

Zayn annuì e poggiò la tazza nel lavello – hai ragione, ce ne eravamo completamente dimenticati. - borbottò, per poi dirigersi nella stanza da letto per cambiarsi.

Eleanor scoppiò a ridere non appena il ragazzo fu fuori dalla porta – be', Charlie, sfido chiunque a non dimenticare le cose mentre uno così ti passeggia per la zona giorno in quelle condizioni! -

- E dai, El! - sbottò rossa di vergogna Charlie, mentre un ricordo un po' sfocato di quella notte si faceva spazio tra i suoi pensieri.

- E dai El cosa? Hai un bronzo di Riace come fidanzato, dovresti passare la vita a vantartelo! - continuò la più grande, mentre Charlie scuoteva la testa sempre più in imbarazzo. Prese la bambina tra le braccia e, non appena il ragazzo uscì con i pantaloncini del costume, una maglietta a maniche corte e una camicia sbottonata con le maniche tirate fino al gomito, Charlie entrò per prepararsi a sua volta.

- Io sono qui fuori, bimba. - annunciò lui mentre metteva in una sacca due teli da mare. Charlie annuì, un po' infastidita da quel nomignolo che proprio non riusciva a mandare giù, e prese un costumino rosa per la bambina. Eleanor, seduta sul bordo del letto a gambe incrociate, gli occhiali da sole da diva tra i capelli sciolti e un sorriso impertinente sul bel viso, la guardava in silenzio mentre preparava tutte cose per la giornata. D'un tratto, non appena ebbe finito di allacciare il costume, Charlie sbuffò e si voltò verso sua sorella. Era da quando erano rimaste sole che lei voleva parlarle, e ormai non riusciva quasi più a trattenersi. E si vedeva.

- Avanti, dimmi.

Eleanor ebbe anche la faccia tosta di sgranare gli occhi stupita – cosa?

- El? - la richiamò, stavolta più gentilmente, Charlie. La maggiore scoppiò a ridere e si accomodò meglio sul lettone, agitandosi per estrarre dalla tasca un portasigarette da dieci e l'accendino.

- Non dovresti fumare in gravidanza...

L'altra sbuffò una nuvola di fumo – sono incinta da dieci minuti, non c'è nulla di consistente a cui poter nuocere. - Charlie sbuffò e aprì la portafinestra che dava sul giardino per far uscire il fumo. Zayn, che stava seduto al tavolo di legno con un libro tra le mani, rivolse un attimo l'attenzione alle ragazze, prima che Sophie uscisse a sua volta sulle gambe incerte.

- Ti dirò, quest'aria da paparino sexy gli si addice molto. - valutò Eleanor, guardando il ragazzo che prendeva la bambina tra le braccia un secondo prima che questa cadesse col sedere per terra.

Charlie sbuffò, sempre più imbarazzata – Non è questo il punto, El. Che cosa vuoi dirmi?

L'altra finì di fumare in silenzio, poi spense il mozzicone in un bicchiere che stava sul comodino e poggiò i gomiti sulle cosce – fondamentalmente due cose – cominciò – numero uno: sono contenta che tu sia qui, e che hai deciso di affrontare mamma e papà e gli zii e tutto il resto. E sono contenta che abbia portato Zayn; sembra un bravo ragazzo e te la meriti, un po' di sicurezza. -

Charlie sorrise – perché non eri così carina quando vivevamo sotto lo stesso tetto? - chiese, col solo fine di beccarsi una cuscinata in pieno viso.

- Non interrompermi, sono lanciata. Inoltre – continuò, mentre ancora sua sorella rideva – ho parlato con Louis, ieri sera. - il tono della ragazza divenne improvvisamente serio.

- Riguardo cosa?

- Cose. - si limitò a rispondere Eleanor – e poi sono andata a letto con Niall.

Charlie rimase in silenzio, mentre cercava di digerire la nuova notizia; Eleanor nel frattempo si era alzata, e camminava avanti e indietro per la stanza. Alla fine Charlie si alzò e prese la borsa da mare piena di tutto ciò che potesse servire a Sophie durante il giorno.

- Eleanor... - fu il solo sospiro che emise la ragazza, mentre abbracciava sua sorella. L'altra la strinse forte, soffocando un singhiozzo.

- Lo odio, Charlie... non poteva restarsene in Spagna? - mormorò contro la sua spalla – doveva essere il mio testimone, ci tenevo così tanto che fosse presente il giorno più importante della mia vita...

Charlie continuò ad accarezzarle la schiena in silenzio, lasciandola sfogare. Poi, dopo qualche minuto, Zayn entrò un po' imbarazzato dalla porta finestra e si schiarì educatamente la voce.

- Gli altri sono pronti e in macchina. Aspettano solo noi.

Eleanor e Charlie si staccarono, la più grande si asciugò gli occhi e sorrise al nuovo venuto, che aveva in braccio la bambina.

- Veniamo subito, Zayn. - disse con un sorriso Charlie, che poi prese le chiavi e si assicurò che tutte le porte fossero chiuse. Infine, quando tutti si furono accomodati fuori, chiuse la portafinestra e sospirò contro il vetro trasparente chiedendo che qualcuno, chiunque fosse, le desse la forza di affrontare quella giornata.

 

***

 

Ok, siamo in dirittura d'arrivo e già sto male! Buongiorno, popolo di EFP! Dopo due simulazioni della terza prova, tre One shot (che quasi non ho il coraggio di pubblicare), la vita reale e tutto il resto, torno su questi lidi con quello che, probabilmente, è il capitolo più breve della storia!

Grazie mille per le nove recensioni e per tutte le persone che inseriscono la storia (o me "xD) nelle preferite/seguite/ricordate! E stiamo a dire sempre le stesse cose?! Oh, yes, grazie grazie grazie! Mi scuso in anticipo per l'editing fatto coi piedi (io già non lo so fare, quel minimo poi lo trascuro anche... lasciatemi stare!) ma spero che apprezzerete comunque l'impegno di cercare di postare! 

 

   
 
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