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Autore: Moiraine    13/04/2013    1 recensioni
Salve a tutti :)
La protagonista, Estel, è una ragazza dal passato oscuro e misterioso del quale apparentemente non ricorda nulla. Vive una vita difficile o, almeno, vive una vita difficile fino all'incontro con un ragazzo speciale.
Questa è la prima storia che pubblico; quindi non fatevi scrupoli e commentatemi o criticatemi.
Buona lettura :) Spera che la storia vi piaccia :)
Genere: Fantasy, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Novità

 
Era passato un altro giorno e il cielo si era ormai oscurato da un pezzo.
Estel se ne stava chiusa in quella che era la sua nuova camera; era sdraiata sul letto come spiritata.
Non riusciva a credere che Mahtar fosse stato sposato e avesse avuto addirittura una figlia. Era una cosa incredibile. Forse era per questo che era così affettuoso con lei; forse la vedeva soltanto come un rimpiazzo..
Sbuffò e si sdraiò a pancia un su, fissando con sguardo vacuo il tetto che la sovrastava. Scosse la testa. Mahtar non era una persona del genere; ma in fondo poteva lei dire di conoscerlo davvero? Alla fine aveva scoperto soltanto ora qualcosa del suo passato.. chi le diceva che con lei fosse sempre stato sincero?
Scosse la testa e si alzò. Non voleva fare pensieri negativi sul rosso. Lui le voleva bene sul serio; non la considerava un rimpiazzo.
Ne sei sicura?
Estel fece un balzo e si appiattì contro la parete spaventata. Qualcosa nella sua mente aveva parlato, ma era sicura di non essere stata lei. Era una voce esterna, eppure vagamente familiare.
Si guardò intorno disorientata.
«Chi sei?» chiese ad alta voce e si sentì tremendamente stupida. Con chi diamine stava parlando? Si era rincretinita?
Un tuo vecchio amico.
La voce parlò nuovamente e questa volta lei si immobilizzò. Non se l’era immaginata, ma allora chi diamine era che stava parlando? E soprattutto, dov’era?
So quello che stai pensando, cara Estel. Ma stai tranquilla, non ti farò del male. Sono qui per aiutarti.
Estel spalancò gli occhi terrorizzata e si fiondò fuori dalla sua stanza. Corse in bagno e si sciacquò il viso. Stava diventando pazza; sentiva voci che non appartenevano a nessuno. Cosa doveva fare? Doveva parlarne a Mahtar?
Si guardò allo specchio e scosse la testa. Non era il caso di farlo preoccupare più del dovuto.
Perché ti preoccupi tanto per lui? Ti ha tenuta nascosta la verità del suo passato. Per lui non sei nessuno; una semplice ruota di scorta; un rimpiazzo alla sua adorata Ainur.
Estel scosse la testa e se la prese tra le mani, con un gesto disperato.
«Sta zitto..» sussurrò chiudendo gli occhi.
Non ti rispetta e non ti ama.
«Zitto, ho detto» disse più forte.
Ti ha sempre mentito.
«Basta!» urlò accovacciandosi su se stessa sul pavimento della stanza. Rimase in attesa che la voce parlasse di nuovo, ma con sollievo, si accorse che era sparita. Poi d’un tratto qualcuno bussò alla porta del bagno facendola sussultare.
«Estel? Tutto bene?» era la voce di Anar e aveva un tono preoccupato. Lei cercò di calmarsi. Aveva il cuore che batteva a mille e il respiro affannato. Si alzò dal pavimento e si sciacquò il viso nuovamente.
«Estel?» la chiamò nuovamente, decisamente preoccupato. Lei si specchiò e guardando il suo riflesso, non poté che paragonarsi ad un fantasma. Era più pallida di un cadavere; o, dato che questo era praticamente impossibile, quasi.
Si stampò un sorriso sulla faccia ed aprì la porta. Davanti a lei comparve il rosato. Aveva la fronte corrugata e la braccia incrociate. La guardò confuso e alzò un sopracciglio.
«Perché hai gridato?» le chiese guardandola dritto negli occhi. Lei si irrigidì e cercò di non fargli notare la propria tensione. Far credere ad Anar di essere diventata pazza non rientrava certo fra i suoi desideri. E probabilmente quelle voci erano soltanto frutto dello stress che stava provando in quel momento. Inutile far preoccupare qualcuno. Deglutì e distolse lo sguardo dal suo.
«Non faccio che pensare ad Ainur, quindi mi sono imposta di smetterla» gli disse tormentandosi le dita. Lui la guardò in silenzio.
«Ce la fai?» le chiese con un tono strano. Lei si morse il labbro inferiore.
«Non so..» ammise, guardando il pavimento. Lui sospirò.
«Forse ti conviene riposare un po’» le disse poggiandole una mano fra i capelli. Un suo dito le sfiorò la punta dell’orecchio destro e la fece rabbrividire.
«Forse hai ragione» gli rispose scrollando le spalle. Lui continuò a guardarla in silenzio, ma lasciò cadere la mano. Lei sospirò. «Beh, allora vado a dormire; buonanotte» gli disse allontanandosi.
«’Notte» gli rispose lui in un sussurro.
Estel sospirò ed entrò nuovamente nella sua stanza. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi cercando di pensare a qualunque cosa, meno che alla voce misteriosa.
Cosa ti preoccupa?
Le chiese quella, frantumando ogni sua flebile speranza. Prese un profondo respiro e cercò di non farsi prendere dal panico. “Se non le rispondo, smetterà di parlare” pensò. Ma si sbagliava.
Posso leggere dentro il tuo cuore, Estel. Non ho bisogno che tu mi parli. Ma sappi che io ti posso aiutare. So che vuoi andare a cercarla.
Estel sbatté le palpebre incredula, sedendosi sul materasso. Credere che quella voce fosse soltanto il frutto della sua immaginazione era la risposta più ovvia, eppure non poteva partire dalla sua fantasia. Era troppo particolare e sconosciuta. E poi pensare che la voce ci fosse davvero era una consolazione per lei, seppur magra. Almeno sapeva di non essere impazzita davvero.
«Chi?» le chiese in un sussurro, sentendosi stupida come la prima volta che le aveva parlato.
Vuoi andare a cercare Ainur.
Le disse la voce. Lei spalancò gli occhi incredula. In realtà, non ci aveva minimamente pensato; ma adesso che sentiva una cosa del genere, le sembrava un qualcosa di giusto da fare. Avrebbe potuto portarla di nuovo da suo padre cosicché sarebbero stati felici entrambi. Che quella voce fosse capace di leggere nel suo incoscio? O magari era il suo incoscio a parlarle in quel modo?
Scosse la testa e si premette le mani sul viso. Anche solo farsi dei simili problemi le dava la conferma di essere impazzita.
«Perchè dovresti aiutarmi?» le chiese arrendendosi all’idea che forse qualcuno la stava contattando per via telepatica. La voce per qualche secondo non le rispose.
Io ho bisogno di lei.
«Perché?» gli chiese confusa, incrociando le braccia sul petto, senza poter frenare la propria curiosità. Ci fu un attimo di silenzio. Estel pensò che la voce avesse finito finalmente di tormentarla, ma qualcosa le suggeriva che non era così. Sentiva l’eco di un mormorio intrappolato nelle orecchie.
Perché io sono Vortha.La voce sibilò in tono cupo ed Estel balzò in piedi spaventata. Possibile che stesse realmente parlando con Vortha? Se si, perché aveva contattato lei? Cosa voleva da lei?
Scosse la testa e per qualche secondo si convinse di essere impazzita davvero. Era impossibile anche soltanto credere che stesse parlando con Vortha. Era davvero la cosa più stupida che potesse pensare. Vortha, il coniglio diabolico della bambina indemoniata era lì che parlava con lei?
Rise, incredibilmente, e si accasciò tra i cuscini. Se era impazzita davvero, almeno poteva affrontare la situazione con ottimismo e prenderla a ridere. Avrebbe parlato con Mahtar e lui l’avrebbe fatta rinchiudere da qualche parte.
La voce nella sua testa ringhiò come a volerla farla concentrare sulla loro discussione.
Tu vuoi trovare Ainur e anche io lo voglio. Insieme potremmo farcela più facilmente.
Lei rimase in silenzio. Aveva il cuore che le batteva a mille e il respiro troppo rumoroso per i suoi gusti. Si che ormai si era convinta che il suo cervello avesse perso qualche rotella, ma anche soltanto l’idea che Vortha le stesse parlando le creava uno strano stato d’animo. Doveva parlarne davvero con Mahtar? Dirgli che aveva iniziato a sentire voci strane che si spacciavano per quel coniglio diabolico?
Io non lo farei. Mahtar potrebbe trovarmi e distruggermi e in questo modo non potremmo trovarla mai.
Estel si morse il labbro inferiore e deglutì. Trovare Ainur era una buona cosa; avrebbe potuto farla ricongiungere con su padre e lui probabilmente sarebbe stato felice. Ma cosa doveva fare? C’era da fidarsi di quella voce? Era davvero Vortha? O lei era impazzita?
Certo che sono io. Sono nascosto qui nella tua stanza.
Estel spalancò gli occhi incredula. Adesso si che ne era sicura; era uscita fuori di senno. Non aveva mai avuto un coniglio bianco! Com’era possibile che si fosse materializzato nelle sua stanza?
Tua madre mi ha messo nella tua valigia; ed eccomi qua.
La ragazza si tormentò il labbro inferiore; sua madre era davvero una donna odiosa, ma neanche lei sarebbe arrivata a tanto; neanche lei gli avrebbe nascosto un coniglio assassino nella valigia. O forse si?
Strinse i pugni dalla rabbia e digrignò i denti. Si avvicinò alla propria valigia e iniziò a svuotarla di tutto quello che c’era dentro. Più la svuotava più si convinceva che qualcuno si stesse prendendo gioco di lei; ma alla fine lo vide. Nascosto sotto una leggera felpa azzurra, stava un coniglietto bianco, morbido e dagli occhi troppo furbi e vigili per essere soltanto il frutto del lavoro di un’abile artigiano.
Si portò una mano davanti alla bocca, spaventata, e scosse la testa. Non era pazza, (e questo poteva essere un conforto), ma Vortha era davvero lì con lei in quella stanza. Lo prese con mano tremante e lo guardò più da vicino. Sembrava vivo, e nel petto c’era qualcosa che batteva, come se fosse dotato di un minuscolo cuore.
Deglutì e, man mano che passava il tempo, si sentiva stranamente più tranquilla; tenere quel coniglio in mano le dava una sensazione di calma assurda. Spaventata da questo, lo gettò nuovamente nella valigia e lo coprì con i propri vestiti, chiudendo velocemente la cerniera.
Una volta finito tutto, ci si sedette sopra e prese un gran respiro.
Ti lascerai aiutare?
Le sussurrò la voce di Vortha, così dolcemente che le sembrò quasi una carezza. Estel deglutì, ma non rispose. Si alzò e uscì a gran passi dalla stanza.

  
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