Diciotto.
Luna Lovegood
era molto concentrata.
Quella borsa
verde militare era troppo triste, avrebbe fatto meglio a renderla un po’ più
allegra alla vista ornandola con tutto quello che le capitava sotto mano:
bottoni, conchiglie, spille, nastri… qualsiasi cosa. D’altronde, fin da
ragazzina aveva la passione di costruirsi gli accessori in casa, dagli orecchini
di ravanello alla collana di tappi di burrobirra.
Luna, la
stupida lunatica Loony con le sue idiozie.
No, Luna non
era una stupida. Si rendeva pienamente conto che dedicarsi a simili lavoretti
manuali nel bel mezzo di una guerra non era la cosa più saggia da fare. O, per
lo meno, non era quello che i più avrebbero fatto in una situazione simile:
normalmente, in casi del genere, le persone lottano, si disperano, si
arrabbiano. Altrimenti si arrendono o si piangono addosso.
Ma piangersi
addosso non ha mai messo fine a nessuna battaglia, né riportato in vita persone che
non ci sono più. Quindi, dal suo punto di vista, fare quello che avrebbe fatto
se non avesse avuto altri problemi era un toccasana. La distraeva, la aiutava a
non pensare.
“Ci vorrebbe
qualcosa di arancione…” si disse, rovistando tra le perline. Ma non guardava le
perline, il suo sguardo azzurro era perso nel vuoto.
Era stata una
sciocca a pensare che Harry Potter… no, lei non avrebbe mai potuto essere
all’altezza di Harry Potter. Lo aveva aiutato a distrarsi, magari; con il suo
essere bizzarra gli aveva infuso un po’ di ottimismo e voglia di vivere. Ma
nonostante tutto sarebbe sempre rimasta Luna e basta.
Ginny Weasley, era adatta a Harry Potter. Non
Loony la
lunatica.
Per la prima
volta, Luna odiò davvero quel suo nomignolo.
Li aveva visti
dopo che lei era tornata.
Harry era
nella stanza di Ginny, le
sedeva accanto in silenzio, apparentemente incapace di dire qualcosa di sensato.
Non si poteva pensare di cancellare quello che c’era stato tra di loro,
era stata una storia troppo intensa, una vicenda troppo 'violenta'. Dall’amore che li
univa, al modo in cui quel sentimento si era tramutato in un’arma a doppio
taglio, fino al suo tradimento: una scoperta che lo aveva spiazzato,
profondamente cambiato.
Ma alla fine
erano di nuovo l’uno di fronte all’altra.
Dallo spicchio
di stanza che si intravedeva tra fessure di una porta, Luna aveva notato il modo
in cui Ginny lo aveva guardato.
Impassibile
fino a che il suo autocontrollo glielo aveva permesso, fino a che non aveva
dovuto anche lei cedere e voltarsi a guardare altrove, per non venire distratta
da quegli occhi smeraldo.
Tutti erano ipnotizzati da quegli occhi smeraldo. Ma Luna no, lei preferiva il modo in cui i capelli non gli stavano mai a posto. O come si grattava la nuca quando era in imbarazzo
“Non puoi far
finta di niente, Harry. O per lo meno non posso
io.”
“E’ passato del tempo,
Gin. E' successo di tutto.”
“Sì,
ma…”
Poi Luna se ne era andata. Si sentiva di troppo, un’intrusa.
“Non arancione.
Giallo. Il giallo sarebbe decisamente meglio… oh, ciao
Harry.”
Il ragazzo era
entrato nella sua stanza e l’aveva osservata mentre fingeva di essere la solita
svitata con la testa da tutt’altra parte. Perché lei fingeva, si nascondeva dietro a un paio
di stramberie esattamente come faceva lui con quella corazza aggressiva che si
era costruito, e che lei aveva scalfito. Ma che Luna non fosse solo una collana
di tappi di burrobirra e dei capelli tinti di blu cobalto, o fucsia, Harry lo
sapeva benissimo. La sua semplicità disarmante e la sua spontaneità erano doti
preziose: tutt’altro che debolezze. Lo avevano aiutato a rimettere a fuoco cosa
contava davvero.
“Anche secondo
me è meglio il giallo.” Le disse. Poi sorrise e le si sedette accanto,
osservandola alzare lo sguardo verso di lui, enigmatica.
Che cosa significava quel teatrino? Magari credeva che le avrebbe potuto
parlare come se nulla fosse, come se non si rendesse conto di niente. Come se
fosse stupida, per via di quelle abitudini
bizzarre.
“Bene. E
giallo sia” si limitò a commentare, riabbassando gli occhi e appuntando un
bottone color canarino alla borsa.
“Ti tieni
occupata?”
“Aiuta…”
“Sono
d’accordo, le piccole cose tengono la mente impegnata. E’ anche grazie a te se
l’ho capito.”
“Oh, è stato
un piacere aiutarti.”
Così, Luna. Tu
sei troppo stramba per essere ferita da un
ragazzo.
Lei tornò a
concentrarsi sul lavoro alla borsa e Harry inarcò le labbra divertito,
osservandola. Aveva sempre avuto l’abitudine di usare la bacchetta come un
fermacapelli non convenzionale, ma non aveva mai notato quanto questo la
rendesse adorabile. Le portò una ciocca dietro un orecchio al che lei si
ritrasse appena, involontariamente.
“Cha fai?”
Lui sembrò
preso in contropiede.
“Niente…”
“Sai, credo
che dovresti andare da lei, Harry. Probabilmente avete tante cose da dirvi
e…”
Improvvisamente lui sorrise di nuovo, cosa che Luna trovò alquanto
fastidiosa.
“E’ per
questo?”
“Questo
cosa?”
“Ginny” le
disse solamente.
Luna si morse un labbro.
“E’ stata una parte della tua vita troppo importante, non pretendo
che la liquidi in qualche secondo o che vederla adesso non ti faccia alcun
effetto… solo perché eri stressato e ho provato a risollevarti il
morale.”
Il sorriso che
si era disegnato sulle labbra del ragazzo svanì, facendolo tornare
improvvisamente serio.
“Pensi davvero
questo?”
Quando lei
alzò solamente le spalle voltandosi da un lato, senza rispondere, lui le afferrò
il viso con due dita e la costrinse a guardarlo.
“Hai ragione.
Lei ha segnato la mia vita in maniera indelebile e non potrò mai cancellare
quello che abbiamo vissuto, perché mi ha cambiato. Ma fa parte del passato, oggi
l’ho capito. E questo fatto vale per entrambi…”
“Il passato”
ripeté Luna, automaticamente.
“Già. Se
invece penso a domani e a quello che vorrei, scocciature e maghi oscuri
permettendo, è un’altra la ragazza che mi viene in mente e che vedo al mio
fianco.”
“Un’altra…”
“L’unica che
riesca ancora a farmi ridere, nonostante tutto.”
“La
conosco?”
Harry
sorrise.
“Più o
meno.”
Luna alzò gli
occhi al cielo, come per riflettere.
“Scommetto che
è una tipa molto stravagante.”
“Il
giusto…”
“Ma a essere
definita soltanto come l’unica che ti
faccia ridere potrebbe offendersi. Anche se stramba, è pur sempre una
ragazza.”
“A me sembra
un complimento stupendo. Ma io non sono mai stato troppo bravo coi
complimenti…”
“Dai, tutto
sommato te la cavi.”
“Sono
commosso.”
Ma queste due
parole a malapena udibili furono le ultime, prima di un bacio spiazzante e
semplice, quasi quanto lei.
*
Hermione si
girò supina. Quella notte proprio non le sarebbe stato concesso un buon sonno
riposante e si rassegnò a quel fatto. Lanciò una veloce occhiata alla persona
che le dormiva affianco. Sdraiato a pancia all’ingiù, i capelli rossi che un gli
ricadevano su una guancia nascondendone una buona parte, i lineamenti rilassati.
Gli
scostò leggermente una ciocca scarlatta dalla fronte, facendolo appena sussultare nel
sonno e voltarsi dall’altro lato con un gemito imprecisato; quindi, cercando di
fare più piano possibile per non svegliarlo, si
alzò.
La casa era
avvolta nel buio, scese le scale quasi a tentoni. Stanca e determinata a dormire
almeno qualche ora, aprì la porta della cucina per prepararsi un intruglio che
la rilassasse. Anche se dubitava che un paio di erbe, magiche o no, avrebbero
sortito l’effetto sperato. Forse sarebbe stata più utile una pozione, di quelle
belle potenti, per cancellare quel peso dal suo
stomaco.
Accese una
candela giusto per illuminare appena la stanza, e subito dopo rischiò di farsi
scappare un grido.
“Cielo, mi
vuoi far prendere un colpo?” disse
espirando con sollievo dopo qualche secondo di panico, una mano poggiata sul
petto.
“Scusa.”
La ragazza
guardò Malfoy con un cipiglio curioso.
“Cosa ci fai
qua?”
“Non riuscivo
e dormire. Comunque ho intenzione di andarmene prima di domani, la mia presenza
qua è chiaramente ridicola.”
Sempre con uno
sguardo curioso, si sedette di fronte a lui.
Non aveva
tutti i torti, Malfoy. Il fatto che avesse prima liberato lei e quindi portato
in salvo Ginny da una morte certa, il tutto tradendo apertamente i suoi ex
compagni, aveva concesso il beneficio del dubbio all’Ordine, su di lui. Ma che
cosa era, Draco malfoy?
Un
Mangiamorte.
Un
pentito.
Un
assassino.
Un
traditore.
Una persona
che, adesso, volevano morta da più parti.
Draco
Malfoy.
“Non è molto
saggio se ci
pensi.”
“Ah,
no?”
“Sei scappato
dal vostro rifugio. Hai tradito Voldemort. Immagino ti vorrà morto
stecchito.”
“E voi
mi avete tolto la bacchetta. Interrogato. Mi aspetta un processo,
immagino. Chissà, forse mi farete patteggiare ma…”
“Non mi sembri
ancora ad Azkaban e nemmeno piantonato da una decina di Auror. E proprio perché
ti hanno sequestrato la bacchetta, non è saggio darsela a gambe. Sei al sicuro,
qui.”
Draco ghignò. Non solo voleva andarsene, ma doveva farlo. Aveva una promessa da mantenere, fatta a una ragazza che dormiva in una stanza poco distante: lui avrebbe anche potuto avere tutti i difetti di questo pianeta, ma manteneva le promesse fatte. Specie a lei, al suo sguardo che si sforzava di nascondere la supplica dietro l’orgoglio.
“Promettimi che mi farai scappare non appena starò meglio. Promettimelo.”
“E tu, perché non dormi?”
le chiese.
Hermione alzò
le spalle e alzandosi prelevò una tazza da un pensile, per prepararsi quel
maledetto infuso.
“Mi spiace,
Granger. Te l’ho già detto ma te lo ripeto… non avrei mai voluto tutto questo.
Mi ci sono trovato in mezzo, mio malgrado.”
Hermione,
sempre di spalle, si morse un labbro e chiuse gli occhi. Poi, sospirando, si
voltò verso di lui appoggiandosi a un ripiano della cucina e lo guardò negli
occhi, le braccia incrociate sotto il seno.
“Lascia
stare.”
“Tu puoi non
crederci ma…”
“Ho detto
lascia stare. Mi hai salvata e questo mi basta.”
Abbassò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli. Improvvisamente, tutto quello che loro due avevano attraversato le riaffiorò alla memoria, senza il suo permesso.
Il suo arrivo
da lei. Il loro segreto. Le sue mani che la toccavano. Il sapore della sue
pelle. L’ ingenuità nel cercare calore addosso a lui.
Aggrottando la
fronte, tornò a guardarlo appena, con la testa ancora
abbassata.
Come un vero
serpente, viscido, Malfoy si era insinuato nella sua vita, l’aveva illusa e
ingannata. Si era guadagnato la sua fiducia intrufolandosi nella sua casa e tra
le sue lenzuola, facendo leva sui suoi punti deboli. Sulle sue incertezze. Sui
loro comuni timori. Per tradirla. Venderla.
“Lo so che non
basta, ma sappi che non sarei mai riuscito a venderti” spiegò Draco, come se
riuscisse a leggerle i pensieri. “Appena mi sono trovato invischiato in quella
situazione, mi sono reso conto che non sarei arrivato da nessuna parte e ho
gettato la spugna. Mi ha costretto
fare il tuo nome, mi ha
quasi ammazzato.”
Hermione si
lasciò scappare un risolino.
“Forse… Ma alla
fine non fa molta differenza. Ti sei infilato nella mi
vita subdolamente, approfittando della mia inguaribile fiducia nel prossimo. Hai fatto leva su qualcosa
di strano, sui miei ricordi. Hai minato le mie certezze e
ti sei infilato persino nel mio letto, costringendomi a ingannare tutti i miei amici
e me stessa, per proteggerti. Convincendomi della tua buona fede. Per mandarmi al
macello, dopo. Anche se poi hai cambiato opinione, l'idea di partenza
era precisa.”
Il tono di voce di Hermione
era pacato ma anche incredibilmente aspro, celava un rancore che razionalmente
aveva cancellato ma che ancora covava sotto la superficie. Draco la guardò in
silenzio, senza replicare.
Non era del
tutto vero, almeno in parte. Non era mai stato nei suoi piani sedurla… ma era
successo. Si erano trovati l’uno addosso all’altro per necessità, per colmare un
vuoto che lacerava entrambi. E lui ne era rimasto spiazzato, incapace di
continuare, in bilico tra ciò che era giusto e ciò che era conveniente. Tra ciò
che voleva e ciò che doveva.
Ma non aveva
bisogno spiegarlo, adesso. Né a lei né a nessun
altro.
“Ma poi mi hai salvata”
proseguì Hermione, con voce più soffice. “E questo mi basta. Se non altro mi hai
fatto capire che cosa veramente voglio ed è giusto per
me.”
Il silenzio
proseguì, pesante. Doveva essere spezzato, quel dialogo doveva avere
fine.
“Tu e lenticchia… mi disgusta dirlo, ma secondo me siete ben assortiti. Poi tra di noi non avrebbe mai funzionato” commentò sforzandosi ironico qualche istante dopo.
“Malfoy…”
disse Hermione, a metà tra il divertito e l’incredulo. “Non ti sembra di essere
totalmente fuori luogo, adesso?”
“Un
po’.”
Sorrisero
appena, mentre una terza persona si allontanava dalla porta rimasta socchiusa,
senza che se ne accorgessero.
*
Ron era seduto sui gradini in cima alle scale e Hermione se lo trovò davanti d’improvviso.
“Non ti ho
vista a letto, e mi sono spaventato.”
“Non dormi?” gli
chiese la ragazza,
con la voce tremante. Lo conosceva abbastanza bene per capire che qualcosa
nel suo sguardo non andava.
“Mi sono
svegliato” le rispose neutro, fissando un punto al di là della sua spalla,
avvolto nel buio della casa.
Lo fissò titubante
qualche secondo, colta dalla paura che avesse
in qualche modo sentito.
“Volevo solo un bicchiere
d’acqua" gli spiegò. "Vieni, torniamo a letto.”
Si avviò per
il corridoio verso la loro stanza, ma si accorse che lui non la stava seguendo.
Congelò sul posto, terrorizzata.
“Ron?”
Nessuna
risposta.
“Ronald…”
“Sai, ti capisco
se ti vergogni, dopotutto ti sei fatta fregare come una scema. Ma non sono
arrabbiato se sei stata un’ingenua. Capita.”
Hermione tornò
indietro verso
di lui, che finalmente si alzò in piedi e la guardò negli occhi.
Permettendole di leggere in lui tutta la rabbia che lo
invadeva.
“Ron, non so
che cosa tu abbia sentito, ma…”
“Quello che
mi fa davvero rabbia è che molto probabilmente ti sei divertita a fare la sua puttana
alle nostre spalle, prendendoci tutti per il culo, e non hai nemmeno il coraggio
di ammetterlo” proseguì imperterrito il ragazzo.
Hermione scosse il capo decisa, ferita dalla durezza delle sue parole e del suo sguardo; arrabbiata anche con se stessa e con il coraggio che le era mancato per troppo tempo.
Prima o poi, tutti i nodi vengono al pettine. Glielo diceva spesso, sua madre.
“Sei
totalmente fuori strada...”
“Dici? Ora almeno
capisco
che cosa ti turbava tanto.”
“Diceva
che ci avrebbe aiutato!”
Ma Ron la ignorò,
continuando a deriderla. “Di certo
scoparsi un Mangiamorte può avere il suo non so che divertente. Eccitante, forse. Ma poi
ci si trascinano dietro quei fastidiosi dubbi
morali…”
“Ho provato a
convincerlo a costituirsi, ma non mi ascoltava! L’ho interrogato col Veritaserum,
ero convinta che…”
“Non voglio
nemmeno sentirle, le tue scuse, Mione!” la interruppe il ragazzo, arrabbiato con
se stesso per avere usato quel diminutivo. Il loro
diminutivo. “Non mi interessano i motivi che ti hanno portata a sbattertelo! Mi fai
schifo, se ti avessero fatto fuori te lo saresti
cercato!”
“Adesso stai
zitto e ascoltami…” provò a farlo ragionare la ragazza, determinata. Ma lui
continuò a ignorarla.
“Scommetto che il
bambino era pure suo…” infierì cupo.
La rabbia salì al volto di Hermione con prepotenza, assieme alle lacrime che trattenne a fatica.
“Non
permetterti” bisbigliò chiudendo gli occhi e serrando i pugni, con la calma di chi è
sul punto di esplodere.
“Di far cosa? Di ricordarti che sei una puttana?”
Lo schiaffo arrivò
improvviso e carico di rabbia sulla guancia del
ragazzo.
“Non
azzardarti mai più a rivolgerti a me in questo modo” lo minacciò
Hermione.
“E tu non azzardarti mai più a rivolgerti a me. Punto” rispose il ragazzo allontanandosi subito dopo, con una mano poggiata sulla guancia che si stava arrossando.
immagino che i pochi che si ricordano ancora di questa storia siano alquianto scocciati della mia presenza (assenza) a singhiozzo. riconosco che sono passati sono più di 4 mesi... un ritardo sostanzioso.
non nascondo di essere un po', un po' tanto, incasinata in questo perido, sotto diversi aspetti. e spesso, lo stress, i casini e gli impegni mettono a dura prova anche l'ispirazione, oltre che ridurre il tempo da dedicare alla scrittura... ma io, nei limiti del possibilie, cercherò di portare avanti la fan fiction. se non altro per me!
quanto ai risultati... beh, sta a voi giudicare. la paura che scrivendo 'a sprazzi' la mia storia ne risenta c'è, ma io cercherò di impegnarmi al massimo ^^
un saluto e un ringraziamento sincero a Seiryu, GiO91, Thaiassa per la recensione.