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Autore: Lady1990    14/04/2013    6 recensioni
Archibald è un ragazzino di quindici anni quando compie la scelta che gli cambierà la vita. Col passare del tempo, accanto al suo maestro, il signor Fires, scoprirà su cosa si fondano i concetti di Bene e Male, metterà in dubbio le proprie certezze, cercherà di trovare la risposta alle sue domande e indagherà a fondo sul valore dell'anima umana. Tramite il lavoro di assistente del Diavolo, riscuoterà anime e farà firmare contratti, sperimenterà sulla propria pelle il potere delle tenebre e rinnegherà tutto ciò in cui crede.
Però, forse è impossibile odiare il Bene e l'unico modo per sconfiggerlo è amarlo. Proprio quando gli sembrerà di aver toccato il fondo, la Luce farà la sua mossa per riprenderselo, ma starà ad Archibald decidere da che parte stare. Se poi si somma un profondo sentimento per il misterioso e affascinante signor Fires, le cose non si prospettano affatto semplici.
[Revisionata]
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Di nuovo, le note di Schubert invadono la mia coscienza immersa in un torpore onirico. Mi sento leggero come una piuma, quasi che tutti gli affanni e i dubbi esistenziali patiti ed elaborati fino a questo momento siano stati spazzati via con un’improvvisa manata. Tuttavia, la musica mi chiama come un pifferaio magico, che suona una dolce e ipnotizzante melodia capace di risvegliare ogni cellula del mio corpo intorpidito. Anzi, realizzo di non poter essere un corpo fatto di carne, sangue e ossa. Sono impalpabile come uno spettro. Il signor Molloy mi ha tagliato la gola in cantina. Significa che sono morto?
Uno sprazzo di luce mi abbaglia e mi trovo da un secondo all’altro catapultato da un limbo nero e silenzioso ad una sala gremita di gente. A giudicare dalla foggia dei loro abiti, sono esponenti dell’alta società inglese, aristocratici imbellettati con la puzza sotto al naso, che sfoggiano profumi nauseanti, gioielli vistosi e maniere pompose e viscide. Dietro a questo mondo brillante, lussuoso e all’apparenza fiabesco, si celano le più oscene turpitudini, nascoste a loro volta da una maschera di ipocrisia e falsità. Perché dico questo? Perché, prima di diventare apprendista del signor Fires, anch'io facevo parte di tale universo abietto e disgustoso. Il mio cognome appartiene ad una delle famiglie più nobili e altolocate d’Inghilterra, i Blackwood, un antico casato imparentato con la stessa corona. Circondato dalla menzogna e dal perbenismo, soggetto alla legge della prima impressione, costretto a ingoiare le critiche delle malelingue e i commenti sussurrati all’orecchio, sono vissuto in un incubo da cui, per fortuna, il signor Fires è venuto a salvarmi. Non gli sarò mai grato abbastanza.
Sul soffitto pende il classico lampadario di cristallo e i muri sono affrescati o tappezzati da quadri di pittori in voga. Al centro della sala è posizionato un pianoforte a coda, uguale a quello che ho visto usare dal signor Molloy. Seduto sul panchetto imbottito, un giovane di notevole bellezza fa scorrere le dita sui tasti, con una naturalezza e una leggiadria straordinarie. È lui che sta suonando Il re degli Elfi e prosegue nella sua esibizione con inaudita maestria, finché anche l’ultima nota rimbalza sulle pareti e cade nel vuoto. L’applauso successivo è scrosciante e meritato, solo che c’è qualcosa di strano. L’esecutore è senz’ombra di dubbio il signor Molloy, con il suo aspetto efebico e tenebroso, la pelle inverosimilmente bianca, gli occhi neri contornati da ciglia lunghe e arcuate, i capelli corvini più corti di come li porta nel presente ma pettinati con cura; per finire, due labbra rosse e sottili piegate in un dolce e imbarazzato sorriso. Qui avrà avuto forse quattordici o quindici anni, non di più. Ciò che però mi insospettisce è la luce che brilla nelle sue iridi, una luce innocente, buona e pura, priva di quell’angoscia e di quell’odio che invece ho scorto nel signor Molloy adulto. Probabilmente gli è accaduto qualcosa di brutto o, nel caso più semplice, è stata l’ovvia conseguenza del patto col Diavolo: dal momento che vendi l’anima in cambio di un desiderio terreno, qualcosa dentro di te si spezza irrimediabilmente. Ma, mi chiedo, è stato solo questo il motivo di un così drastico cambiamento? Un candore inquinato in maniera talmente irreversibile da suscitare tristezza. Questo ragazzino, Joseph Molloy, macchiato da un contratto stipulato con la creatura sbagliata.
Nel frattempo, la folla intorno a me si prodiga in sinceri complimenti con il giovane musicista, di certo un prodigio che farà strada e scalerà le vette del successo. Egli ringrazia tutti con un inchino impacciato e occhieggia verso una parte precisa della sala, dove un ragazzo più grande di qualche anno se ne sta immobile e serio in un angolo. Costui non sorride, non ricambia lo sguardo timido e speranzoso di Joseph, ma l’energia negativa che emana è sconvolgente. E anche terribilmente familiare. Il pianista si imbroncia appena, ma poi torna a rivolgersi agli altri con cortesia, partecipando alle loro chiacchiere e accettando di buon grado le loro lodi. Incuriosito, mi avvicino all’individuo dall’aria sinistra e lo osservo con attenzione.
Ho capito da un pezzo di stare assistendo alla rappresentazione tridimensionale di un ricordo del signor Molloy, sebbene la ragione di ciò mi sia ignota. Che prima di morire io sia riuscito a stabilire un contatto con la sua anima? Bah, non lo so. Non è importante. Forse più tardi, se uscirò vivo da questa assurda situazione, domanderò delucidazioni in merito al signor Fires.
Cammino attraverso la stanza, in mezzo agli invitati, passando inosservato come un’ombra che scivola invisibile di fianco a quelle esistenze fatte di fumo, e mi piazzo di fronte al ragazzo. Da cosa deriva la sensazione che provo? Gli giro intorno e lo studio con minuzia, confermando la mia supposizione di trovarmi al cospetto di una persona malvagia e potenzialmente pericolosa. 
L’istante successivo lo scenario cambia, dissolvendosi come nebbia. Stavolta lo sfondo è una camera e sull’imponente letto a baldacchino, che occupa gran parte dello spazio disponibile, è disteso Joseph Molloy. È sveglio, tuttavia il suo sguardo è spento e lontano, l’espressione assente e distaccata e il volto emaciato, deperito. Non deve essere trascorso molto tempo dal concerto, il suo aspetto è identico, tranne che per alcuni dettagli come l'incarnato cadaverico, le guance infossate e una magrezza sconcertante, tanto che riesco a vedere pure la forma delle orbite intorno agli occhi: un teschio con un sottile strato di pelle a coprirlo. Pare un fiore avvizzito, una bambola senza vita abbandonata lì da un proprietario negligente. I capelli neri sono unti e sporchi e tutto nella sua figura evidenzia la trascuratezza che travolge spesso un malato. 
Il ragazzo sconosciuto entra in silenzio nella camera e squadra con un ghigno Joseph, quasi compiacendosi delle sue condizioni. Si siede accanto a lui sulla sponda del letto e gli accarezza con finta dolcezza la testa.
“Come stai, fratellino? Va meglio, oggi?”
“George…” esala il pianista con un filo di voce, mentre una nuova luce carica di supplica si accende nelle sue iridi d’inchiostro, “Non ce la faccio, George. È troppo… non lo sopporto.”
“Lo so, lo so. È difficile, ma io sono sempre stato insieme a te. Ti ho incoraggiato e supportato quando ne avevi bisogno e non posso rimanere impassibile adesso. Dimmi, cosa vuoi che faccia? Se c’è qualcosa che è in mio potere fare per aiutarti, sono pronto, non importa il costo che dovrò pagare.”
“Allora, uccidimi.”
George maschera all’ultimo secondo un altro ghigno soddisfatto e probabilmente reprime una risata.
“Cosa dici, fratellino?” chiede sbigottito, “Questo non posso farlo.”
“Ti prego! Ogni volta che li sento parlare o posano i loro sguardi di ghiaccio su di me, è come morire. Sei stato tu a salvarmi, tu mi hai avvertito delle cattive intenzioni della mamma, che era pazza e che mi avrebbe fatto del male! Io so che tu dici sempre la verità e mi fido, ma non volevo ucciderla! È stato un incidente!”
“L’hai spinta giù dalle scale, fratellino.”
“Avevo paura! Piangeva, urlava e mi stava per tirare uno schiaffo! Avevi ragione, hai sempre avuto ragione. Solo che ora ho perso tutto.”
“Non è vero, io sono ancora qui.”
“Sì, mi sei rimasto solo tu, George.”
“Non chiedermi di ucciderti…”
“Fallo, invece.”
“No, Joseph…” scuote la testa contrito, serrando con forza le palpebre.
Joseph gli afferra saldamente un braccio e lo fissa disperato: “Sono un assassino. La mia colpa non può essere cancellata! Anche papà mi odia, tutti mi odiano, perché non conoscono la verità.”
“Sì, tutti ti odiano.” incalza il maggiore con aria afflitta.
“Vogliono che io muoia… come la mamma.”
“Sì, vogliono che tu muoia.”
“Vogliono che soffra come Hettie… ho ammazzato anche lei perché ha tentato di avvelenarmi, come mi hai fortunatamente riferito tu… e mentre la picchiavo a sangue con il bastone di papà, sai cos’ho pensato?”
“Cos’hai pensato?”
“Ho pensato che è stato solo grazie a te che mi sono salvato; che è stato solo a causa tua che mi sono dannato.”
“L’ho fatto per il tuo bene. Hettie era solo una stupida domestica gelosa, una civetta cattiva.”
“Sì, tu mi vuoi bene, lo so. Ma non posso continuare così… non posso! Per questo tu devi uccidermi!”
“No, Joseph, non lo farò.” rifiuta con fermezza, poi si abbassa sul più piccolo e gli stampa un bacio sulla fronte, “C’è un altro modo per sfuggire a tutto questo dolore, sai? Ne sono venuto a conoscenza da un amico, tempo fa.”
“Cos’è? Dimmelo, dimmelo!” esclama concitato, aggrappandosi con le membra ossute al corpo di George.
“Ti avverto, è un metodo un po’ drastico, ma potrebbe servire allo scopo.” sorride, regalandogli una lieve carezza sulla guancia.
“E sarebbe?”
“Se firmerai un contratto, tutti i tuoi affanni spariranno. Anzi, sarò io stesso a prendermi i tuoi fardelli sulle spalle, risolverò ogni cosa al tuo posto, perché ti voglio bene e per me sei tutto.”
“Che… genere di contratto?”
“Beh, non è esattamente un contratto come uno se lo immagina, piuttosto è un desiderio che esprimi con tutto te stesso a renderlo possibile. Innanzitutto, occorre la cosa a te più cara a questo mondo.”
“Ce l’ho davanti.”
George ride: “No, no, Joseph. Una cosa, non una persona.”
Il fratellino riflette seriamente, infine prende fiato e dichiara: “Lo spartito di Schubert! Der Erlkönig! Adoro quella sonata.”
“E sia! Vado a prenderlo e torno subito. Aspetta.”
“Fa’ presto.”
Sono sempre più confuso. Che cosa ha in mente quel George? Di sicuro ha plagiato Joseph in qualche modo e gli ha fatto commettere orribili crimini, ma perché? Cosa c’è sotto? Adesso, di sicuro farà stipulare il contratto a Joseph, ma perché non farlo lui stesso? Il ragazzino si fida ciecamente di lui, a quanto ho visto, è il suo punto di riferimento, la sua ancora, ma non si accorge che il male risiede proprio in colui che crede sincero e onesto.
Sbuffo divertito allorché mi sovviene della tragedia shakespeariana di Otello, dove il diabolico e invidioso alfiere Iago, al fine di ottenere vendetta e soddisfazione dei suoi più reconditi appetiti, inganna l’eroe Otello e lo indirizza a compiere l’omicidio della moglie Desdemona, oltre che a ordire intrighi contro altri innocenti, ed egli non si accorge che in realtà ad orchestrare il tutto dietro le quinte è quello che ritiene il più caro amico e confidente.
George ritorna con lo spartito fra le mani e riassume la posizione di prima.
“Ecco, ce l’ho! Ora concentrati.”
“Sì.”
“Bada bene, un solo errore e-”
“Ho capito! Facciamo in fretta.”
“Come vuoi. Dunque, fratellino, tu desideri che le tue pene spariscano, giusto?”
“Mh.” annuisce teso il pianista.
“Inoltre, desideri che io le prenda su di me, giusto?”
“Suona orribilmente egoista…”
“Non preoccuparti, lo faccio con piacere perché ti voglio bene. Ehm… ecco, quindi desideri che io prenda il tuo posto e che ti liberi dalle catene che ti imprigionano l’anima, giusto?”
“Mh.”
“Ergo, desideri che io divenga Joseph.”
Joseph tentenna per qualche attimo: “Che intendi?”
“Esattamente ciò che ho detto. Non ci pensare, ho tutto sotto controllo, vedrai che andrà bene.”
“Ho capito. Sì.”
“Perfetto, ora devi solo esprimere questo desiderio come se ne andasse della tua vita. Puoi farcela? Ah, tieni questo fra le dita e stringilo forte.” gli porge lo spartito.
“Sì…”
“Ottimo. Però devo lasciarti solo, altrimenti non si avvererà.” 
George si alza e si dirige velocemente verso la porta.
“George!”
“Sì?” sorride affabile.
“Poi torni, vero?”
Il sorriso si amplia: “Certo.”
Joseph guarda l’altro uscire e chiude gli occhi, concentrandosi.
Io rimango immobile, basito, ad osservare la scena. So cosa sta per accadere, ma stento crederci. Non avrei mai immaginato, neppure nell’ipotesi più remota, che la cosa si è svolta in questa maniera. Assurdo, non è logico! Ma forse finalmente ho compreso. George ha fatto evocare il Diavolo a Joseph e questi, la cui psiche era ormai fragile e malleabile, si è fatto convincere dal fratello maggiore ad esprimere il suo desiderio. Ma George è stato abile nell’inculcarlo in sordina nella mente di Joseph, facendolo così passare per un desiderio del pianista. Lo ha prostrato e oppresso a tal punto da tenderlo come una corda di violino, ha fatto leva sui sensi di colpa del piccolo a causa degli omicidi perpetrati, scommetto ai danni di innocenti, e infine gli ha fatto il lavaggio del cervello: uno Iago da premio Oscar. Così, se il mio ragionamento non va errato, Joseph ha espresso il desiderio che George divenisse lui e, facendolo, la sua anima è precipitata all’Inferno, mentre quella di George è stata trasferita nel corpo di Joseph. Questo significa che…
Mi porto una mano sulla bocca e studio allucinato il giovane seduto sul letto. Se il contratto è stato stipulato da Joseph, ma Joseph è già all’Inferno, esso non può essere riscosso. Ma è impossibile. Ogni contratto equivale ad un’anima. Quando il desiderio viene esaudito, dopo tredici anni un messaggero del Diavolo arriva a chiuderlo e a prendere l’anima che ha deposto la ‘firma’. Tuttavia, dal momento che l’anima in questione già al momento della firma è precipitata negli Inferi, lo stesso contratto avrebbe dovuto disintegrarsi, o perlomeno perdere il suo potere. Invece, esso reclama ancora la sua anima, come un affamato che anela al suo tanto agognato pasto. Non ha senso. In aggiunta, vuol dire che non posso riscuotere l’anima di George Molloy, che ora risiede nelle spoglie mortali di Joseph Molloy, poiché non è lui che ha firmato. Nella giusta ottica, si potrebbe affermare che George Molloy è innocente.
Come fare? Che devo fare? Perché il contratto, lo spartito, è ancora intatto e soprattutto attivo?
Una fitta lancinante di dolore alla gola mi risveglia dal turbine di domande e con un grido strozzato apro di nuovo gli occhi nella realtà. Le mie mani corrono sul collo e si bagnano del sangue che continua a sgorgare dalla ferita infertami. Sono lucido, cosciente, ma sono costretto ad ammettere che non provo un tale dolore da anni. E ho anche paura. Il taglio che mi attraversa la carotide recisa si sta rimarginando, proprio come speravo. Ancora una manciata di istanti e potrò rimettermi in piedi.
“Ah ah ah! Guarda, guarda! Sei un tipo davvero interessante.”
Il signor Molloy si siede all’improvviso sul mio torace, a cavalcioni, mozzandomi il respiro. Un altro coltello affilato e sporco di gocce scarlatte è sollevato sopra la mia faccia, come una spada di Damocle pronta a calare su di me e infliggermi il meritato castigo.
“So chi sei, o meglio so chi rappresenti, ma non sono obbligato a seguirti. Sai, ho pianificato tutto in modo da non rischiare nulla. Il tuo Grande Capo dovrebbe esserne al corrente, no?”
“Agh… la…hhhn… scia… mi…”
“La tua visita mi ha messo addosso un po’ di strizza, te lo concedo. Più che altro perché per un attimo ho messo in dubbio il mio genio, credendo che ci fosse qualche falla chissà dove. Invece, il fatto che io, un comune mortale, sia riuscito ad avere la meglio su di te implica qualcosa, giusto? Evidentemente non è ancora giunta la mia ora e voi avete commesso uno sbaglio. Evidentemente, non sono colpevole…” ghigna feroce e accosta le sue labbra alle mie, “Evidentemente, sono riuscito ad ingannare Satana!”
“Nessuno… può in… gannarlo!” sibilo stentoreo. 
Oramai la ferita è quasi completamente guarita e riesco a parlare in maniera abbastanza decente.
“Allora, forse, lui sa ed è d’accordo!” ridacchia esaltato il signor Molloy, leccandomi una guancia.
“Impossibile!” sputo schifato.
“Mmm… perché non vai a chiederglielo? Sono intoccabile, mio piccolo agnellino, non puoi farmi niente.”
Allunga il braccio destro di lato e agguanta la mia valigetta, sotto i miei occhi strabuzzati. Mi impietrisco e dischiudo le labbra incredulo: un umano sarebbe morto, o quantomeno si sarebbe ferito, se avesse solo tentato di sfiorare la valigetta. Lui, al contrario, è ancora vivo e vegeto e sembra non risentire delle vibrazioni ustionanti del contratto.
“Che ne dici? Proviamo?”
Apre la valigetta ed estrae lo spartito con un movimento fluido. Io trattengo il respiro, convinto di vederlo agonizzare e svanire risucchiato in un vortice di fumo nero nella bocca dell’Inferno da un momento all’altro, ma ciò non accade. Tutto è fermo, persino il tempo pare arrestarsi, mentre fisso stravolto quel sottile libriccino fra le dita del signor Molloy. Egli scoppia a ridere sguaiatamente e mi libera dal suo peso, così che posso rotolare su un fianco e interporre un paio di metri di distanza tra me e quest’uomo.
Perché il signor Fires non mi ha avvertito? Perché non mi ha messo in guardia? A meno che anche lui non fosse affatto informato della questione. Che il potente signor Fires sia veramente all’oscuro di tale vicenda? Sì, per forza, altrimenti non mi avrebbe mai spedito fra le braccia della morte senza previe raccomandazioni. Mi ha solo lasciato con quella strana domanda, ora che ricordo: chi interpreta la parte del Re degli Elfi?
Scrollo le spalle e mi concentro, non posso permettermi di distrarmi in un simile frangente. Digrigno i denti e sollevo una mano. Lo spartito si sfila dalla presa di George e vola nella mia, avvolgendomi con le sue spirali soffocanti e fetide. Sento i miei occhi ardere come fuoco e sono certo di avere un aspetto terribile, complice anche la quantità di sangue che ho perso.
“Fandonie, signor Molloy. Se lei fosse inattaccabile come afferma, il contratto non avrebbe nemmeno ragione di esistere. Invece eccolo qui, più affamato che mai. Mi dica, lei è davvero sicuro che suo fratello Joseph abbia effettivamente espresso il desiderio che lei gli ha astutamente suggerito?” domando beffardo, mentre un’idea serpeggia pian piano nella mia testa.
Sbarra le palpebre e ammutolisce.
“Come fai a saperlo?” indaga cauto.
“Noi, signor Molloy, sappiamo tutto ciò che serve. Lei, in realtà, è George, il fratello maggiore di Joseph. Joseph ha stipulato l’accordo col Diavolo e ha pagato subito con la sua anima, poiché le fondamenta della sua richiesta non potevano essere attuate in caso contrario. Mi spiego: due anime non possono coesistere nel medesimo corpo, quindi una doveva andarsene e, ovviamente, è toccato a lui. Tuttavia, tornando alla mia domanda, può giurare che suo fratello ha eseguito alla lettera i suoi ordini, George?”
“Non poteva fare altrimenti, ho fatto sì che lui stesso pensasse che fosse l’unica soluzione rimasta!”
“Lo so, ma se all’ultimo secondo avesse apportato un piccola modifica? Rifletta attentamente, George. Come mai, se Joseph ha espresso quel particolare desiderio, il contratto” alzo lo spartito e glielo sventolo davanti, “è ancora qui, integro e perfetto in tutto il suo maligno splendore? E perché reclama a gran gloria la sua anima?”
“Io che ne so? Dovresti essere tu l’esperto!” ringhia nervoso, allontanandosi.
Se continuo ad incalzarlo come sto facendo, ho la vittoria in pugno. Forse ho capito che strategia devo usare per riscuotere la sua sozza anima.
“Forse ha imposto una clausola sconosciuta, una condizione di cui lei è ignaro. Forse ha sottoscritto il contratto anche a suo nome, George.” sorrido serafico e mi alzo in piedi, spolverandomi i pantaloni e la giacca, “Questo spartito, che è quanto Joseph aveva di più caro al mondo, palpita, è vivo, è impaziente di ricevere ciò che gli spetta. E l’unico che vuole è lei, signor Molloy. Non può scappare, perché la troverò ovunque andrà. Non può uccidermi, perché risorgerò. Cosa vuole fare, dunque? Mi dica, la ascolto.”
“Stronzate! Joseph, il piccolo e ingenuo Jospeh, non mi avrebbe mai disubbidito! Io ero il suo dio, il centro della sua misera esistenza! Lui aveva tutto, amore, fama, bravura, cose che erano mie di diritto in quanto primogenito. Infatti, me le sono riprese. Ma fino all’ultimo non ha mai sospettato di me, io lo so perché conosco mio fratello.”
“Se lo conosce così bene, mi sa spiegare la ragione per cui questo contratto vuole lei, George? Se vuole, posso illuminarla io.”
Ghigno e mi avvicino lentamente al signor Molloy, accasciato sul pavimento freddo della cantina, il coltello impugnato nella mano sinistra. 
“Questo contratto è la prova che lei è colpevole!” sentenzio, “Evidentemente qualcosa è andato storto e Joseph ha sì espresso il desiderio del suo adorato fratellone, ma in fondo al suo cuore conosceva la verità, sapeva che era lei la causa della sua pazzia e degli attacchi di depressione che avevano cominciato a coglierlo subito dopo l’assassinio di vostra madre. O forse prima? Oppure Sua Eccellenza Oscura era ben consapevole delle sue macchinazioni ed è intervenuto senza che lei se ne avvedesse. Beh, poco importa. Al contrario, ci interessa l’inspiegabile presenza qui ed ora del contratto, presenza che imprigiona lei, George, mettendola sotto accusa e dichiarandola dannato.” cinguetto.
Sono fuori di me dall'eccitazione.
“L’Inferno la reclama e non è cortese farlo attendere.”
“Non è vero!”
Con uno scatto cerca di nuovo di affondare la lama nella mia carne. Prende di mira una gamba stavolta, ma schivo prontamente e gli sferro un calcio nelle costole.
“Lei, George Molloy, confessa di essere colpevole?”
“Io non ho fatto niente!” abbaia e per un attimo ho creduto che mi mostrasse le zanne, “È stato Joseph a fare tutto, io non c’entro!”
La regalità e il fascino che ammantavano la sua figura nella sala di musica sembrano essersi totalmente dissolti. Prima ero rimasto stregato, ammaliato dall’aura misteriosa e dominante che lo circondava, invece adesso pare soltanto un cagnolino spaurito e indifeso. Come ho potuto farmi abbindolare da un individuo del genere?
“Ha lei irretito suo fratello Joseph affinché firmasse il patto al suo posto?”
“No, io gli ho solo suggerito un modo per smettere di soffrire, è stato lui a pregarmi di metterlo in atto.”
“Ha lei, quindi, plagiato suo fratello Joseph, affinché pensasse quello che lei voleva e agisse come lei voleva?”
“Mmm… cos’è? Un terzo grado? Pare di essere in tribunale.” ridacchia.
“Semplici domande, la esorto a rispondere.”
“E perché mai dovrei?”
“Per appurare se lei è veramente innocente come dichiara di essere. Ha la possibilità di dimostrare il suo successo nell’aver ingannato il Diavolo, non vorrà sprecarla…”
“Uhm, se la metti così… sì, ho plagiato Joseph, affinché si trasformasse in un docile burattino.”
“E il suo scopo, signor Molloy, era diventare lei stesso Joseph Molloy per ottenere fama e ricchezza e scampare al contempo alla condanna, giusto?”
“Sì, giustissimo.”
“Lei ha fatto in modo che Joseph sparisse subito e poi ne ha preso il posto, divenendo a tutti gli effetti Joseph Molloy.”
“Esatto, sì. Ma dove vuoi arrivare?” chiese perplesso e abbassò l’arma.
“Ergo…” le mie labbra si stirano in un sorriso trionfante, “lei è, inconfutabilmente, per sua conferma e prove incontrovertibili, Joseph Molloy.”
Si dice che il nome non influisca sulla sostanza delle cose, così come sulle persone. Eppure esso può fare la differenza, talvolta. Ora comprendo la ragione per cui il signor Fires ha citato Shakespeare, il grande dibattito sull'importanza del nome.
“Mmm, beh… sì, in un certo senso. Ho preso il suo posto, quindi adesso non sono più George, perché il caro fratello maggiore è morto. Il ragionamento quadra, ma con ciò?”
“Joseph Molloy, lei ha firmato il contratto, perciò è colpevole.”
“Ehm… d-direi di sì, ma mi spieghi una buona volta dove-”
“Ho finito, l’ho incastrata. Prenda!” gli lancio lo spartito e lui lo afferra al volo.
“Cos-”
I tentacoli lo attaccano, divorando il suo corpo ed estraendo brutalmente l’anima, la quale assorbe il denso miasma tramutandosi in uno scheletro nero e urlante. Dietro di me odo il portale degli Inferi spalancarsi, ne avverto il calore e il fetore, e Joseph, alias George, viene, come mi ero augurato, risucchiato all’interno. 
Appena tutto torna alla normalità, cado in ginocchio privo di energie ed esalo un sospiro per vomitare fuori l’agitazione, artigliando la camicia sgualcita e imbrattata di sangue a livello del cuore, che batte all’impazzata come se volesse schizzar via dal petto. Me la sono vista brutta, ho rischiato grosso, ma alla fine me la sono cavata. Non era vero che Joseph aveva cambiato idea all'ultimo secondo modificando l'accordo preso con George, ma quest'ultimo, credendolo possibile, ha perso le staffe ed è caduto in trappola come volevo. Mi abbandono ad una risata liberatoria e tento di calmare il respiro, divenuto affannoso. Non posso farmi prendere ora da una crisi isterica, non sono più un poppante. Ho concluso il mio secondo incarico e il signor Fires ne sarà felice.
Mi alzo nuovamente e raccolgo la valigetta da terra, poi accelero il passo per uscire in fretta da questa casa infestata, in cui per poco non ci ho lasciato le penne. All’esterno, la limousine è nel solito posto ad aspettarmi: la portiera si apre ed io scivolo dentro con un leggero fruscio di abiti. Il motore si accende e la macchina parte in direzione dei cancelli di ferro battuto dell’entrata.
Chi è il Re degli Elfi? In principio pensavo che fosse il Diavolo stesso, che riempie di lusinghe gli uomini per farli cedere alla tentazione e poi sottrae loro l’anima. Successivamente, alla luce delle rivelazioni del signor Fires, ho pensato che il re fosse rappresentato da noi messaggeri del Diavolo, poiché siamo noi che stipuliamo contratti, promettendo una vita di libertà e delizie. Ma il maestro, nella sua domanda, si riferiva a ciò che avrei vissuto stanotte, non parlava in generale. 
Quindi chi è il Re degli Elfi? Il Re degli Elfi è stata la persona che ha consigliato anni fa all’invidioso e malvagio George di utilizzare il contratto per ottenere ciò a cui aspirava. Il Re degli Elfi è stato George Molloy stesso, che ha tessuto la sua rete intorno al giovane Joseph e infine si è appropriato della sua vita e della sua identità, macchiandosi dell’assassinio di un bambino. Tuttavia, alla fine il male ha tradito e divorato se stesso e, se si vuole, la morale è sempre la solita. Iago avrebbe dovuto accontentarsi a un certo punto, dopo aver ottenuto la posizione sociale tanto desiderata. Invece si è intestardito, si è lasciato guidare dall’avidità e dalla sete di vendetta e rivalsa nei confronti del Moro Otello, chiedendo di più, illudendosi di poter continuare in eterno il proprio gioco. Accontentarsi non è nella natura umana. Joseph era Otello ed è stato sconfitto dalla forza di George, ma costui, ossia Iago, è stato sconfitto da se medesimo. La sua stessa esistenza, il suo stesso desiderio lo ha condannato. Preoccupati e tenuti in ostaggio dal dilemma dell’essere o non essere, dimentichiamo che noi, in questo preciso momento, siamo. Chi siamo o non siamo, beh, lo decidiamo noi. Credo che, in una visione alquanto utopica dell’esistenza, bisognerebbe essere ciò che si sembra, ma purtroppo quasi nulla a questo mondo è ciò che sembra.
Immerso in tali considerazioni, scruto assorto la vegetazione al di là del finestrino. Proprio quando le mie palpebre cominciano a farsi pesanti e sto per assopirmi a causa dell’accumulo di stress e spavento, con la coda dell’occhio noto un’ombra dalle fattezze umane nascosta nel fitto fogliame, in mezzo agli alberi al limitare del viuzzo sterrato che sto percorrendo. Mi è impossibile scorgerne i lineamenti, ma la luce della luna si riflette in un fugace attimo sulla collana che gli penzola sul torace. Vedo chiaramente una croce, di cui le tre estremità più corte fanno da vertici di un rombo. Aggrotto le sopracciglia incuriosito, ma un secondo più tardi l’ombra è scomparsa.










 
  
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