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Autore: L Change the World    14/04/2013    0 recensioni
Quando si trasferisce a Londra, Emily Rivers è decisa a lasciarsi alle spalle un capitolo burrascoso della sua adolescenza. Tutto sembra andare secondo le sue aspettative, fin quando non incontra Brian. Brian è diverso, è speciale. Non parla molto, ma la sua sola presenza scatena in Emily potenti emozioni. Rabbia, inquietudine, attrazione, amore. E mentre lei si lascerà cullare dai profondi occhi blu del ragazzo, le ombre del suo passato riaffioreranno, portandola a vedere il mondo per quello che è, dall'alto in basso, come se lo osservasse volando su grandi ali nere.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La scuola è magnifica. Il giro turistico che Peter e Grace hanno organizzato per me è stato uno spasso. Peter conosce tutte le aule, i corridoi, i laboratori anche meglio delle sue tasche, mentre Grace si fermava ogni tre metri per attaccare discorso con la vittima di turno. Ogni giorno diventiamo sempre più amici, e, tutto sommato, è meglio di quanto pensassi. Le lezioni del professor Summer sono splendide, per il semplice fatto che dona alla lettura di un brano o ad una spiegazione un tocco di teatralità e passione che è impossibile ignorare. Va sempre oltre il significato apparente delle cose, scava a fondo nel tentativo di cercare ciò che si nasconde dentro una poesia o una parola. Anche papà sta migliorando: il brusco trasferimento lo aveva messo sotto stress, ma ora è decisamente più rilassato, ride e guarda programmi di cucina mentre armeggia con i fornelli. Va tutto secondo le mie aspettative. Tutto tranne lui. Brian. Il solo nome scaturisce in me mille emozioni diverse. Giro la testa verso sinistra ed eccolo lì, con quegli occhi blu che fissano un foglio bianco, la mano che armeggia con la matita in attesa della giusta ispirazione.
“Grace…” le do un colpetto sulla mano per distoglierla dalle sue unghie fucsia.
“Sì?!”
“Brian… chi è?” le chiedo con voce incerta.
“Bri… oh, lui.” dice voltandosi verso di lui e irrigidendosi.
“Cosa c’è?”
“Bhe, nessuno lo sa di preciso. I professori una volta ci hanno riunito e ci hanno detto di lasciarlo in pace perché ha una ‘situazione complicata’. Sì, hanno detto proprio così.”
“Che tipo di situazione? Gli è successo qualcosa?”
“Non hanno aggiunto altro. In effetti non parla con nessuno, non ha amici e sta sempre con quel libro in mano. Ma perché me lo chiedi?”
“No, niente. Era per sapere.”
Esco da scuola rimuginando sulle parole di Grace. Sarei tentata di andare da Brian e fargli le domande che da ore mi frullano in testa, ma non posso presentarmi di punto in bianco e dirgli:”Ehi, ciao! Perché sei così asociale?” No, sarebbe abbastanza brutto per entrambi. E non voglio farlo piangere di nuovo. Mi siedo alla fermata del bus e lo vedo, come sempre, mentre cammina al marciapiede opposto, un’esile sagoma nera che fluttua noncurante delle occhiate curiose dei passanti. E’ lì, a due passi da me, così vicino eppure così lontano.
                                                                                         
Finiamo il compito in classe nel caos: tutti hanno una faccia disperata, qualcuno scrive ma incerto se la risposta scritta sia corretta o errata. Non ho mai fatto un test così difficile, perciò consegno il compito per metà in bianco ed esco. Comincia a fare freddo, perciò butto lo zaino a terra e mi appiccico al termosifone come fosse uno scoglio in mezzo alla tempesta. Ogni ragazzo che esce dall’aula mi si rivolge con una faccia afflitta, bestemmia per bene e poi se ne va a prendere un caffè per tirarsi su il morale. Sono pronta a sorbirmi un’altra manciata di lamentele, quando dalla porta esce Brian, e il mio cuore perde un battito. Si accovaccia per terra, prende il suo libro dei disegni e la matita ridotta ad un mozzico e inizia a tracciare linee rette. Dopo un po’, la matita è talmente consumata che non riesce più a tenerla tra le dita esili. Cerca tra le scartoffie che popolano il suo zaino, ma non ne trova un’altra, e succede qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Va nel panico, ansima, si prende la testa tra le mani tappandosi le orecchie ed incomincia a singhiozzare istericamente. Rimango immobile mentre la sua espressione si fa sempre più disperata. Decido. Afferro lo zaino, ne caccio fuori una matita a forza e gliela metto in mano. Nel momento stesso in cui tocco le sue dita, sussulta e si gira di scatto verso di me, fissandomi con quello sguardo che difficilmente riesco a sopportare. Arrossisce, e improvvisamente diventa un’altra persona: assume un’aria afflitta, consapevole di aver perso per un attimo il controllo, e, imbarazzato, abbassa la testa e si mette a studiare la mia matita.
“Scusa.” mormora dopo un po’.
“No, figurati, non fa niente.”
“Fa parte della terapia…”
“T… terapia?” chiedo incerta, cercando invano di far sembrare questa conversazione normale. Ma lui non risponde. Si limita a disegnare, e, per la prima volta lo vedo all’opera: tratti di matita si fondono insieme, creando un armonioso gioco di linee che costituiscono un sole ridente con occhi di bottone e raggi che sembrano dotati di una luce propria.
“E’ bellissimo” gli dico. E vedo un sorriso sotto i suoi capelli neri “Da chi hai imparato a disegnare così?”
“Da mio padre” mormora dopo un attimo di esitazione mentre il suo viso si rabbuia “Era un pittore, ma ora…” la sua voce si incrina, e ancora una volta stringe le labbra, come se volesse dire qualcosa ma non può. Così decido di cambiare argomento.
“Bhe, dovresti esporli, far notare il tuo talento.”
“Tu dici?”
“Io al posto tuo lo farei.”
“Io al posto mio li brucerei” dice sogghignando “I miei disegni. Così odiosi eppure dannatamente indispensabili.” Carezza la carta ruvida quasi con amore. “Scusa, parlavo da solo. Grazie della matita.” Si alza e se ne va, lasciandomi lì per terra, imbambolata. Mi sento una stupida. Alzo lo sguardo e Grace mi fissa con occhi sbarrati dall’angolo del corridoio.
“Che c’è?” le chiedo bruscamente.
“Oh, niente, figurati!” esclama lei tirando fuori il suo fedele specchietto e dirigendosi verso il bagno. Mi alzo, raccolgo lo zaino e me ne vado a passo svelto verso le scale.
 
  
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