Capitolo due.
Zayn si svegliò con
l’odore di bacon nelle narici. Guardò
l’orologio. Aveva poco meno di due ore, prima di doversi
vedere con Niall. E doveva
solo farsi una doccia,
perché puzzava
da far schifo, vestirsi e fare colazione. Tutto quello che avrebbe
voluto,
invece, era tornarsene a dormire.
Ma sentiva odore di bacon, il che
– qualcosa gli disse – era
strano. A meno che i suoi fornelli e i suoi utensili non avessero
deciso di
protestare per la mancanza d’uso e di darsi da fare da soli,
qualcun altro era
di là ad armeggiarci indisturbato.
Si alzò e
s’infilò i boxer, l’aria fresca che lo
colpiva e
gli faceva venire la pelle d’oca.
Stropicciandosi gli occhi, nella
speranza di eliminare gli
ultimi residui di sonno, camminò fino in cucina, dove Harry
stava
apparecchiando la tavola.
Si prese del tempo per guardarlo
indisturbato. Era piuttosto
stupito, di trovarlo lì: non credeva sarebbe rimasto a
dormire, figurarsi a
fargli la colazione. La cosa, comunque, gli fece piuttosto piacere.
L’altro alzò lo
sguardo e lo vide. Gli sorrise, e Zayn giurò
che quello era completamente diverso dalla vasta gamma di sorrisi che
gli aveva
riservato la sera prima. L’avrebbe definito quasi dolce.
«Ho fatto la
colazione» annunciò, come se non fosse ovvio.
«Visto che ieri hai detto che non me l’avresti
fatta tu, mi sono preso il
permesso»
«Sono musulmano, niente
maiale» disse indicando i fornelli.
Harry fece una faccia vagamente
delusa.
«Oh. Posso cucinarti una
frittata, vuoi?»
Zayn annuì, mettendosi a
sedere. Pochi minuti dopo, Harry
gli posò davanti il piatto e si mise seduto pure lui.
Mangiarono in silenzio, e
sinceramente Zayn non sapeva
proprio cosa dirgli e le occhiate che ogni tanto l’altro gli
lanciava non lo
aiutavano a mettersi a proprio agio.
«Tra poco devo
uscire» proferì, perché davvero non gli
veniva in mente altro, anche se sembrava volesse cacciarlo e liberarsi
di lui il
più in fretta possibile, detta così.
«Oh, certo»
commentò Harry, prendendo tre bocconi in fila,
neanche gli avesse detto che entro due secondi doveva essere fuori da
casa sua.
«Non
c’è bisogno che ti strozzi,
però» aggiunse, abbozzando
un sorriso, non volendo che la conversazione languisse subito.
L’aveva
piacevolmente stupito, facendosi trovare lì, a cucinare e
tutto, magari parlandoci
veramente, senza la testa annebbiata dall’alcol e
dall’eccitazione, si sarebbe
stupito ancora di più.
«Magari, la prossima volta,
ti faccio un croissant o una
pizzetta salata» disse l’altro, indicando il piatto
vuoto.
Zayn arrossì. Il
più piccolo aveva appena accennato alla
possibilità di una prossima volta
e magari
non lo aveva neanche fatto apposta, ma la cosa quasi non gli era
dispiaciuta.
Piuttosto, gli sembrava strano. Ieri sera avrebbe messo la mano sul
fuoco sul
fatto che Harry non cercasse null’altro che una botta e via.
Ma probabilmente
era solo lui che leggeva nelle sue parole più di quello che
ci fosse scritto.
«Sei capace?»
domandò, gli occhi spalancati, perché in fondo
lui sapeva farsi giusto il tè.
«Ah-ah»
deglutì «lavoro in un panificio da un
po’ di tempo»
«Da dopo la
scuola?»
«Sì. Non avevo
voglia di frequentare l’università. Poi, due
anni fa ho capito che avevo fatto una cazzata e mi sono iscritto.
Studio
inglese, ma lavoro ancora lì part-time»
raccontò.
Inglese? Interessante.
Probabilmente aveva la faccia illuminata come un pazzo e la sua
espressione era
emozionata e sicuramente gli avrebbe fatto paura, ma non
c’era nulla che gli
piacesse più della letteratura e della sintassi e delle
virgole.
A proposito
di
virgole, pensò, devo
muovermi
davvero, se no Niall chi lo sente.
«Senti, non so tu, ma io
avrei proprio bisogno di una
doccia» disse, alzandosi e lanciando all’altro uno
sguardo che sperava parlasse
più di mille parole.
Evidentemente, Harry aveva recepito
il messaggio, perché gli
sorrise maliziosamente e, dopo essersi alzato a sua volta, lo
seguì lungo il
corridoio e fino al bagno.
*
Gli mancava quel tipo di doccia,
fatta di carezze e occhiate
infuocate, pensò mentre si stava vestendo. Era un secolo che
non ne condivideva
una. L’ultima era stata con una sua ex fiamma che non sentiva
da una vita e
mezzo.
Harry stava di fronte a lui, ancora
senza maglietta, con i
tatuaggi in bella mostra. Avrebbe voluto quasi sapere i loro
significati, ma
non gli sarebbe sembrato giusto chiederglieli, intromettendosi negli
affari di
un’altra persona, quando lui per primo condivideva i suoi a
stento anche con i
suoi più cari amici.
Zayn si era sempre considerato
abbastanza bravo, a capire la
gente, pur essendo fondamentalmente asociale e misantropo. Con Harry,
invece,
gli restava difficile, a meno che la situazione non fosse di natura
sessuale;
allora, l’altro diventava un libro aperto.
Quindi, il problema era comprendere
se quella notte sarebbe
morta lì, ancor prima di nascere o se poteva sperare di
ripetere l’esperienza.
O magari era un problema solo per lui. Che poi, problema. Non esageriamo, si disse Zayn. Certo,
Harry gli piaceva fisicamente
e, per quel poco tempo che avevano passato insieme, poteva quasi
esporsi a dire
che lo stimolasse anche intellettualmente. Ma non è che se
lo fosse portato a
letto con la speranza di mettere su casa con lui, comprare un cane o
adottare
marmocchi.
Ma adesso più che mai, con
l’uscita attesissima dell’ultimo
capitolo della sua saga, aveva proprio bisogno di uno sfogo. E se
questo sfogo
era fisso, sicuro e sexy da morire, tanto meglio.
Guardò Harry finire di
vestirsi, infilandosi i calzoni, a
contatto con la pelle perché aveva rifiutato i boxer che
Zayn gli aveva
offerto, e la camicia della sera prima. Tutto completamente sgualcito
per
essere stato strappato senza troppa attenzione da dosso ed essere stato
gettato
a terra; e forse, anche per questo, lo facevano sembrare ancora
più eccitante.
Ecco,
pensò, e adesso che gli dico?
Non gli venne in
mente nulla d’intelligente, per cui se ne restò in
silenzio. Harry, al
contrario, si voltò verso di lui –
l’espressione un po’ incerta.
«Ti dispiace, non so, se
qualche volta ci rivediamo?»
chiese, le mani che non riuscivano a star ferme, e che un attimo erano
tra i
capelli, quello dopo a lisciare qualche piega inesistente dei pantaloni.
«Sì,
perché no» rispose Zayn, cercando di non sembrare
troppo galvanizzato dall’idea e sperando di apparire
tranquillo e rilassato.
«Sai già dove abito, ma magari ti do anche il mio
numero, così non rischi di
venire qui e non trovarmi a casa» aggiunse, credendo fosse un
discorso sensato
e non da stalker innamorato, cosa che – ovviamente
– non era.
«Certo» fece
allegro, iniziando a tirar fuori il cellulare.
Segnatolo, gli fece uno squillo. Così puoi chiamarmi quando vuoi, anche tu,
spiegò, sempre più
sorridente, le fossette che si facevano via via più
accentuate.
E forse non sarebbe successo nulla
con Harry, si disse Zayn,
ma da tempo aveva imparato a non disperare nel futuro e a non prendere
sotto
gamba il destino.
*
«Sei in ritardo di cinque
minuti» scherzò Niall, quando se
lo ritrovò alla porta.
Zayn entrò e si tolse il
giacchetto, senza sprecarsi a
rispondere.
«Vuoi qualcosa da
mangiare?» gli chiese il padrone di casa.
Zayn scosse la testa e guardò l’altro sparire in
cucina e tornarsene con un
enorme pacchetto di patatine in mano. Ormai, non si stupiva neanche
più che
riuscisse a mangiare cose del genere alle undici della mattina.
Niall si posizionò sul
divano, le gambe incrociate sotto di
lui e una mano già infilata nel pacchetto. Un sopracciglio
era alzato e i suoi
occhi azzurri erano fissi nei suoi.
«Allora?»
iniziò quando Zayn non diede segno di voler
iniziare a parlare. «Col super modello? Harry, giusto?
Com’era?»
Zayn sbuffò. Era
lì per parlare di lavoro e Niall gli
chiedeva com’era andata col tizio che l’aveva
rimorchiato la sera prima?
Tipico. Non c’era troppo da stupirsi. Praticamente erano
amici dalla culla,
erano cresciuti insieme e sapevano tutto l’uno
dell’altro. E poi Niall era
incapace di farsi gli affari propri.
Dunque glielo raccontò,
senza troppi particolari. Anche
perché era un po’ confuso e magari gli sarebbe
servito Liam, in quel momento,
Liam che l’avrebbe ascoltato con attenzione e avrebbe saputo
consigliarlo, ma
visto che non c’era si sarebbe dovuto accontentare di Niall.
Se lo doveva aspettare che Niall
avrebbe solo riso per i
momenti di silenzio imbarazzante o che l’avrebbe preso in
giro per come si era
concluso tutto.
«Ahh, non servi a
nulla!»
«Ehi, se
volevi avere un consiglio serio, potevi andare da tuo fratello! Che ti
aspetti
da me?!» commentò, mettendo in bocca una enorme
manciata di patatine.
«Liam è in
palestra, te l’ho detto. Mi sa che non ce la fa
neanche per pranzo» disse Zayn, mentre l’altro
tornava in cucina a prendersi
altro cibo.
Liam, in realtà, era suo
fratellastro, perché avevano madri
diverse, ma – anche se all’inizio l’altro
aveva faticato un sacco per
conquistare la fiducia di Zayn – si erano sempre considerati
e voluti bene come
veri fratelli.
«Senti, non te la prendere
troppo, ok, e non perderci il
sonno. Anche se sembrava che volesse solo scoparti, magari sei
così figo che ha
cambiato idea. O magari, anche se ha chiesto di rivederti e ha il tuo
numero,
non lo risentirai comunque» disse Niall, cercando di fare il
serio.
Sì, di sicuro aveva
ragione Niall. Solo che quel
cambiamento, nel comportamento dell’altro, da seducente a
premuroso nel giro di
due ore, lo aveva disorientato. E comunque non valeva la pena pensarci
troppo,
in quel momento, tanto più che come diceva Niall forse non
lo avrebbe neanche
più rivisto.
«Già»
fece Zayn. Come a voler concludere il discorso, tirò
fuori il manoscritto dell’ultimo libro, che avrebbe dovuto
consegnare una
settimana prima. Ma Zayn era talmente maniacale, che se non era
convinto che
ogni cosa fosse perfetta non avrebbe mai messo nulla nelle mani di
Niall, il
suo editore.
Tutto gli sembrava ancora assurdo,
quando ci pensava.
Due anni prima non era altro che un
ragazzino troppo ricco e
con la fantasia troppo fervida, che scribacchiava dovunque gli
capitasse,
perché era l’unico modo che conosceva per
liberarsi di ogni problema. Poi Niall
era entrato a lavorare nella casa editrice del padre e aveva voluto
assolutamente che Zayn provasse a far leggere a qualche loro editore
quello che
aveva scritto. E così gli aveva dato retta,
perché nessuno sano di mente si
sarebbe messo a discutere qualcosa con Niall (che non gli avrebbe dato
tregua e
avrebbe messo su facce da cucciolo per convincerlo e lo avrebbe
importunato di
mattina, svegliandolo a orari indicibili, e di notte, tenendolo in
piedi), ma
l’aveva avvertito di volerli
spedire
anonimi, e Niall aveva detto che poteva inventarsi un nome e che lui
stesso
avrebbe garantito per l’amico. E per qualche Santo in
paradiso (o per la ruota
della Fortuna o qualche congiunzione astrale) si era ritrovato con un
contratto
e una serie famosa in tutto il mondo su una ragazzina con
un’infanzia
difficile, che scopre di essere una strega, una specie di caso
editoriale senza
precedenti e milioni di persone che non volevano altro che conoscere il
suo
vero nome e vederlo in faccia.
Ma no, grazie. A Zayn piaceva la sua
vita, non voleva
vedersela distrutta da paparazzi invadenti e cose del genere.
Per questo solo Niall e Liam sapevano
che Mick Stone era
lui, e così sarebbe rimasto più a lungo possibile.
Note:
Alloooora! Lo scrivo in fondo, anche
se magari sarebbe stato
meglio metterlo all’inizio, ma va be’: la serie di
cui Zayn è l’autore esiste,
perché io ero troppo pigra per inventarmene una di sana
piana, che in più avesse
un senso e una trama. E così al massimo ci saranno
lievissimi riferimenti, che
comunque non sono per nulla importanti ai fini della storia. Ho fatto
giusto un
cambiamento di sesso al protagonista J
Ah, mi ero dimenticata di dire che il
titolo ‘Con gli occhi
chiusi’ è un riferimento a un romanzo di Federigo
Tozzi. Solo il titolo, il
resto non ci azzecca nulla xD
Grazie mille a tutti quelli che
perdono due minuti del loro
tempo a leggere questa cosa e uno ancora più grande a chi
lascia anche un
pensiero!
Alla prossima J