Sindrome da foglio bianco. Avete idea di cosa sia? Quando fissi un foglio bianco senza riuscire a scrivere nemmeno una parola, quando la tua mente è bianca, quando non riesci a pensare. Quando sei tra i banchi di scuola e devi svolgere una relazione, la tua mente è bianca quanto il foglio che tieni davanti; e lo fissi, lo fissi speranzoso, pregando che l’inchiostro della penna si versi sotto forma di parole su di esso.
Adesso io mi trovo nella stessa situazione: fisso la figura pallida davanti a me senza riuscire a spiccicare parola. Ci sono tante o forse troppe cose che avrei da dirle, ma sono bloccato. Come se quelle parole fossero rimaste chiuse a chiave in un baule per troppo tempo e adesso, con la chiave in mano, non riuscissi ad aprire la serratura.
Allento la presa sul suo polso, mentre lei fa un passo indietro, impaurita. Come se non mi conoscesse. Come se non mi avesse mai conosciuto. Come se fossi io la causa dei suoi mali, e probabilmente è così.
Faccio la prima cosa che mi viene in mente: la abbraccio. La stringo fra le mie braccia, come facevo una volta. Lei ricambia un po’ titubante, allacciando le sue fragili braccia dietro la mia schiena.
-Hey…- le sussurro all’orecchio, accarezzandole i capelli.
-Hey niente, Zayn. – dice staccandosi con quella sua poca forza dal mio abbraccio. –Mi hai abbandonata qui. Per seguire i tuoi sogni, lo capisco, ma non puoi ritornare dopo tre anni e rimediare a tutto con un semplice ‘hey’. Non sai quante cose sono successe in questi anni, e a dire la verità, non ho nemmeno il coraggio di dirtelo. Non puoi ripresentarti così, all’improvviso, e pretendere che sia tutto ok, fingere che è tutto apposto. – conclude, guardandomi negli occhi.
Schiudo leggermente la bocca, per provare a parlare, ma semplicemente non so cosa dire. Ha ragione. Ha sempre avuto ragione, lei.
-Jasmine, mi sono comportato uno schifo con te, è inutile negarlo, lo so. Possiamo ancora rimediare! Ti porterò con me a Londra, verrai a vivere nella mia casa e potremo stare insieme! Sono qui per rimediare a tutto, possiamo ricominciare tutto daccapo. – improvviso, grattandomi nervosamente la nuca.
-Per quanto mi piacerebbe, non posso venire a Londra con te, Zayn. Forse è meglio se continuiamo le nostre vite per conto nostro. Mi dispiace. – risponde con le lacrime agli occhi, per poi girarsi e iniziare a scendere i primi gradini delle scale.
-Perché non puoi? – gli chiedo sinceramente sorpreso. Sarei davvero disposto a rinunciare a tutto per lei, sono pronto a farlo, se dovesse mai chiedermelo.
-Oh, andiamo, Zayn! Davvero non ci arrivi?! – mi chiede, alzando il tono della voce. Poi indica il camice bianco che indossa. –Sono malata, Zayn. Non posso allontanarmi dall’ospedale. Già è tanto se mi fanno salire in cardiologia. Ti ricordavo più sveglio. – sdrammatizza con una risatina.
Io, da ridere, non ci trovo niente. Anzi sono bloccato, come prima.
Ho sempre odiato le malattie, ho sempre odiato gli ospedali, ho sempre odiato tutto quello che vi riguarda. Non è possibile. Fino a tre anni fa non avrei permesso ad un misero virus di infettare Jasmine, per dire, e adesso scopro che ha una malattia.
Faccio un respiro profondo. Nei miei pensieri c’è solo confusione, sto ragionando come un ragazzino e non so cosa fare.
-Che malattia? – le chiedo con voce tremante. Non sono sicuro di volerlo sapere. La vedo abbassare lo sguardo, quando tra noi due si intromette un’infermiera.
-Gelsomino! Quante volte ti dobbiamo ripetere che non puoi farti passeggiate per l’ospedale quando ti pare e piace? Hai diciannove anni ma, figlia mia, a volte ne dimostri dodici! Su, andiamo. – la rimprovera, afferrandola per un braccio.
L’infermiera poi si gira verso di me e mi guarda confusa.
-Non è più ora per fare visita, ragazzo, lo sai? – mi chiede. Adesso ci mancava solo l’infermiera so-tutto-io che si intromette. Guardo negli occhi Jasmine, per poi rispondere all’infermiera: -Lo so, stavo andando via. –
E detto questo, scendo più velocemente che posso le scale ed esco da quel freddo e triste labirinto.
Non doveva andare così. Non dovevo incontrare Jasmine e non dovevo sapere che sta male. Non dovevo tornare a Bradford, non dovevo. In questo momento dovrei essere a casa con la mia ragazza, non qui in mezzo alla strada a distruggermi per una vecchia storia.
In quel preciso momento, mi arriva un messaggio.
Da: Melody
Zayn, dove sei? Devo parlarti.
E a parlar del diavolo, spuntano le corna. Decido di non rispondere al messaggio e ripongo il telefono nella tasca posteriore dei jeans.
Sono troppo confuso, troppo sconvolto e troppo disorientato allo stesso tempo per poter fare qualunque cosa, eccetto respirare.
Arrivato davanti casa mia decido che la cosa migliore da fare non è entrare, ma andare a casa di Jasmine. I suoi genitori potranno spiegarmi tutto.
OH YESSA.
Allora, inizio ringraziando tutte le persone che mi hanno lasciato una recensione ai capitoli precedenti,
le vostre opinioni contano davvero molto per me!
Ringrazio anche chi ha messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate e a chi legge in silenzio.
Allora? Che ne pensate?
Vi dico solo che nel mentre che lo scrivevo non riuscivo a smettere di ridere,
perché pensavo alla scena del capitolo precedente in cui Jasmine cade per terra.
Dai, sembrava una scena del film "The Ring" AHHAHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAH.
Il pigiama dell'ospedale,i capelli neri lunghi che coprono il viso...perfetta! AAHAHAHHAHAHA.
Mi scuso in anticipo per questo capitolo perché l'ho scritto di fretta e senza ispirazione,quindi non è un granché :(
fatemi sapere che ne pensate!
Simona! C:
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