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Autore: _Syriana    15/04/2013    4 recensioni
- Tra sei settimane sposerai il figlio maggiore della famiglia di Navalle – le annunciò suo padre.
[...]
Lei era un falco a cui avevano spezzato le ali. Non avrebbe potuto volare mai più.
Un matrimonio. Un ragazzo sconosciuto. Solo sei settimane per imparare a conoscerlo e ad... amarlo?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Mayfield, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ai diavoletti della Tasmania.
Perché in fondo sono animaletti coccolosi.
 

 
 

La famiglia è la patria del cuore,
G.Mazzini

 
Non aveva mai odiato tanto un viaggio come odiava quello. Già di per se, Caroline odiava viaggiare, specialmente dentro quelle cassette con le ruote trainate dai cavalli, soffocanti per quanto strette, e con i suoi vestiti che quasi le impedivano i movimenti. Decisamente, preferiva viaggiare in sella al suo cavallo, poterlo lanciare al galoppo, correre per i sentieri come se fosse inseguita da mille demoni e ridere della facce preoccupate dei suoi parenti.
Comunque, Caroline odiava viaggiare, se poi si viaggiava in due, lo spazio diminuiva esponenzialmente; ad aggiunta, se la compagnia era taciturna come il ragazzo che sedeva di fronte a lei in quel momento, il tutto diventava decisamente insopportabile.
Christopher, da quando era salito in quella carrozza insieme a lei, non aveva mai proferito nessuna parola e continuava a guardare fuori dal finestrino, lo sguardo perso nel susseguirsi dei paesaggi.
Caroline l’aveva guardato molte volte, aveva guardato il paesaggio mutare dentro quelle iridi e aveva studiato nei minimi particolari ogni aspetto del suo viso. Occhiaie profonde gli ornavano il contorno degli occhi, macchie scure in un incarnato che sembrava aver perso qualsiasi traccia di colore in una notte.
Sembrava malato e più volte Caroline si era sorpresa con una domanda pronta ad uscirle dalle labbra, ma ogni volta l’aveva trattenuta sulla punta della lingua, temendo che il suono della sua voce potesse rompere gli argini che lui stava cercando di costruire tra loro due.
Carol sapeva bene che lui stava cercando di trattenersi: lo capiva dalla linea dura e severa delle sue labbra; lo capiva dalle sue mani strette a pugno poggiate sulle sue ginocchia e dalla postura rigida della schiena.
Quella situazione, però, pesava incredibilmente a Caroline, perché ricordava distintamente che solo il giorno prima quelle mani l’avevano stretta contro di lui; che quella bocca si era posata sulla sua con dolcezza e passione.
Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentirne il calore sulla pelle del collo e le sue braccia che passavano attorno ai suoi fianchi per intrappolarla contro il suo corpo.
Ricordava le risate in riva al lago, i racconti della loro infanzia, così diversi ma anche incredibilmente simili.
Guardò fuori dal finestrino: il sole stava lasciando il suo posto, calando lentamente sulle colline all’orizzonte e colorava il cielo di rosso e giallo. Dovevano essere vicini alla loro destinazione, e Caroline iniziò a sentire una stretta allo stomaco, data dall’agitazione.
Era pronta a conoscere i genitori del ragazzo che sarebbe diventato suo marito e che in quel momento sembrava odiarla?
Avrebbe tanto voluto che Fayette l’avesse accompagnata in quel viaggio, ma i suoi genitori gliel’avevano proibito. Le avevano detto che doveva cavarsela da sola con i suoi futuri suoceri, perché non ci sarebbe stata sempre sua sorella a sostenerla.
Una voce la distolse dalle sue riflessioni: il cocchiere stava sbraitando a proposito del fatto che erano arrivati alla villa della famiglia Liar.
Caroline sentì improvvisamente un nodo allo stomaco: non aveva ancora realizzato appieno che stava per incontrare i genitori di Christopher, e iniziò a domandarsi se l’avrebbero accettata, cosa avrebbero pensato di lei. L’insicurezza prese il sopravvento, e iniziò ad avere caldo, così si sventolò un poco con la mano, mentre le sue guance raggiungevano la tonalità dei papaveri in primavera. Guardò fuori dalla carrozza, e vide che stavano percorrendo un lungo viale alberato, che terminò in una rotonda con al centro una fontana.
Dietro alla fontana faceva bella mostra di se un enorme villa; Carol spalancò gli occhi. Era davvero bellissima: la facciata era composta in tre ordini di colonne, ognuno corrispondente ad un piano della casa e l’entrata era preceduta da due grandi scalinate circolari.
Caroline vide Christopher alzarsi appena e guardare fuori poco prima che la carrozza si fermasse. Si alzò, sistemandosi le gonne, quando una mano le strinse il polso.
- Sorridete, giovane Mayfield. Fate finta che ieri notte non sia successo nulla, o loro se ne accorgeranno – le sussurrò Christopher all’orecchio, con voce piatta. Suo malgrado, Caroline si ritrovò a rabbrividire sentendo il respiro fresco del ragazzo sulla pelle del suo collo.
La lasciò, e scese dalla carrozza, porgendole poi la mano per aiutarla a scendere. Carol posò la mano su quella del ragazzo solo qualche secondo, solo per scendere e si ritrovò davanti una folla di persone, che attendevano il loro arrivo, e che le puntarono addosso gli occhi addosso appena fu scesa.
Sentì un braccio che passava attorno alla sua vita, e prima che potesse rendersene conto, Christopher l’attirò a se e l’accompagnò verso le persone che l’attendevano, con un sorriso sul volto. Lo vide staccarsi da lei appena il tempo per baciare tutti su una guancia e salutarli a bassa voce.
Caroline si prese il tempo per guardali, mentre non stavano guardando lei ma erano presi da Christopher. Una donna sulla quarantina lo stava abbracciando in quel momento: aveva gli stessi capelli color mogano di Christopher e Carol immaginò quella fosse sua madre, mentre un uomo gli dava delle pacche su una spalla. Un uomo più anziano guardava la scena con un sorriso divertito sul viso, mentre due ragazzi, una ragazza e un ragazzo, sghignazzavano tra di loro e qualche volta le lanciavano occhiate maliziose.
Caroline si sentì arrossire e distolse rapidamente lo sguardo, puntando lo sguardo sulla fontana del viale, finché la voce di Christopher non la indusse di nuovo a riportare la sua attenzione al gruppo di persone.
- Questa è Caroline Louisia Mayfield, - disse, porgendole la mano e lei vi posò sopra la propria, facendosi trascinare più vicina al gruppo – questa, mia cara, è la mia famiglia – annunciò.
 
Come Caroline scoprì quel giorno, la famiglia di Christopher era molto numerosa. Nella villa, oltre i genitori di Chris, vivevano anche i suoi nonni e i suoi fratelli.
Suo nonno si chiamava Micheal Liar ed era, nonostante l’età avanzata, incredibilmente allegro e attivo. Assomigliava a Christopher in modo incredibile: aveva gli stessi occhi color verde e lo stesso portamento fiero. Anche la signora Liar, la nonna, viveva nella villa, ma Caroline non aveva avuto l’onore di incontrarla perché, le avevano riferito, era stata trattenuta per delle questioni importanti e non aveva potuto presenziare alla cerimonia di benvenuto. Le avevano anche detto che però la buona donna era ansiosa di incontrarla e che le avrebbe fatto visita il prima possibile.
Il padre di Christopher, Robert, invece non assomigliava quasi in nulla al figlio. Aveva i capelli color del grano, leggermente striati di grigio in alcuni punti e due profondi occhi color del mare. Era poco più alto di Christopher e il suo portamento era molto più rigido e posato rispetto a quello del padre e del figlio maggiore.
La madre, Charlotte, era una bella donna. I capelli color mogano facevano da cornice ad un viso pulito e fresco, simile a quello di una giovane donna e non a quello di una donna adulta come lei. Quello che più spiccava in quel viso erano gli occhi di un verde brillante, illuminati sempre da una luce divertita e dolce. Era davvero bella e ora Carol capiva da chi Christopher avesse preso quell’innata bellezza.
Erano stati tutti molto simpatici e gentili con lei, fin da quando era arrivata, avendo premura che avesse tutto quello che le serviva per stare bene nella loro casa. Le avevano fatto molte domande, ma senza mai essere troppo invadenti o senza farla mai sentire sotto pressione.
L’unico ad essere stato, qualche volta, invadente era stato il fratello minore di Christopher, Sebastian.
Sebastian aveva solo un anno in più di Caroline; aveva capelli biondi come il padre e gli occhi blu come il nonno. Era molto alto, di corporatura longilinea, ma non assente di muscoli che gli delineavano le braccia e le cosce.
Quello che più attirava Carol, però, era il sorriso che c’era sempre sulle sue labbra: era un misto tra il malizioso e il furbo, e lo stesso sorriso si espandeva anche agli occhi, che erano permeati sempre da una strana luce divertita.
Ed era anche per il fatto che sembrava una di quelle persone a cui piace sempre scherzare che Caroline non si era arrabbiata quando le aveva fatto delle domande imbarazzanti o invadenti. Semplicemente aveva sorriso e lasciato che i suoi famigliari lo riprendessero, cosa che a lui sembrava però non importare troppo. Infatti, alzava solo le spalle e le sorrideva ribelle prima di chiudersi nel silenzio. Che non durava mai, comunque, più di qualche minuto.
Chi, invece, non aveva mai davvero parlato era la sorella di Christopher, Vivianne. Da quando gliel’avevano presentata, la ragazza non le aveva mai rivolto la parola, se non le solite frasi di circostanza quando si viene presentati e a cui è obbligatorio per educazione rispondere.
Era una ragazza dalla rara bellezza. I capelli biondo platino non facevano altro che mettere in risalto gli occhi di un azzurro chiaro come il cielo senza nuvole. Non era molto alta, ma aveva una corporatura esile che la faceva assomigliare ad una bambola di porcellana.
Ma non era fragile come la porcellana, Vivianne. Aveva un carattere forte almeno come il fratello maggiore, e uno spirito ribelle che si poteva notare anche solo guardandola negli occhi. Brillavano di una fiamma ribelle e vitale.
Ma, a quanto pareva, non aveva preso in simpatia Caroline, anzi, ogni volta che il suo sguardo si posava su di lei, Carol vi leggeva un' ostilità marcata.
Si era chiesta se erano questo tipo di occhiate che Christopher si era visto rivolgere quando stava ad Altieres da parte dei suoi cugini, e se ne dispiacque, perché non era una bella sensazione. Ci si chiedeva se si avessero commesso degli errori o se si avesse fatto delle azioni sbagliate.
La verità, era che non lo sapeva e quelle occhiate pesavano su di lei come dei macigni.
 
Quella sera stessa Caroline si ritrovò a vagare da sola per gli immensi giardini che circondavano la villa. Aveva detto ai suoi ospiti che aveva bisogno di stare qualche momento da sola, e loro l’avevano accontentata, suggerendole di fare una passeggiata in giardino per potersi distendere i nervi.
Quei giardini erano davvero meravigliosi, ovunque guardasse Caroline poteva scorgere fontane o aiuole  oppure piccoli gazebo dove ci si poteva sedere e prendere un the.
La brezza fresca della sera le accarezzava il volto e le scompigliava i capelli, facendole anche svolazzare le gonne all’indietro. Si strinse le braccia davanti al petto, cercando di riscaldarsi con le mani le braccia ricoperte dalla pelle d’oca. Aveva dimenticato il mantello dentro la villa, ma non era tornata dentro perché non credeva che ne avrebbe avuto bisogno. Ora, malediva se stessa per quella decisione.
Stava morendo di freddo.
Proprio mentre quel pensiero si affacciava alla sua mente e un altro brivido di freddo le attraversava la schiena, sentì qualcosa che si appoggiava alle sue spalle. Sobbalzò e si voltò, per incontrare gli occhi calmi e profondi di Christopher, che si era appena sfilato la giacca e l’aveva poggiata sulle sue spalle.
Carol lo guardò qualche secondo, chiedendosi come avesse fatto a sapere che lei aveva freddo o come avesse fatto a trovarla. Lei si era persa dopo qualche minuto in quei giardini immersi. Gli sorrise, riconoscente, prima di voltarsi di nuovo e riprendere a camminare.
- Caroline, ti prego – la voce di Christopher la fece bloccare e si voltò, per guardare il ragazzo che le stava di fronte con gli occhi sbarrati. Non l’aveva mai chiamata per nome dalla sera prima, e non gli aveva mai sentito pronunciare nessuna parola con quel tono di supplica che aveva ora.
Lui la stava guardando dritta negli occhi, le labbra strette in una linea retta e dopo qualche secondo fece un passo verso di lei, una mano tesa. Le sfiorò un braccio, in una lieve carezza, prima di prenderle una mano e attirarla verso di se in un abbraccio stretto. Lo sentì sospirare e respirare tra i suoi capelli e rimase immobile, troppo shoccata per staccarsi.
Non avrebbe dovuto accettare quell’abbraccio, non dopo quello che era successo la sera prima, non dopo che lui aveva perso il controllo.
Ma non poteva mentire a se stessa: amava quell’abbraccio, sentire le sue braccia passare attorno alla vita, al calore che il suo corpo emanava, al suo respiro fresco tra i capelli. Semplicemente, amava i suoi abbracci.
Si sentiva protetta e al sicuro, nonostante quello che era successo.
Sentì le sue labbra posarsi vicino al suo orecchio qualche secondo prima che le sue parole la raggiungessero, così basse che fece fatica a sentirle – Mi spiace, Caroline. Solo Dio sa quanto mi dispiace di aver perso il controllo ieri sera. Non era mia intenzione ferirti, non era mia intenzione farti del male, non era mia intenzione approfittare di te. Avevi ragione, ero ubriaco, mi sentivo ferito per come ti eri comportata quel pomeriggio e non capivo se fosse stata colpa mia, se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Ma non devi credere, ora, che quello che ti ho detto fosse solo dettato dalla rabbia: io ti desidero davvero, Caroline. Sin dalla prima volta che ti ho vista. Volevo posare le mie labbra sulla tua pelle per saggiarne la freschezza, respirare tra i tuoi capelli per sentirne il profumo, che ho immaginato da subito come quello di un fiore esotico. Sono attratto da te, Caroline – la guardò negli occhi, posando entrambe le mani ai lati del suo viso, mentre lei rimaneva immobile, annegando di nuovo in quegli occhi – Non odiarmi, Caroline. Ti prego, non odiarmi – la implorò. Carol non avrebbe mai creduto possibile che un ragazzo come lui, così fiero e orgoglioso, potesse mai implorare qualcuno, implorare il perdono.
Eppure stava accadendo, e lei non trovava la forza di rispondere, perché era troppo impegnata ad annegare dentro i suoi occhi, a sentire il calore del corpo di lui abbracciato al suo.
Ad agognare un suo bacio.
- Non vi odio – rispose, dopo qualche momento, e vide nei suoi occhi, che si stavano riempiendo di preoccupazione ogni secondo di più per il suo mutismo, illuminarsi di sollievo. Sorrise a quella vista, e ne rimase affascinata. I suoi occhi sembravano ancora più belli con quella luce che li illuminava.
- Grazie – le prese le mani e le portò alle labbra, lasciandoci un bacio lieve, prima di allontanarsi di un passo, tenendole comunque le dita di una mano saldamente intrecciate alle sue. Cosa che fece sentire meno a Caroline il vuoto dell’assenza del suo abbraccio.
- Mi spiace aver interrotto la tua passeggiata in solitaria – disse, riprendendo a camminare per i giardini, insieme a lei, con un sorriso sulle labbra. Sembrava un bambino la mattina di Natale, quando deve scartare i regali e sa già che tra di essi c’è quel giocattolo che ha sempre desiderato.
Carol scosse le spalle – Non importa. In realtà, credo che se non fosse venuto qualcuno a recuperarmi, difficilmente sarei riuscita a ritrovare la via per la villa. Questi giardini sono immensi -.
Christopher rise, indispettendola. Mise il broncio e si fermò, lasciando la sua mano e incrociando le braccia al petto. Lui si voltò, continuando a sorridere e le si avvicinò.
- Sarei venuto a cercarti, Caroline. Saremmo venuti tutti. Sebastian non avrebbe sicuramente perso l’occasione per iniziare la vostra nuova amicizia con una storia ilare da poter raccontare ai parenti nei pranzi di Natale per gli anni a venire – scherzò, porgendole di nuovo la mano – Il tuo broncio è assolutamente adorabile, non te l’ha mai detto nessuno? – le sussurrò poi, e Caroline sentì le guance andare a fuoco a quel commento. Lui rise di nuovo, accarezzandole una guancia con il dorso di una mano, prima di alzare lo sguardo oltre di lei e puntarlo verso la villa.
- Dovremmo rientrare – disse, all’improvviso, ritirando la mano e incamminandosi verso la villa, con passo veloce.
Caroline rimase un secondo immobile, non capendo cosa potesse aver indotto Christopher a decidere di rientrare così velocemente. Non si stava poi così male lì fuori, e Carol aveva iniziato ad apprezzare quella passeggiata.
Scosse la testa, prima di iniziare a seguirlo.
Non parlarono, finché non arrivarono davanti alla stanza che avevano riservato a Caroline. Solo allora Christopher la prese delicatamente per un braccio e la fece voltare verso di se. La intrappolò in un abbraccio stretto, prima di posarle un bacio dolce sulla fronte.
- Buonanotte, Caroline – le sussurrò, prima di lasciarla, e senza nemmeno lasciarle il tempo di replicare, si allontanò nel corridoio.
 
La mattina dopo Caroline si svegliò molto presto. In realtà, non aveva dormito molto quella notte: un po’ la colpa era dovuta a quella stanza e quelle mura a lei sconosciute e a cui ancora non si era abituata, un po’ perché ogni volta che chiudeva gli occhi la sua mente si perdeva nel pensiero di lui.
Nella dolcezza che aveva saputo dimostrare la sera prima e che Caroline pensava non esistesse in quel ragazzo. Pensava alle sue braccia che la stringevano, alle sue dita intrecciate alle proprie. Pensava ai brividi che scorrevano sulla sua pelle ogni volta che lui la toccava e al suo respiro fresco sulla pelle.
Si era alzata e vestita mettendoci più tempo del solito, per fare tutto con cura. Si sentiva stranamente euforica al pensiero che lo avrebbe rivisto.
Aveva quasi completamente dimenticato quello che era successo due notti prima, ma sapeva che se lo avesse scritto alla cugina Alexandria, questa le avrebbe risposto solo con una serie di raccomandazioni e maledizioni all’indirizzo di Christopher e ancora raccomandazioni sullo stare attenta.
Ma Caroline sapeva che quello che era successo al ballo in maschera non sarebbe successo di nuovo. Lo sentiva dentro. Sapeva che Christopher non le avrebbe mai più fatto del male.
Almeno, non fisicamente.
Uscì dalla camera e scese le scale distrattamente e velocemente. Sull’ultimo gradino, però, inciampò e finì dritta su una persona che stava ferma ai piedi della grande scalinata che portava ai piani superiori.
Si sentì afferrare di riflesso per i fianchi da due mani forti e grandi, e quando alzò lo sguardo per ringraziare guardando in faccia il suo salvatore, rimase per qualche secondo senza parole. Letteralmente senza fiato per lo stupore.
Colui che l’aveva salvata aveva lo stesso taglio degli occhi e della bocca di Christopher, ma a contrario di quest’ultimo, gli occhi dello sconosciuto erano di un blu scuro che poteva essere paragonato al colore brillante di un zaffiro. I capelli, però, erano dello stesso colore di quelli di Christopher, come anche la forma del viso, ma era leggermente più alto e muscoloso, non eccessivamente.
- Scusatemi – disse, riprendendosi e raddrizzandosi, abbassando appena la testa in segno di scuse. Il ragazzo sorrise, scuotendo appena la mano.
- Figuratevi. Salvare giovani donzelle è il mio sport preferito di prima mattina – scherzò, passandosi una mano tra i capelli, rendendoli così ancora più spettinati di quanto già non fossero, poi scoppiò a ridere, seguito subito da Caroline.
- Voi dovete essere la deliziosa Caroline Mayfield di cui ho tanto sentito parlare – disse poi, dopo essersi ricomposto. Caroline lo guardò, incuriosita dal fatto che lui sapesse il suo nome e che qualcuno gli avesse parlato di lei.
- Sono io, – confermò – e se posso chiederlo, voi siete…? – chiese poi, guardandolo incuriosita. Lui si aprì in uno strano sorriso.
- Immagino dunque che non vi abbiano parlato di me. La cosa non mi stupisce più di tanto – fece un piccolo inchino – Mi presento. Il mio nome è Xander James Liar. Sono il fratello gemello di Christopher -.
   
 
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