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Autore: LaU_U    17/04/2013    1 recensioni
Atlanta è invasa dagli zombie.
Probabilmente tutti gli Stati Uniti.
Forse il mondo intero.
Quali sono le regole per sopravvivere? Chi può farcela? Chi si può incontrare?
Quel che è certo è che niente è come prima e che bisogna darsi da fare.
Genere: Azione, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa che state per leggere è una one-shot separata dalla precedente.
Chiarificazioni nelle note finali. Ma prima, buona lettura!


-----o-----



 

Se chiudi forte gli occhi quando hai la testa immersa nella vasca da bagno puoi sentire un rumore nelle orecchie, come se ci fosse un raduno di minuscoli motociclisti dietro alla tua faccia. Riesco a distinguerli mentre danno gas. È strano che non me ne fossi mai accorto. Me ne rendo conto solo ora che sto per morire. Dicono che quando muori ti passi davanti agli occhi l’intera vita. Invece tutto quello a cui riesco a pensare in questo momento è: ci sarà qualche Harley Davidson dentro alla mia testa?

 

Fatto: i miei genitori sono morti, i miei nonni sono morti, mio fratello è morto.
Fatto numero due: Jenny Weaver è morta. Prima che potessi invitarla a prendere un frappé o una pizza o qualcosa del genere.
Fatto numero tre: è probabile che quasi tutti i miei amici siano morti.
Fatto numero quattro: la vita fa schifo.
Anche se ormai più che di vivere si parla di sopravvivere.
 
Chissà come se la sta cavando Bear Grylls in questa apocalisse. Probabilmente si è ritirato in una qualche foresta pluviale del Congo a sfamarsi di ragni velenosi e dormire dentro cadaveri di anaconda. Non credo ci siano gli anaconda in Africa, ma secondo me lui riuscirebbe a trovarli e a dare il nome a una nuova specie.
I gryllaconda?
No, che nome stupido…
Che farebbe Bear adesso? Cercherebbe del cibo! La mia pancia è d’accordo.
 
Oggi è il turno di questa strada: Saye Creek Drive. I quartieri alti. Buona parte delle villette residenziali della zona contiene qualcosa di commestibile e non credo che i padroni di casa si offenderanno se faccio una capatina nella loro dispensa.
Mi conviene esplorare gli edifici in ordine, così da ricordarmi facilmente quali ho già visitato e quali no.
Gli erranti qui davanti sono più di quanti mi aspettassi. Uno, due, tre... sette... undici. Decisamente troppi. Sarà meglio entrare dal retro, la via è sicuramente più sgombra. Quanto sarà? Sessanta metri? Posso farcela.
Devo creare un diversivo. Farò come quella volta nel parco davanti al Municipio.
Prendo qualche sasso da terra e lo stringo fra le mani.
Faccio dei respiri profondi. Fisso la mia meta.
Pronti.
Partenza.
Via!
Scaglio il più lontano possibile le pietre che ho raccolto, una alla volta, nella direzione opposta rispetto a quella in cui devo andare. Vedo quegli esseri girarsi incuriositi dal rumore e avvicinarsi ai sassi che rotolano.
È il momento.
Lascio l’albero dietro cui mi nascondevo e cammino il più velocemente possibile cercando di stare acquattato e di non fare rumore. Sembra che non mi abbiano visto, concentrati com’erano sui sassi. Quanto sono stupidi.
Scavalco una bassa recinzione di legno. La porta deve essere qui vici...
Oh, no.
Ci sono tre erranti davanti all’ingresso. Per fortuna ancora non mi hanno notato.
Ho pochi istanti per decidere che fare e mi si presentano due possibilità: darmela a gambe o cercare un altro modo per entrare.
Non mi va di sprecare una buona occasione: mi guardo intorno. Le finestre sembrano tutte chiuse. C’è un balcone qua sopra. La parete è coperta da un graticcio di legno bianco su cui si inerpicano delle rose rosse. Arriva più o meno all’altezza del pavimento del piano di sopra. Se riuscissi ad utilizzarlo come scala potrei raggiungere lateralmente la ringhiera del balcone e scavalcarla.
È deciso. Mi avvicino silenziosamente e metto un piede sul reticolato. Mi sollevo, ma il legno si rompe improvvisamente. Riatterro in un tonfo. Sarà stato abbastanza rumoroso da…?
Un grugnito.
I tre erranti mi hanno visto. Arrancano verso di me.
Provo un altro appiglio per il piede destro. Devo evitare di tenere tutto il mio peso da una parte. Infilo anche il sinistro cercando di non fare movimenti bruschi. Il carico dovrebbe essere distribuito meglio.
Presto. Presto!
Salgo ancora un po’, mentre tutta la struttura scricchiola. Una gamba e subito l’altra accanto per non sforzare troppo il legno.
Oddio, mi hanno raggiunto. Sono qui sotto.
Sento qualcosa che mi tocca un piede. Mi afferrano la caviglia.
No, no, no.
Scalcio il più possibile fino a liberarmi e sollevo quella gamba. Cerco di salire più in fretta, ma un rumore secco mi frena. Subito mi sento cadere all’indietro. Stringo forte le mani al graticcio, ma mi rendo conto che il gancio che lo reggeva in alto a sinistra ha ceduto e così si è inclinato leggermente verso il basso. Se dovesse rompersi anche il secondo finirei dritto in braccio agli zombie.
Finché sto sospeso in questo modo non riusciranno a prendermi, però non posso rimanere qua sopra per sempre. Tuttavia ho il timore che un altro passo farebbe crollare tutto. Forse non ce n’è bisogno.
Allungo un braccio lateralmente verso l’alto. Riesco a toccare il pavimento della balconata, ma mi serve qualcosa a cui aggrapparmi. Muovo la mano fino a che le dita non sentono la ringhiera. Mi stendo ancora un po’ e l’afferro. Bene. Ora devo aggrapparmi anche con l’altra mano.
Non faccio in tempo a staccarla dal graticolato che il secondo gancio che lo sosteneva in cima si stacca.
Mi appiglio più forte possibile mentre il reticolato si inclina verso il basso. Poi si blocca di scatto, rimanendo sospeso in diagonale. Una corda di sicurezza lo tiene così a mezz’aria. I miei piedi scivolano, sento che sto cadendo. Mi manca il fiato. Sono a penzoloni per aria. Pessima, pessima situazione.
Oh, mamma. Che faccio? La paura mi toglie il fiato. Vorrei piangere, chiudere gli occhi per non vedere tutto questo, far finta che non stia succedendo niente. È solo un brutto sogno, non c’è da preoccuparsi; prima o poi finirà.
Ma i tre esseri mugugnanti sotto di me mi impediscono di lasciarmi andare.
Si alza il volume dei versi, assieme alle braccia maciullate che tentano di afferrarmi. Mi prendono una gamba, poi l’altra. Tirano verso di sé. Il mio lamento si unisce al loro. Non posso cedere, non ancora. Provo a dondolarmi, sperando di liberarmi dalla loro presa, ma con il terrore che la struttura non regga più il mio peso. Odo degli scatti, uno dopo l’altro. Sono… sono dei denti che si serrano; stanno iniziando a mordere l’aria sotto di me. Cerco di tirarmi su con le braccia, scuoto le gambe e tutto ondeggia pericolosamente. Lasciatemi, maledetti, lasciatemi!
Ce la faccio. Perdono la presa e il più velocemente possibile rimetto le gambe sul graticcio. Spingo coi piedi e con le braccia mi tiro su. Ora c’è pure la forza di gravità a remarmi contro. Uso tutte le energie che ho. Un passo dopo l’altro mi arrampico, riafferro la ringhiera con una mano e poi con l’altra. Spingo, tiro, salgo, scavalco. Sono arrivato sul balcone.
Mi siedo e riprendo fiato cercando di calmarmi.
Me la sono vista brutta. Quella volta davanti al Municipio era andata molto più liscia di così.
 
Meglio continuare l’esplorazione ora.
Sono dentro. Cammino piano, un piede avanti all’altro cercando di non far scricchiolare le assi di legno. Questa camera da letto sembra a posto, esco nel corridoio. C’è un tavolino ribaltato, i vetri di una cornice per terra. La cosa proprio non mi piace. Meglio controllare le altre stanze. Mi avvio verso quella che, attraverso l’uscio socchiuso, sembra essere una cameretta per bambini. Tuttavia un dettaglio attira la mia attenzione. Da qui partono le scale per il piano di sotto. Riesco a vedere da basso. La porta d’ingresso sembra…
È aperta. Devo chiuderla prima che qualcuno entri. Scendo in fretta i gradini e quando arrivo a metà della rampa vedo apparire dal passaggio che dà su un salotto due erranti. Mi fermo di scatto per la sorpresa, quasi cado all’indietro. Un movimento di troppo, mi hanno visto.
Torno al piano di sopra, già sapendo che rischio di intrappolarmi con le mie stesse mani. Devo chiudermi da qualche parte. Spalanco la porta della cameretta e mi rendo conto che è stata una pessima idea. A terra ci sono due corpi semi-decomposti. In piedi di fronte alla finestra un uomo e una bambina bionda. Troppo pallidi e sanguinanti per i miei gusti. Mi fissano coi loro occhi vitrei e poi partono all’attacco.
Esco di nuovo dalla stanza. I due che erano al piano di sotto stanno salendo le scale. Ne vedo apparire un altro da non-so-dove. Mi precipito in fondo al corridoio, dal lato opposto, apro un’altra porta. Il bagno. A terra c’è il cadavere di una donna in accappatoio. Una pozza di sangue tinge le mattonelle bianche. Un morto vero e immobile me lo farò andar bene. Chiudo la porta e solo allora mi rendo conto che è a vetri, con la lastra completamente in frantumi, riversa sul pavimento. Mi sembra impossibile. Come posso essere così sfortunato?
Corro verso la finestra. Non ci sono alberi, sotto di me c’è la staccionata e un salto di troppi metri perché non mi rompa entrambe le gambe.
Devo pensare in fretta. La prima possibilità che ho è lanciarmi lo stesso giù e sperare di riuscire a scappare trascinandomi sull’asfalto e lasciando le rotule in regalo agli zombie. Ne vorrei decisamente un’altra. Mi guardo intorno.
Forse…?
No, questa non mi sembra una buona idea.
Sento due erranti gorgogliare, si spingono l’un l’altro mentre si avvicinano. Non ho nessuna idea migliore.
La vasca da bagno è piena d’acqua. Chi è che si fa un bagno in una situazione del genere? Mi immergo. È gelata. Intravedo appena qualcosa superare la porta e infilo anche la testa sott’acqua. Trattengo il fiato.
Li riesco a sentire, i motociclisti dentro al mio cervello. Fanno rombare i loro motori in una gara a chi è più rumoroso. Una Harley. Ce ne sarà una qua dentro?
Sento strani suoni dall’esterno, ma non riesco a distinguerli, sembra tutto un unico rimbombo. Apro gli occhi, vedo dei movimenti. Non credo che resisterò ancora a lungo qua dentro; mi manca l’aria, devo respirare. Una figura è sempre più vicina. Se mi avesse visto? Sentiranno gli odori anche attraverso i liquidi? La sagoma diventa ancora più grossa, si china sopra la vasca. Chiudo gli occhi. Mi sta afferrando per il petto. Lancio un urlo. Neanche si sente, mi entra solo dell’acqua in gola. Quando vengo tirato su la sputo e inizio ad agitare le braccia.
«Non è il momento per un bagnetto».
Apro gli occhi. Non è uno zombie: è un uomo. Lo fisso completamente incredulo.
«Muoviti!»
Mi tira in piedi a forza e inizia a camminare velocemente fuori dalla stanza, passando attraverso la porta rotta. I mostri che mi stavano cercando sono tutti a terra con dei tagli sulla testa. Vado dietro all’uomo col berretto che mi scorta fuori dalla casa, attraverso l’uscita sul retro. Anche i tre che mi stavano usando come pignatta sono stesi sull’erba.
«Allontaniamoci da qui» mi dice, incamminandosi lungo la strada.
«Aspetta». Al mio richiamo si ferma. «Per di qua» gli propongo, indicandogli una direzione attraverso i campi.
«Hai deciso che vuoi far ammazzare pure me?»
Sembra uno in gamba, ma non l’ho mai visto da queste parti. Deve essere arrivato vagando per il paese. Io, invece, conosco bene questa zona.
«Fidati. C’è un posto dove saremo al sicuro».
Mi fissa qualche istante. È chiaro che sta valutando la possibilità di dar retta a uno che stava per farsi mangiar vivo.
Annuisce:
«Non perdiamo tempo, datti una mossa».




 

-----o-----

Buongiorno a tutti!
Innanzitutto ringrazio Valpur che ha revisionato il mio testo convincendomi, ad esempio, a cambiare la struttura su cui si arrampica Ta... no, non ve lo rivelo ancora il nome del personaggio ;P
Era un po' incasinata quella parte, spero che la nuova versione sia abbastanza chiara.

Dirò due parole su quello che sto scrivendo, nel caso in cui i termini "one-shot" e "raccolta" fossero sfuggiti alla vostra vista: è una raccolta di one-shot! :D
Per ora sono eventi distinti, ma non del tutto separate tra di loro... anche perché ci sono alcuni personaggi che ritornano (per lo meno nella mia testa, vedremo se e quando scriverò quel che ho in mente). Ad esempio (grande rivelazione!) il buzzurro della prima storia e il tizio che compare alla fine di questa sono la stessa persona. Avevate riconosciuto il suo berretto?
La scena continuerà, fra qualche capitolo magari.

Una cosa che mi piace molto di The walking dead (e in generale delle moderne storie di zombie) è che descrivono un'atmosfera e una realtà che può essere personalizzata da chiunque. Come se fosse un gdr.
Quindi, messi (almeno per ora) da parte i personaggi della serie, ho immaginato una mia squadra e ho cominciato a pensare vagamente come potrebbero incontrarsi alcuni di loro.
Per chi mi seguirà, pian piano conoscerete i miei spaventati avventurieri. Spero li prendiate in simpatia almeno un po'.
Sì, prima o poi sentirete anche i loro nomi, non vi preoccupate ;)

Un grazie ai lettori.
Un grazie doppio ai commentatori.


PS: appena troverò un titolo per questo capitolo lo inserirò. Non sono riuscita a trovare nulla di decente

   
 
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