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Autore: teabox    17/04/2013    4 recensioni
Un giorno, in futuro, quando Sherlock Holmes sarebbe diventato solo una storia da raccontare ai più curiosi, Pip avrebbe puntato il dito ad una foto appesa al muro. Avrebbe indicato l’uomo di spalle ed avrebbe detto: “quello è Sherlock”. E quando inevitabilmente le avrebbero chiesto della donna accanto a lui, Pip avrebbe risposto: “quella è Miss H., ovviamente”. Avrebbe sorriso, poi, al ricordo di quei giorni e avrebbe raccontato del modo stravagante in cui li aveva conosciuti.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: doveva/voleva essere una cosa corta e invece non lo è. Ma almeno è già tutta scritta. 

Otto/nove capitoli (dipende da cosa faccio con l’epilogo) post Reichenbach e pre ritorno, dove i soliti sospetti fanno cose misteriose. O stupide. O entrambe?

Sperando che vi piaccia, buona lettura.

 

 

 

 

La scienza di leggere fra le righe

 

Aveva trovato la cartolina solo la sera, di ritorno dal supermercato.

Zia Margaret scriveva dal Lake District invitandola a raggiungerla perché “Molly cara, c’è così tanto da fare e vedere qui.” Che, per carità, era un pensiero davvero molto carino da parte sua. 

Se non fosse stato che zia Margaret era morta - decisamente morta - da almeno due anni.

 

*

 

Si era passata e ripassata la cartolina tra le mani, riflettendo. 

Una mezz’ora per cercare su internet il nome del paese, comprare un biglietto del treno per la mattina dopo e prenotare una stanza in un piccolo B&B.

Quindici minuti per prendere un po’ di cose e metterle dentro una borsa da viaggio. 

Cinque minuti per dubitare di se stessa.

Un minuto per cancellare i dubbi.

 

Solo quando aveva lasciato cadere la cartolina in cima alla borsa, si era permessa di sospirare. 

Aveva perso il conto di quante volte si fosse lasciata usare.

Aveva perso il conto di quante volte si fosse trovata così - la sua vita sottosopra in un attimo - perché lui aveva bisogno di qualcosa. 

Ma le andava bene, le andava bene davvero. Perché era stupido negarlo o pensare il contrario, quando sapeva che si sarebbe lasciata usare da Sherlock ancora e ancora, all’infinito o almeno per sempre, fino a quando non ci sarebbe stato nulla da usare più.

 

*

 

Il viaggio in treno non era abbastanza lungo per addormentarsi, ma abbastanza tranquillo per chiudere gli occhi e cercare di riposarsi. Aveva passato la notte in bianco - non che ne fosse stupita - in compagnia dell’idea fissa che forse l’avrebbe finalmente rivisto, che forse questa volta sarebbe stato diverso. Lo aveva sperato ogni volta e ogni volta si era sbagliata, ma dato che non le costava nulla, perché non farlo. 

Aveva appoggiato la testa al finestrino, il vetro freddo contro la tempia, e i pensieri erano andati a dove tutto era iniziato.

 

 

 

Era stata di fretta, quel giorno, in ritardo per il lavoro. Doveva essere stato almeno un mese dopo la sua scomparsa, ma non sapeva di preciso quando. Aveva smesso di contare i giorni due settimane dopo la sua “morte”. 

Una ragazzina che non aveva visto dei vestiti puliti da molto tempo aveva cercato di fermarla per strada, porgendole un volantino. Molly aveva avvolto le mani nei guanti e le aveva affondate nelle tasche del cappotto - faceva freddo, sì, freddo davvero quel giorno. La ragazzina l’aveva afferrata per un braccio e l’aveva guardata con un’espressione così seria, il volantino teso verso di lei. 

«Dovresti davvero prenderlo, Molly Hooper.»

E lei aveva chiesto “cosa” e “come”, ma la ragazzina che conosceva il suo nome era sparita nella folla nell’attimo in cui lei aveva chiuso le dita sul pezzo di carta, e Molly si era trovata confusa e senza risposte. 

Aveva guardato il volantino - “stelle” scritto a lettere maiuscole, un’esibizione al Planetario di Londra - e aveva notato che uno degli orari dello spettacolo era stato cerchiato con un pennarello nero. 

 

Si era affrettata, subito dopo lavoro. Aveva cancellato un appuntamento - “scusa, un problema di famiglia”, e si era sentita sciocca a dire una cosa del genere - ed era corsa al Planetario, per arrivare appena in tempo. 

Una ragazzina l’aveva aspettata vicino all’ingresso e in un primo momento Molly aveva pensato che fosse stata la stessa di quella mattina, ma no, era un’altra. Sguardo simile, però, e simile espressione, che in qualche modo si era riflessa nella sua. 

«Molly Hooper», aveva detto la ragazzina senza chiedere.

Molly aveva accennato un sì e preso una grossa busta che la ragazzina le aveva allungato. Aveva cercato qualche sterlina da darle, ma la ragazzina aveva scosso la testa. 

«Sono già stata pagata», aveva risposto. Aveva esitato un attimo, guardando Molly incuriosita, poi aveva accennato un saluto con la testa e se n’era andata.

 

Molly aveva aspettato di arrivare a casa. Aveva dovuto. Non aveva idea del contenuto della busta e aveva voluto essere nella riservatezza del suo appartamento per scoprirlo. Lungo il viaggio di ritorno non era riuscita a ricordare di aver mai attesto nulla con tanta aspettativa e terrore. O forse sì, forse una volta, tempo prima.

Quando l’aveva finalmente aperta, aveva trovato nella busta la scheda di un uomo - un uomo morto, per la precisione - e la lista di alcuni organi di cui doveva prendere un campione. Attaccato in un angolo del foglio, un post-it con un orario e un luogo dove lasciarli.

Niente di più.

Aveva sospirato.

 

*

 

Sherlock aveva incontrato l’uomo che chiamavano Il Croato - che era un errore, perché l’uomo era bosniaco - e gli aveva detto di cosa aveva bisogno. L’uomo aveva preso i soldi e fatto cenno con la testa di seguirlo. Dentro un magazzino abbandonato, Il Croato aveva aperto le braccia, invitandolo ad entrare. 

«Prendi chi vuoi», aveva detto riferendosi ai ragazzini e bambini di quasi ogni età che si erano avvicinati circospetti.

Sherlock aveva scrutato i volti e le espressioni. 

«Lei», aveva risposto dopo un attimo, puntando ad una ragazzina magra, i capelli castani sporchi e le labbra sottili. «E lei», aveva aggiunto indicandone un’altra con i stessi capelli castani sporchi e le stesse labbra sottili.

Le due ragazzine si erano avvicinate lentamente, il timore di una compensato dalla sicurezza dell’altra, e Sherlock aveva spiegato loro cosa avrebbero dovuto fare. Se n’era andato subito dopo, il cervello già proiettato alla prossima mossa. 

Due ragazzine erano meglio di due ragazzini, si era detto. Molly era sentimentale di natura, ma in quel modo ci sarebbero state anche meno difficoltà.

Sapeva che quella era la ragione per cui aveva scelto proprio quelle due. Non aveva niente a che fare, si era detto, con il fatto che le ricordassero lei.

  
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