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Autore: Clockwise    17/04/2013    3 recensioni
Si sentiva come se una scatola piena di cartoline gli fosse piombata addosso dalla cima dell’armadio, investendolo in un fiume di immagini; alcune avevano portato con loro bei ricordi, altre dolorose memorie e lui ne era stato semplicemente travolto, sommerso da quei ricordi sbiaditi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Postcards From Far Away


Erano ore ormai che lavorava su quel pezzo, che comunque si ostinava a non venire su, e rimaneva uno scarabocchio di note nerastre sul suo block notes. Chris, sconfortato e irritato, abbandonò i pugni sul pianoforte su cui era seduto, producendo un suono orribile e discorde. Si affrettò a ritirarli e chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie. Avevano finito di provare da un pezzo, in studio, ma una volta tornato a casa non aveva saputo fare altro che mettersi seduto e continuare a torturarsi con quel maledetto brano; non aveva nulla da fare, nessuno da cui andare e concentrarsi sulle note gli teneva la mente lontana da altri pensieri. In realtà, pensò con una morsa allo stomaco, aveva una persona da cui andare, ma non aveva voglia di vederla. E pensare che una volta… Basta. Hai altro da fare, non perdere tempo con pensieri inutili ordinò a sé stesso. Continuò a provare.
Suonò il campanello della porta. Strano che non fosse suonato anche il citofono. Forse era Jonny.
«Avanti» disse. Chi altro aveva le sue chiavi oltre Jonny? Sentì la porta aprirsi e chiudersi. Un “ciao” mormorato poco allegramente. Un “ciao femminile.
Alzò lo sguardo dal piano. «Ciao» rispose, tornando a chinare la testa. Delilah di sedette su una sedia accanto a lui.
«Come va?» gli chiese, guardandolo. Lui continuava a suonare, fermandosi ogni tanto a scarabocchiare qualche nota o a riprovare un passaggio.
«Bene.»
«Novità?»
«No.»
«Oh. Tu non chiami novità un tour di diciotto mesi in giro per tutto il mondo?» chiese la ragazza, cercando di essere il più neutrale possibile.
«Ah» fece lui, voltando la testa a guardarla «Te l’avrei detto, davvero…»
«Me l’ha detto Guy, ieri. Eravamo tutti al pub, c’era…»
«Sei uscita con Guy?» chiese lui, a metà fra l’incredulo e l’indignato. Lei lo freddò con un’occhiata e continuò come se non fosse stata interrotta.
«C’erano anche Jonny, Will, Johanna, Marianne e quel bamboccione di Phil» non le era mai piaciuto il manager della band, Chris ormai lo sapeva.
«…e parlando, è uscito fuori che farete un tour in giro per il mondo. E, ovviamente, non è l’idea del giorno, perché a quanto ho capito, lo state organizzando da un bel po’ e, praticamente, vi restano solo da prenotare gli aerei.»
Già. Chris abbassò di nuovo lo sguardo. Sentì nelle orecchie la voce di Jonny, ammonitrice. "Attento a quello che fai, Chris. Ha già sofferto come un cane per colpa tua, non fare il coglione un’altra volta o se ne andrà. È una ragazza d’oro e tu non vuoi perderla. No?"
«Marianne e Johanna lo sapevano, Chris,» disse lei, la voce vibrante, riferendosi alla fidanzata di Will e all’amica di Guy, «e io no. Io ero l’unica stupida che non sapeva nulla, di nuovo.»
Chris sapeva a cosa si riferisse: qualche mese prima, in un’ intervista, aveva dichiarato che non aveva una ragazza. Non era affatto vero, ma era stato Phil a suggerirglielo, perché diceva che avrebbe avuto più successo con l’immagine di eroe romantico sfortunato in amore. E lui era stato così idiota da dargli ascolto. Lila l’aveva scoperto leggendo l’intervista su un giornale.
«Delilah, io…» iniziò stancamente, chiudendo per un attimo le palpebre.
«Vedi, Chris? Mi hai chiamata Delilah. Non sono più nemmeno Lila per te» mormorò lei, gli occhi lucidi. Deglutì a forza per ricacciare le lacrime, senza smettere di guardarlo.
«Sono stanca, Chris. Delle bugie, dei sotterfugi, dei silenzi… Guardaci. Siamo cambiati, non siamo più quelli di una volta. Prima ci capivamo al volo, ci dicevamo tutto, ridevamo, ci amavamo. Adesso… guardaci.»
Chris guardò. Vide che erano distanti, chiusi ciascuno nel proprio abisso, incapaci di tendere una mano o di stringerla. Soli.
Avevano passato bufere di emozioni, avevano litigato e pianto, si erano accusati l’uno l’altra del male che si causavano a vicenda. Negli ultimi tempi avevano tentato di ricucire le ferite, ma era stata dura e, ora Chris se ne rendeva conto, non ci erano riusciti. Non sapeva neanche per cosa fosse scoppiato tutto quel putiferio. Forse per la recente fama di Chris e dei ragazzi, la forzata lontananza a causa di concerti e simili, per desideri che non combaciavano più. Forse perché loro due erano cambiati.
«Non ne posso più davvero, sono stanca. Io ti voglio davvero bene, Chris, tengo a te e odierei farti star male, ma… non posso andare avanti così, e credo che neanche tu lo voglia. Forse, forse dobbiamo separarci un attimo, andare ciascuno per la propria strada…»
Lo stiamo già facendo, Lila, siamo già lontani, non lo vedi?
«Bene. Se è questo che vuoi» disse, impassibile. Lei si asciugò rabbiosamente le lacrime, lasciando delle macchie nere sotto gli occhi. Prima non si truccava. Già. Prima.
«Non è questo che voglio, è ovvio che non voglio lasciarti, ma è questo che è meglio per noi»
«Ah, sì? E che ne sai tu di quello che è meglio per noi?» sibilò lui. Non riconobbe la sua voce in quel sussurro rabbioso. «Che ne sai tu, che non fai mai niente per cercare di capirmi, ormai, e pensi soltanto a te e a quello che non faccio o che faccio male, eh?»
Lei si ritrasse, spaventata da quell’attacco. «Sei tu che ci hai portati a questo punto, Chris. Tu e quello che non mi hai detto, e quello che hai fatto e, e… Tu non mi ami più, è questo il motivo, dillo!» disse, liberando il pianto di terrore che aveva trattenuto per tanti mesi.
«È questo che pensi? Benissimo, allora cosa fai ancora qui? Vattene, vattene!» urlò Chris, alzandosi di scatto. Lei lo guardò sconvolta. Non poteva credere a quello che aveva sentito. Lui lo sussurrò di nuovo, perché fosse chiaro.
Vattene.
La sua mente era vuota, i pensieri arrivavano flebili e ovattati. Solo quella parola, vattene, gli rimbombava in testa.
Lei si asciugò gli occhi, si alzò e si avviò verso la porta. Lo guardò. Poi aprì la porta e sparì dalla sua vita.
Rimase lì in piedi per qualche minuto, senza pensare a niente. Poi prese un foglio di carta e si mise a scrivere tutto quello che sentiva. Quando si sentì esausto, appallottolò il foglio e andò a dormire. Dormì profondamente per quasi cinque ore, non sognò nulla; era da tempo che non dormiva così bene. Si svegliò nel mezzo della notte, si alzò, riprese quel foglio, la chitarra e compose una canzone, tentò di dare un senso a tutto quello che era successo; alla fine diede la colpa a un fiotto di sangue alla testa.
 
Chris tirò su col naso, riemergendo da quel terribile ricordo. Il dolore, la solitudine, la rabbia che erano seguiti a quella sera avevano lasciato segni indelebili su di lui; ancora adesso, quasi cinque anni dopo, quando suonava quella canzone, vedeva il suo viso sconvolto davanti a lui e doveva controllarsi per trattenere un urlo.
Tirò un grande sospiro, asciugandosi il viso. La canzone alla radio, che aveva scaturito tanti ricordi, era ormai finita. Si alzò e, quasi senza pensarci, si sedette al pianoforte. Poggiò le dita sui tasti. Sua moglie e i suoi figli lo guardavano sorridenti dalle fotografie incorniciate sul piano nero. Sorrise inconsapevolmente davanti a quei visi che tanto amava. Iniziò a suonare. Improvvisava, non sapeva cosa stesse combinando. Le dita si muovevano indipendenti dalla testa, che vagava per conto suo. Chissà dov’era Lila, ora. Chissà come sarebbe stata la sua vita senza di lei. O se avessero capito che avevano litigato per una sciocchezza e avessero soffocato l'orgoglio tentando di fare la pace. Chissà come sarebbe stata se non avesse mai incontrato sua moglie. Se non avesse mai incontrato Jonny, Will e Guy. Era tutto casuale? Era stato solo merito del caso se la sua vita era quella che era? O c’era qualcuno, qualcosa, che la guidava?
Si sentì piccolo piccolo. E giovane. E frastornato. Si sentiva come se una scatola piena di cartoline gli fosse piombata addosso dalla cima dell’armadio, investendolo in un fiume di immagini; alcune avevano portato con loro bei ricordi, altre dolorose memorie, e lui ne era stato semplicemente travolto, sommerso da quei ricordi sbiaditi. Ora era stanco. Rimpiangeva quel passato? No. Era solo un po’ malinconico, perché quei giorni erano volati via, lei era volata via, come cartoline al vento, ma, si rese conto all'improvviso, lui era lì, in quel momento, era consapevole dei freddi tasti bianchi sotto i suoi polpastrelli, del sangue che scorreva nel suo corpo, di tutte le vibrazioni nell'aria quando veniva prodotta ogni nota: era vivo, in quel momento. Sentì che poteva decidere dove sarebbe andata la sua vita, poteva scattare lui stesso quelle foto che un giorno sarebbero diventate vecchie cartoline. Poteva vivere.
La sua mente andò ancora a Lila. Sorrise. Decise che non l'avrebbe dimenticata, no, mai, avrebbe ricordato più spesso quei momenti felici e sepolto quelli bui nel fondo della scatola. Perché in fondo, tutto quello che rimane, non è che un pugno di ricordi, di vecchie cartoline.



***
Hello. Ecco qui, l'ultima parte di questa storia senza senso, spero vi sia piaciuta. =)
Non so più che dire, mi sento un po' malinconica anch'io. Mannaggia a me.
Va bene, voglio solo ringraziare tutti quelli che hanno letto fini qui, itslarryscomingout per aver recensito, Mrclean (di nuovo) per lo stesso motivo e Heart, perchè è la mia Heart e senza di lei questa storia non sarebbe qui.
Ora vado, sperando di non avervi depresso come ho fatto con me stessa.
Ci si rivede! =)
E.
PS: il brano che Chris compone la notte del litigio (nella mia testolina bacata) è A Rush Of Blood To The Head, mentre quello che suona al pianoforte alla fine è Postcards From Far Away.

 
  
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